Questo testo è stato scritto da Gianluca Pisano e non può essere pubblicato o reso disponibile in alcun modo senza consenso scritto da parte dell'autore. La grande prova di GIANLUCA PISANO Edizione/versione 1.0 (c) 1991 giugno --------------------------------------------------------------------------- Edizione G.P La caverna oscura Avevo l'impressione sempre più forte che qualcuno mi stesse seguendo, anche se i miei vigili sensi non sembravano rilevare niente di strano. Un oscuro presentimento poi, che avevo fin da quando ero partito, forse favorito dall'atmosfera che mi avvolgeva e dalla paura, faceva sì che mi sentissi perennemente spiato. Certo non ero Indiana Jones, ero solo un povero ragazzo che doveva sostenere una prova, prova che da una prima superficiale considerazione avevo considerato quasi banale... ma ora avevo l'impressione che non sarebbe stata facile come mi ero aspettato inizialmente. Io ero abituato a queste cose, però non ero mai stato in una caverna così profonda, senza parlare con nessuno per più di dieci ore. Maledii la mia boccaccia, al momento in cui mi ero offerto di andare. Forse infatti questa volta avevo esagerato, avevo sopravvalutato le mie forze. Ero ormai arrivato, percorrendo una discesa che avrebbe spezzato le gambe anche ad un Ast, ad una profondità di parecchie decine di migliaia di passi, e anche se la torcia era dotata di direttore, che le permetteva di arrivare ad illuminare quasi cento metri davanti a me, il fatto di non poter vedere il fondo non mi rendeva certo tranquillo. E poi all'inizio potevo sempre vedere almeno la luce dell'ambiente esterno, flebile filo di luce che era andato sempre più assottigliandosi, fino ad arrivare a scomparire completamente. Il buio assoluto alle mie spalle che lo aveva sostituito mi metteva quasi paura, come se in quell'occasione la paura del buio, della quale non avevo sofferto nemmeno da bambino, mi stesse per sopraffare. E poi quel fischio quasi continuo, intervallato da suoni di intensità bassissima, ma per questo ancora più spaventosi, non potevano non alimentare, oltre alla mia fantasia, anche la mia fifa. Ad un certo punto non potei più resistere: girai la lampada verso le mie spalle, sicuro di trovare qualcosa di mostruoso, ma ancora una volta dovetti maledire la mia fantasia. Purtroppo avrei dovuto portare due lampade, poiché l'insicurezza che avevo nella direzione non illuminata finiva per farmi sentire rumori sempre più strani provenire da quella. Andando avanti si fece strada nelle mie narici un odore molto penetrante, l'odore posseduto da alcuni alimenti molto saporiti, aromatizzati con gustosissimi sughi... Quando mi risvegliai mi accorsi di essere sempre nel punto in cui inizialmente avevo sentito il fortissimo odore. Forse erano passate molte ore, ma ciò non contava, visto che io non me ne sarei potuto rendere conto ugualmente in quella totale oscurità, che mi faceva completamente perdere la concezione del tempo. Mi controllai addosso, per vedere se mi fosse mancato qualcosa. Presi la borsa dei denari: ne avevo portati con me un pò, solo per scrupolo, poiché non pensavo che avrei trovato un negozio in cui poter comprare qualcosa. Il denaro era quello che avevo messo nella borsa prima della partenza: venti denari: però erano molto più pesanti !!! Cosa gli era successo !!?? Decisi comunque di continuare a camminare, dopo essermi però tolto per un pò la pesante corazza che mi rendeva imbranato come... non sapevo nemmeno io come cosa. D'altronde io non ne avevo mai indossata una, mentre il consiglio richiedeva che la prova fosse compiuta con addosso l'armatura del Coraggio. Mentre mi toglievo l'armatura notai dei graffi presenti sulla parte interna di essa!!! Guardai meglio: avvicinai i miei occhi e la torcia al metallo: c'era scritto Raj, il mio nome, mentre prima di partire non c'era !!! Non so a quel punto come feci a trattenermi dal fare un gran fugone verso l'uscita, ma rimasi lì, a ragionare freddamente, come se la cosa non mi toccasse: mi era stato insegnato infatti che, in caso di pericolo, la spersonalizzazione aiutava molto a concentrarsi sul problema. Alla fine decisi che dovevo continuare, ed andai avanti per altri quattrocento piedi, finché vidi che la pendenza della discesa diminuiva sensibilmente. Mi fermai a quel punto e tirai fuori una razione di cibo dalla mia sacca di pelle. Tirando fuori il cibo, non potei fare a meno di notare che le monete erano aumentate ancora di peso, e questa volta erano pure aumentate di dimensione !! Era sempre più strano quello che stava accadendo. Continuai a camminare: notai ad un certo punto lo stesso oggetto di riferimento presente all'ingresso: un'asta di legno, infilata nella roccia del pavimento, che toccava il soffitto: non colorata, a parte delle striscie rosse, poste ad intevalli regolari su di essa. In questa però lo spazio tra una striscia e l'altra era maggiore, e quindi le strisce presenti erano di meno (circa la metà). Dovetti lasciare lì i miei denari, che erano diventati troppo pesanti per i miei gusti: tanto poi pensai che non mi sarebbero serviti a qualcosa là sotto. Andando ancora avanti, trovai un altro punto in cui la pendenza diminuiva: ed era presente la solita sbarra, come quelle che avevo già incontrato, nella quale però la distanza tra un segno e l'altro era molto più grande dell'ultima incontrata, per non parlare della prima: su questa erano presenti appena due strisce. Il soffitto sembrava come al solito scavato con precisione assoluta, e nessuno sapeva chi avesse scavato quel tunnel, forse solo i saggisti lo sapevano (coloro che avevano già fatto quella prova, i saggi del governo). Quelle aste non mi convincevano assolutamente: sembravano quelle usate per mettere in rapporto qualsiasi oggetto con una certa unità di misura. Ma quelle che avevo trovato sembravano utilizzare unità di misura arcane e misteriose, visto che l'unità di riferimento di tale unità di misura non era sempre la stessa, poiché lo spazio tra le strisce era andato man mano aumentando, e non certo in misure multiple di una stessa unita'. L'altezza del tunnel poi non era mai cambiata. Non mi convinceva nemmeno quello che era successo alle monete. Continuai comunque ad andare avanti: il gran maestro mi aveva infatti detto: "Ricordati di andare sempre e soltanto avanti, alle tue spalle non solo non troveresti il tuo futuro, ma nemmeno il tuo passato !!", detto questo mi aveva introdotto dell'antro della caverna, dalla quale partiva il canale che ormai stavo percorrendo da molto tempo, anzi, da molti giorni, visto il modo con cui le provviste erano andate giù, e il numero di torce consumate. Il labirinto La noia e la fatica mi avevano ormai quasi completamente sopraffatto, cosicché andavo avanti soltanto per forza di inerzia. Ero poi talmente distratto che ad un certo punto non mi accorsi nemmeno che il corridoio era finito. Quando finalmente me ne accorsi, vidi che mi trovavo in un labirinto le cui "pareti" erano costituite da siepi, almeno a giudicare dall'apparenza. Purtroppo però dovetti notare che in quel posto, dove tutto era diverso da quello che sembrava, anche quei delicati rami di piante avevano la consistenza di solido granito. Girai per tre ore per il labirinto, senza capirci assolutamente niente, alla fine mi misi a sedere, perché ero sfatto fisicamente, ma soprattutto sconvolto mentalmente: feci il punto della situazione: associavo agli oggetti il nome che di essi mi suggeriva la percezione della vista, anche se questo non identificava tutte le componeti dell'oggetto, visto che ogni mio senso riconosceva un oggetto differente: per esempio vedevo le pareti come siepi di piante, mentre toccandole sembravano di granito, ed avevano un terribile odore di petrolio, ed emettevano un suono metallico. Certo, con questi segnali, non era semplice capire di cosa si trattava !!! Anche il "terreno" sul quale camminavo, o meglio, che sfioravo, sembrava quasi rifiutarmi, tanto da darmi l'impressione di non toccarlo nemmeno. Non sapevo proprio a quale senso dare retta. Girai per alcune ore all'interno del labirinto, senza venirne a capo: sembrava tutto uguale, talmente regolare che nemmeno un mattone fuori posto ogni tanto poteva costituire un segno di riconoscimento. Era così irreale. Ad un certo punto vidi un gigantesco volatile... con gli artigli indirizzati nella mia direzione. Sì, non ci potevo credere, proprio una tale creatura vedevo piombarmi addosso. Emetteva un assurdo nitrito !!! Era veramente irritante. Avevo l'impressione di essere preso in giro. Emisi a quel punto un urlo, ma dalla mia bocca uscì un miagolio !!! A quel punto finii addirittura per spaventarmi. Cosa ero diventato ? Mi guardai, sembravo quello di sempre, ma quando mi toccai la testa, sentii del pelo e poi due... corna !!!. In quel momento il volatile si abbatté su di