Questa veduta, incisa da H. J. Wolff nel 1735,
viene disegnata da Friedrich Bernhard Werner, cartografo di Augusta
e già autore di altre vedute urbane come quelle di Napoli, Venezia,
Siena, uno di quegli autori che, come sottolinea De Seta in Città
d'Europa del 1996, ancora nella prima metà del '700, in un estremo
tentativo di resistenza alla logica vincente della topografia, offrono
profili di molte città europee.
L'immagine, realizzata dopo un accurato lavoro di rilievo e 32 vedute
parziali della città, si rifà ancora una volta al prototipo
della "Catena", attraverso però le reinterpretazioni
cinquecentesche della Florentia olim fluentia e della Florentia di Hoefnagel.
In alto, al centro, si trova, entro cartiglio, la scritta Fiorenza;
a destra, sempre in alto, il giglio fiorentino; sotto a destra, fuori
dell'incisione, "F. B. Werner delin. C. licarca a S. A. R. il Gr.
Duca di Toscana" e più sotto "Haered. Jerem. Wolff
exc."; sotto il riquadro dell'incisione, una legenda di 63 voci
in 11 colonne. L'esigenza sentita nel '700 di rappresentare la città
secondo punti di vista non artificiosi e il prediligere immagini che
esaltino il profilo urbano stagliato contro la linea dell'orizzonte,
spingono l'autore a riproporre il punto di vista di monte Oliveto e
ad utilizzare una prospettiva vicina alla realtà. Gli edifici
principali, definiti accuratamente grazie ad un attento rilievo sul
posto, vengono notevolmente accresciuti in altezza per consentirne la
migliore visione, tanto da assumere un'inedito aspetto "gotico"
e occultare alcune presenze urbane. Il primo piano della veduta mostra
alcuni edifici rurali e parti di campi coltivati, il tutto arricchito
da numerosi alberi e vari personaggi; poco più indietro, l'Arno,
con alcune barche ormeggiate davanti al "Prato", su cui affacciano
una serie di abitazioni fortemente schematizzate, e le mura d'Oltrarno,
in cui emerge porta S. Frediano. Nella parte centrale dell'immagine
è la città, con le fortezze di S. Giovanni e del Belvedere
alle due estremità, le sue chiese e le sedi del potere, i ponti
sull'Arno, in parte seminascosti dalla mole di alcune fabbriche, la
torre del Malio, che serviva da sfiatatoio del condotto forzato per
le acque che da Montereggi giungevano a Firenze. Alle spalle della città,
le colline.
I filari di alberi e le pezzature delle coltivazioni vengono qui usati
per definire e disegnare secondo precise geometrie la zona fuori le
mura, che ritrova l'armonia delle proporzioni, persa nelle precedenti
raffigurazioni della città, e la concretezza delle descrizioni
per quanto concerne le colture, in particolare quelle della vite e dell'olivo.
Grande cura viene destinata al disegno delle ombre, definite attraverso
un fitto quadrettato e adeguatamente sfumate verso le parti in piena
luce; l'accuratezza nella definizione dei dettagli architettonici si
sposa con la varietà e la ricchezza delle alberature, consistenti
in cipressi, alberi da frutta, olivi, viti. Scene di vita quotidiana
vengono illustrate nei campi sui ponti dell'Arno e persino sulle barche
ormeggiate al "Prato".