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Goldoni




Alla Corte la prima commedia della trilogia goldoniana de La villeggiatura (dal 24 /1 al4/2 1996)

IRREQUIETEZZE DEI VILLEGGIANTI DEL '700


Lo spettacolo allestito da Massimo Castri riprende la prima delle tre commedie della cosiddetta "trilogia" goldoniana, dedicata alle ripercussioni sociali della moda di trascorrere l'estate in "villa", cioé nelle tenute di campagna della borghesia di Livorno, nello sviluppo della trama, di quella veneziana nelle conoscenze dell'autore. Nella piece la grande protagonista è la villeggiatura o, per dirla con l'autore, la "smania della villeggiatura", che imperversa sulla scena nelle battute di ogni personaggio, dalla frivola Vittoria, che procrastinerebbe la partenza per poter sfoggiare in villa l'abito nuovo che ha commissionato al sarto, al placido Filippo, che ricorda nostalgicamente i tempi in cui le trasferte in campagna erano motivate dalle pratiche agricole, come la vendemmia, e che si adegua ai desideri della capricciosa figlia. La messinscena sottolinea certamente le conseguenze più deteriori della moda in esame, nei panni dell'indebitato Leonardo, che ottiene a credito ciò che gli occorre per trascorrere agiate vacanze, rimandando con leggerezza ogni bega al ritorno (cfr.atto 1, sc.1:" Fatevi dare il bisogno; si pagherà al mio ritorno"); Vittoria sottolinea più volte che rinunciare alla villeggiatura e rimanere a Livorno la renderà oggetto di commenti maligni, da evitare ad ogni costo. Il risultato è lo sperpero, la tendenza a dissipare ciò che si possiede ( o nemmeno si possiede, come Leonardo) sull'altare dell'apparenza, senza riuscire comunque a celare la decadenza, prima ancora materiale che spirituale, ben rappresentata dalla scenografia della casa di Leonardo, con muri scalcinati e disadorni, vecchi specchi opachi; funzionali allo scopo anche i bauli di cui è disseminato il pavimento della casa di Filippo, così numerosi da far pensare ad un trasloco, mentre a casa di Leonardo, nonostante le sue pretese di vita agiata, scarseggiano anche questi.
"Esprit" comico sprizza dalla figura di Ferdinando, il parassita dei villeggianti, che sfrutta a proprio vantaggio il costume di condurre amici al seguito in campagna, per rallegrare l'atmosfera; le vicissitudini rocambolesche del personaggio, letteralmente travolto e coinvolto dai lunatici umori di Leonardo e della sorella Vittoria in una girandola di partenze ora sospirate, ora annullate, ora decise, ora rimandate, costituiscono forse l'elemento più divertente della commedia, che nel complesso si trascina però in modo piuttosto stanco; la ripetitività già insita nell'intreccio si ripercuote fortemente nei ritmi scelti dal regista. La mediocrità dei risultati, forse, avvalla indirettamente passate edizioni della trilogia, proposta in un'unico spettacolo, realizzato con opportuni tagli al testo. La pesantezza dell'insieme è accresciuta dalle pause, a sipario calato, che inframezzano lo spettacolo per modificare la scenografia. Non mancano, come spesso in Goldoni, accenni alla condizione femminile ed alla " presa di coscienza", con relativa rivendicazione dei diritti, delle donne: è immediato pensare a Mirandolina, spregiudicata "donna d'affari" ante tempus, o a Donna Felice de ' I rusteghi ', ma Giacinta di questa messinscena è un personaggio sommariamente abbozzato, un po' posticcia e fredda la sua richiesta di libertà personale al futuro sposo, come appiccicaticcia risulta la repentina adesione di lui. A mio avviso manca a questa rappresentazione un altro ingrediente fondamentale, implicito nel repertorio goldoniano: la grazia, la leggiadria dei personaggi femminili, frizzanti ma più composti dell'isterica Vittoria, eleganti e più ammiccanti della fredda Giacinta dell'edizione di Castri; troppo gridate più che recitate le battute di Leonardo: nell'insieme qualcosa di dissonante e stonato rispetto al brio di solito associato ad


di Irene Liconte