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Pesci strani
5.08
Australia con Terry
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ago.91 |
Il capitano James Cook, come piu' tardi
Garibaldi, sembra essere stato ovunque. E' impossibile trovare
un luogo dove non siano rimaste tracce del suo passaggio. Durante
il suo primo viaggio rimase nella zona di Cooktown (che prese
appunto il suo nome) per 48 giorni mentre il suo equipaggio riparava
la nave prima di puntare verso l'Inghilterra. Aveva navigato lungo
la costa orientale dell'Australia e si era impossessato di questo
territorio in nome del suo re. Nel suo successivo viaggio sarebbe
stato fiocinato dai Tahitiani, stanchi di chi rifilava loro collanine,
specchietti e "patacche" varie. Durante i lavori di riparazione
della nave qualche mozzo aveva buttato una catena vicino ad uno
scoglio: 200 anni dopo continuavo ad addobbare quel relitto con
tutta la mia scorta di plughi da 10 dollari cadauno. Terry Holman,
guida professionista di pesca, mi ci aveva condotto. Avrei diviso
i suoi servigi, la sua esperienza, la sua barca e la spesa con
un turista proveniente da Sydney. L'apporto di costui, Greg, alla
conversazione fu di ventisei parole in due giorni (monosillabi).
La mattina della partenza carico' l'essenziale: macchina foto,
sigari ed una cassa di Johnny Walker Black Label. La sua attrezzatura
da pesca era del tipo: canna, mulinello, filo, tappo e amo, diecimila
lire tutto compreso. Si prospettava una dura convivenza ma alla
fine Greg si rivelo' un buon diavolo che, con la scusa della pesca,
voleva passare qualche giorno a sbronzarsi in santa pace lontano
dalla moglie. La sistemazione era prevista su una "barca-madre"
di tredici metri che si trovava già in zona e che raggiungemmo
con un idrovolante. Avremmo utilizzato poi, per la pesca vera
e propria, un "dinghy". Tali barche sono state costruite e progettate
per questo scopo, sono lunghe 4 metri ed interamente in alluminio.
Hanno un comodo sedile centrale che può servire quando
si fa traina leggera oppure come lettino durante la siesta.
A fianco del motore principale da 55 cavalli ne esiste uno piccolo
elettrico per potersi avvicinare ai pesci in totale silenzio.
Lo skipper, quando guida, ha l'ecoscandaglio sott'occhio e tutti
i comandi a portata di mano. Il loro fondo e' piatto e facilmente
lavabile con un paio di secchiate d'acqua; a prua e poppa esistono
due scompartimenti sufficienti per tenere all'asciutto vestiti,
cibi ed equipaggiamento di salvataggio.
La
prua, protetta da uno strato antiscivolo, permette al pescatore,
equipaggiato con polaroid, di stare piu' in alto e in piedi per
poter lanciare meglio. Quando si pesca a mosca si toglie naturalmente
il tendalino centrale che protegge dal sole. A poppa fa parte
dello scafo un capace contenitore per un centinaio circa di pesciolini
vivi (mud herrings, mullet o sardine) da usare come esche ed e'
continuamente alimentato, con una pompa, dall'acqua esterna. Il
serbatoio contiene oltre 40 litri di carburante assicurando cosi'
una notevole autonomia. A poppa inoltre c'è una piattaforma
sopraelevata di circa un metro al di sopra del motore che porta
sei reggicanna per pescare a fondo o a traina; può servire
per appoggiare attrezzature ed esche oppure alla guida per avvistare
i pesci o per spingere, con una pertica, la barca nelle flats
o nei canali meno profondi. Durante i giorni che trascorremmo
alla baia non avvistammo barche ne' notammo segni di presenza
umana, tranne quando fummo sorvolati dall'idrovolante della guardia
costiera in perlustrazione.Non
c'era traccia di rifiuti di plastica, bottiglie rotte, rottami
o altra spazzatura del genere. Si bevve ovunque l'acqua delle
sorgive lungo i fiumi senza problemi: dove non c'è gente
non c'è inquinamento.
