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Pesci strani
5.03
HALIBUT
IN ALASKA
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mag.88 |
Le ripide montagne attorno al Moose Pass
erano ancora imbiancate di neve e, nonostante fossimo all'inizio
della breve estate, soffiava un vento gelido dal suono simile
al lamento di un animale. Era parecchi anni fa e noi, quella
volta, stavamo peregrinando per la penisola del Kenai in perenne
ricerca di salmoni....... Arrivati a Cooper Landing, mentre
beviamo una birra nell'unico spaccio dove si vende di tutto
e le cui pareti sono tappezzate di foto ingiallite di donne
nude e di salmoni giganteschi, veniamo a sapere che sul Russian
River i Reds latitano; ce n'e' qualcuno ma la risalita vera
e propria deve ancora cominciare. Partiamo per il Kenai River
ma di Kings nemmeno l'ombra e cosi' cominciamo a scendere, lungo
la costa, verso Sud. Arrivati sul Kasilof, scopriamo che pesci
ce ne sono parecchi ma tutti vecchi e scuri ed inoltre occorre
farsi letteralmente spazio a gomitate per poter trovare un metro
libero dove poter pescare: oltre duecento pescatori, attrezzati
con tende e campers, hanno reso affollato questo posto come
una via del centro in un'ora di punta. Pensare che siamo arrivati
fin qui alla ricerca di posti solitari, incontaminati e selvaggi.
Nell'Anchor River vediamo qualche vecchio King dal ponte sul
fiume che comunque quest'anno e' chiuso alla pesca (in Alaska
molti fiumi vengono chiusi alla pesca a rotazione per un anno).
Decidiamo allora di spingerci ancora piu' in giu', fino al porto
di Homer, per pescare in mare, dato che amici americani ci avevano
parlato del fascino della pesca all'Halibut. Arriviamo in tempo,
alla sera, per accordarci per un'uscita all'indomani nel Cook
Inlet con Pat che e', con il marito, proprietaria di una bella
barca da pesca. L'indomani mattina, di buon ora siamo al porto
e, sistemato il camper, presto salpiamo verso il mare aperto.
Mentre il battello esce dalla baia siamo incantati dalla bellezza
di queste montagne innevate che si ergono da un mare particolarmente
cupo.
Dopo
aver inserito il pilota automatico, Pat comincia a rimpinzarci
di caffe' e dolci, tramezzini e sandwiches : questo rito si
ripete poi per tutto il giorno. Siamo intenti ad osservare qualche
lontra marina e qualche foca, che sembrano riposare galleggiando
immobili sull'acqua, quando un piccolo branco di delfini comincia
dapprima a seguire la nostra rotta e poi ad affiancarci saltando
e giocando con le onde provocate dal nostro incedere. Ad un
certo momento, prima grande emozione della giornata, vediamo
che cominciano a sfrecciare, come impazziti, in tutte le direzioni:
un gruppetto di orche li ha assaliti e ce ne rendiamo conto
sia dalle grida, simili a fischi, di queste ultime sia dal saettare
di corpi grigi e bianco-neri sotto e tutt'intorno alla barca.
Tutto dura si e no tre minuti ma questo spettacolo do forza
e ferocia ci lascia sbigottiti ed allarmati al pensiero che
avremmo potuto essere su una barca meno grande e robusta e quindi
maggiormente esposta agli urti provocati dalla battaglia.Mentre
procediamo John, il marito di Pat dalla faccia tipicamente indiana,
ha gia' predisposto le canne e le esche nel pozzetto di poppa
ed ora, mentre noi seguitiamo ad abbuffarci, guarda l'ecoscandaglio
che gli fornisce direttamente la configurazione del fondo e
la consistenza dei sottostanti branchi di pesci. Pat, nel frattempo,
ci racconta di avventure in quei mari a pesca di Halibuts.
Questo
pesce e' tipico di quei mari freddi, ha grosso modo l'aspetto
di una grossa sogliola e viene giudicato una vera e propria
leccornia. Viene pescato a drifting a fondo con attrezzatura
abbastanza robusta: canne, lenze e mulinelli da traina, in quanto,
pur essendo il peso medio sui quindici chili, non e' raro imbattersi
in esemplari di oltre sessanta chilogrammi. Un segno di John
fa fermare la barca: ha visto che siamo sopra un branco abbastanza
consistente; prendiamo in mano le canne, attacchiamo un piombo
di circa mezzo chilo al moschettone situato a circa un metro
dall'amo (un enorme amo storto e con l'ardiglione ricurvo),
fissiamo l'esca e lasciamo filare la lenza in acqua. Il fondale
e' a circa quaranta metri e, da come ci hanno spiegato, dobbiamo
lasciar scendere fino a toccare con il piombo il fondo e poi
sollevare ed abbassare continuamente la punta della canna. Per
esca usiamo dei pezzetti di pesce. Quasi subito cominciamo a
prendere. L'abbocco e' deciso e la difesa abbastanza forte,
peccato che si peschi con un'attrezzatura un po' surdimensionata
per pesci di questa taglia. Vengono su uno dietro l'altro e
quelli sotto i sette/otto chili vengono ributtati in acqua.
