Sentenza 226
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SENTENZA N. 226

 

ANNO 2000

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da:

- Cesare MIRABELLI Presidente

- Francesco GUIZZI Giudice

- Fernando SANTOSUOSSO "

- Massimo VARI "

- Cesare RUPERTO "

- Riccardo CHIEPPA "

- Gustavo ZAGREBELSKY "

- Valerio ONIDA "

- Carlo MEZZANOTTE ".

 - Fernanda CONTRI "

- Guido NEPPI MODONA "

- Piero Alberto CAPOTOSTI "

- Annibale MARINI "

- Franco BILE "

- Giovanni Maria FLICK "

SENTENZA:

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, come integrato dall’art. 1, comma 2, della legge 25 luglio 1997, n. 238 (Modifiche ed integrazioni alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati), 2 e 3, comma 7, della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), promossi con ordinanze emesse il 29 luglio 1998 dal Pretore di Milano, nel procedimento civile tra Yed altro e il Ministero della sanità, iscritta al n. 757 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell’anno 1998, e il 15 ottobre 1998 dal Pretore di Trento nel procedimento civile tra X e il Ministero della sanità, iscritta al n. 907 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell’anno 1999.

Visti gli atti di costituzione di Y, del Comitato regionale delle associazioni degli emofilici della Lombardia e di X; udito nell’udienza pubblica del 4 aprile 2000 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky; uditi gli avvocati Roberto Cordini per Y, Umberto Randi per il Comitato regionale delle associazioni degli emofilici della Lombardia e Alberto Cristanelli e Lidia Ebner per X.

Ritenuto in fatto 

1.1. – Il Pretore di Milano, quale giudice del lavoro, ha sollevato, con ordinanza del 29 luglio 1998 (r.o. 757/98), questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), «come integrata dall’art. 1, comma 2, della legge 25 luglio 1997, n. 238» (Modifiche ed integrazioni alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati), «nella parte in cui, nel caso di infezione da virus HIV e/o HCV conseguente a trasfusione di sangue o derivati verificatasi anteriormente alla data di entrata in vigore della legge n. 210 del 1992, fanno decorrere l’indennizzo ivi previsto dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda» – domanda da proporsi, ex art. 3, comma 7, della legge n. 210 del 1992, entro tre o dieci anni decorrenti dall’entrata in vigore della medesima legge, rispettivamente per le epatiti e per le infezioni da virus HIV – «e non dal manifestarsi dell’evento dannoso o dalla conoscenza che di esso abbia avuto l’interessato», in riferimento agli artt. 2, 3, 32 e 38 della Costituzione.

1.2. – In fatto, il rimettente riferisce che nel giudizio principale il ricorrente ha convenuto in giudizio il Ministero della sanità, chiedendone la condanna al pagamento dell’indennizzo previsto dagli art. 1 e 2 della legge n. 210 del 1992, con decorrenza dal febbraio 1978, per l’infezione HCV, e poi dal dicembre 1983, in riferimento all’infezione da virus HIV, che, a fondamento del ricorso, la parte ha tra l’altro eccepito l’incostituzionalità degli art. 2 e 3 della suddetta legge, appunto in quanto, per i casi di infezioni da virus HIV o HCV contratte, a seguito di emotrasfusioni, anteriormente alla data di entrata in vigore della legge n.210, fanno decorrere l’indennizzo dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda e non dal verificarsi dell’evento o dalla conoscenza che ne abbia avuto l’interessato (nella specie, dal 1978 per l’infezione epatica HCV e dal 1983 per l’infezione da virus HIV); che, inoltre, nel giudizio di merito è intervenuto volontariamente, a norma degli art. 105 e 419 cod. proc. civ., il Comitato regionale delle associazioni degli emofilici della Lombardia, aderendo alle conclusioni del ricorrente.

1.3. – L’eccezione di incostituzionalità – premette ancora il rimettente – è rilevante in quanto dall’accoglimento di essa deriverebbe l’accoglimento del ricorso, fondato appunto sull’incostituzionalità della limitazione temporale dell’indennizzo.

1.4. – Nel sollevare la questione, il Pretore muove da una disamina dell’evoluzione della disciplina della materia. Dopo la sentenza n. 307 del 1990 della Corte costituzionale, il punto di partenza è rappresentato dalla legge n. 210 del 1992, che ha previsto la corresponsione di un indennizzo a favore di quanti, a causa di vaccinazioni. obbligatorie, riportino lesioni o infermità con menomazione permanente dell’integrità psico-fisica, nonché a favore di coloro che, per effetto di somministrazione di sangue o suoi derivati, risultino contagiati da infezione HIV ovvero subiscano danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali. Detto indennizzo decorre (art. 2, comma 2, della legge) dal primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda; domanda il cui termine di presentazione (ordinariamente stabilito pro futuro in tre o dieci anni, secondo i casi, dal momento di conoscenza del danno subito), per chi abbia già subito una delle suddette menomazioni anteriormente alla data di entrata in vigore della legge, decorre comunque da quest’ultima data (art. 3, comma 7, della legge).