Il
reef dava protezione alla baia e la bellezza di quanto era davanti
ai nostri occhi valeva veramente la pena di affrontare qualsiasi
viaggio: montagne verdi che calavano verso il mare in distese
sabbiose di palme ondeggianti e lunghe spiagge bianche. L'acqua
era come cristallo ed immobile, diventava turchese dove era piu'
profonda. Pescammo per qualche tempo a traina in mare aperto,
al di fuori del reef, con artificiali (rapala da 18 cm.). Catturammo
tre Spanish Mackerel ed un piccolo Barracuda. Individuammo pure
un branco di Kingfish o Mulloway da 30/40 chili. Essi stavano
incrociando a circa cinque nodi ed io attentamente piazzai un
cucchiaino davanti a loro, lo mossi leggermente per attirare la
loro attenzione. Funziono'! Quando il caposquadra disse O.K. uno
dei pesci scivolo' fuori, afferro' l'artificiale e si riunì
alla formazione come se nulla fosse successo. Li guardai poi mentre
procedevano verso sud, vuotando completamente i 400 metri di filo
dello 0.50 dal mio mulinello durante l'operazione. Assolutamente
senza riguardo per nessuno. In seguito provammo a fondo sul reef
con lenze a mano. La maggior parte delle prede era costituita
da Coral Trout, Cod e Fingermark. Innescavamo pezzi di pesce che
assomigliano a sgombri e la lenza era come minimo dello 0.80.
I problemi in questo genere di pesca sono rappresentati dal recupero
del pesce. Appena avuto il "tocco" bisognava essere veloci come
un razzo: se il pesce riusciva ad infilarsi sotto al corallo tanti
saluti alla lenza e se, invece, ne usciva troppo lentamente arrivava
qualche squalo, c'era un forte strappo ed il recupero del filo
molle. Gli
squali rappresentarono un vero problema per le scottature alle
mani (nonostante le protezioni alle dita) quando acchiappavano
i nostri pesci e non tagliavano subito la lenza. Dopo alcune catture
questi maledetti iniziavano ad affollare il fondo ed eravamo costretti
a cambiare posto. C'erano un po' di onde ma, per fortuna, nessuno
soffri' il mal di mare. E' un fatto davvero curioso, ma nessuno
ammette mai di soffrirlo.... sulla terraferma, eppure sulle barche
si incontra un sacco di gente che sta davvero male come un cane
ed ha il colorito "banana acerba". Dove si nascondano, una volta
sbarcati, e' un mistero insondabile.
Terry
era il classico uomo "tagliato con l'accetta": non apriva bocca
a meno che avesse qualcosa di indispensabile da dire. Soprattutto
non era il genere di fallocefalo che ti accoglie con le parole
"avreste dovuto esser qui la settimana scorsa". Egli si dimostro'
abilissimo in tutte le tecniche: preparare esche, cercare i fondali
migliori, ferrare i pesci. Solo nella pesca a mosca aveva dei
limiti. Per lui lanciare significava continuare a frustare l'acqua
fino a che questa cominciasse a montare a neve: forse pensava
che sotto quella schiuma si sarebbero potuti nascondere i pesci.
Ma fu nella pesca a fondo negli estuari che dimostro' tutta la
sua capacita' ed esperienza. Anche con lo spinning si rivelo'
molto abile; fu per me una delizia osservarlo "sfilare" dall'acqua
una serie incredibile di salmoni (threadfin salmon, pesce stranissimo
che vive solo in queste acque). Il suo metodo era di recuperare
a scatti un Rapala Rattl Rap, vicinissimo al fondo, e di intercalare
un tal fiume di bestemmie che, amministrate con parsimonia, sarebbero
potute bastare ad un uomo rispettabile per tutta la vita. Il bello
di pescare in certi luoghi e' che ovunque tu vada incontri sempre
parecchi pesci di un'infinita' di specie diverse e c'è
"azione" piu' o meno durante tutto il giorno.
