Storia
Benché
per l'invenzione della radio siano state necessarie molte scoperte nel campo
dell'elettricità, l'inizio della storia delle radiocomunicazioni può essere
fatto risalire nel 1873, quando il fisico britannico James Clerk Maxwell
pubblicò la sua teoria sulle onde elettromagnetiche.
La
teoria di Maxwell venne avvalorata dall'attività sperimentale del fisico
tedesco Heinrich Hertz il quale, circa 15 anni dopo, riuscì a generare onde
elettromagnetiche fornendo una carica elettrica a un condensatore e
cortocircuitando il medesimo. Nella scarica elettrica risultante, la corrente
aumentava improvvisamente di intensità fino a provocare l'inversione di
carica nelle due armature del condensatore oltre il punto neutro, determinando
una differenza di potenziale opposta; il processo si ripeteva più volte, e la
carica variava in modo regolare creando una scarica elettrica oscillante sotto
forma di scintilla. Parte dell'energia di questa oscillazione veniva
irradiata, sotto forma di onde elettromagnetiche, dalla lacuna fra le due
armature. Hertz riuscì a misurare molte delle proprietà di queste onde,
dette hertziane, tra cui la lunghezza e la velocità.
La
possibilità di utilizzare le onde elettromagnetiche per la trasmissione a
distanza di messaggi e segnali risale a molto tempo prima dell'avvento delle
radiocomunicazioni; strumenti particolari, come ad esempio l'eliografo,
venivano impiegati per trasmettere informazioni sotto forma di raggi luminosi
che potevano essere modulati e adattati all'uso del codice Morse.
Le
proprietà delle radioonde, tuttavia, le rendono di gran lunga preferibili
alle altre forme di radiazione elettromagnetica per le comunicazioni: anche
enormemente attenuate, esse possono infatti essere ricevute, amplificate e
demodulate. Per disporre di amplificatori di qualità si dovette attendere
però l'invenzione delle valvole elettroniche. Nonostante i progressi
considerevoli in radiotelegrafia (nel 1901 Marconi effettuò una comunicazione
transatlantica), la radiotelefonia non avrebbe mai potuto trovare applicazione
pratica senza gli sviluppi dell'elett L'invenzione della radio è attribuita a
Guglielmo Marconi che, a partire dal 1895, mise a punto oscillatori a
scintilla collegati a rudimentali antenne. Nel 1896 lo scienziato italiano
riuscì a trasmettere segnali a oltre 1500 m di distanza e l'anno seguente
trasmise segnali dalla terraferma a una nave situata a una trentina di
chilometri dalla costa. Nel 1899 stabilì le prime comunicazioni commerciali
tra Francia e Inghilterra in grado di funzionare con qualsiasi condizione
atmosferica; all'inizio del 1901 inviò segnali a una distanza di 322 km e,
sempre nello stesso anno, riuscì a inviare una singola lettera oltre l'oceano
Atlantico. Già nel 1902 si iniziò a inviare regolarmente messaggi via radio
oltre l'Atlantico, e nel 1905 molte navi usavano la radio per comunicare con
le stazioni costiere. Per le sue scoperte nel campo della radiotelegrafia,
Marconi condivise nel 1909 il premio Nobel per la fisica con il tedesco Karl
Ferdinand Braun.
Perlopiù nello stesso periodo vennero realizzati vari progressi tecnici: si cominciò a usare circuiti-tampone per la sintonia, furono messe a punto antenne migliori e si iniziò a utilizzare trasformatori per aumentare la tensione inviata all'antenna. Furono inoltre sviluppati rivelatori più funzionali, tra i quali quelli magnetici (il cui funzionamento si basava sulla capacità delle radioonde di demagnetizzare cavi in acciaio), i bolometri (che misuravano l'aumento di temperatura di un cavo sottile attraversato da radioonde), i diodi e le valvole termoioniche, dette anche tubi elettronici a vuoto.