me: mentre mi veniva addosso, lo toccai, e mi sembrò un tenero coniglietto, ma anche lui sentì ma non vide le mie corna, e infatti ci andò contro, riuscendo a ferirsi le zampe contro di esse, dopodiché volò via spaventato. Pensai a quel punto che dovevo pure essere dotato piuttosto bene, per mettere in fuga a quel modo quel volatile !! Comunque io non mi ero divertito, ma nemmeno per lui doveva essere stata un'esperienza esaltante !! Mi toccai le mani e le sentii ruvide: non riuscii però a riconoscere a quale specie di animale appartenessero. Camminai in quel labirinto altre tre ore, alla fine trovai quella che a vederla sembrava un'uscita, ma non lo era al tatto, visto che ogni volta che provavo ad uscire mi scontravo con un duro muro. La soluzione di quell'intricato enigma venne però trenta metri più a nord: trovai quella che sembrava un'uscita invisibile ma riconoscibile al tatto, e sempre trenta metri più avanti le uscite che potevo percepire con gli altri sensi !!! Ma se lo stesso discorso si riferiva alle persone che erano all'interno di quel labirinto... il mio corpo riconoscibile al tatto era sempre trenta metri piu' a nord di me, e ad altri trenta metri il mio odore, e così via, e poiché poi al tatto mi trovavo le corna, a trenta metri più a sud doveva essere visibile la creatura che al tatto mostrava le corna !!! Certo questa era una teoria molto affascinante. Certo se fossi stato un mago ora risolvere tale problema per me non sarebbe stato difficile... ma non lo ero, e dovevo arrangiarmi. Ruppi un grande specchio in molti pezzi, e li misi in modo che riflettendosi, con precise angolature, mi permettessero di vedere, nonostante le pareti del labirinto, trenta metri più a sud di me. Era quasi tutto pronto, quando mi accorsi che mancava un ultimo specchio. Ne divisi un'altro ancora a metà, e completai il lavoro. Quello che successe dopo avvenne con tale velocità, che solo ora, ad una certa distanza di tempo, riesco a comprendere cosa successe: in effetti riuscì a vedere la creatura cornuta che mi aspettavo di trovare, a dimostrazione della mia teoria, ma subito dopo fu come se avessi infranto quel mondo di specchi non solo visivi, ma uditivi, tattili, ecc. Illuzione Dopo ci fu un grande lampo, alla fine del quale non vidi più niente: tutto era scomparso, ed ero avvolto dall'oscurità più totale. Non vedevo e sentivo più niente. Decisi di dormire: tanto non potevo fare niente per combattere tale oscurità. Quando chiusi gli occhi mi accorsi che vedevo nitidamente dove mi trovavo: ero disteso su un prato, ed ero circondato da un ambiente meraviglioso: la terra dove vivevo io si poteva definire arida steppa in confronto a quello che stato vedendo ora: i miei vecchi mi avevano raccontato che lontano dalle montagne dove vivevamo c'erano prati bellissimi e molti alberi, ma la mia gente era sempre riuscita a vivere dove era nata, e così non era mai venuto in mente a nessuno di partire per cercare una terra migliore. Certo la mia terra non era nemmeno lontanamente paragonabile con quella che avevo sotto gli occhi in quel momento. Mi trovavo infatti in una specie di "Eden Terrestre", e questa volta le percezioni dei vari sensi corrispondevano !!! L'odore dei fiori era così forte, e le mie narici talmente poco abituate a tale intensità di profumi, che svenni. Quando mi risvegliai mi ritrovai in una prigione, le cui sbarre erano formate da canne di bambù. Tirai fuori la spada, e con destrezza tagliai le canne: non ero infatti un cavaliere e non ero abituato ad usare l'armatura pesante, nonostante ciò ero molto abile con la spada. Quando mi fui liberato però fui circondato da strane sfere colorate, che sembravano essere dotate di una propria autonomia di movimento. Ma la sorpresa maggiore la ebbi quando una di esse si aprì, mostrandomi di essere in realtà una pelosa creatura boschiva, dell'altezza di mezzo metro circa, che mi consegnò un papiro scritto in un'antica lingua arcaica, dopodiché emise dei suoni che, senza che io riuscissi in alcun modo a spiegarmi come, riuscii ad interpretare e a decodificare nelle seguenti parole: "tu hai violato il nostro territorio: ora sarai rinchiuso in una cella, e finché non dirai la soluzione della pergamena che ti è stata consegnata, non sarai liberato !!!". Mentre mi portavano via, notai che tali creature non avevano un'altezza standard: l'altezza infatti variava dalle poche decine di centimetri di alcuni ai tre-quattro metri di altri: questa non era certo una caratteristica comune nella mia terra di origine ! Fui comunque legato e rinchiuso in una cella, questa volta dotata di "gradevoli" sbarre metalliche. Appena l'ingresso della cella si chiuse, cercai sul pavimento qualcosa che mi potesse aiutare. Notai anche all'esterno della gabbia una ragazza, molto bella, che mi fissava con sguardo intenso. Chi era ? Dopo poco però calò la notte, o almeno qualcosa di equivalente, visto che la luce era poco inferiore a quella diurna. Comunque dopo pochi minuti la ragazza staccò il suo sguardo da me e andò verso il capo tribù, che scoprii trattarla come se fosse sua figlia!!! Durante la ricerca all'interno della cella non trovai niente di interessante: solo due sandali di tipo simile ai miei, quelli indossati anche dai Gran Sacerdoti del Tempio Sacro: i Saggisti. Era evidente quindi che perlomeno uno di quelli che aveva tentato la prova prima di me era passato anch'esso di lì. Ma come ne era uscito ? Certo la risposta non l'avrei letta sulle sbarre della prigione, ma mi dovevo dare da fare. Cercai di leggere la pergamena, ma il suo significato, sebbene riuscissi a leggere le singole parole, mi restò sconosciuto. Dopo alcune ore che mi ci scervellavo, mi resi conto che da solo non ce l'avrei mai fatta. Purtroppo però non avevo a disposizione la biblioteca dei grandi saggi, e nemmeno un suggeritore, e non potevo nemmeno fare affidamento sulla bontà dello scrittore di questa storia. Se però gli altri saggi erano riusciti ad arrivare alla fine della prova, senza avere mezzo chilo di cervello in più di me, doveva esserci un mezzo per uscire da quella situazione... o loro erano stati semplicemente più fortunati di me? Ero disperato, e sbattei la testa contro una sbarra. Nel fare tale gesto, notai che questa suonò vuota !!! Che quello fosse stato il migliore modo di usare la testa ?! Con la spada tolsi la ruggine che copriva la sbarra, e arrivai ad accedere alla parte interna della sbarra, mettendo in luce un piccolo foro, di forma rotonda, all'interno del quale si intravedeva qualcosa di bianco. Cercai di prenderlo, ed era una pergamena, molto vecchia e sciupata, ma sempre leggibile: "All'interno il gran maestro mi esortava a proseguire e ad andare avanti, e mi invitava a non voltarmi mai indietro.". A quel punto mi sentii proprio preso in giro: in una situazione del genere, riuscivo a trovare addirittura una pergamena, che però non diceva niente di utile !!! Era veramente il colmo !! Mentre pensavo questo mi accorsi che sulla pergamena c'era scritto anche "Ricordati, per poter diventare gran maestro, bisogna avere il controllo completo sulle proprie capacità e sulle proprie emozioni". Questo era ancora più strano, perché quest'ultima frase non c'era scritta la prima volta che avevo letto il foglio, ne ero sicuro !! Evidentemente quel foglio era un mezzo di comunicazione immediato. Compresi alla fine che quello della lettera era un chiaro invito ad arrivare a mettere alla prova le mie capacità, cosa che mi avrebbe permesso di trovarne anche i limiti. Mi misi a sedere, cercando di concentrarmi: dopo un'ora di concentrazione quasi assoluta, cominciai a percepire la vita che era intorno a me: gli animali, e quelle strane creature. Le sentivo ostili, e molto strane... ma andando avanti nella meditazione cominciarono a sembrarmi quasi familiari, mi sentivo intimamente collegato con loro, e non mi sembravano più né ostili, né strane. Per la prima volta potei osservare dal di fuori il mio odio per loro e valutare la sua stupidità: esso era infatti dovuto esclusivamente al fatto che non li conoscevo abbastanza. Dopodiché riuscii a fare mie le loro abitudini e le loro tradizioni che non mi sembravano più stupide e idioti, ma solo diverse dalle mie. Dopo sette ore di meditazione un rumore mi fece distrarre, e persi la concentrazione. Certo anche se quel colegamento mentale si era interrotto, io non ero più quello di prima: avevo imparato la relatività di ciò a cui di solito si dà invece un valore assoluto, e avevo imparato ad usare una delle mie capacità, che non avevo mai nemmeno saputo di avere. A quel punto non mi fu difficile risolvere l'enigma del papiro. Fui subito liberato e considerato come un fratello, ma del resto ora anche loro mi sembravano fratelli, poiché non ero più l'uomo che era entrato nella gabbia, poiché quello non ne sarebbe uscito mai più !! Rimisi a posto la pergamena, che notai ora magicamente ritornata bianca, senza nessuna scritta. Pensai all'aiuto indiretto che quella pergamena mi aveva fornito, e al fatto che certe volte anche un aiuto deve essere valutato con attenzione, prima di essere capito e quindi giudicato: tale aiuto indiretto aveva infatti avuto per me un valore infinito: mi aveva permesso di arricchirmi interiormente ! Dopo il banchetto innaugurale in mio onore, che festeggiava la nascita di un uomo migliore, conobbi anche la ragazza che avevo visto all'inizio. Lei mi disse: "Ero sicura che avresti superato la prova !!". Rimasi alcuni giorni con quella gente, ed ebbi modo di familiarizzare con loro e con le loro abitudini. Conobbi meglio anche quella ragazza, così affascinante ed ingenuamente buona. Seppi che si chiamava "Anomis", e che non aveva mai visto un uomo, e nemmeno era mai stata al di fuori di quell'ambiente: lì era venuta alla luce da "Kered", arrivata lì per effettuare la missione che anche io stavo cercando di compiere. Purtroppo però sua madre non ce l'aveva fatta, a causa di una sconosciuta setta che si opponeva a chiunque arrivasse lì dall'esterno. Quando le dissi quello che mi era successo all'interno del tunnel, dell'incisione cioè del mio nome sulla parte interna dell'armatura, mi disse che probabilmente era proprio opera di tale setta, mentre del fenomeno di cambiamento di peso delle monete e della lunghezza delle striscie colorate sui pali mi disse che tutto era dipeso dal fatto che erano presumibilmente mutate le mie dimensioni: io ero rimpicciolito !!! Chissà poi perché ?! Mi consigliò quindi di proseguire nel mio viaggio, che definì "ancora molto lungo", senza però volermi spiegare in base a cosa lo aveva definito in tali termini. I sacerdoti del teschio Mentre parlavo sempre con Anomis, ricevetti un messaggio telepatico dalla superficie, e in particolare dal mio maestro. Egli mi disse: "Non tentare di sprecare le tue deboli forze contro i Gran Sacerdoti del Teschio: essi sono molto potenti e potrebbero causare la prematura fine del tuo lungo viaggio". Dopodiché non riuscii più a mettermi in contatto con lui, e quindi non potei chiedergli qualcosa di più preciso su tale setta, e sapere quanto sarebbe stato ancora lungo il mio viaggio. Comunque era evidente che dovevo decidere se tentare di combattere questa malvagia organizzazione: a me non piaceva che qualcuno scorrazzasse liberamente facendo del male un pò a tutti e ad Anomis. Decisi quindi che valeva la pena di tentare di eliminare tale organizzazione: "non sia mai detto che mi tiri indietro quando c'è bisogno di me pensai", e poi subito me ne vergognai, perché a me quei pensieri che puzzavano di frasi celebri, di quelle che si tramandano di padre in figlio, non piacevano, perché sembravano troppo poco originali per essere veramente sentite. A parte questo però, non mi sembrava veramente giusto lasciare spazio a questa organizzazione di raziare e saccheggiare liberamente. Dissi quindi ad Anomis che avrei proseguito il mio viaggio, e lasciai quella simpatica gente. Prima di lasciarli, seguii le loro abitudini, che prevedevano una sfida con un membro del gruppo, uno col quale chi lasciava la tribù aveva familiarizzato maggiormente. Non fu una cosa semplice, perché volevo bene ugualmente a tutti: però Ocram mi era sempre stato vicino, forse per imparare da me qualcosa sul mondo della superficie, e così decisi di sfidare proprio lui, a lotta libera, per essere sicuro che non ci facessimo male entrambi, e lo vinsi. Al termine della sfida, come faceva parte del rito simbolico, molto significativo, che seguiva la sfida, Ocram dichiarò pubblicamente che mi avrebbe seguito con la preghiera, e che il fatto di essere stato battutto avrebbe aumentato il suo rispetto per me e non il rancore. Dopo questo mi incamminai e proseguii il viaggio: non era certo triste camminare in quell'ambiente ricco di paesaggi meravigliosi. E poi avevo sempre nella mente quel noiosissimo tunnel, grigio e sempre uguale, e quindi ora mi sentivo quasi libero, come se la mia missione fosse quasi giunta al termine. Dopo alcune ore di cammino, mi misi a sedere e cercai di concentrarmi: era venuto il momento di mettermi sulle tracce della pericolosa organizzazione che avevo deciso di sfidare. Pensai intensamente al Teschio, e dopo alcune ore di concentrazione riuscii a intravedere qualcosa: dieci uomini vestiti di ampi mantelli dotati di cappuccio, erano riuniti attorno ad un grande falò e giravano intorno ad esso con le mani intrecciate. Cantavano nel frattempo qualcosa che da come era pronunciato doveva essere un inno: ma un inno al male !! Era come se il mio corpo spirituale fosse nascosto dietro un cespuglio, lì vicino, e stesse spiando quello che accadeva. Ad un certo punto uno di essi, che aveva la tunica di un colore rosso più intenso di quella degli altri, si separò dal cerchio, e disse: "Piccoli Teschi: è quasi venuto per noi il momento di prendere il totale controllo di questo mondo sotterraneo, e quando lo controlleremo completamente, potremo accedere a quello esterno". Un'ovazione di lode si alzò in risposta a queste sue parole. Detto questo si mise a sedere e comparve un vecchio, un mago, che prima di allora non avevo notato: egli si diresse verso il luogo immaginario dove era nascosto il mio corpo spirituale, e infatti lo vidi avvicinarsi sempre di più: purtroppo non conoscevo le caratteristiche dei miei poteri, e così mi feci scoprire: quando infatti egli urtò il luogo dove ero con i miei sensi, si accorse di me, e lanciò un grido, dicendo: "Qualcuno ci sta spiando, chi sta osando !!!" con voce così forte da essere sentito probabilmente anche a chilometri di distanza!! A quel punto lo vidi concentrarsi, ed ebbi la furbizia di intuire che se avessi mantenuto il collegamento telepatico mi avrebbe trovato immediatamente, e così lasciai la concentrazione. Dopo questa avventura, decisi di mettermi a dormire: mi sentivo ora molto più tranquillo, perché sapevo dove erano gli adepti di quella setta, e poi mantenere la concentrazione per delle ore mi stancava molto, e quindi avevo molto bisogno di riposo. All'interno del mio sogno, ebbi una visione: il mio maestro mi diceva: "Ricordati che anche durante i combattimenti puoi far uso della tua energia mentale: questo è molto importante per un Sacerdote del Tempio Sacro", ma il significato di quelle parole mi sfuggì in quel momento. Mi sembrava impossibile poter usare capacità che richiedevano ore di concentrazione, in un combattimento, dove tutto avviene a fil di secondo. Quando mi svegliai però ebbi una sgradevole sorpresa: ero legato, ed attorno a me c'erano due uomini, con quel manto di colore rosso: vidi che il capo di essi, che scoprii chiamarsi Oppilif, mi guardava, e quando si accorse che mi ero svegliato, disse: "Tu sei quel pazzo che ha osato spiare una riunione dei Sacerdoti del Teschio, e pagherai con la vita tale gesto". Mi sembrava già abbastanza negativo il fatto di essere legato, quando mi accorsi che ero sopra una botola, che si stava lentamente aprendo, posta sopra una specie di gabbia che conteneva una non proprio amorevole creatura, almeno a giudicare dai versi animaleschi che essa produceva. Dopo che Oppilif ebbe visto che mi ero accorto della piacevole sorpresa che mi aveva preparato, aggiunse: "Sono sicuro che gradirai familiarizzare con l'amichevole creatura che ti aspetta all'interno della cella..." e sbottò in una risata che non lasciava dubbi sulla sua sanità mentale. Detto questo lui e i suoi uomini se ne andarono. La cosa più grave era poi che avevo pure le mani legate, e quindi non avrei nemmeno potuto tentare di combattere contro la creatura, che per ora si trovava al piano sottostante. Dovevo perlomeno slegarmi le mani: la spada avrebbe poi fatto il miracolo successivo. Cercai di concentrarmi sulla corda, ma non era facile in quella situazione. Nemmeno le ultime parole del mio maestro mi davano coraggio. Mi sentivo perduto, e non riuscivo a fare niente, sentii solo la flebile voce del mio maestro che mi diceva:"Devi concentrarti: cerca di pensare a ciò che hai di più caro". Nonostante questo però non riuscivo a fare niente; la botola si era ormai quasi completamente aperta, e per non cadere all'interno della cella dovevo fare un difficile esercizio di equilibrismo: poi però pensai a Anomis, all'influenza che avrebbe avuto il mio fallimento sulla sua vita: non potevo fallire, e fu in questo momento infatti che sentii le corde allentarsi, e poi slegarsi completamente, proprio nel momento in cui stavo cadendo all'interno della tana. Purtroppo però appena all'interno della gabbia mi accorsi che non avevo la spada, mentre la creatura parve gradire tale dettaglio: mi ritrovai nella classica situazione a tenere la bocca della gigantesca piovra con le braccia lontana