Su questa disciplina la Corte si è pronunciata, con una prima decisione (sentenza n. 118 del 1996), dichiarando l’incostituzionalità delle norme (art. 2, comma 2, e 3, comma 7) che escludevano, per il periodo compreso tra il manifestarsi dell’evento anteriormente all’entrata in vigore della legge e l’ottenimento della prestazione patrimoniale, il diritto, fuori dell’ipotesi dell’art. 2043 cod. civ., a un equo indennizzo a carico dello Stato per le menomazioni riportate a causa di vaccinazione obbligatoria antipoliomielitica, da quanti vi siano sottoposti e da quanti abbiano prestato ai primi assistenza personale diretta. Dando seguito a questa pronuncia, il legislatore è intervenuto, con la legge n. 238 del 1997, prevedendo, per i soggetti che abbiano contratto le menomazioni considerate nella legge del 1992 a seguito di vaccinazioni antipoliomielitiche obbligatorie anteriormente alla legge stessa, la corresponsione di un assegno una tantum pari - per ciascun anno compreso tra l’evento e l’ottenimento della prestazione definitiva - al 30% dell’indennizzo quale stabilito ("a regime") dalla stessa legge del 1992.

Con una ulteriore pronuncia poi (sentenza n. 27 del 1998) la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge n. 210, nella parte in cui non prevedeva il diritto all’indennizzo, alle condizioni ivi stabilite, di coloro che fossero stati sottoposti a vaccinazione antipoliomielitica nel periodo di vigenza della legge 30 luglio 1959, n. 695 (cioè nel periodo in cui tale vaccinazione, ancora non obbligatoria come sarà poi dal 1966, era tuttavia incentivata e promossa nell’ambito di un programma di politica sanitaria).

Relativamente a tale evoluzione della disciplina e della sua portata, il rimettente osserva che la pronuncia del 1996 della Corte costituzionale,estensiva della decorrenza dell’indennizzo fin dal momento dimanifestazione dell’evento, si basava sul carattere giuridicamente obbligatorio della vaccinazione produttiva di danno, e che in quella stessa decisione veniva differenziata tale ipotesi dalle altre in cui la persona  fosse stata bensì necessitata, ma non vincolata da obbligo di legge, a sottoporsi a un trattamento sanitario rivelatosi causa di menomazione; ciò tuttavia, secondo il rimettente, dipendeva «dalle peculiari caratteristiche del caso portato all’esame della Corte». Riprova di ciò – prosegue l’ordinanza – sarebbe la successiva sentenza del 1998, che ha riconosciuto il diritto all’indennizzo a favore dei soggetti sottoposti a vaccinazione antipoliomielitica in epoca in cui questa non era ancora stata. resa obbligatoria.

Ora, rileva il Pretore, la condizione di tali ultimi soggetti, non costretti ma semplicemente incentivati a praticare la vaccinazione, può dirsi assimilabile, sotto il profilo della coercizione a ricevere un dato trattamento sanitario, a quella di chi si sia sottoposto a somministrazioni di sangue o emoderivati per evitare il decorso dannoso e talvolta letale di una malattia come l’emofilia: nell’uno come nell’altro caso la facoltà di scelta individuale è fortemente compromessa, alla luce della gravità delle conseguenze che potrebbero derivare dall’omissione del trattamento sanitario, e anzi la compressione della libera determinazione appare ancora più evidente nel secondo caso, giacché le persone affette da emofilia non hanno, allo stato, valide alternative rispetto a costanti somministrazioni di sangue, per la loro stessa sopravvivenza. Inoltre, rileva il Pretore, la Costituzione, nell’art. 32, tutela l’integrità fisica dell’individuo come bene, appunto, individuale, più che come interesse della collettività; il diritto alla salute, assoluto e primario, fa sì che a esso debba darsi adeguata tutela «anche quando la collettività non ne tragga» (dal trattamento individuale) «un beneficio immediato».

E’ alla stregua di tale connotazione che si deve dunque proteggere il diritto garantito dall’art. 32 della Costituzione, in connessione con il principio di solidarietà – desumibile dagli art. 2 e 38 – che impone la cura, da parte della collettività, delle esigenze primarie del singolo, anche là dove la collettività medesima non assuma quelle esigenze a oggetto o strumento di decisioni prese nel proprio immediato interesse. Ciò anche al fine di evitare ingiustificate disparità di trattamento, come quella, ulteriormente e conclusivamente prospettata dal rimettente in base all’art.

3 della Costituzione, tra soggetti che abbiano contratto l’infezione (HIV o HCV) rispettivamente prima o dopo l’entrata in vigore della legge n. 210 del 1992: una diversa decorrenza dell’indennizzo, per le suddette categorie, si risolverebbe non soltanto in una differente commisurazione dell’indennità, certamente rimessa alla discrezionalità del legislatore, ma in una arbitraria riduzione legale del danno indennizzabile, a sfavore di una delle due.

1.5. – Nel giudizio così promosso si è costituito il ricorrente nel giudizio di merito.

Nell’atto di costituzione si rileva in particolare che l’estensione propraeterito della prestazione patrimoniale, derivante in via di principio dalla sentenza n. 118 del 1996 della Corte costituzionale e poi specificata (con la previsione dell’assegno una tantum pari al 30% dell’indennizzo «a regime») dalla legge n. 238 del 1997, è stata delimitata a un caso specifico, quello dei soggetti menomati da vaccinazione obbligatoria antipolio; ne sono dunque rimasti esclusi tutti coloro che, come il ricorrente, hanno riportato analoghe menomazioni per qualsiasi altra causa e che, come ha rilevato la citata decisione della Corte, sono stati «rimessi nei termini» dalla legge n. 210 «solo proceduralmente, non sostanzialmente», cioè per la proposizione della domanda di indennizzo ma non per la correlativa estensione quanto al tempo.

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Per ogni chiarimento  o domande scrivere a:mailto:ruggigaetano@tiscalinet.it

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