L'affermazione durante il XVIII secolo della veduta
intesa come ritratto paesistico "per parti" della città
trova pieno riscontro ne Le vedute di Firenze, le Vedute delle ville
e d'altri luoghi della Toscana e nella Scelta di XXIV vedute delle principali
piazze contrade, chiese e palazzi della città di Firenze dedicata
alla Sacra Reale Apostolica Maestà di Maria Teresa di Giuseppe
Zocchi, pittore ed incisore, che, a differenza di Gori, Sgrilli e Rossi,
autori di alcune tavole della prima metà del secolo dedicate
ai monumenti della città, privilegia nei suoi lavori più
il carattere pittorico che quello tecnico. La Scelta , commissionata
dal marchese A. Gerini, uno dei maggiori mecenati del tempo, si apre
con la tavola della Veduta di Firenze dal Convento dei PP. Cappuccini
di Montughi, titolo in basso al centro, con accanto a sinistra Ioseph
Zocchi delin. Floren. e a destra Iohann. Andreas Pfeffel S. C. M. Chalcogr.
Sculp. Direx Aug. Vind.
Il punto di vista viene collocato in una posizione insolita, a nord
della città come nel caso della veduta dell'Hisler, e non viene
innalzato sulla verticale. Si ottiene in questo modo una veduta molto
allungata dello skyline della città, in cui, all'interno del
fitto tessuto urbano, disegnato in modo non corrispondente alla realtà,
emergono i principali edifici. Da sinistra sono riconoscibili l'Arco
di Lorena, la porta S. Gallo e il torrino del Maglio; la SS. Annunziata
e S. Marco, S. Croce, S. Maria Novella, la cui cupola è posta
in una posizione centrale rispetto all'immagine, col campanile e il
Battistero; Palazzo Vecchio; Orsanmichele; S. Lorenzo; Palazzo Pitti;
S. Maria Novella; S. Spirito; porta S. Frediano; non si percepisce la
presenza dell'Arno. La veduta viene inoltre suddivisa in tre fasce:
la prima, posta in primo piano, mostra in basso alcuni viaggiatori che
si riposano e discorrono lungo la strada, oltre ad alcuni monaci e contadini
al lavoro, e quindi, fino a poco meno della metà del disegno,
viene rappresentata la campagna fuori le mura, priva dei caratteristici
toni bucolici, per dar spazio ad una concreta immagine del contado secondo
una tradizione settecentesca di vedutismo più maturo e attento
alla realtà, e nella quale è ancora riconoscibile la maglia
quadrata della centuriazione romana; la seconda mostra la città,
cinta alle spalle dalle colline; la terza disegna un cielo nuvoloso,
che occupa praticamente metà dell'immagine.
La pubblicazione di un'opera propagandistica e di divulgazione delle
bellezze della capitale come quella dello Zocchi rientra nella volontà
da un lato di destare ancora maggiore interesse nel pubblico di mecenati,
uomini di cultura e viaggiatori, che inserivano la tappa di Firenze
nel loro Grand Tour, e dall'altro di conquistare l'attenzione del governo
austriaco, non sempre attento alle sorti dello stato toscano. In quest'ottica
va vista la dedica a Maria Teresa d'Austria, e sempre questi motivi
influenzano la scelta del punto di vista che permette di raffigurare
la città nel modo in cui era apparsa nel 1739 alla stessa imperatrice,
giunta a Firenze da nord, e di rappresentare l'arco trionfale eretto
in quell'occasione dall'architetto lorenese Jadot.