dal mio collo: la creatura però era molto forte, e non avrei resistito molto. Fortunatamente a quel punto comparve Anomis, che mi gettò la spada, dicendo: "Ero sicura che ti saresti messo nei guai per la mia gente, e quindi ho deciso di venirti a dare una mano". Appena ebbi la mia spada nelle mani, mi sentii pervaso di nuova energia: riuscii ad allontanare abbastanza da me la creatura, e cominciai a dare una prima leggera scorciatina ai suoi lunghi tentacoli. Dopo la prima passata, effettuai la seconda e la terza, alla fine della quale la piovra era diventata una grossa palla senza più la minima sporgenza: a quel punto concessi il colpo di grazia alla creatura, dopodiché caddi scioccato dal pericolo appena corso. Quando mi fui tranquillizzato, parlai con Anomis, che disse che voleva venire con me, e voleva pure vedere il mondo della superficie. Non ci fu modo di farla ritornare sulla decisione che aveva preso, e così le dissi che la avrei accontentata. Decidemmo inoltre di preparare una bella sorpresa a Oppilif. Io ero sicuro che Oppilif sarebbe tornato a vedere cosa rimaneva di me, ma non volevo usare i miei poteri telepatici, perché così lui avrebbe immediatamente saputo che non ero morto. Preparammo una serie di trappole, tutte intorno alla gabbia, collegate ad un unico comando, che le avrebbe fatte scattare tutte contemporaneamente. All'interno della gabbia misi poi la testa della piovra, mezza serpellita su un mucchio di paglia, in modo da dare l'impressione di essere poggiata sul cadavere di un uomo. Io mi misi sotto la paglia, con un arco artigianalmente prodotto puntato all'altezza della faccia di chi eventualmente si sarebbe potuto sporgere per guardare all'interno della gabbia. E ora rimaneva soltano da aspettare. Pensai al mio villaggio: ora che avevo vissuto per un certo periodo seguendo abitudini diverse, erano le usanze del mio villaggio a sembrarmi strane. Una società divisa in tre categorie sociali: guerrieri, sacerdoti-maghi-guerrieri e contadini. Una società poi nella quale era presente un rapporto uomo-donna abbastanza paritario, visto che le donne potevano fare anch'esse le sacerdotesse. Per quanto riguarda la mia famiglia pensai a mio padre e a mia madre, due influenti sacerdoti, che nonostante questo però non avevano mai forzato le mie scelte, e questo perché in fondo nella mia società ognuno era rispettato indipendentemente da quello che faceva, a patto che lo facesse bene. La mia decisione di tentare la grande prova invece era causata da un'avventata scommessa che avevo fatto con i miei amici. Certo se non fossi stato adatto per tentare la prova i miei genitori si sarebbero opposti, vista la pericolosità di questa, però la scintilla fu, come ho già detto, il fatto di dover mantenere una stupida scommessa. Dopo alcune ore sentimmo dei passi avvicinarsi: eravamo pronti. I passi arrivarono fino alla gabbia, poi improvvisamente non sentii più niente: cosa era successo ? Dovevo uscire, oppure dovevo rimanere nascosto ? Decisi di uscire: quando sporsi la testa fuori dalla gabbia, non vidi nulla. Poi mi sentii cadere qualcosa sulla testa, ma non persi i sensi: riconobbi la viscida faccia di Oppilif, che tentò di strangolarmi. In quello stesso momento vidi avvicinarsi i suoi uomini, che però caddero quasi tutti nelle trappole manovrate da Anomis, che fortunatamente era stata più furba di me e non si era fatta scoprire. Come succede quando si scopre di avere una risorsa solo nel momento di estremo bisogno, così io in quel momento riuscii a concentrare la mia energia mentale sulle mani di Oppilif, che le staccò doloranti dal mio collo. Il successivi duello magico-mentale non fu poi affatto riposante: fu uno sforzo immane, che contrapponeva me al mago della setta dei Teschi: io e lui vedevamo il nostro raggio mentale che si incontrava, e la maggiore concentrazione dell'uno lo faceva avanzare verso l'altro, mentre quell'altro si accorciava. Più volte il raggio di Oppilif arrivò a sfiorarmi, poi però la mia maggiore resistenza fisica ebbe la meglio, e così riuscii a sopraffare il mio avversario. Nel frattempo si erano avvicinati gli uomini di Oppilif, che non potevano intervenire nel nostro duello: quando però questo finì, dovetti usare la spada per difendermi da loro, visto il mio stato di assoluta stanchezza mentale. Non fu facile, perché erano cinque, ed io solo e stanco, ma riuscii a farcela. Uno andò vicino a ferirmi, ma Anomis fece opera di distrazione nei suoi confronti, e così lo potei sopraffare. Due uomini di Oppilif furono poi eliminati direttamente da Anomis, che li prese a sassate dall'albero su cui si era arroccata, dopo avere fatto provvista di munizioni. Alla fine tutti gli uomini Teschi si arresero, e noi li lasciammo allontanare. Alla fine di quello che era successo, fui sopraffatto dalla stanchezza, e caddi a terra addormentato. Uscita dalla CAVERNA Quando mi risvegliai, mi ritrovai all'interno del tunnel, che però non mostrava nessuna forma di apertura sulle pareti. Era come se quell'avventura che avevo vissuto in quell'ambiente bellissimo fosse stato tutto un sogno, visto che non sembrava possibile raggiungere tale luogo direttamente dal tunnel. Il forte odore di un'erba a me sconosciuta appestava l'intero tunnel. Ripensai a quello che mi era successo, che mi era sembrato terribilmente reale: non era certo una sciocchezza, io durante tale esperienza avevo rischiato di perdere la vita più di una volta!! E i miei poteri ? Fu in quel momento che ebbi una visione: vidi il mio maestro che mi disse: "Coraggio figliolo, devi andare ancora avanti: non sentirti salvo, perché non lo sei, ma la tua missione prosegue. Fino ad ora ti sei comportato bene, continua così: ricordati solo che non sarà mai concesso a persona immeritevole di venire a conoscenza delle proprie capacità". A quel punto diventò evidente per me che i poteri che io avevo usato erano dati a tutti, ma siccome solo chi era meritevole poteva sfruttarli pienamente, solo colui doveva sapere di averli in modo da poterli usare, e quindi chi non ne era meritevole avrebbe trovato la morte o l'oblio sulla missione non completata con successo. Detto questo scomparve: mi girai istintivamente intorno, quasi convinto che fosse stato lì con il corpo, ma naturalmente ciò era impossibile. Quando mi girai, mi accorsi inoltre che anche Anomis era accanto a me, svenuta: stentavo quasi a crederci, e Anomis mi sembrò quasi fare parte di un sogno irrealizzabile: che quel "sogno" mi avesse fatto un dono così reale e meraviglioso ? Evidentemente quello che avevo vissuto, anche se non apparteneva alla dimensione reale, apparteneva comunque ad un'altra dimensione, "reale dal suo punto di vista". Quando la svegliai, lei mi guardò e io le dissi che era ora di riprendere il cammino. Camminammo altre tre ore, al termine delle quali arrivammo ad un punto del tunnel dal quale vedevamo uno spiraglio di luce. Come era possibile ? Stavamo scendendo sempre di più negli abissi della Terra, quando ad un certo punto trovavamo una fonte di luce. Cosa poteva essere ? Che fosse un'altra stranezza di quel luogo ? Ci avvicinammo con molta circospezione verso la luce: quando però arrivammo in prossimità di essa, sentii Anomis strillare di gioia, e dire: "Non sei contento che la nostra missione sia finita ??, su forza, fammi vedere il tuo mondo, che sono ansiosa di conoscerlo !". A me però continuavano a rimbalzare negli orecchi le parole del mio maestro. Quando però uscii lasciai da parte le mie preoccupazioni: trovai l'uscita della caverna, o meglio l'ingresso, visto che era esattamente il posto da dove ero partito: Sacul, che era evidentemente rimasto sull'ingresso ad attendere il mio ritorno, appena mi vide, mi saltò addosso, pieno di entusiasmo: in effetti era il mio migliore amico. Ricambiai l'abbraccio, dopodiché assieme scendemmo al paese. Nel paese non era cambiato niente: era come lo avevo lasciato. Gli chiesi quanto ero stato via, e mi disse "Amico mio, come tutti gli altri, anche tu hai sbrigato la faccenda in tre ore". Era incredibile, le mie provviste erano quasi finite, in "quelle tre ore" !! Quando arrivai giù però, non ebbi da parte dei maestri l'accoglienza che mi sarei aspettato: dopotutto avevo portato a compimento la mia missione, e ora sarei dovuto entrare a far parte del Gran Consiglio dei Saggi, ma questo particolare sembrò svincolarsi dai loro pensieri. Comunque i miei amici furono molto felici di vedermi tornare da quella misteriosa caverna ancora intero, e ordinarono all'oste birra per tutti, facendo un brindisi in mio onore. Quando poi videro Anomis, fu difficile farli smettere di fare domande, anche imbarazzanti, sul suo conto, perché la sua bellezza li colpì immediatamente: naturalmente non rivelai quello che era successo durante la missione, poiché era un segreto che avrei dovuto condividere con