Capitolo II

Come Roberto lasciò la sua città

Roberto possedeva un pezzo di ferraglia che si ostinava a chiamare automobile; forse un tempo lo era stata, infatti si riusciva a intravedere dove una volta erano situati i sedili, ma adesso veniva utilizzato da tutto il quartiere come un cassonetto dei rifiuti.

Si svegliò la mattina di buon ora; considerava l’una del  pomeriggio essere una buona ora perché era l’ora di pranzo. Dato che andava a letto vestito e raramente si lavava, preparò i bagagli per partire.

Guardò il luogo in cui aveva trascorso quegli anni: la sua scrivania, il suo letto (dove non successe mai molto), la sua collezione di CD (uno), il poster del suo complesso preferito (un gruppo di anziani tossicodipendenti che cantavano canzoni di protesta, autori dell’unico disco che possedeva), e il telefono (unico mezzo usato dai suoi genitori per parlargli, quelle rarissime volte che non erano impegnati).

Salutò quel giaciglio che gli fu sempre fedele, infatti non aveva potuto fare altrimenti, e scese le scale. Incontrò la vicina con i fianchi larghi, la salutò, ma lei, appena lo vide in facci, urlò e cominciò a correre. Roberto era ormai abituato a queste reazioni. D’altronde anche sua madre reagiva in quel modo ogni volta che lo vedeva.

Uscito dal portone, trovò la sua macchina piena della spazzatura dei vicini. E come ogni mattina pensò che i suoi vicini fossero molto gentili a lasciarli tutta quella roba da mangiare. A malincuore, svuotò parte della macchine e ci mise le valigie. Salì, mise in moto e partì verso l’avventura… si sentiva come Indiana Jones! Personalmente penso che assomigli più a Bombolo.

Roberto si trovò imbottigliato nella tangenziale: i soliti interminabili lavori riducevano le tre corsie ad una e mezza. Ma lui non si scoregg… scoraggiava, scusate, non si scoraggiava. Per quanto riguardo l’altro verbo invece… Comunque, non si scoraggiava, dicevo. D’altronde non è che avesse qualcuno che lo aspettasse. Devo ammettere, però, che quella macchina un vantaggio l’aveva: il fetore da essa emanato era talmente terrificante che per quanto Roberto trovasse traffico, trovava persone molto gentili che lo facevano passare.

La strada si liberò immediatamente, come neanche si libera per un’ambulanza. Infatti, anche un'ambulanza si fermò per lasciarlo passare. “Come sono gentili in questa città… Chissà se le altre città saranno altrettanto ospitali…”. Questo pensava, mentre la gente scendeva dalle macchine attonita: dopotutto, non capito molto spesso di vedere un mucchio di letame muoversi.


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