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Luoghi:
Stilo è considerata una delle località più suggestive della Calabria. Patria di Tommaso Campanella è a lui dedicato il monumento in bronzo nella piazza principale del paese. Sorge sul versante sudorientale delle Serre, addossata in pittoresca posizione alle pendici del Monte Consolino, a 17 Km dalla costa. Nonostante il nome di origine greca, dal greco, infatti stylos-colonna, il paese ha origini bizantine. Fu uno dei più importanti e attivi centri della Calabria, ricco di monumenti che ne attestano la storia. Monumento massimo da visitare è la celebre Cattolica di Stilo, su un poggio a metà strada tra il Castello e il paese. E’ una tra le chiese bizantine meglio conservate e più elenganti fra quelle ancora esistenti. Eretta intorno al X secolo. La costruzione è ben conservata all’esterno. La facciata si presenta con mattoni rossi e bifore, è a pianta quadrata suddivisa da quattro colonne marmoree in nove quadrati minori, cinque coperti dalle cupolette cilindriche, gli altri quattro da volte a botte, che disegnano una croce greca inscritta nell’interno. Essa riproduce un tipo di struttura molto frequente in Georgia, Armenia, Anatolia e Peloponneso. Al medioevo risale il Duomo offre al visitatore il suo bel portale gotico del trecento curiosi e, minuscoli bassorilievi romani e medievali inseriti nella facciata; all’interno si può ammirare la Madonna d’Ognissanti e una serie di tele tra le quali un S. Francesco d’Assisi, attribuito da qualcuno a Mattia Preti ma con scarsa convinzione. Degni di tutta l’attenzione sono anche la Chiesa di S.Francesco interessante esempio di tardobarocco calabrese, e la chiesa di S.Giovanni con la mastodontica facciata a due campanili. Di un certo interesse è la fontana barocca “Dei Delfini”. Infine il Castello che si trova nella parte alta sul monte Consolino in posizione dominante l’abitato. Fondato in età medievale, conserva tratti della cortina muraria e alcune torri. Qui si trova in località mangiatorella una sorgente d’acqua per la cura dell’uricemia e dell’anemia.
Grazioso e pittoresco, posto sul pendio di un accentuato promontorio, localmente detto “lu pizzu”, da cui il nome del paese, Pizzo Calabro. E’ uno dei centri più vivaci della costa tirrenica calabrese. Di origine medioevale, le vie sono molto caratteristiche e degradano verso il mare. Nel vecchio abitato, in fondo alla Piazza Umberto I, che è la piazza principale del paese, sorge il Castello, fatto erigere da Ferdinando I d’Aragona nel 1468 e successivamente restaurato. Questo Castello divenne famoso perché vi fu tenuto prigioniero e poi fucilato Gioachino Murat, cognato di Napoleone Bonaparte. Egli era partito dalla Corsica con 30 uomini alla riconquista del Regno di Napoli, ma venne catturato al suo sbarco sulle coste di Pizzo l’08 ottobre fucilato il 13, dopo 5 giorni di prigionia presso il Castello stesso. La di un certo fascino sono le prigioni sotterranee del Castello, attualmente non visitabili perché in restauro. In località Marinella è la Chiesetta di Piedigrotta, interamente scavata nel tufo in riva al mare. Fu eretta verso la fine del XVII secolo da un gruppo di marinai scampati miracolosamente al mare in tempesta, nonostante la nave affondasse. Costruirono la chiesetta nel punto in cui toccarono terra e vi collocarono all’interno, il quadro della Madonna che si trovava con loro sul veliero e che venne adagiato dalla corrente sulla riva. Le statue all’interno, sono state aggiunte in seguito, verso la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 da alcuni artisti locali, i Barone, i quali affrescarono anche il soffitto della chiesetta. Purtroppo oggi i dipinti sono andati in rovina a causa dell’umidità e della salsedine.
PENTEDATTILOE’ il più pittoresco paesino della Calabria! Fondata sicuramente dai greci, il suo nome deriva dal greco Pentedaktylos che significa cinque dita. Il caratteristico paesino si trova arroccato ai piedi di un enorme roccione la cui forma ricorda appunto una gigantesca mano con le dita rivolte verso l’alto. Il paese non è più abitato ormai da anni e lo si può visitare solamente a piedi. E’ proprio percorrendo le sue strette stradine, ricche di scorci interessanti che ci si può rendere conto di quanto sia effettivamente caratteristico e suggestivo. A rendere il tutto ancora più suggestivo è la tragedia legata agli Alberti, Signori del Castello, di cui si possono ancora ammirare i ruderi posti in cima alla roccia. Si narra che nella notte di Pasqua, esattamente il 16 aprile del 1680, si compì nel Castello una strage quasi completa dell’intera famiglia degli Alberti, ad opera del Conte di Montebello Albenavoli, il quale si era innamorato della bella Antonietta, sorella del Marchese Alberti e voleva sposarla. Il Marchese non ne volle sapere e cercò di fidanzare la sorella con il cognato Petrillo Cortez, figlio del governatore spagnolo di Reggio. Ciò scatenò l’ira del Conte, tanto che non ebbe pietà di nessuno e solo di fronte alla sua amata calmò il suo furore omicida. Proprio per questo, secondo la fantasia popolare, le torri in pietra che sovrastano il paese, rappresentano le dita insaguinate di una mano e qualcuno dice che la sera, in inverno, quando il vento è violento tra la gola della montagna, si riesce ancora a sentire le urla del Marchese Alberti.
