Home Sommario

FLORA E FAUNA

FLORA
Dei circa 90.000 ha. dell'area di studio, 50.000 sono costituiti da pascoli rocciosi, cespugliosi, arborati e garighe, 11.000 da residui di bosco ceduo e aree rimboschite con essenze conifere.
Oltre 30.000 ha. risultano coltivati soprattutto a grano duro di qualità, cereali minori e colture arboree per le quali negli ultimi anni si è molto diffusa la pratica agroambientale del Reg. CEE 2078/92.
I boschi oggi presenti sono il residuo di quei boschi che anticamente ricoprivano tutto il territorio e che negli ultimi due secoli sono stati distrutti dal disboscamento.
Questi boschi sono prevalentemente costituiti da Roverella (Quercus Pubescens) associata con il Fragno (Quercus trojana), la Coccifera (Quecus coccifera) ed il Leccio (Quercus ilex), mentre verso il fianco delle Murge rivolto verso la Fossa Bradanica troviamo lembi di bosco di Cerro (Quercus cerris) e Farneto (Quercus frainetto).
Il governo del bosco è a ceduo con presenza di un ricco sottobosco costituito da Perazzo, Rosa canina, Pistacia, Asparagus, ed altro.
Le forme più degradate di bosco ceduo sono le garighe a Cisti, ad Euforbia, Salvia trilobata, a Timo capiato o le distese ad Asfodelo.
Il nome gariga deriva dal provenzale garrigue, cioè "terra incolta", e indica ciò che rimane in seguito alla degradazione della macchia mediterranea.
Pensare alla gariga come a una macchia ridotta al lumicino, però, sarebbe un errore.
Essa, infatti, possiede associazioni vegetali proprie, ricche di specie che non compaiono né nella macchia, né nella foresta.
Inoltre, non è detto che la gariga rimanga tale per sempre: può evolversi e ritornare macchia mediterranea, e addirittura diventare foresta, se le si concedono...i secoli necessari.
In tempi non molto lontani nell'agro minervinese i boschi erano estesi per circa 8000 ettari ridottisi a poco più di un ottavo ai giorni nostri.
La progressiva riduzione di tale patrimonio è da ricercarsi in parte alla messa a coltura di terreni con i processi di colonizzazione e in parte alla concorrenza esercitata dal pascolo ovino che rappresentava l'utilizzazione elettiva delle Murge.
L'inversione del processo e cioè la ricostituzione del manto boschivo è di data recente e risale al periodo posteriore all'alluvione che colpì l'abitato di Bari nel 1926.
La circostanza evidenziò l'opportunità di estendere la copertura arborea nei bacini della Murgia al fine di regimare le acque superficiali e evitare il degrado produttivo dei terreni.
Venne così delimitato e classificato il bacino del Locone creando le premesse formali per un intervento pubblico di sistemazione che acquisì fisionomia di organicità con l'impulso dato dalla Cassa del Mezzogiorno negli anni '50-'60.
Con l'intervento straordinario venne creato il nucleo dal quale ha, poi, avuto origine il complesso di Acquatetta (acquisito dal demanio regionale) mentre con i cantieri comunali venne rimboschito il gradone della Murgia sovrastante la SS.97, nell'ambito del bacino del Fosso delle Murge.
Successivamente, con l'attività finanziata dalla Regione e, di recente, dalla Comunità Montana della Murgia nord-occidentale, si è allargato a macchia d'olio questi complessi al fine di diffondere il verde creando una rete di boschi, seppure a larga maglia, dispersi, ma nello stesso tempo ben inseriti, tra i pascoli e i seminativi per cui potranno divenire poli di attrazione per attività vivificanti la locale economia.
Per il rimboschimento, dovendo interessare terreni spesso a roccia affiorante e in difficili condizioni per pendenza e altitudine, sono state utilizzate specie colonizzatrici come il Pino d'Aleppo e il Cipresso comune per costituire soprassuoli di tipo preparatorio.
Nelle migliori condizioni sono state utilizzate anche latifoglie (robinia pseudoacacia, olmo, orniello, bagolaro) o conifere più esigenti (pino domestico).
Per assecondare, poi, gli indirizzi zootecnici-pastorali, in maniera sporadica sono stati realizzati pascoli arborati con impiego di essenze appetite dagli animali o miglioratrici.
In tal modo nel 1978 venivano registrati 1015 ettari di bosco (469 della Regione, 198 del Comune, 57 di Enti vari e 291 di privati) di cui 955 vincolati.
Dal 1978 al 1985 sono stati realizzati altri impianti che hanno elevato la consistenza boschiva a 1385 ettari in seguito a varie iniziative come il rimboschimento di una fascia di terreni intorno all'invaso del Locone.

