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Intervista al Padre Arcivescovo Giuseppe Agostino
 Metropolita di Cosenza-Bisignano, sul messaggio scritto in occasione
della canonizzazione del Beato Umile da Bisignano

 a cura di Francesco Fucile

 

 Padre Arcivescovo, perché un messaggio pastorale sul Beato umile da Bisignano?
E’ dovere di un Vescovo far cogliere i segni di Dio.
L’evento dichiarativo della santità (canonizzazione) di un figlio della nostra terra è talmente intenso, forte, provocatore che non può non essere considerato ed assunto. A me, come Pastore, tocca orientare gli eventi nella luce di Dio, farli approfondire ed attualizzare.
Attualizzare vuol dire cogliere la santità, oggi.

Chi sono i santi?
Bisogna capire chi sono i santi. Non sono degli “extraterrestri” cioè esseri calati dal cielo o, come spesso capita nella lettura diffusa nel nostro popolo, “distributori di grazie”, operatori di “miracoli”.
Sono, invece, rivelatori del “miracolo” della loro vita, conformata a Cristo, polarizzata da Dio e rivolta all’uomo, alle sue sofferenze.
I santi sono umanità compiute, fedeli e sono segnali di orientamento per tutti. E questo perché la chiamata alla santità è universale, cioè tutti siamo pensati da Dio nell’amore e per l’amore. Il Santo è un lottatore perché nella potenza della fede vince il suo egoismo ed è un uomo di gioia nascosta, frutto della presenza di Dio in lui.
Ovviamente la santità ha gradi e gradi. Possiamo dire che c’è una santità straordinaria, eroica come quella del Beato Umile e dei santi canonizzati e c’è una santità ordinaria, via di tutti. Si tratta di cogliere la vita unificata in Dio, nell’imitazione di Cristo. La santità non è perfezionismo ma umiltà per accogliere, purificandosi continuamente, l’Amore di Dio in noi. Anche i laici, in tutte le condizioni umane sono chiamati a questa santità. La nostra gioia è proporzionata alla santità, come la tristezza è proporzionata al nostro egoismo, alle nostre solitudini, ai nostri vuoti.
La santità, ovviamente, è un cammino. Può, anche, comportare stanchezze o, addirittura, cadute. Ma è una tensione continua ed un affidarsi alla misericordia di Dio.

Lei ha definito frate Umile “un semplice” di Dio, perché?
L’ho definito “un semplice” di Dio perché non fu un artefatto, un complicato, ma un uomo essenziale, puro, povero di spirito.
Se si vuole non si appoggiò a sicurezze umane: cultura, avere, giudizio degli altri, godimenti fruitivi della vita ma fu un uomo “libero” svuotato di tutto ma pieno di amore, dello Spirito di Dio e testimone della sua pace.

 In diverse occasioni Lei ha detto che è cambiato l’ethos comportamentale del nostro popolo, indicando dei vuoti di valori che scaturiscono principalmente da una pseudo-cultura “ludica” fondata sulle emozioni, sul precario, sul divertimento e sull’apparire; in che modo la testimonianza cristiana di frate Umile può aiutarci a superate queste pericolose involuzioni e a radicare il nostro domani in un rinnovamento etico e spirituale?
Il Beato Umile l’ho chiamato un provocatore perché con la sua testimonianza smonta l’impostazione della vita, oggi, che è un girare sul futile, sul vuoto e di conseguenza sulla tristezza e sull’insicurezza dell’essere.
Oggi non si tratta di progettare molte cose ma prima di tutto di autenticare il nostro essere. E mi piace ricordare il comportamento dei grandi spiriti biblici: Mosè, Elia, Giovanni Battista e lo stesso Gesù, nostro Signore.
Questi hanno cominciato dal “deserto” cioè appartandosi dalla vanità per ritrovare la profondità del cuore o per rivelarlo, come fu per Gesù.
Oggi è necessario “non conformarsi al mondo” non si possono servire due padroni. La vita è una scelta e non possiamo accordarci all’ethos dell’affare, dell’erotica, dell’apparire. E’ questa una grande conversione.
Purtroppo vedo cristiani che chiedono le grazie e non sempre cambiano la vita.
Tutta la nostra catechizzazione deve illuminare a riguardo perché nascano uomini nuovi, diversi, non “mondani” nel cuore.
Vorrei gridare che è giunto il tempo della “serietà cristiana”.

 La canonizzazione del Beato Umile coincide con la celebrazione dei Mini Sinodo Diocesani. Osservati attraverso il dono della grazia, i due avvenimenti hanno un’affinità di fondo: da un lato frate Umile, che attraverso la sua testimonianza cristiana, ci indica il cammino per spogliarci dell’uomo vecchio e per trasformarci in uomini nuovi; dall’altra una Chiesa locale che si interroga su come essere Chiesa nuova per uomini nuovi. Secondo Lei cosa manca alla nostra comunità cristiana per essere un’autentica “comunità nuova”, in grado di comprendere i “segni dei tempi”?
Anch’io vedo una coincidenza di grazia: la contemplazione di un modello, figlio della nostra Chiesa e la convocazione della Chiesa Diocesana perché sia “nuova”, adeguata ai nostri tempi. La nostra chiesa non può chiudersi nell’intimismo, nel devozionalismo, nel miracolistico; non può esprimere divisioni, polemiche. Se si ferma a questo si mostra non catechizzata. Abbiamo bisogno di una catechesi, specie per gli adulti, per incontrare Gesù e farsi incontrare da Lui e mostrare nella vita il suo spirito, onde essere “sala della terra e luce del mondo” e non essere degli insignificanti uomini e donne del sentimentalismo, del tradizionalismo ma essere, come è nostro compito di credenti, spartiacque profetici nella storia. Gli uomini di oggi se ci respingono, o, comunque, non ci considerano non perché siamo cristiani ma perché non lo siamo sul serio.

In che modo i due avvenimenti possono favorire un reale rinnovamento delle menti e dei cuori? E, soprattutto, la canonizzazione di frate Umile aiuterà la comunità diocesana ad essere più unita?
Tutto dipende da come sappiamo vivere i due avvenimenti.

Cosa si attende dalla celebrazione di questi avvenimenti?
Mi attendo un risveglio di vita cristiana matura, cosciente, aperta alla storia di oggi. Mi aspetto un clero capace di nuovi linguaggi e di mediazioni intelligenti. Sogno un laicato più incarnato nella storia perché radunato veramente in Cristo. Prego per una Chiesa che non sia chiusa né muta.

Come si sta preparando la nostra Diocesi per il grande evento della canonizzazione del Beato Umile?
Dapprima con una missione a Bisignano. Poi, è mia intenzione durante i mini-sinodi, fare profondo collegamento con la canonizzazione del Beato Umile.
E’, però, mia intenzione avviare una somma di iniziative: spirituali e culturali perché l’evento del “Santo Umile” segni per tutti noi una svolta. Lo chiedo umilmente a lui che fu “umile” di nome e di cuore.

                                                                                          + Giuseppe AGOSTINO
                                                                       Arcivescovo Metropolita di Cosenza-Bisignano

 

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