LOCRIColonia fondata da Locresi nel 673 a.C. sulla costa orientale del Bruzio presso il promontorio del Zefirio Retta da un illuminato governo oligarchico, ebbe la più antica legislazione d’Europa. Alleata per tradizione con Siracusa, combattè contro Reggio e la lega italiota; nel 355 a.C. accolse Dionigi II, esule da Siracusa, cacciatolo dopo che questi vi ebbe istaurata la tirannide. Dopo le antiche vicende della guerra di Pirro e dell’invasione annibalica, nel 205 fu conquistata da Scipione. Sono stati messi in luce tratti di mura con torri e in località “Cento Camere” appaiono evidenti tracce di abitazioni diverse a pianta molto semplice e una serie di fornaci. All’esterno delle mura fu costruito un grande edificio, il Santuario di Afrodite. All’interno vi era una serie di OIKOI), tutte uguali, disposte attorno al cortile dove furono rinvenuti ben 371 pozzi sacri. Nel IV – III secolo a.C. il luogo venne occupato da una serie di impianti artigianali, dei quali restano ancora visibili le fornaci per la cottura dei vasi. Presso il teatro è stato identificato un tempio dorico detto “di Casa Marafioti” con un interessante acroterio in terracotta raffigurante un giovane cavaliere sostenuto da una sfinge (Reggio Calabria – Museo Nazionale). Dedicato a Persefone o ai Dioscuri, o forse a Zeus, è il Santuario detto “di Marasà”, risalente nella sua fase più antica al VII secolo a.C. Il complesso attuale appare ricostruito su fondamenta arcaiche nel V secolo a.C. Una serie di specchi di bronzo, databili tra il VII – VI secolo a.C., è conservata al Museo Nazionale di Reggio Calabria. Di particolare interesse tra gli ex voto sono i cosiddetti “pinakes”, tavolette fittili con decorazione figurata a rilievo, vivacemente dipinti; ne sono stati ritrovati in grandissimo numero, benchè frammentari; sembrano da ascrivere al periodo tra il 500 e il 460 circa a.C., i colori violenti, spesso su fondo azzurro, danno rilievo a figure dai gesti composti e misurati, in scene atteggiamenti relativi al culto di Persefone. Sono raccolte per la maggior parte al Museo Nazionale di Reggio Calabria, anche se non macano altri esemplari in altre città d’Italia e all’estero.
GERACEE’ una delle più interessanti e suggestive cittadine della Calabria. Fondata nel secolo IX da profughi locresi, saccheggiata più volte dai saraceni, distrutta ripetutamente da violenti terremoti, Gerace ha conservato intatto il suo centro storico. Comprende il grandioso Castello del XII secolo. Si accedeva solo attraverso un ponte levatoio, fatto costruire intorno al 915 dai geracesi per sfuggire alle incursioni saracene. All’esterno si nota un poderoso torrione cilindrico, cordonato e stemmato con un basso rilievo, scolpito su marmo bianco, dove sono rappresentate due torri, un leone e degli orci. All’interno si vedono solo ruderi di due vecchie abitazioni tra piante d’ulivo. Molto caratteristica è anche la Cattedrale, iniziata nel periodo bizantino e terminata in epoca normanna, con pianta a croce latina. Fu consacrata nel 1045, ma venne più volte restaurata a causa dei danneggiamenti subiti dai cataclismi naturali. La parte esterna dell’edificio è di fattura romanico-normanna e presenta, nella facciata, tre portali con coronamento di archetti litici. L’interno, a tre navate, è diviso da 20 colonne trasportate dal tempio pagano di Dea Proserpina in Locri. Son tutte colonne molto caratteristiche per via della variazione di colori che presentano. La sesta colonna a destra presenta un profondo taglio iniziato dai soldati di G. Murat che volevano trafugare. Al di là della balaustra tre absidi, rispettivamente: quella di sinistra di età normanna, mentre quella centrale e di destra sono dei rifacimenti rinascimentali. Nell’abside di destra vi è l’altare del Santissimo in stile barocco. Nella navata sinistra, un bassorilievo gaginesco che rappresenta l’Incredulità di S. Tommaso. Dalla zona absidale sinistra si accede alla Cripta che è la parte più antica della Cattedrale. Si tratta di un’opera bizantina a forma di croce greca, caratterizzata da volte a vela e da una serie di colonne anch’esse provenienti dalla zona archeologica di Locri. Da notare il sacello della Madonna Deìtria del 1261 decorato con marmi policromi riproducenti le litanie della Madonna. Sull’altare una statua in marmo rappresentante una Vergine con Bambino di scuola pisana del XIV secolo. Nel 1955 fu messa in luce una primitiva mensa sacra, probabilmente un’area sacrificale di età pagana. Nella Cattedrale si celebrò il rito greco fino al secolo XV. Tra le opere d’arte di Gerace vanno ricordate anche: La chiesetta di S. Giovannello del VII secolo; La chiesa di S. Francesco d’Assisi di fondazione medioevale. Naturalmente quanto sopra detto non esaurisce il discorso su Gerace, città dove tutto è arte.