PROSPETTO RIASSUNTIVO DELLE SUPERFICI BOSCHIVE (1986)

I pascoli occupano i terreni più impervi e sassosi ricoperti da una vegetazione erbacea e spontanea, rara ed endemica quali Iris pseudopumila, Arum apulum, Crocus tomasii, Campanula versicolor, oltre ad un notevole popolamento di orchidee (endemica l'Ophris mateolana). I 30.000 ha. di colture agrarie sono costituiti per oltre i tre quinti da monocoltura cerealicola (essenzialmente grano duro), il restante comprende foraggiere (graminacee e leguminose) e colture arboree (olivo, vite e mandorlo).
Recenti problemi legati a energiche forme di dissodamento (dirocciamento/frangitura), messa a coltura anche di molti pascoli degradati e creazione di cave a cielo aperto che hanno deturpato interi fianchi di colline calcaree, hanno modificato sia gli habitat per molte delle specie floro-faunistiche e sia l'identità paesaggistica del territorio.


FAUNA
Le prime tracce faunistiche sulle Murge risalgono a circa 70 milioni d'anni fa durante il periodo Cretacico.
In quell'epoca il panorama doveva somigliare all'incirca a quello dell'arcipelago delle Bahamas con una fauna composta da specie erbivore e carnivore di dinosauri.
Tracce fossili di tale fauna estintasi al termine del Cretacico sono state rinvenute nella cava Delucia sulla strada per Santeramo a cinque chilometri da Altamura: sono visibili infatti circa 30.000 impronte appartenenti a oltre duecento esemplari su una superficie di circa 12.000 mq.
Da recenti studi si è riuscito ad individuare quattro specie di erbivori come i Sauropodi dal lungo collo, i Ceratopsidi con tanti corni sul cranio, gli Iguanodontidi e gli Anchilosauri.
Tali specie erbivore avevano un elevato fabbisogno nutritivo di almeno 200 mila chili di vegetazione a settimana, reperibile nelle alghe marine che erano situate presso la costa.
I predatori di tali erbivori erano costituiti dai Teropodi simili ai Tirannosauri.
Ai giorni nostri la contrazione delle aree boschive e il depauperamento vegetazionale hanno prodotto effetti negativi sulla quantità e qualità della fauna selvatica.
Secondo i dati I.N.F.S. l'area "dell'altopiano superiore delle Murge" è un comprensorio ambientale di particolare interesse ornitologico con la presenza di:30 specie di non passeriformi, 54 passeriformi, 84 totali nidificanti (tra certe o probabili).
Tra le specie della fauna selvatica potenzialmente (e in molti casi attualmente) indicate si annovera: falco grillaio, il gufo reale, la civetta, barbaggianni, allocco, nibbio reale, falco pellegrino, gheppio, merlo, cornacchia, gazza, tortora, tordo, bottacio, beccaccia, fagiano, gallina prataiola, quaglia, colombaccio, pettirosso, cinciarella, fringuello, rigogolo, passero, ghiandaia, allodola, volpe, rarissima la lepre, il gatto selvatico e il cinghiale.
Inoltre va segnalata la presenza di animali interessanti o rari, come la testuggine comune, il tritone crestato, l'ululone dal ventre giallo (piccolo rospo acquatico con la parte inferiore del corpo di un bel giallo brillante), il cervone (un serpente che in casi eccezionali può raggiungere anche i 2,5 metri di lunghezza), il geco di Kotschy(di colore grigio, simile a una lucertolina), l'istrice, il tasso.
Tra gli uccelli, meritano la citazione numnerosi rapaci: lo sparviero, la poiana, il lodolaio e il lanario, tutte specie protette.