5.Pesci strani
5.06 UN PESCE DIVERSO: IL PEACOCK DELL'ORINOCO.
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mar.91

In ottobre adoro il modo in cui un temolo valsesiano sceglie me tra le centomila persone sul fiume e come sale sulla mia Red Tag, pur conoscendone ormai perfettamente prezzo, dressing e possibili varianti. Mi lascia senza fiato l'"head and tail" del salmone, il modo in cui afferra la mia Blue Charm, come mi sfila il primo metro di
backing, .... Anni di avventure sui fiumi mi avevano convinto ormai che il temolo ed il salmone atlantico rappresentavano le sfide per eccellenza del pescatore o comunque le più appassionanti. Mi ero tuttavia appena "sciroppato" una montagna di riviste di pesca e tutte erano d'accordo sul fatto che mi cullavo una illusione! Non avrei potuto assolutamente definirmi "pescatore" fino a quando non avessi acchiappato un peacock. Non solo, concordavano pure nel dire che se non avessi posto rimedio in breve tempo a questa grave lacuna avrei avuto continui rimpianti, angosciosi rimorsi.... forse anche incubi notturni. Ero già recidivo in situazioni del genere: la stessa cosa mi era accaduta precedentemente per il bonefish, per la steelhead e su su, indietro negli anni, per la trota, la scardola, il pesce-gatto.... I peacock vivono in tutte le zone tropicali del Sudamerica e sono presenti in grandi quantita' nelle acque calde (da poterci bollire un uovo) dei fiumi brasiliani, colombiani e soprattutto venezuelani. Peacock bass e' stato il nome usato dai primi pescatori nordamericani che si avventurarono in questi luoghi; dagli indigeni viene chiamato invece pavon, pavon mariposa (pavone farfalla) o tucunare'.
Assomiglia abbastanza ad un boccalone con la testa un po' piu' squadrata, lontanamente simile a quella della cernia. La caratteristica principale e' comunque la sua colorazione: fianchi giallo-oro con sfumature verdi o arancio, ventre bianco, tre strisce scure che scendono dal dorso ed una macchia nera contornata di giallo alla base della coda. Ne esiste anche un'altra versione, un "modello" bronzato leggermente più piccolo con delle macchioline chiare sui fianchi. Questo pesce rappresenta una preda ambita e ricercata e viene catturato in genere usando metodi simili a quelli utilizzati per il black-bass.Può raggiungere il peso di 15 chili. Ne sono stati catturati diversi di questo peso con le reti mentre il record con canna e' di oltre 12 chili, ottenuto da Rod Neubert nel 1982 sul fiume Mataveni, un affluente dell'Orinoco.
Esemplari che vanno dai 4 ai 7 chili rappresentano le catture più comuni. In seguito a quelle "insane" letture di cui prima parlavo mi ritrovai con degli amici, plagiati e trascinati letteralmente in questa avventura, sul lago Guri, a due passi dal Salto Angel. Il lago (il bacino Raoul Leonik contiene 8 milioni di metri cubi d'acqua) si trova nella parte venezuelane dell'Amazzonia e si e' formato dallo sbarramento artificiale del Rio Caroni', affluente dell'Orinoco. E' stato realizzato in questo modo uno dei più grandi invasi artificiali del mondo che fornisce il 75% dell'energia elettrica necessaria al paese. E' passata alla storia l'immensa opera di salvataggio delle varie specie animali che si sono trovate bloccate dall'aumento delle acque: circa 45.000 tra giaguari, tapiri, formichieri, armadilli ecc. sono stati portati in salvo nella foresta ed una moltitudine di anaconde e caimani sono stati trasferiti dalle zone rimaste in secca sotto la diga. Tutto il paesaggio ha ora un aspetto fiabesco o meglio spettrale: una distesa continua di baie, isolotti, passaggi semiostruiti il tutto costellato da enormi tronchi sporgenti, residuo della foresta pluviale che e' stata allagata. I principali abitanti del lago sono i piranha che, potendo, si ciberebbero di turisti, i pajara, mostri dalla dentatura orrenda che si cibano di piranha ed i peacock che, dalle notizie del depliant, avrebbero dovuto cibarsi di plughi, rapala e tandem. Le guide indigene ci vennero a raccogliere cercando di salire direttamente sul pontile con le lance (nel senso di imbarcazioni). Il primo briefing con loro può essere sintetizzato dalla frase: "Gran propela por el pavon" seguita da sguaiate risate alla vista dei nostri popper. Cercammo di approfondire il concetto. Dodici birre dopo avevamo compreso la situazione. Occorrevano le "propele": degli affari rossi e gialli arricchiti da diversi ancoroni, eliche varie e ciuffi, taglia squalo. La "cerveza" aveva sciolto la lingua dei nostri marinai.
