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Un saluto a tutti i naviganti di internet approdati a niko.it, qui tenteremo di sviluppare tematiche ed attività su tante quelle problematiche di volontariato a fini sociali.

- E d i t o r i a l e - 2 0 0 1 -

Siamo entrati definitivamente e non come avevamo creduto l'anno scorso, nel secondo millennio dell'era cristiana. In un'ottica provincial-religiosa questo significa molto, ma se usciamo, anche di poco dalla "nostra" regione geo culturale e cioè l'area cristiana, scopriamo che tutto sommato il fatto di essere nel secondo millennio è, nell'economia generale delle cose che circondano l'umanità, una cosa da tenere sicuramente in secondo piano.

Il 2001 sarà tuttavia un anno sicuramente denso di eventi importanti e per quanto ha fatto vedere fino ad ora già qualcosa di enorme rilevanza si è "abbattuta" su tutti noi: la vicenda B.S.E., per capirci la così detta "mucca pazza". E' si che si tratta di qualcosa di veramente rilevante: basti pensare che, finalmente, il massiccio mancato consumo di un prodotto ad elevata diffusione come la carne bovina, ha portato chi produce la carne bovina stessa ad una inversione di tendenza sul modo di produrre: niente più farine animali, niente più allevamenti intensivi, invocazione di controlli severi, progettazione di marchi doc, ecc, ecc. Chi produce si è dunque piegato davanti alle sacrosante esigenze di trasparenza dei prodotti, lamentate da chi consuma? Bhè, ovviamente non è proprio così.

Se è vero che chi produce ha bisogno dei bisogni di chi consuma, non è tuttavia altrettanto vero il contrario: chi consuma non ha bisogno che ci sia qualcuno con il bisogno di produrre, ma che ci siano dei beni per soddisfare i propri bisogni indifferente mente dal fatto che chi ha prodotto tali beni si trovi in stato di bisogno, rispetto all'azione di produrre, oppure non vi si trovi affatto. In altre parole chi produce è notevolmente avvantaggiato rispetto a chi consuma. Questa asserzione non è affatto opinabile, anche se ci vorrebbe uno spazio molto più ampio per addentrarsi con sufficente approfondimento nel tema, ma v'è tutta una scuola di pensiero che arriva esattamente alla conclusione opposta. Tuttavia chi diverge su tale conclusione è sicuramente dimentico del fatto che nessuno, tanto meno il sottoscritto, vuole ignorare il rischio d'impresa e che quindi anche chi produce può cadere in situazioni di svantaggio rispetto a chi consuma, ma in linea generale è chi produce a dettare le regole e chi consuma a subirle; poca differenza se gli attori stessi sono in certe situazioni consumatori ed in altre produttori, i rapporti di forza non cambiano. Purtroppo e parlo da consumatore, occorreva una "mucca pazza" per far "rinsavire" il consumatore medio e quindi poche sono le speranze di una presa di coscenza da parte del consumo nei confronti della produzione, ma tuttavia non è da escludere che una sana cultura del consumo non possa essere decentemente inculcata nelle menti degli esseri umani: NOI SIAMO QUELLO CHE CONSUMIAMO, quindi, CONSUMARE COSE MENO NOCIVE POSSIBILI, CI FARA' ESSERE MIGLIORI. Con uno slogan di questi si potrebbe pensare di affiancare all'educazione civica che i ragazzi fanno nelle scuole, anche un'educazione al consumo? In realtà noi siamo davvero quello che consumiamo e la nostra condizione di consumatori, alla cui base giace sempre uno stato di bisogno, ci fà essere bisognosi e quindi meritevoli di tutela. Tutela contro i produttori senza scrupoli, tutela contro le amministrazioni pubbliche negligenti che dovrebbero controllare chi produce come produce, tutela contro chi, in generale, è propenso a sfruttare la nostra condizione di bisogno. L'Educazione al Consumo è quindi sicuramente una proposta da girare al Ministro dell'Istruzione che verrà dopo le prossime elezioni, chiunque esso sia.

Roma, 22 Febraio 2001, Paolo Bernardi ____

 

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