Il Theatrum urbium italicarum collectore Petro
Bertellio Palavino viene pubblicato a Venezia nel 1599, nel 1616 è
stampato in italiano a Vicenza, e nel 1629, con una serie di ampliamenti,
a Padova: grazie al successo di quest'opera, anche la rappresentazione
di Firenze ivi contenuta, derivata da quella del Florimi e quindi indirettamente
facente capo al prototipo del Bonsignori, diventa nota e punto di riferimento
per la redazione di alcune vedute successive della città. Si
tratta di un'immagine di piccole dimensioni, con la scritta Florentia
in alto al centro e a sinistra, sempre in alto, lo stemma mediceo; manca
una legenda dei luoghi maggiormente rappresentativi.
Viene ancora una volta proposta una vista a volo d'uccello, ma con un
punto di osservazione leggermente più basso rispetto al prototipo;
molte sono le alterazioni presenti, tanto da rendere irriconoscibili
alcune aree della città. L'autore, probabilmente a causa delle
ridotte dimensioni, accorpa alcuni isolati e non rappresenta una serie
di strade minori; scompaiono così alcune piazze importanti della
città, come quella di S. Marco, e si stravolgono molti allineamenti
topografici. Gli errori più macroscopici si riscontrano nell'antico
centro urbano, non più ruotato rispetto al resto della città
e traslato verso il ponte S. Trinità; Palazzo Vecchio, completamente
trasformato, viene a trovarsi in asse con il ponte Vecchio e in una
posizione errata rispetto al Duomo; la Fortezza da Basso risulta molto
sproporzionata e domina il fronte occidentale della veduta; oltrarno
unico elemento di spicco è Palazzo Pitti, anch'esso sovradimensionato,
ma non quanto il Duomo, notevolmante ingrandito rispetto alla realtà
e assunto a simbolo della città.
Dall'immagine del Bertelli derivano le vedute contenute nell'Itinerario
overo nova descrittione de' viaggi principali d'Italia, Vicenza 1638,
e nella riedizione di Roma del 1650, di Francesco Scoto, immagini praticamente
a lei identiche, anche se la seconda presenta un formato leggermente
diverso. Lo stesso rame usato dal Bertelli, con alcune modifiche, viene
poi usato da Alfonso Lasor a Varrea, altrimenti noto come Savonarola,
nell'Universus terrarum orbis del 1713; si tratta in questo caso di
una veduta più grossolana e meno nitida dell'originale.