Home page

Se i cavelli fan gianchin

IL PROBLEMA DELLA TERZA ETA’ A GENOVA

Genova città di Paganini; ma lo scalpore suscitato dal violino di lalla Giustinn-a, anziana appassionata di musica, è quasi più sconvolgente delle note che, secondo la leggenda, il fantasma del musicista diffonderebbe dalla torre di Palazzo Ducale. Un pregiato strumento musicale -un violino della bottega dei liutai Amati- è al centro della vicenda di O violin de lalla Giustinn-a di Emilio Del Maestro, al Carignano il 24 e 25 novembre e il 1 e 2 dicembre. Lo spettacolo, allestito dalla compagnia Commedia Zeneize con la regia di Elio Parodi, ha vinto la prima rassegna "Anna Caroli" nel ‘81. La trama: due anziani fratelli, Giustinn-a (Giuliana Daniele) e Lusciandro (Candido Giona), vivono una vecchiaia tranquilla e solitaria, accuditi dal fedele maggiordomo Pantalin, ma completamente ignorati dai nipoti. Quando questi ultimi vengono però a sapere che la zia è proprietaria di un violino Amati, inspiegabilmente i due vecchi sono sommersi di attenzioni e scoprono un sospetto fiorire di talenti musicali in famiglia: "Ma tütti violinisti i nostri nevi!", nota stupita Giustinn-a. Lo strumento deve però essere sottoposto ad una perizia, dal cui esito dipende anche l’indice di gradimento degli zii presso i nipoti. La pièce si discosta dalla commedia genovese classica, cioè di stampo, se non di repertorio, goviano: il fulcro drammatico è, infatti, amaro e non giocoso, la commedia è corale, ogni personaggio irrinunciabile, contro la tendenza accentratrice del teatro di Govi. L’intreccio è ricco di approfondimenti psicologici: Lusciandro è teneramente protettivo nei confronti della sorella, il prof. Granello (Elio Parodi) trasferisce via via il proprio interesse dal violino ai due fratelli. Anche se non mancano battute brillanti, dalla commedia emerge una realtà fin troppo attuale in una delle regioni più "vecchie" d’Italia: la solitudine degli anziani, spesso dimenticati dai giovani, a meno che non fruttino un’eredità. E, contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, il pubblico non è sbalestrato da questo teatro genovese "serio", ma ne è coinvolto: in una passata edizione dello spettacolo, tra le prime file si è sentito serpeggiare un "Povei vegi!" che rispecchia chiaramente gli umori della platea.

Irene Liconte