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AIDS

ARRIVA UNA NUOVA CLASSE DI FARMACI

Chiudi la porta al virus

Si chiamano inibitori della fusione. Bloccano Hiv fuori dalla cellula, e impediscono l’infezione,con un’azione combinata

 

 

UN’AZIONE COLLEGATA:

c’è un elemento esterno del virus che aggancia saldamente il bersaglio (la cellula umana), forma una sorta di ponte che si estende tra le due strutture e mette in comunicazione gli ambienti interni del virus e della cellula stessa. Con questa elaborata strategia Hiv infetta le cellule umane.

E’in questa, che gli scienziati chiamano "fase della fusione", è il nuovo bersaglio su cui punta la ricerca per battere le resistenze sviluppate dal virus dagli attuali trattamenti. Il risultato è una nuova classe di farmaci che si chiamano inibitori della fusione e (a differenza degli altri farmaci che interferiscono con il processo di replicazione dell’Hiv a infezione già avvenuta) vanno a ostacolare direttamente l’entrata del virus nella cellula: bloccano il ponte che permette al patrimonio genetico virale di penetrare la barriera cellulare.

La fusione non avviene.

Questi nuovi farmaci, sperimentati con successo e a un passo dall’approvazione, sono stati presentati al congresso annuale tenuto sulla malattia di Aids dal centro di Riferiment Oncologico di Aviano nelle settimane scorse e che è stato la vetrina nazionale delle molte novità terapeutiche in materia di Aids.

Con i farmaci inibitori della fusione, la lotta all’Aids si sposta su strade non ancora battute per riuscire ad attaccare su più fronti un nemico estremamente sfuggente e mutevole. Dagli studi clinici risulta infatti che dopo un anno di terapia solo il 50-60 per cento dei pazienti ottiene una buona soppressione della replicazione virale, cioè un abbattimento delle particelle di virus in circolo nel sangue.

Questo drammatico effetto è la sciagurata conseguenza di un comportamento tipico di Hiv: l’incuria con cui il virus costruisce copie di se stesso. Lo fa così distrattamente da produrre casualmente varianti che risultano insensibili all’azione, estremamente selettiva, dei farmaci. Il microorganismo resistente guadagna rapidamente terreno sostituendo il virus originario: e così il trattamento terapeutico fallisce. Bisogna quindi cambiare bersaglio per riuscire a tenere ancora sotto controllo il virus. E altre modalità d’azione sono state individuate. A fusione già avvenuta, i ricercatori tentano di impedire che l’Hiv, inserendo il proprio patrimonio genetico nel dna della cellula ospite, la trasformi in una inconsapevole fabbrica di virus. Si va così a colpire un’altra importante tappa del processo di replicazione virale, con i cosiddetti inibitori dell’integrasi che però sono a uno stadio di sviluppo meno avanzato delle molecole amifusione. Ma accanto alle vie nuove, c’è anche chi punta a sviluppare farmaci che agiscono secondo le vecchie modalità d’azione ma molto più potenti dei loro predecessori. Un nuovo inibitore della proteasi, la classe di farmaci che nel ‘96 cambiò la storia della malattia riducendo la mortalità di quasi 1’80 per cento, ha mostrato in provetta una potenza superiore a tutte le altre molecole della stessa famiglia. Efficace sui pazienti mai precedentemente trattati, il lopinavir (questo è il nome del farmaco tra qualche mese disponibile in tutta Europa) si è rivelato estremamente promettente anche sui i pazienti che non hanno dato risposta alla terapia con gli altri antivirali. Soprattutto per il fatto che nel genoma del virus non si è registrata la comparsa di alcuna resistenza capace di conferire insensibilità al nuovo farmaco.

Ma perché si sviluppano le resistenze?

La quantità di farmaco nel sangue può risultare insufficiente ad abbattere completamente la replicazione virale: per colpa dell’organismo che non lo assorbe bene, o per scarsa aderenza al trattamento. Il paziente dimentica, non riesce, o evita intenzionalmente di seguire scrupolosamente il complesso schema terapeutico previsto. Per alcuni periodi di tempo cessa la copertura del farmaco e il virus è libero di riprodursi, con il pericolo che sviluppi resistenza. Ecco perché un altro fronte su cui si muovono i ricercatori punta alla semplificazione dei trattamenti. Aderenza infatti non significa solo ricordarsi di prendere tutte le pasticche ma anche di farlo al momento giusto nell’arco della giornata e spesso dovendo essere a digiuno oppure con qualcosa di grasso nello stomaco. Tante restrizioni spesso difficili da rispettare, soprattutto se si conduce una normale vita sociale e lavorativa.

Le aziende farmaceutiche puntano quindi a sviluppare farmaci capaci di restare in circolo nel sangue abbastanza a lungo da permettere due sole somministrazioni al giorno. Ecco allora in dirittura d’arrivo alcuni nuovi composti che uniscono a una potente attività contro i ceppi resistenti di Hiv anche una estrema facilità di assunzione da parte del malato. E lo fanno sfruttando le sinergie che nascono dall’interazione tra gli stessi farmaci: aggiungendo una piccola dose di titonavir, un inibitore della proteasi, ad esempio gli altri farmaci del cocktail ricevono una sferzata di energia, che ne aumenta la concentrazione nel sangue rendendola più stabile, duratura nel tempo e indipendente dai pasti. Così, si possono ridurre il numero delle dosi e della quantità di farmaco, riducendo i pesanti effetti collaterali (altra nota dolente delle terapie). Ma si può anche seguire la strategia di unire più composti in una sola pillola. È in arrivo una pasticca che addirittura racchiude tre molecole e che, come gli studi sembrano confermare, potrebbe rappresentare da sola una terapia efficace: una pillola alla mattina e una alla sera.

 

Partirà tra breve all’Istituto superiore di sanità il più grande studio mai proposto sulle interruzioni strutturate di terapia: oltre 600 pazienti seguiti in 90 centri sparsi su tutto il territorio. Per scoprire se è possibile prendersi, a intervalli regolari, una pausa dal trattamento. ma di un mese, poi man mano ad aumentare, le interruzioni dovrebbero consentire al sistema immunitario di tenere sotto controllo il virus anche quando non si assumono i farmaci, durante il periodo di vacanza dalla terapia. Che potrebbe allungarsi sempre più. Una vera rivoluzione nella vita delle persone sieropositive che non sempre riescono ad accordare con facilità le scansione dettate dalla terapia con i ritmi della vita quotidiana.

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Per ogni chiarimento  o domande scrivere a:mailto:ruggigaetano@tiscalinet.it

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