Il canonico Antonio Maria De Luca

( L'UOMO )

    Si narra che il futuro sant'Alfonso de '  Liguori , un giorno, osservando le mani del giovane Antonio  Maria De Luca, abbia esclamato: " Tu non morirai nel tuo letto! " E' un aneddoto del quale sono venuto a conoscenza oralmente ma che non ho il diritto di considerare falso, anche perché coincidenze storiche ( di tempi e luoghi ) rendono largamente verosimile un incontro tra l'anziano e ammalato vescovo e il giovane seminarista. Certo, crederei più facilmente all'aneddoto se Alfonso de '  Liguori, invece che le mani, avesse osservato gli occhi del De Luca prima di predirgli un'esistenza e una fine non consuete per un futuro sacerdote. Perché, ne sono sicuro, Antonio  Maria De Luca doveva avere gli occhi e lo sguardo irrequieti, da vero rivoluzionario. Molto si è scritto sull'uomo di Celle, tutti i testi che narrano i moti del 1828 riconoscono in lui l'organizzatore e la vittima  più illustre della sfortunata rivolta. Ciò, se da un lato ci permette di vantare un eroe tra i nostri conterranei, dall'altro lega la figura del De Luca quasi esclusivamente a quell'episodio, sicché viene " assorbita " tutta dal particolare evento lasciando poco margine di analisi al carattere straordinario del personaggio. In effetti, la storia risorgimentale, influenzata dalla retorica postunitaria, ci consegna un De Luca statuario ed evanescente insieme, trascurandone pensiero e umanità. Ma la caratteristica più adombrata, se non proprio del tutto taciuta, è appunto la sua " vis " rivoluzionaria; non a caso Montanelli, nella sua storia d'Italia, accennando appena al canonico De Luca, mette in risalto un suo " dilettantismo " pernicioso e consegna i galloni di " vero rivoluzionario "  soltanto ad Antonio Galotti , figura per la verità equivoca nella vicenda dei moti e che, se un primato lo conseguì, fu quello di essere stato l'unico tra tutti i cospiratori a salvare la pelle. Certamente non è stato di aiuto nella comprensione del De Luca il suo abito religioso, veste " ingombrante " per uno spirito come il suo. Ma l'unicità del personaggio è proprio in questo conflitto tra l'evangelizzazione e l'azione politica. Chi era A.M. De Luca, oltre che un rivoluzionario?. Possiamo tranquillamente e modernamente rispondere: un finissimo politico, dalle capacità organizzative eccezionali; che si " era fatto le ossa " nella Napoli di fine settecento, frequentando il " Caffè del Greco ", un vero covo di giovani e meno giovani intellettuali campani, lucani, pugliesi, tutti ardenti cospiratori, non pochi dei quali troveremo tra le vittime di quello strano episodio che fu la Repubblica Partenopea del 99. Anche il De Luca fu arrestato in quella occasione e conobbe le carceri borboniche, dalle quali fu uno dei pochi ad uscire vivo ed ancor più convinto che la battaglia contro i Borbone sarebbe stata lunga ed avrebbe richiesto organizzazione e cautela. A proposito di cautela, il De Luca comprese che la Carboneria aveva perso la connotazione di patriottismo autentico ( oggi diremmo che aveva perso trasparenza ), ed accoglieva un pò tutti, anche soggetti equivoci; a questo proposito,  ricordiamo che Del Carretto, aguzzino spregiudicato e crudelissimo, al servizio dei Borbone, era un ex carbonaro. Abbandonata la Carboneria, il De Luca aderì alla setta dei Filadelfi, di maggiore affidabilità e cultura cospiratrice. E' questo il periodo in cui l'abito talare va come dissolvendosi e viene fuori l'uomo politico: il De Luca lascia le celebrazioni ad un suo confratello e comincia la sua spola tra il Cilento e Napoli per la preparazione di una rivolta; in uno di questi suoi viaggi, concepisce anche una figlia con una donna napoletana, figlia che riconosce ed alleva, lasciando ai bigotti di allora e di oggi tutto il tempo solo per scandalizzarsi senza pensare alla lealtà dell'uomo. Nel 20, viene eletto parlamentare nel breve periodo costituzionale e si batte, a favore dei contadini, nelle nascenti lotte al latifondismo, contro la nobiltà e il clero cilentani ; in questa occasione, fa dono ai contadini di Celle di una grande quantità di suoi terreni, donazione la cui testimonianza ho avuto occasione di leggere in una sua biografia ma della quale non esiste memoria in paese, anche se quelle terre sono tuttora destinate per legge ai cellesi che chiedano di coltivarle. Ma l'avventura  da parlamentare fu fugace come la costituzione di re Ferdinando e, alla restaurazione della monarchia, il De Luca fu uno dei sorvegliati più speciali della polizia borbonica. Si rendeva necessaria una cospirazione molto cauta, sia nei modi di comportarsi sia nella scelta degli uomini. Uno dei punti deboli della rivolta da mettere in atto consisteva nella mancanza di uomini d'azione; i cospiratori erano avvocati, notai, medici, commercianti, artisti ed anche altri religiosi oltre il canonico De Luca ( tra questi un suo nipote di Montano e padre Carlo da Celle ) : mancavano quasi del tutto i popolani, caratteristica che ha fatto dire a qualcuno: la rivolta del Cilento del 28 è stata l'unica senza proletariato. Gli unici uomini d'azione erano i tre fratelli Capozzoli a Antonio Galotti, ma questi  se erano avvezzi allo scontro fisico ( i Capozzoli erano briganti, il Galotti veniva da una vita avventurosa e avara di scrupoli ), non avevano l'avvedutezza che richiedeva un'azione così delicata quale l'attuazione di una rivolta. Comunque non fu per la poca accortezza di questi ultimi, né per la poca attitudine alle armi degli altri che la rivolta fallì: furono decisivi i tradimenti, spontanei o estorti con minacce e torture. Alla vigilia dello scoppio dei moti, non pochi dei cospiratori furono arrestati, e il Canonico sfuggì alla retata. Stando così le cose, il De Luca capì che sarebbe stato folle dare inizio alla rivolta, che a questo punto si configurava soltanto come l'occasione di una facile strage del sanguinario Del Carretto; infatti, dopo aver cercato inutilmente di convincere gli altri a non muoversi, se ne rimase in casa forse a chiedersi quali e quanti fossero stati i traditori del progetto. A questo proposito, è singolare far notare che il grande Francesco De Santis, parlando della rivolta del 28, descrive il canonico De Luca alla testa dei ribelli, ottantenne e ammalato, con il crocefisso in una mano e la spada nell'altra. E' questo un esempio illustre di come la prosopopea postunitaria abbia sconvolto la realtà degli eventi e, nel nostro caso, abbia allungato anche la vita all'uomo di Celle che, per sua sventura, non superò sessantaquattresimo anno di età.

Inascoltati i consigli del Canonico, un centinaio di ribelli ( forse anche meno ) iniziarono i moti. L'esito fu quello che sappiamo: fu versato tanto sangue cilentano che i giornali di tutta Europa fecero da eco alle coscienze liberali; e questo fu l'unico e non trascurabile risultato della rivolta. All'indomani del fallimento, il De Luca, dopo una breve latitanza, grazie alla collaborazione del clero, cadde nelle mani di Del Carretto e pagò dinanzi al plotone di esecuzione il suo anelito ad un'Italia nuova, che gli era stato tormento e ideale per tutta la vita.

( Pasquale Carelli, maggio 2000)