Quel liquido giallo, come le mie ricerche mi dimostrarono successivamente, gioca un importante ruolo nella vita sociale venezuelana. Visto che l'epopea dell'ingenuo e buon selvaggio era evidentemente finita da un pezzo ci vendettero qualche "propela" al prezzo di un oggettino di Bulgari. Rinunciammo con qualche dispiacere alle canne da mosca e preparammo quelle da spinning. Armati di questi missili cominciammo a perlustrare il bacino in lungo e in largo. Non e' facile localizzare il posto buono anche se il pavon ha più o meno le stesse abitudini del bass: basterebbe cercarlo vicino ai tronchi sotto acqua. Il problema e' che ci sono centinaia e centinaia di chilometri quadrati di monconi pelati e ceppi sommersi! Le guide rivelarono subito una propensione ed un'abilità incredibile a sfrecciare in mezzo ai tronchi alla velocità del suono con le barche spinte da potenti Yamaha da 200 cavalli (la benzina costa 2 bolivares al litro che equivalgono a meno di 50 lire) incuranti dei nostri volti terrorizzati e soprattutto del buonsenso.Il nostro barcaiolo, in particolare, spiego' che conosceva per nome ogni albero ed ogni roccia del lago: dalle ammaccature sulla barca comprendemmo come erano avvenute le presentazioni ma noi pescatori di peacock eravamo in fin dei conti dei temerari e non ci saremmo fermati davanti a certe quisquilie. Appena arrivati nel primo "buon posto" iniziammo raffiche di lanci in ogni direzione.
Julio, nostro mentore e guida, comincio' a sbattere il remo prima in acqua ed in seguito sul fondo della barca. Prima di essere strangolato spiego' in qualche modo che il rumore avrebbe attirato i pavon. Eeh?!? Non ci capivo più niente. Da trent'anni mi muovo in riva ai fiumi come un Apache ed ora mi rivoluzionavano tutto facendo baccano per richiamare i pesci. Guai se mi si scardinano perfino i principi, i fondamentali. Tutto e' iniziato con i dubbi su chi fossero i buoni ed i cattivi tra cow-boys ed indiani. Poi dov'è la Destra o la Sinistra. E' un segno evidente che i tempi cambiano. In questo caso sarà forse la diversa latitudine. Forse il buco nell'ozono, forse l'avvicinarsi dell'Apocalisse. Recuperavo con violentissimi strappi un artificiale da voltastomaco. Poichè il commento a qualsiasi cosa avessi attaccato in fondo alla lenza era stato "mas pequeno" (troppo piccolo) mi ero improvvisato inventore. Il capolavoro ottenuto era il risultato dell'assemblaggio di due Toby da dieci centimetri, il primo attaccato sull'anello dell'ancoretta del secondo. Ad un tratto vidi l'onda e contemporaneamente avvertii una botta secca: cominciai a "tenere" il pesce per non farlo finire tra i rami sommersi. La guida in un attimo si precipito' davanti a me impedendomi la visuale del pesce, tenendo con una mano il mio filo mentre con l'altra brandiva un guadino cercando di inseguire o colpire il pesce. Il peacock, occhio e croce 5 chili, osservo' per un attimo la contesa tra noi due, poi strappo' tranquillamente l'ancoretta dall'anello e s'inabisso' pacifico. Dopo la prima esperienza avevamo compreso che, come tutte le prede di rispetto, il peacock richiedeva un lavoro coordinato e sincronizzato tra i componenti del team in barca. Dopo l'abboccata il pescatore avrebbe dovuto subito alzare la canna e ferrare di forza il pesce. Fin qui tutto secondo le regole. La parte più difficile ed ingrata veniva pero' svolta dall'altro pescatore sulla barca: questi doveva mollare rapidamente il proprio attrezzo e precipitarsi sulla guida indigena cercando di distrarla e soprattutto impedendogli di compiere qualsiasi movimento pena la sicura perdita del pesce.