In
uno dei fiumi che scendeva con mille rami verso la foce mi si
rizzarono per un momento i capelli quando individuai due dei piu'
grandi coccodrilli che avessi mai visto: entrambi superavano i
cinque metri. Stranamente quella parte del fiume dava parecchio
pesce! Catturammo qualche bel "queenie" e fingermark e Greg fece
saltare un "barra" veramente grosso (credo oltre i 15 chili) che
si slamò ad un metro dalla barca. Non riferisco i commenti....
Rientrando verso la barca-madre catturammo tre dei piu grossi
"barra" del viaggio, tra i 7 e i 9 chili e furono presi recuperando
lentamente un Rapala arancione vicino ad un groviglio di ceppi
sommersi. E pensare che da noi una trota di otto etti e' già
un'ottima ragione per far tardi all'osteria del paese. Che pacchia!
Nessun rompiscatole per chilometri, un mare di birre gelate, niente
"morose" a tirarci scemi e fiumi pieni di pesci. Il paradiso sulla
terra. Al tramonto, mentre sei seduto in barca e cerchi di tenere
il conto dei golden trevally o dei queenfish senti i rumori che
fanno i predatori quando cacciano i pesciolini fin quasi sulla
riva. Se non sei troppo stanco posi il mezzo litro di caffè
fatto all'australiana (insomma non puoi pretendere tutto, in definitiva
i loro avi erano dei galeotti) e puoi prendere il "dinghy", portarti
verso riva e fare due lanci. Spesso si catturano a quell'ora i
barramundi piu' belli visto che il loro momento di maggiore attività
e' la notte. Un pomeriggio, dopo aver pranzato alla foce di un
fiume, pensammo che un paio di canne a fondo con una sardina avrebbero
contribuito a tenerci occupati i cervelli (compreso quel poco
che apparteneva a Greg). Il risultato furono mangrove jacks e
sooty grunter (un pesce di fondo simile al pesce gatto). Tenemmo
i primi tre per la cena e dopo la trentina perdemmo il conto di
quanti ne rilasciammo. In un certo senso qualcosa di vergognoso
per la mia natura essenzialmente puritana e morigerata. Ripartimmo
l'indomani mattina e ci accorgemmo che in pratica avevamo pescato
solo nei fiumi e negli estuari. L'Australia e' leggermente piu'
piccola dell'Europa, 16 milioni di abitanti (di cui un terzo distribuito
nelle tre principali città) contro i nostri 600 milioni.
Il suo clima e' molto vario e si pescano trote al Sud tra le Alpi
Australiane mentre al Nord l'ambiente tropicale, verso Capo York,
facilita la crescita di pesci decisamente diversi da quelli ai
quali siamo abituati. Ogni
pescatore che ama le esperienze in luoghi veramente selvaggi deve
prendere in considerazione l'Australia settentrionale, particolarmente
la zona compresa tra il mare di Arafura, il golfo di Carpentaria
ed il Mar dei Coralli. Uno dei luoghi dove ho avuto la fortuna
di pescare e' stata Prince Charlotte Bay, a nord di Cooktown,
sulla costa orientale. E' una vasta area poco profonda e ricca
di mangrovie, banchi di sabbia, enormi "flats" fangose ed innumerevoli
estuari di fiumi. Qui e' l'ideale per granchi, gamberi e pesciolini
di ogni razza che trovano cibo in quantità ed aree adatte
per riprodursi.
Questo
fatto non sfugge ai pesci un po' piu' grandi, che arrivano da
ogni parte per nutrirsi di questo "ben di Dio" e, nelle pause,
mangiarsi l'un l'altro.La
maggior parte dei pesci mangia qualsiasi cosa, preferibilmente
gli altri membri della propria tribù. Il cannibalismo e'
parte importante della dieta dei pesci: i vecchi e i malati sono
normalmente utilizzati per utili motivi, sia a pranzo che a cena.