gli altri Saggi che avevano compiuto come me la prova, ma dissi soltanto che l'avevo trovata all'interno del tunnel. I miei amici, poi, che sapevano che non potevo dire niente, si accontentarono di quell'ambigua risposta. Alla sera poi tornai dai miei genitori, che avevano avuto subito la notizia del mio ritorno dal tunnel, ma che avevano rispettato la consuetudine secondo la quale i primi a festeggiare il neo-Saggio erano i suoi amici. Quando ritornai a casa, trovai però che i miei genitori erano stranamente molto freddi con me. Scoprii anche che non lo erano solo nei miei confronti, ma erano freddi un pò con tutti: con i vicini di casa (anche degli influenti membri del consiglio come loro continuavano la loro normale vita) e pure con gli amici. Ma anche gli amici sembravano quasi insensibili. Quando poi chiesi loro cosa sarebbe successo ora che avevo compiuto la missione, mi dissero, senza darmi alcuna soddisfazione e con voce fredda: "Niente, perché non l'hai ancora compiuta !!", dopodiché non ci fu modo di fargli dire altro: non avevano detto una parola di felicitazione nei confronti di un figlio che tornava dalla difficile prova rituale, che ne aveva felicemente portata a termine perlomeno una parte. E pensare che, sebbene non avessero mai fatto pressioni nei miei confronti, sapevo che desideravano moltissimo che facessi e superassi la grande prova (come tutti i genitori del resto) !! E poi erano sempre stati genitori così affettuosi !! Come poteva essere spiegato tale improvviso cambiamento ? Ciò era molto strano. Il giorno dopo andai a trovare Sacul, il mio migliore amico, che quasi non mi riconobbe. Sembrava poi che le cose peggiorassero a vista d'occhio. Tra poco mi avrebbero pure cacciato !! Comunque alla fine mi buttò fuori, con la scusa che aveva da dare da mangiare al gatto !! Anomis nel frattempo si consolava apprezzando il bellissimo cielo che il mio mondo le permetteva di gustare, anche non riusciva a capire il mio mondo: ma come avrebbe potuto, se non lo capivo più nemmeno io ? Quella sera stessa andai a trovare Oloap, il mio maestro: appena entrato mi salutò abbastanza cortesemente, anche se il saluto non mi sembrò molto sentito. Ad ogni modo mi disse: "La tua missione non è ancora finita: devi liberare questa terra da una terribile maledizione che l'ha colpita, che la stà irreversibilmente modificando !!", detto questo uscì correndo dall'edificio. Ne parlai anche con Anomis, che sembrava sempre più attaccata a me, e questo avveniva anche a causa di quel mondo che mi e la rifiutava. Non sentivo di potermi fidare completamente di quello che mi aveva detto Oloap, ma in quel momento conveniva fare comunque degli studi nella direzione che mi aveva suggerito. Io e Anomis (eravamo ormai molto uniti), ci recammo da Aerdna, che viveva ritirato sulle rocce intorno ad Insbrik. Egli era considerato il saggio "per eccellenza", una divinità. Camminammo per parecchie ore, e quando giungemmo a circa trecento metri dal suo monastero, incominciammo a sentire una celestiale musica, che, secondo me, doveva preparare il nostro animo per parlare al divino e perfettissimo Aerdna. Fummo accompagnati alla sala delle meditazioni, e quì lasciati, mentre andavano a chiamare il saggio. Dopo, una botola si aprì sul pavimento, e da essa "emerse" un trono, che a noi si mostrava visto dal didietro: nel frattempo noi percepivamo solo il dolcissimo canto che permeava la stanza, ed era talmente dolce che mi sembrava di sentirlo direttamente con l'anima. Parlammo di quello che ci era successo, dicendo tutto per filo e per segno, dopodiché aspettammo la sua saggia risposta. Essa venne, ma non fu nei canoni da noi previsti: il trono infatti si girò ed un terribile mostro, dotato di due 'delicate' tenaglie al posto delle mani, si scagliò su di me, chiudendo una tenaglia a pochi millimetri dal mio collo. Io rimasi imbambolato a guardarlo, poiché quel mostro sembrava essere uscito fda chissà quale orribile incubo, ed era l'ultima cosa che mi sarei aspettato di trovare nel monastero di un grande saggio: Anomis invece, che era andata diventando sempre più diffidente, ebbe presenza di spirito, e mi salvò, sottraendomi ad un secondo colpo, che altrimenti mi avrebbe portato via la testa. Dopo quel primo momento di sorpresa, riuscii a scappare, assieme ad Anomis. Giunsi al luogo dove avevamo lasciato le armi, ed io presi la mia spada: un paio di uomini che dovevano impedirci di prendere le armi furono travolti e fallirono miseramente la loro missione. Quando potei stringere nuovamente l'impugnatura della spada fra le mie mani, il mostro ci aveva ormai raggiunti. Egli a quel punto aprì la bocca, e disse: "Io sono Aerdna, e non ho nessuna voglia di parlare con te !!" e finì con una risata diabolica che avrebbe spaventato una statua. Quello fu per me il secondo colpo: io infatti non avevo voluto credere che quel mostro fosse Aerdna. Ma dove cavolo eravamo finiti io e Anomis ? lì non tornava niente !! Tutto era assurdo, e non corrispondeva con i miei ricordi ! Contrariamente alla prima volta però, in quest'occasione non mi feci bloccare, e risposi al mostro: "Se non mi volevi, bastava che me lo dicessi, come siete diventati ignoranti dopo che io me ne sono andato, in questa terra !!". "Tutto questo è per renderti più chiare le idee" fu la risposta, effettuata assieme ad una sadica risata, sadica perché nel frattempo aveva di nuovo tentato di staccarmi la testa, evidentemente considerata come un birillo con il quale potersi divertire. Quella poteva essere anche una risposta parzialmente sensata, pensai, ma intanto dovevo concentrarmi sul combattimento. Dapprima mi limitai ad evitare i suoi colpi, poi cercai di fargli un bel taglio su un braccio, per vedere se perlomeno la struttura interna, escluse le tenaglie, era sempre umana. Ed in effetti era così: quindi i colpi segreti contro particolari punti del corpo umano potevano essere efficaci. In quel momento però sembrò che il mostro avesse la meglio: arrivò addirittura a stringermi in un luogo chiuso, mentre alle spalle non avevo via di uscita. Poi Anomis lo distrasse per quel decimo di secondo che mi bastò ad infliggere a Aerdna il mio primo colpo, all'altezza dei polmoni, e poi, subito dopo, un secondo all'altezza del cuore. Il mostro inizialmente non sembrò accusare il colpo: mi guardò con sguardo cattivo, poi alzò la spada e l'abbassò su di me, con l'intento, quasi riuscito, di dividermi a metà. Dopo due secondi però il mio colpo ebbe effetto: egli esplose: cominciò ad aprirsi a metà, partendo dall'altezza della gabbia toracica, fino ad arrivare ai piedi. Era la prima volta che usavo quella tecnica: in precedenza l'avevo usata su manichini, e Aerdna si era dimostrato un ottimo manichino !! Dopo averlo ucciso, fummo circondati da suoi uomini. Non fu però difficile fuggire, dopo quello che avevamo passato: prima però passammo addirittura dalla sua biblioteca personale, dove cercai qualcosa sulla maledizione di cui mi aveva parlato Oloap. Trovai un rito che occorreva fare per togliere tale maledizione, ma a me pareva un pò troppo sanguinario. Comunque per metterlo in pratica occorreva aspettare la luna piena, per cui avevamo quasi un mese di tempo per studiare la situazione. Tornammo a casa, ma anche i miei genitori ci cacciarono di casa: nessuno voleva avere più rapporti con noi: anche il mio maestro mi cacciò dopo aver lanciato contro di me una maledizione satanica, cosa veramente incre-dibile, per me che lo conoscevo come un uomo che sapevo essere l'opposto di quello che si mostrava in quel momento. Ci nascondemmo sulle montagne che sovrastavano Insbrik, sulle quali eravamo, almeno lì, momentaneamente al sicuro. Ma cosa era successo alla mia gente ? La data alla quale avrei potuto effettuare il sacrificio si avvicinava sempre di più, ma io non vedevo segni di miglioramento. Per di più non sapevo nemmeno se fosse una cosa giusta. Dovevo compierlo ? Ciò avrebbe significato molto per me: avrei dovuto fondere la mia spada, simbolo della forza e del bene. Ma era veramente quella la cosa giusta da fare ? Come mi era stato insegnato a fare in tutti i casi in cui dovevo prendere una decisione importante e combattuta , mi chiusi in meditazione per alcune ore. Percepivo due diversi maestri, quello che mi aveva cacciato e quello che avevo sempre conosciuto. La cosa più strana era però che essi non mi sembravano la stessa persona ! Ogni volta che cercavo di comunicare con il mio vero maestro, quello cattivo mi disturbava mentalmente. La sua forza era uguale e contraria a quella del mio maestro che, essendo più lontano aveva la peggio. Non riuscivo infatti a parlargli. Sentivo solo qualcosa che mi diceva di non ascoltare il maestro cattivo, ma le mie orecchie ed il mio cuore non riuscivano ad isolarsi completamente da esso, non so se per colpa mia o semplicemente