Prendiamo anche altri pesci che (perdonatemi ma non conosco
il nome di tutti i pesci di mare) sembrano delle cernie ma con
occhi molto sporgenti ed una cresta spinosa ed altri che paiono
degli orrendi girini maculati di circa cinque chili. Anche tutti
questi vengono ributtati in acqua, tranne qualcuno che conserviamo
e facciamo a pezzi per poi utilizzarli come esche. Dopo un po'
le abboccate si diradano e decidiamo di spostarci. Passa un
po' di tempo quando sentiamo Pat bloccare il motore ed urlare
qualcosa al marito. Incuriositi ci sporgiamo dalla barca e vediamo
un groviglio di alghe stranissime simili a grosse corde e bacche
grandi quanto palle da tennis, tutte attorcigliate attorno all'elica.
Passiamo una mezz'ora armati di un'ascia e pertiche per sciogliere
questo intrico, poi finalmente liberiamo il motore e possiamo
ripartire. Ci fermiamo quindi in un altro posto che rende quasi
quanto il primo e trascorriamo allegramente un'altra ora. Non
e' ancora il momento di rientrare ma siamo paghi della pesca
e chiediamo di andare fino a Seldovia, un piccolo centro di
pescatori di origini e tradizioni russe, che si raggiunge solo
via mare. Fa uno strano effetto vedere qui le tipiche costruzioni
russe con la chiesa ortodossa sovrastata dalle classiche cupole.
Vediamo inoltre, su alcune roccie a picco sul mare, un'enorme
colonia di pellicani e di cormorani intenti a pescare. Prendiamo
finalmente la via del ritorno ma dobbiamo ancora vivere l'emozione
piu' grande. Mentre Pat sta guidando sul ponte superiore e noi
siamo all'interno dell'imbarcazione un po' assopiti dal freddo
e dalla stanchezza, ma con l'ennesima tazza di caffe' fumante
in mano, ecco che John ci chiama con un grido: "Whale !".
Dapprima
pensiamo ad una delle balene bianche dell'Alaska, che sono un
incontro relativamente comune incrociando nelle acque del Cook
Inlet, invece e' proprio un'enorme balena azzurra che sta gobbando
a circa cento metri da noi. Poi l'animale sparisce e riappare
piu' lontano emergendo con grandi salti fuor d'acqua, veri e
propri salti in verticale, come quelli che puo' fare un Silver
od un Marlin allamato. Tutto si ripete tre o quattro volte;
per rendere l'idea provate ad immaginarvi un camion a rimorchio
saltare a dieci metri d'altezza e ricadere! Restiamo strabiliati
davanti a tanto spettacolo. Pat stessa che incrocia in quelle
acque da piu' di trent'anni, ci dice che e' la seconda volta
che vede evoluzioni e salti di tal portata da parte di una balena
e nemmeno lei sa capacitarsi del motivo di un comportamente
cosi' strano per un cetaceo. Vediamo poi nuovamente la balena
soffiare lontanissima e poi piu' nulla: ci lascia attoniti ed
immobili con le nostre inutili macchine fotografiche in mano
(inutili poiche' riappariva dove non ce l'aspettavamo e quindi
coglievamo l'istante dall'apice del salto alla caduta ed inoltre
perche' eravamo troppo rapiti per pensare a distanza, luce,
fuoco ecc.).
Rientriamo
finalmente al porto, soddisfatti di queste nuove ed emozionanti
esperienze. Facciamo la foto di rito e salutiamo i nostri simpatici
e cortesi ospiti donando loro lamaggior parte del pescato e
riservando per noi quanto e' sufficiente a riempire il freezer
del camper e per prepararci il pranzo dell'indomani e decidiamo
di riprendere la via del Nord. Alla sera, mentre siamo in un
Campground intenti a controllare, dopo cena, mosche ed attrezzature,
incontriamo un'anziana coppia di americani che hanno deciso
di passare gli anni della pensione girando in tutto il continente
americano con il loro attrezzato e sofisticatissimo camper.
I coniugi, amanti anche loro della pesca, ci danno la bella
notizia: e' iniziata la risalita dei Reds sul Russian River.
A letto presto, domani sara' una giornata campale. COME CI SI
ARRIVA nel Kenai; da Anchorage, dove si noleggia un camper,
a Soldotna in 5/6 ore ed in 8/10 a Homer. Lungo le strade ci
sono parecchi Campground (Campeggi) indicati da cartelli. Sempre
lungo le strade ogni tanto ci sono dei bar o degli spacci ma
per ogni evenienza e' sempre meglio avere la dispensa ed i serbatoi
pieni. In questi ultimi anni la situazione e' migliorata ma
si e' sempre in Alaska. DA VEDERE a Soldotna c'e' da un sacco
di anni un locale Topless: un ambiente non male dove oltre alle
belle ragazze, si beve buon bourbon e birra in una tipica atmosfera
da Far West. PER ATTREZZATURE da pesca. Dappertutto si trova
un negozio di qualsiasi genere per poter comperare l'indispensabile
per la pesca. Per chi desidera una scelta enorme ed il top in
fatto di novita' ad Anchorage c'e' il MOUNTAIN VIEW SPORTS CENTER
134 South Park. DA RICORDARE oltre agli indumenti pesanti ed
alle attrezzature adeguate, di portare degli antizanzare realmente
efficaci.
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