Nel visitare l'entroterra provi un grande rispetto per gli aborigeni
che ci sono sopravvissuti per secoli. Gole deserte e profonde,
massi enormi, cascate a picco direttamente sul mare. La vegetazione
e' presente praticamente solo lungo i fiumi ed e' composta da
piccoli alberi, principalmente eucalipti e mangrovie.
Questa e' terra di canguri, serpenti e soprattutto pipistrelli:
come cala la sera l'aria e' invasa da migliaia di questi esemplari.
Non sono fortunatamente pericolosi, si nutrono infatti esclusivamente
di fiori e frutti. E' difficile parlare di attrezzature adatte
quando ci si trova di fronte la possibilità di pescare
una quantità incredibile di pesci diversi ed in taglie
decisamente inusuali per noi, sia a fondo che a traina leggera,
a spinning e a mosca. Si catturano normalmente pesci del peso
medio di 2/5 chili ma spesso si agganciano esemplari piu' grandi,
quindi lascio ad ognuno decidere la "classe" del proprio equipaggiamento,
tenendo presente innanzi tutto che si ha a che fare con pesci
di mare particolarmente "tosti" e che si pesca in ambienti ricchi
di coralli, rocce, rami sommersi. Oltre ai pericoli dovuti all'ambiente
occorre tenere presente che e' sempre indispensabile il finale
in acciaio, sia in un pezzo unico che la classica treccina oppure
un robusto shock-leader (almeno 0.80) perchè tutti i pesci
sono provvisti di denti affilatissimi (cobia, queenfish, barracuda),
di branchie taglienti come rasoi (barramundi), di labbra e scaglie
abrasive come il salmone. Il sistema migliore per unire la lenza
con il finale e di usare il nodo Albright. Il consiglio e' quello
di sganciare sempre i pesci aiutandosi con una pinza. Le altre
raccomandazioni sono di affilare accuratamente, prima e durante
la pesca, gli ami o le ancorette degli artificiali usando uno
degli infiniti gadgets venduti per questo scopo e di sciacquare
con cura tutte le sere l'attrezzatura in acqua dolce per averla
sempre efficiente. Non esiste una tecnica piu' produttiva di un'altra
e perciò occorre un'attrezzatura vasta e ben fornita, particolarmente
quando ci si spinge nelle aree piu' sperdute dove i pesci abbondano.
Non c'è peggior cosa che affrontare un lungo e disagevole
viaggio per scoprire che abbiamo lasciato a casa cose essenziali
oppure le abbiamo portate ma sono ruggini ed usurate. Al di fuori
di Cairns si trova un minimo di attrezzatura solo in pochi luoghi,
ma siamo lontani dalla scelta e dalla qualità che vorremmo
trovare. Insomma e' da cretini trovarsi con attrezzature misere
ad affrontare quello che potrebbe essere "la pescata della propria
vita". A tal proposito ricordate che le vostre attrezzature saranno
sempre derise dagli esperti locali in ogni parte del mondo. Quando
ci si ferma a Cairns e' d'obbligo la sosta al negozio di Jack
Erskine, il piu' grande emporio di pesca d'Australia e famoso
in tutto il Pacifico. Si vedono attrezzature strane che ai nostri
occhi appaiono sovradimensionate e si passa un paio d'ore curiosando
tra gli scaffali come bambini davanti le vetrine di giocattoli.
Li' fanno capo gli skipper piu' famosi per il Big Game al black
Marlin e soprattutto gli "Jack's All Stars", un gruppo di guide
specializzate in qualsiasi pesca light tackle, spinning, mosca:
dieci di queste detengono oltre il 50 per cento dei records australiani
oltre a parecchi records mondiali I.G.F.A.
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