a causa della mia natura umana. Dopo vidi anche tutte le altre persone del villaggio: anche se essi non avevano poteri telepatici, però sentii il loro odio, ma questa volta non riuscii come la prima volta a trasformare l'odio in amore, perché loro non cercavano la serenità e la Pace. Poi, ancora più lontano, sentii i veri genitori, i miei veri amici, e poi ancora più lontano, qualcosa di indefinito, di perfetto, di irraggiungibile ma non distaccato. E non sapevo che a mia insaputa, quando io mi sarei sforzato al massimo, sarebbe stato quel qualcosa a salvarmi. Poi però dovetti smettere di concentrarmi, e la stanchezza mi sopraffece: mi addormentai, in maniera molto graduale, senza accorgermene. Dov è la mia gente? La mattina dopo, comunicai a Anomis l'esito della mia riflessione: le comunicai quello che avevo scoperto, anche se non era certo una novità, visto che già lo sospettavamo da molto tempo: quella che mi circondava in quel momento non era la mia gente, ma i miei amici invece dove erano ? E poi non avevo nemmeno scoperto se il rito che stavo per fare era la cosa giusta, oppure no. Il giorno dopo provai nuovamente a concentrarmi, ma non scoprii niente di nuovo rispetto a quello che già sapevo. Ci doveva essere un altro modo per sciogliere quell'intricato mistero, ma quale ? Cosa potevo fare ? Mentre riflettevo, ebbi una visione: il mio vero maestro comparve davanti a me: io gli chiesi come aveva fatto, ma lui mi fece segno di stare zitto perché non avrebbe potuto resistere a lungo, e disse: "Ricordati che ogni luogo ha un centro spirituale, ed è lì che devi andare", e subito dopo scomparve. Mancava ormai solo un giorno alla luna piena, e quindi ci dovevamo sbrigare: io non sapevo quale fosse il centro spirituale di Insbrik, ma ci potevo arrivare con un pò di ragionamento. Inoltre la comunicazione del mio maestro era sicuramente stata intercettata dal falso maestro, che quindi mi avrebbe aspettato proprio sul posto. Decisi quindi di andare in città per vedere quale edificio egli avesse deciso di controllare in modo particolare. In città ci andai da solo, lasciando Anomis sulle colline, perché non volevo che corresse dei pericoli inutili: molte guardie governative controllavano il Palazzo del Consiglio dei Saggi, ed in effetti i Saggi simboleggiavano l'unità spirituale del mio popolo: non c'era infatti nessun rancore da parte della gente verso tale Consiglio, la gente riteneva infatti che esso amministrasse equamente la giustizia. Dopo essere passato ad una certa distanza dal Palazzo, andai alla biblioteca, e cercai qualcosa a proposito del Palazzo del Gran Consiglio. Mi ricordai anche di quello che mi aveva detto il maestro molto tempo prima: "Vai sempre avanti", ma non capivo: io dovevo andare sempre avanti, però l'uscita dalla caverna era alle mie spalle, mentre andando avanti avrei trovato tutti i luoghi geografici del mio mondo, però tutti inserito nella dimensione sbagliata. Trovai un libro sul Palazzo, che diceva che esso era dotato di molti passaggi segreti e di porte dimensionali, ma non c'era ovviamente una mappa. Forse nel palazzo era presente la porta dimensionale che ci avrebbe riportati all'interno del tunnel, oppure direttamente nella vera Insbrik. Tornai da Anomis eccitato per quello che avevo scoperto, ma Anomis era sparita: la cercai da tutte le parti, poi mentre la cercavo una freccia quasi mi portò via la testa, come al solito: mi girai di scatto e lanciai il mio pugnale nella direzione della freccia. Mirai su un'ombra, quella che vidi con la coda dell'occhio. La mia mira fu però ugualmente precisa, perché vidi cadere a terra un uomo. Lo raggiunsi, e lui mi disse, prima di morire: "Sei finito, eroe dei miei stivali...". Poi corsi alla freccia, e lessi la pergamena che era attaccata alla freccia: essa diceva: "La tua amica è stata rapita: devi compiere il rito che sai, se vuoi rivederla viva". Quello era proprio ciò che volevo sapere: quel rito non era la cosa buona che dovevo fare, come avevo sospettato: per fortuna lo avevo scoperto in tempo: certo Anomis era in pericolo, ma ormai avevo imparato ad avere un pò più di fiducia in me stesso, e sapevo di poterla liberare, senza dover compiere quel gesto maligno. Prima di tutto dovevo sapere dove la avevano portata, e non fu difficile scoprirlo, visto che si trovava nel luogo più logico: nelle carceri. Mi collegai telepaticamente con lei, anche se non le dissi niente, perché sapevo che tale comunicazione era intercettata dal maestro maligno. Le dissi soltanto di stare tranquilla e di non preoccuparsi. La liberazione da Anomis Preparai alcuni oggetti che mi sarebbero serviti: due trappole, l'arco e naturalmente la mia spada. Mentre facevo queste operazioni mantenni lo scudo psichico, in modo che il maestro maligno non vedesse quello che preparavo. Dopo che ebbi finito, preparai gli oggetti per il sacrificio, in modo da far credere a Oloap che mi stessi preparando per cedere al ricatto. Dopodiché mi incamminai verso il paese: nessuno m'infastidì, perché tutti pensavano che mi stessi recando sul luogo dove dovevo compiere il rito. Quando passai però davanti alle carceri, senza farmi vedere, mi introdussi all'interno. Come mi ero aspettato, nessuno aveva previsto la mia mossa. Trovai infatti solo qualche guardia, nemmeno molto attenta. Evidentemente tutte le guardie dovevano essere al Palazzo, ad aspettarmi per impedire a me e ad Anomis di ritornare nella mia dimensione. Per questo poi avevamo bisogno anche di una cartina, ma la cartina era il problema successivo. Per ora dovevo pensare a liberare Anomis. Riuscii ad arrivare alla cella dove era tenuta, e la tirai fuori da quell'oscura gabbia. Quando la trovai stava dormendo, e decisi di non svegliarla, per farle una bella sorpresa: la presi quindi in braccio, e mi incamminai verso l'uscita. Quando ero quasi arrivato all'uscita, vidi che Anomis si stava svegliando: sembrò in un primo momento guardarmi senza nemmeno rendersi conto che non era più all'interno della gabbia, o almeno in quel modo tradussi il suo sguardo in quel momento. Feci per poggiarla a terra, quando successe qualcosa di veramente imprevedibile: fece infatti l'atto di stringermi, però cercò di strangolarmi, o di ferirmi, o tutte e due le cose assieme, visto che prese anche a ferirmi con le unghie. Era veramente incredibili. Stentavo a credere pure alla sofferenza che in quel momento mi affliggeva. Cercai di liberarmi, ma non ci riuscii: quella ragazza che avevo in braccio era molto più robusta di Anomis ! Cercai a quel punto di afferrare la mia spada, quella creatura però me lo impedì, ed anzi sentii le sue mani pelose, come quelle di... Oloap !! Ed infatti quando girai la testa, incredulo, vidi proprio Olap !! Dovevo ammettere che era riuscito a fregarmi ben bene ! Lo sentii a quel punto strillare nei miei orecchi: "Ne ero sicuro che saresti venuto quì, e così ho deciso di aspettarti, dandomi l'apparenza della tua ragazza naturalmente, ahh ..." e scoppiò in una delle sue diaboliche risate. Nel frattempo il mio colorito era cambiato sensibilmente, ed era indispensabile che mi liberassi da quella stretta. Ci riuscii solo parzialmente, perché appena provai e riuscii a divincolarmi, lui mi dette un colpo all'altezza dello stomaco, un tale colpo da farmi cadere a terra mezzo tramortito. Perlomeno ora mi ero liberato da quella stretta ! Subito dopo però si lanciò sul mio corpo, steso per terra, facendo prima un salto di quasi un metro, che certo avrebbe dato una potenza incredibile al colpo, se io non mi fossi scansato in tempo, facendogli prendere una tremenda ginocchiata. Dopodiché gli saltai addosso io, anche se con esito abbastanza negativo, visto che riuscì ad evitare i mie colpi con un'agilità che aveva dell'incredibile: in realtà mi sembrava in vero acrobata più che un lottatore. Evitati i miei colpi ricominciò ad attaccare, mettendomi quasi subito in difficoltà: come lottatore era senz'altro migliore di me, e quindi dovevo lavorare d'intelligenza per batterlo: dovevo però tenere presente che anche lui era molto intelligente, ma forse avrei potuto approfittare del fatto che probabilmente in quel momento mi stava sottovalutando, e pensava di aver già vinto. Dovevo suggerirgli una mossa intelligente contro di me, naturalmente dopo aver già previsto la contromossa che mi avrebbe portato in condizione di vantaggio. Mi guardai intorno. Naturalmente mentre facevo questi ragionamenti dovevo continuare a difendermi dai suoi continui attacchi. Sul soffitto del corridoio, in un angolo, vidi dei ganci, ai quali si sarebbe potuto attaccare per piombarmi addosso dall'alto. Sul pavimento però era presente un bel tappeto, che mi poteva servire per impacchettarlo ed immobilizzarlo. La situazione nel frattempo era diventata quasi insostenibile: non riuscivo più nemmeno a parare i suoi colpi, e