BOVA SUPERIOREBova è il centro della grecità in Calabria, sia per per le vestigia attuali che per i monumenti che possiede. La gente del luogo conserva ancora oggi le tradizioni e la lingua grecanica, ultimamente inserita nello studio delle scuole del luogo. La posizione di Bova permette di godere di uno splendido panorama del litorale ionico. Dal Castello Normanno posto nella posizione più alta del paese, è possibile vedere tutto l’arco costiero, sulla sinistra l’entroterra di Palizzi e sulla destra i dintorni di Gallicianò, di Roccaforte del Greco e di San Lorenzo. Bova vanta una sede vescovile già dal 1504 e di una serie di palazzi nobiliari, come il palazzo Nesci e il palazzo Mesiano, ancora oggi ben conservati. Bova è ricca di Chiese. La Cattedrale o Chiesa di s. Maria Isodia che sorge sulle rovine dell’antica Cattedrale, custodisce una bella statua in marmo della Madonna col Bambino del 1584, attribuita a Rinaldo Bonanno e sistemata in una nicchia del coro. La Chiesa di San Leo, edificata nel 1606, custodisce all’interno la statua del Santo, del 1582, in marmo, un suo reliquario e arredi sacri. La Chiesa di S. Caterina, chiusa al culto è ormai in abbandono, ma possiede un portale rinascimentale in pietra ben lavorato. All’interno, invece, conserva ancora una serie di stucchi ricchi del XVIII secolo e i marmi dell’altare maggiore, sul quale era posta la statua della Madonna della Visitazione (oggi conservata nella nuova Chiesa di S. Caterina all’ingresso del paese). Anche la Chiesa dell’Immacolata possiede un’interessante portale in pietra e custodisce all’interno stemmi e iscrizioni. Vanno ricordate anche: la Chiesa della Madonna del Carmine, la Chiesa dello Spirito Santo, (sconsacrata) e la Chiesa di San Rocco. Tutto il centro storico è sistemato a gradinata ed è ricco di scorci suggestivi, proprio per questo è consigliabile visitare il paese tutto a piedi.
ALTOMONTEAltomonte era già abitata nella preistoria. Sotto il dominio dei Romani le fu dato il nome di Belsia, derivante, forse, da un esponente della famiglia patrizia romana. Il monte su cui sorge Altomonte, fu per lungo tempo abitato da eremiti che dall’Oriente e pare forse anche dalla Sicilia, dopo l’anno 1000, vivevano in tantissime grotte. In epoca Normanna vi fu edificata la Torre Civica, costituita in prevalenza da: scantinato e cisterna. Durante il periodo Angioino, Altomonte gode di un periodo di particolare fortuna dovuto alla presenza di Filippo di Sangineto, amante dell’arte e della cultura. Fece infatti edificare torri, mura e palazzi. La chiesa di Santa Maria della Consolazione è la mirabile espressione di architettura gotico – angioina. La sua storia è legata alla figura del grande mecenate e signore di Altomonte Filippo Sangineto. Già la facciata evidenzia la ricchezza delle linee geometriche del portale ad arco acuto, della torre campanaria e del rosone. All’ingresso sono da notare le ante di una porta che arreca la data 1558, finemente intagliata. All’interno sono: la tomba in marmo di un guerriero di nome Giovannetto figlio di Filippo II, la cappella dei principi di Bisignano, con la statua di San Michele Arcangelo e l’altare barocco in legno, il Sarcofago di Filippo di Sangineto opera di molti attribuita a Tino da Camaino. In esso sono evidenziati i segni della cultura del trecento, dove nella immobilità statuaria del freddo marmo, il principe Filippo Conte di Altomonte giace disteso. Anche il Museo Civico è una delle tappe d’obbligo per chi visita Altomonte. Situato nel chiostro adiacente alla Chiesa di Santa Maria della Consolazione, trova sede il Museo. Il contesto è arricchito con opere del Daddi, pittore toscano della scuola di Giotto, presente con una coppia di Evangelisti e la coppia di Santi. Opera di non grandi dimensioni, ma di intensa e abbagliante carica coloristica e strutturale è il “San Ladislao” di Simone Martini, mirabile autore di gotico internazionale, presente con le sue grandi opere in molte città italiane. Tra gli altri artisti è presente anche Nino Pisano con una scultura raffigurante la Madonna con Bambino. Di notevole importanza è l’icona della “Madonna delle Pere” del ‘400. Il tabernacolo barocco in legno di noce è di fattura artigianale e finemente intagliato. Ricchissimo è anche il corredo di paramenti sacri in argento, seta e oro, del ‘500/’600 e anche del ‘700, diversissimi fra loro e ciascuno adatto a celebrazioni e cerimonie sacre diverse.
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