Dispositivi di input

 

 

I dispositivi di input sono periferiche attraverso le quali il computer può reperire i dati. Di questi fanno parte la tastiera, il mouse, lo scanner ed altri dispositivi quali i joystik, lettori di schede magnetiche, lettori di codici a barre ecc…

 

Tastiera
 

Il primo e più importante dispositivo di input è la tastiera, la quale raggruppa un certo numero di tasti mediante i quali si possono ottenere diverse combinazioni. Quando viene premuto un tasto, il contatto sottostante attiva un circuito in grado di riconoscere se il tasto è premuto o rilasciato, ed in questo ultimo caso, per quanti millisecondi è rimasto premuto. Un particolare circuito chiamato antirimbalzo impedisce di ripetere inutilmente la pressione prolungata di un tasto. Tutto questo viene gestito dal processore Intel 8042 (per le tastiere fino a 84 tasti) o il processore Intel 8048 (per le tastiere a 101/102 e 105 tasti). Ad ogni tasto sono assegnati due codici (premuto o rilasciato) chiamati scan code (codici di scansione). Quando il tasto premuto non è un tasto di controllo (come per esempio Alt), ma è un carattere, il processore di tastiera genera un numero chiamato codice ASCII (American Standard CodeforInformation Interchange). Questo codice è formato da un byte e può quindi assumere un valore che varia da 0 a 255. Poi, tramite un circuito residente sulla scheda madre, ad ogni codice ASCII viene assegnato un determinato carattere. Questa doppia conversione serve a far corrispondere ogni tasto premuto ad un preciso carattere visualizzato passando dal valore numerico facilmente memorizzabile.

 


 

Sulla scheda madre risiede in oltre il buffer di tastiera, cioè una piccola memoria formata da 15 byte. Questa serve ad immagazzinare le sequenze di tasti mentre il processore è impegnato. Infatti dopo il quindicesimo carattere il buffer è pieno e viene emesso un beep per segnalare che il computer non accetta più informazioni. Ma nel caso in cui parte del buffer sia riempito la sequenza inizia in un determinato punto chiamato testa e finisce in un altro punto chiamato coda. Quando il processore si libera e legge i dati immessi nel buffer, per evitare lunghe operazioni di cancellazione, la posizione di testa viene spostata nella stessa posizione di coda. Così facendo la differenza tra i due numeri è 0 ed il buffer risulta vuoto. Raggiunta la fine fisica del buffer la testa (o la coda) che eccede riparte dall’inizio. Così, per esempio, potremmo trovare la sequenza “ABC” memorizzata in questo modo 1C; 14A; 15B. La testa vale 14 e la coda vale 1. In questo modo viene letto 14A; 15B; 1C, dopodiché la testa diventa 1. Per questo motivo il buffer di tastiera viene anche chiamato buffer circolare.
 

 

Mouse
 

I dispositivi di puntamento sono apparecchiature in grado di comandare, in un sistema grafico, un puntatore che segue sullo schermo i movimenti corrispondenti agli spostamenti del dispositivo. Il più famoso ed importante di questi dispositivi è il mouse (topo), utilizzato inizialmente solo per applicazioni di disegno ed adottato come sistema di puntamento standard con l’avvento dei sistemi operativi grafici. Oggigiorno alcune operazioni sono dedicate al mouse ed altre diventano davvero scomode se effettuate tramite tastiera. Si può quindi affermare che il mouse è diventato davvero indispensabile.
Il funzionamento del mouse si basa su una pallina che viene fatta rotolare su di un piano orizzontale. Due assi all’interno scompongono il movimento in spostamento orizzontale e verticale. Tramite un sistema ottico questi spostamenti vengono rilevati, quantificati, convertiti in sequenze di bit e trasmessi al computer tramite la porta di comunicazione seriale (porte COM o PS/2). Attraverso i due, tre o più pulsanti, l’azione può essere confermata o smentita. Il programma in esecuzione può anche riprogrammare i tasti in modo indipendente assegnandogli specifiche funzioni.


 

 

 

Scanner
 

Viene comunemente chiamato scanner, ma fa parte dei dispositivi di acquisizione immagini, dei quali fanno parte anche fotocamere e videocamere digitali. Questo dispositivo utilizza un sistema simile a quello delle fotocopiatrici per riprodurre sul computer il contenuto di supporti cartacei.
Una lampada speciale (ultimamente viene utilizzata luce allo xeon) illumina la parte che dovrà essere acquisita ed una particolare lente raccoglie il riflesso di questa luce. Elaborando queste informazioni e trasformandole in numeri, esse possono essere inviate al computer. Si dice quindi che l’immagine è stata digitalizzata.
La capacità di acquisizione di uno scanner viene determinata dalla precisione della lente, misurata in dot per inch (dpi), cioè punti per pollice. Più punti riesce a contenere la lente nella lunghezza di un pollice e più lo scanner è preciso. Si parla quindi di risoluzione ottica. Ma per ottenere immagini con discreta qualità e grandi dimensioni (per esempio quando si fa la scansione di una piccola parte del foglio) si utilizza una risoluzione detta interpolata. La risoluzione interpolata si ottiene effettuando la scansione alla massima risoluzione ottica e, tramite il programma di gestione dello scanner, introducendo alcuni punti intermedi il cui valore è la media dei due valori adiacenti. In questo modo la risoluzione può essere 2-4-8 volte maggiore. Se si osserva ingrandita l’immagine digitalizzata con una risoluzione interpolata si può notare che ha lo stesso numero di dettagli della stessa immagine digitalizzata con una risoluzione ottica, ma ha dimensioni maggiori ed i dettagli sono interposti da sfumature di colore.


 

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