La seconda cattura fu frullata. Era un pavon mariposa di due chili abbondanti, tirato in barca abbastanza rapidamente. Noi eravamo fautori del "catch and release" ma Julio decanto' talmente le carni bianche ed "el savor" che si decise di tenerlo. Lo sciagurato lo assicuro' con una corda dietro la barca per mantenerlo vivo. Dieci minuti dopo accese il motore e riparti' al limite dei fuorigiri. Senza tirar su il pesce. Studiate le strategie per combattere, oltre che l'astuzia dei pesci, anche gli altri elementi negativi di natura umana riuscimmo a fare qualche cattura decente. Qualcuno era di 4 chili ma le guide dissero comunque che erano tutti "baby" e che per quelli veramente grossi occorrevano grandi "propele" con grandi eliche. La prossima volta userò come esca un motoscafo! Parliamo ora delle attrezzature adatte.
L'attrezzatura da mosca che ci eravamo portati si era subito rivelata inadeguata pur essendo decisamente robusta (eravamo reduci da una partita di pesca in mare al bonefish). Occorrono canne molto potenti non tanto per la taglia del pesce o per fare lanci lunghi (la maggior parte delle abboccate le abbiamo avute vicino alla barca, alcune a due metri) ma per poter proiettare a quindici metri popper da dieci centimetri e oltre. Inoltre, a causa degli onnipresenti alberi sommersi, non si può concedere un metro al pesce: ci si deve indirizzare quindi su canne da nove/dieci piedi per code 11 o 12. La scelta ideale potrebbe essere la SAGE 1290 RPL o la LOOMIS FR 10812, entrambi attrezzi potentissimi da nove piedi per coda 12. La coda deve essere WF galleggiante, magari del tipo Tarpon Taper, per evitare al massimo falsi lanci (sia Cortland che Scientific Anglers ne producono di ottime). Non necessita molto backing, cento metri da 30 lbs. sono più che sufficienti. Un buon mulinello deve contenere comodamente coda e backing. Non e' necessario ne' una sofisticata frizione ne' l'antireverse: le fughe del pavon sono molto potenti ma non veloci. Si puo' utilizzare un modello da salmone; dovendolo comperare ex novo meglio forse un modello da mare (dai 200 ai 700 dollari se ne trovano di validi per tutti i gusti). Pose delicate rappresentano un difetto e finali sotto lo 0.35 costituiscono un suicidio psicologico. Volendoli insidiare a spinning occorre un mulinello caricato con lo 0.35 ed una canna da due metri in grado di lanciare artificiali da 20 a 50 grammi. Questi devono essere soprattutto grossi, vistosi e rumorosi. Vanno bene imitazioni di rane, salamandre e .... coccodrilli, plughi e rapala dai 13 ai 20 centimetri gialli e rossi, bianchi e rossi, arlecchino.
Ma il top e' la "propela": un affare panciuto di legno a forma di sigaro, testa rossa, corpo bianco, fianchi argentati, lungo 15 centimetri e dotato di una o due eliche da 4 centimetri che, quando viene recuperato a strappi in superfice, provocano spruzzi alti mezzo metro. Sul pavon ha lo stesso effetto che aveva Raquel Welch sul sottoscritto vent'anni fa (per me, non per lei). L'abbigliamento deve rispondere a due requisiti principali: coprire più pelle possibile ed essere fresco e leggero. E' da evitare l'atteggiamento classico dell'avventurarsi in maglietta e calzoncini corti come pure quello di non utilizzare creme solari ad alta protezione (tanto non mi scotto mai!). Dopo dieci ore in barca senza un'adatta protezione lo sfrigolio che sentirete sarà il vostro. Il cappello deve possibilmente proteggere il collo e le orecchie e fornire ombra agli occhi.
Indispensabili sono occhiali polarizzati e repellente per insetti: noi ne abbiamo incontrati pochi, ma erano del genere "gloria o morte", veri e propri assi dell'aviazione. Due righe sulle scarpe: il fondo della barca e' spesso bagnato e quando si combatte un pavon e' meglio avere una salda presa poichè un tuffo in acque abitate da piranha viene sconsigliato in qualsiasi manuale di sopravvivenza. La giungla amazzonica non e' il soggiorno di casa nostra perciò colui che vuole insidiare il pavon laggiù deve essere un temerario: il mio più grande atto di coraggio e' stato di azzannare i sandwiches forniti dai locali pur avendoli attentamente osservati. Ma un impavido pescatore di peacock come avrebbe potuto tirarsi indietro!?