IL RICETTARIO DELLE FESTE TRADIZIONALI

2° CIRCOLO CON IL PATROCINIO DEL COMUNE DI PAGANI

Abbiamo voluto offrire un piccolo patrimonio di gusto e di cultura riproponendo una serie di ricette della nostra tradizione gastronomica. Nel ricercare i piatti più tradizionali del nostro territorio siamo dovuti necessariamente risalire nel tempo. Abbiamo così saputo che fino a qualche tempo fa, dire cosa si mangiava significava dire quale festa ricorreva. La cucina di tutti i giorni era povera, si mangiava quello che la terra offriva e si era fortunati se si poteva disporre di un piatto di verdura, di legumi o di ortaggi, a seconda del tipo di coltura stagionale. Le nostre nonne sono così diventate delle vere specialiste nel preparare in tutti i modi possibili i prodotti della campagna, eseguendo dei veri e propri "riti" nel rispettare precisi tempi di cottura e nel ricercare gli aromi e gli ingredienti più adatti. Nella cucina giornaliera predominavano: legane e ceci, torselle al pomodoro o fritte, freselle con l'acqua dei fagioli, à suffritt, polpette di pane, scaglinosso e farina. Nei giorni di festa, invece, la scena cambiava e si arrivava ad indebitarsi pur di avere a tavola quello che la tradizione comandava. Le nonne, infatti, dicono : "non è Pasqua si nu sient' addore re' carcioffole".

Questo per dire che cucina e tradizione andavano a braccetto, diventavano complementari e che la cucina costituiva la parte "profana" della festa religiosa. Le famiglie, al gran completo, si riunivano a tavola e partecipavano a questa sorta di "rito" che rendeva la festa più vera. Spesso, in queste occasioni di festa, rientravano dall'estero parenti e amici, emigrati in cerca di lavoro e il ritrovarsi insieme a tavola significava anche ricostruire gli affetti e rinsaldare i veri valori della famiglia.

E' giusto, quindi, che rimanga viva, in noi ragazzi, la tradizione di tutto ciò, perchè così sapremo meglio comprendere le nostre radici sociali e culturali. Forse nel preparare i cibi proposti, non otterremo i risultati di una volta: non sentiremo gli stessi profumi e non gusteremo gli stessi sapori, ma sicuramente ricorderemo e apprezzeremo gli stessi valori.

A tal proposito vogliamo riportare una poesia di Edoardo De Filippo che riesce a sintetizzare, con sapiente ironia, il nostro pensiero.

'O rrau

'O rraù ca me piace a me

m''o faceva sulo mammà

a che m'aggio spusato a te

ne parlammo pe ne parlà.

Io nun songo difficultuso;

ma luvammello 'a miezzo st'uso.

Si va bbuono, cumme vuò tu.

Mò ce avessem' appiccecà?

Tu che dice? Chest'è rauù?

E io m'o mmagno pè m'o magnà...

M''a faje dicere naparola?...

Chesta è carne c''a pummarola.