così avevo pure un forte dolore alla spalla sinistra, colpita più volte dai suoi micidiali ' salti volanti '. Arretrai, in direzione dell'angolo appena esaminato: vidi i suoi occhi brillare di soddisfazione: evidentemente aveva deciso di approfittare dei ganci, mossa sulla quale contava per concludere il combattimento. Si lanciò verso l'alto, per afferrare i ganci, ma io cominciai a spostarmi prima che li raggiungesse, arrivai all'estremità del tappeto e cominciai a tirarlo verso di me: in quel momento lui stava ricadendo verso il basso, e il mio terremoto gli fece perdere l'equilibrio, facendolo rotolare proprio sul tappeto: a quel punto lo colpii più volte alla nuca, in modo da provocargli un forte dolore che lo stordì, e raggiunsi l'altro capo del tappeto, con il quale lo avvolsi e lo feci scivolare dentro una cella, che chiusi a chiave subito dopo, mentre lui inveiva ormai impotente contro di me. Sistemato il maestro, mi misi a cercare Anomis, che fortunatamente era in una cella vicina, dalla quale aveva pure visto lo spettacolo. Uscimmo dal carcere, costituito da una grotta, ed io provocai una frana che ne bloccò l'ingresso. Alla ricerca della mappa Usciti dalla prigione, dovevamo raggiungere il palazzo, senza farci vedere da nessuno, poiché Anomis era un'evasa ! Utilizzammo quindi le viuzze poco frequentate del paese, con la speranza di non incontrare nessuno, ed infatti non incontrammo quasi nessuno. Incontrammo solo due barboni, che non ci degnarono di nessuna considerazione. Io scandagliai comunque la loro mente, per essere sicuro che non fossero guardie travestite. Seguendo le vie meno frequentate, in un'ora circa, arrivammo in prossimità del Palazzo. Ci occorreva ora un sistema per poter entrare nel Palazzo nascondendo la nostra identità: come potevamo fare ? Dovevamo prendere delle divise da guardia. Io e Anomis ci introducemmo di nascosto in un negozio di vestiti, molto frequentato dai soldati. Ci mimetizzammo fra gli abiti, e aspettammo che due soldati entrassero: essi, come avevo previsto, volevano comprare del vestiario: si tolsero le divise, lasciandole attaccate ad un attaccapanni, e presero degli abiti per provarli. In un momento di distrazione fu facile fregare le divise, che subito indossammo. Dopo aver ottenuto in prestito le divise, ci introducemmo nel Palazzo, entrando dall'ingresso posteriore. Dovevamo essere molto cauti, perché chi ci voleva eliminare, ci aspettava proprio lì, e a poco ci sarebbero servite le divise se avessimo incontrato qualcuno che ci conosceva o al quale era stata fatta una nostra precisa descrizione. Raggiungemmo quindi con molta attenzione i magazzini della biblioteca, e ci mettemmo a cercare un libro che parlasse dei passaggi segreti del palazzo e delle posizioni delle porte dimensionali. Cercammo nel magazzino perché nella biblioteca vera e propria probabilmente questi volumi segretissimi non c'erano. Cercammo per molte ore, senza però trovare niente che ci potesse essere utile. Dovevamo a tutti i costi trovare qualche cosa, perché altrimenti non saremmo mai potuti uscire da quella situazione, e non avremmo potuto lasciare quell'assurdo mondo. Purtroppo però avevamo controllato tutti i volumi, in maniera molto scrupolosa, senza trovare nessuna traccia di quello che cercavamo. Pensai a chi poteva aver scritto quel libro... probabilmente era un tipo enigmatico, certamente un tipo non "normale". Forse per trovare dove lui aveva nascosto il libro bisognava prima studiare la sua personalità ? Ma comunque non sapevamo nemmeno il suo nome, e poi forse c'erano pure più autori. Ma chi aveva scritto quel libro (o coloro che li avevano scritti) doveva essere un tipo che aveva scoperto i passaggi segreti del Palazzo lui stesso, per esigenze proprie, altrimenti non avrebbe rischiato la vita per niente. Ma chi ne aveva avuto bisogno ? Cominciammo quindi a cercare libri che parlassero della storia del Palazzo. Trovammo su un libro notizie a proposito di un certo Enap, che si diceva fosse una pasta di uomo, che aveva però l'abitudine di scomparire durante le riunioni, nessuno sapeva come. C'erano molti altri membri del Consiglio che facevano cose strane, però il libro non diceva niente di loro. Guardai allora le loro biografie, ma non le trovai: qualcuno aveva strappato quelle pagine !! Qualcuno sapeva che saremmo andati lì a cercare... A quel punto mi girai per mostrare a Anomis quelle pagine strappate, e mi accorsi che Anomis era sparita. La chiamai, ma non rispose: la cercai dappertutto, quando vidi una parete, prima sicuramente chiusa, ora aperta: era un passaggio segreto ! Sbirciai all'interno, pronto a scattare e a difendermi, ma trovai Anomis, bella tranquilla, che nemmeno si accorse di me quando entrai, che leggeva in libro intitolato "I passaggi Segreti del Palazzo dalla A alla Z". A quel punto non so se mi adirai di più per il fatto che Anomis non mi aveva detto niente, mentre io mi scervellavo nell'altra stanza, e mi innervosii per l'assurdità di quel titolo, che sembrava quasi un libro tipo: "Dolci e ricette dalla A alla Z". Certo lo scrittore doveva essere stato un tipo un pò particolare. Comunque, dopo quella riflessione, mi ricordai del tradimento di Anomis, e stavo quasi per scoppiare, quando Anomis, vista la mia faccia, per niente scomposta, mi disse: "Tienimi un momento questo libro, che io devo vedere un'altra cosa", e mi mollò il libro in mano. Io a quel punto esplosi letteralmente, e lanciai il libro, con quanta forza disponevo, contro il muro, rischiando di graffiarlo. Era la prima volta che tra me e Anomis non c'era perfetta sintonia, però non era affatto strano che qualcosa ogni tanto andasse storto. Comunque dopo mi chiese scusa per essersi dimenticata di chiamarmi, ma me lo disse con l'aria di chi prende in giro, ed io non gradii affatto questa sua risposta. Comunque chiesi ad Anomis come avesse fatto a trovare la porta segreta, e lei mi rispose: "Ho semplicemente bussato..." a quel punto sentii il mio sangue raggrumarsi e rapprendersi: era una trappola !! Mi girai, ma era già troppo tardi: eravamo circondati dalle guardie !! Fuga dal palazzo Appena mi accorsi di ciò, non persi il mio sangue freddo: guardai bene, e non vidi Oloap, fatto che lasciava sperare che fosse sempre chiuso nel carcere. Afferrai quindi il libro con una mano ed Anomis con l'altra, e mi inoltrai nel passaggio segreto: non sapevo cosa ci aspettava, ma le guardie non mi piacevano affatto. Percorremmo qualche centinaio di metri, ma le guardie smisero quasi subito di seguirci: come avevo sperato avevano paura di quel misterioso corridoio. Appena possibile quindi ci fermammo. A quel punto mi guardai un pò in giro: eravamo in prossimità di un'asta metallica, che sembrava costituire un punto di riferimento abbastanza importante. Dopodiché io mi misi a leggere con calma il libro. Lo scrittore doveva essere un pazzo, perché diceva assurdità incredibili: diceva di aver viaggiato nel tempo, e di aver visto le civiltà del futuro, capaci di volare ma incapaci di difendersi da se' stesse. Parlava inoltre di scatole che contenevano voci e suoni, di oggetti che sembravano specchi, di mezzi che permettevano all'uomo di spostarsi senza usare le gambe... era veramente incredibile cosa aveva immaginato quell'uomo nella sua pazzia. Comunque dopo passava ad analizzare i passaggi segreti e le porte dimensionali presenti all'interno del Palazzo, ed erano queste informazioni che mi servivano. Cercammo sulla cartina il posto dove ci trovavamo in quel momento, cercai sulla cartina l'asta metallica che era a pochi metri da noi. Dopo alcuni minuti riuscii ad orientarmi, e trovai l'asta metallica sulla cartina: era una porta dimensionale che provocava un salto all'indietro nel tempo di duemila anni !! Un brivido percorse in quel momento la mia spina dorsale: cosa avevamo rischiato: se avessimo passato quell'asta non avremmo più trovato la via del ritorno !! Guardai attentamente la cartina: non c'era tempo da perdere, perché Oloap ci sarebbe forse ripiombato addosso entro poco tempo, ma occorreva ben ponderare le nostre azioni: non potevamo permetterci di sbagliare porta dimensionale ! Alla fine trovai alcune porte che potevano esserci utili, però erano descritte con parole più enigmatiche dell'autore stesso: una era definita: "La porta della dimensione Terra", un'altra "del mondo perduto", un'altra ancora "del Tunnel interdimensionale...". Tutte potevano interessarci, anche se mi sentivo di escludere con una certa sicurezza la seconda. Ma tra la prima e la terza la scelta non era facile: molte leggende infatti dicevano che tutto il mondo che io conoscevo si trovava su un oggetto unico chiamato appunto "Terra", ma la spiegazione della porta non specificava a quale dimensione della Terra la porta conduceva. Per quanto riguarda la terza, essa era ugualmente dubbia: parlava di un tunnel, che poteva essere quello che io avevo percorso fin dall'inizio. Per il tunnel inoltre erano presenti diverse porte, ognuna delle quali faceva riferimento ad un'asta diversa, con dei segni colorati posti a distanze diverse lungo l'asta. Strano... mi sembrava di ricordare di aver già visto delle aste... ma sì, sì, quelle trovate lungo il tunnel, che mi avevano incuriosito perché erano tutte diverse, aste che avevo trovato ad intervalli regolari... Solo che ogni punto del tunnel era "marcato" da un'asta diversa, e io non mi ricordavo come era quella presente nel punto in cui avevamo trovato quel mondo invertito. Come fare ? Chiesi a Anomis se lei se la ricordava, ma mi disse di non aver nemmeno notato l'asta. Mi resi conto solo in quel momento che erano trascorse delle ore, e dovevamo perlomeno spostarci da lì, perché entro breve avrebbero trovato qualcuno tanto coraggioso da venirci a stanare. Eravamo sempre in prossimità della porta dimensionale chi portava indietro nel tempo di ventimila anni, e non ci eravamo spostati di un millimetro !! Ci mettemmo quindi in cammino, per la più vicina porta dimensionale che portava al tunnel. Prima però dovevamo trovare l'ingresso di un passaggio segreto, posto vicino, come diceva la carta, alla porta dimensionale vicino alla quale eravamo noi. Ci mettemmo a cercare, quando la nostra ricerca fu interrotta da un verso gutturale molto forte, emesso da una creatura a noi sconosciuta. Mi voltai, giusto in tempo per accorgermi che essa era più vicina di quanto i miei sensi mi avevano lasciato supporre, e tirai fuori la spada. La creatura infatti mi piombò addosso proprio in quel momento. Notai subito la sua bellezza: era fornita di antenne telescopiche orientabili e snodabili: un optional non indifferente. Inoltre dalle antenne lanciava un raggio congelante. Per il resto era identica ad un gigantesco ragno, inoltre aveva, all'altezza della bocca, delle tenaglie ben robuste, dalle quali riversava una sostanza altamente corrosiva, come dimostravano i buchi che faceva sul pavimento mentre camminava. Evidentemente noi le avevamo fatto venire l'acquolina in bocca !! Non era una creatura certo classificabile come indifesa ! Comunque non era particolarmente agile, e così riuscii a svicolare dalle sue tenaglie, ferendola sull'addome. Purtroppo però la ferita si rimarginò immediatamente !!! Ora capivo quale era la particolarità di quella simpatica bestiolina. Dopo però vide Anomis, e si gettò su di lei. Cosa fare ? Sbracciai e feci un pò di rumore, nella speranza di attirare la sua attenzione. Nel frattempo Anomis era talmente impietrita, che il ragno non ritenne nemmeno necessario tentare di immobilizzarla con il suo raggio stordente. Decisi a quel punto che, come animale, doveva essere sensibile al cibo: presi il cosciotto di pollo che era rimamsto fra le ultime provviste del mio zaino e, che il mio stomaco reclamava con priorità superiore a quella del mostro: gli detti quindi un morso, non potendo resistere, e poi lo lanciai al ragno. Il ragno dimostrò di non essere molto intelligente: quasi si morse per conto suo prima di riuscire ad afferrare il cosciotto e di inserirselo per intero dentro la voragine che io prima avevo chiamato bocca ! Finito il bocconcino, però, la creatura non ebbe esitazioni, e si rigettò su di me: io cercai disperatamente qualcosa da mangiare, ma non trovai niente: Anomis allora prese il suo cosciotto e lo tirò a me !! Questo naturalmente fece accellerare il ragno, che evidentemente aveva gradito la mia cena !! Cosa potevo fare ? In quel momento mi venne l'unica idea che mi poteva salvare la vita: pensai infatti di fare fare il viaggio al ragno: scagliai il cosciotto contro la porta dimensionale, e scomparvi alla vista del ragno, passandogli sotto ! Egli quindi si diresse verso il cosciotto, unica cosa che continuò a vedere, e sparì nella porta dimensionale. Era incredibile come si poteva vivere in prima persona leggende che i nonni ci avevano raccontato: infatti sapevo che in passato un gigantesco ragno era stato affrontato ed ucciso da un mio lontanissimo parente !!! Certo ora mi sentivo un pò in colpa, perché ero stato io a procurargli quel lavoretto !! Passaggio dalla porta dimensionale Eliminato "l'inoffensivo ragnetto", trovammo il passaggio segreto e raggiungemmo la porta dimensionale: ora eravamo un pò più introvabili, però se qualcuno avesse conosciuto i passaggi segreti, ci avrebbe individuati abbastanza facilmente, per cui dovevamo sbrigarci. Io avevo visto l'asta, per cui anche se non me la ricordavo a livello cosciente, forse il mio subconscio se la ricordava. Mi immersi quindi nella massima concentrazione. Cercai di tornare con la mente indietro nel tempo... ecco, ora ero nel tunnel, e vedevo l'uscita della caverna... ero al punto esatto in cui avevamo cominciato quell'avventura in questo finto mondo superficiale. Continuai comunque a ricordare... ecco stavamo uscendo dal tunnel... io vedevo l'asta era... ma ecco che a quel punto tutta quella popolazione di Insbrik, con la mentalità rovesciata pensava insieme a me, disturbando i miei pensieri: ancora una volta non riuscii a seguire il consiglio del mio vero maestro: "Non ascoltare quella gente...", purtroppo però non riuscivo a concentrarmi. Cercai invano, finché... ora anche Anomis si stava concentrando... Sì, la sentivo con me: insieme riuscimmo ad annullare i pensieri di quella gente malvagia... rividi la scena in cui notavo l'asta metallica... sì ce l'avevo davanti... conteneva tre fasce colorate. Dopo questo smisi di concentrarmi. Vidi Anomis molto più sudata di me: la aiutai a sdraiarsi, perché per lei quella era stata un'esperienza veramente faticosa. Cercai sulla cartina l'asta metallica a tre fasce colorate: era proprio quella davanti a noi ! Subito entrammo nella porta dimensionale e ci ritrovammo all'interno del tunnel: vidi l'uscita del tunnel, ma questa volta sapevo che il corridoio doveva continuare, nonostante sembrasse terminare lì: cercammo dei passaggi segreti sulle pareti, e ne trovammo uno: lo passammo, e ci ritrovammo di nuovo all'interno del solito tunnel. Esso scese per un tratto, ma poi cominciò a risalire, tanto da farci sperare che la prova fosse finita. Nonostante che questa volta fossimo molto sospettosi, raggiungemmo la superficie ed io ritrovai i miei amici: furono tutti felici, anche se mi dissero che per diventare un Gran Saggio prima dovevo confrontarmi con Aerdna. Però non mi sentivo più convinto come quando ero partito: avevo infatti imparato molte cose, ma mi sembrava che più che aver ampliato le mie capacità, di essere meno sicuro di me stesso di prima !! E questo non si addiceva ad un Saggio, uomo quasi perfetto. Comunque mi recai da Aerdna, e gli dissi: "Maestro, ho imparato molte cose, ma non mi sento affatto pronto per diventare un Grande Saggio, non mi sento infatti di potermi dire perfetto né come lottatore, né come conoscitore di tutte le capacità della mente". Quando Aerdna ebbe sentito le mie parole, si alzò molto soddisfatto, e disse: "Sono molto felice che tu mi abbia manifestato questi dubbi: tu sei stato onesto, ma soprattutto hai imparato la più importante delle lezioni di questa prova: che non si è mai nemmeno vicini alla perfezione: nessuno ti chiede infatti di essere perfetto, ma solo di essere consapevole dei tuoi limiti: in seguito potrai approfondire la tua conoscenza nei vari campi, senza però dimenticare mai questo !!! Quindi, sono onorato di nominarti Grande Saggio !!!". Le sue parole furono seguite da un coro di applausi, dopo i quali avvenne la cerimonia ufficiale. Solo il giorno dopo suonarono le trombe alla cerimonia del mio matrimonio con Anomis, anch'essa nominata Grande Saggia, per il fatto di aver collaborato alla missione. Quel giorno ricevetti anche le congratulazione di Oloap, che mi disse: "Ottimo lavoro, e poi, detto tra noi, salvare la gente di Anomis non era importante ai fini della prova, quindi essi ti dovranno essere personalmente molto grati". SOMMARIO : Cap. 1 La caverna oscura ..................... pag. 02 Cap. 2 Il labitinto .............................. pag. 05 Cap. 3 Illusione ................................. pag. 07 Cap. 4 I sacerdoti del Teschio ............... pag. 11 Cap. 5 Uscita dalla caverna .................. pag. 16 Cap. 6 Dov è la mia gente ................... pag. 21 Cap. 7 La liberazione di Anomis .............. pag. 23 Cap. 8 Alla ricerca della mappa .............. pag. 25 Cap. 9 Fuga dal Palazzo ...................... pag. 27 Cap.10 Passaggio dalla porta Dimensionale .... pag. 30 PERSONAGGI : RAJ ragazzo che deve effettuare la Grande Prova ANOMIS ragazza che Raj incontra durante l'avventura KERED madre di Anomis SACUL amico di Raj OLOAP maestro di Raj AERDNA Grande Saggio OPPILIF capo dei Teschi Rossi LUOGHI : INSBRICK terra di Raj