1.Le
Radici
1.05 Val d'Ossola
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Ott.93 |
Ormai con la stagione chiusa c'è
il tempo per riordinare idee ed attrezzature: si rattoppano gli
waders, si ingrassano i mulinelli. Si vuotano anche le tasche
del gilet da pesca: ... un cartoccino unto ed informe (forse era
stata una tavoletta di cioccolato), dei finali rinsecchiti e aggrovigliati,
la licenza vecchia, la chiave dell'auto di Andrea (non si trovava
più e avevamo dovuto chiamare l'ACI), un formulario per
il visto russo tradotto in inglese da qualcuno che non aveva neppure
superato le elementari.
E'
anche un momento di bilanci e di ricordi. La stagione passata,
i pesci presi, quelli persi. Non penso di essere molto diverso
dagli altri pescatori quando dico che ricordo molto meglio i pesci
che ho perso piuttosto che non quelli presi. Quei momenti di amaro
disappunto sono stampati in ogni particolare nel cervello. Un
pesce perso possiede una taglia che l'immaginazione fa crescere
e diventare più grande di ogni pesce che avresti potuto
catturare. La soddisfazione in una cattura però non è
mai dovuta solo al peso. E' una miscela delicata di luogo, tempo
e modo. Il pescatore assapora particolarmente la gioia di un pesce
che è fuori dell'ordinario per quel fiume o per quell'attrezzatura
o per quel periodo dell'anno.Credo
che questa sensazione sia presente in tutti noi e sia un elemento
tra i più importanti e positivi della nostra passione.
Parecchi pescatori tendono a mitizzare la taglia, come se l'importanza
di una cattura debba risiedere solo nei centimetri o nei grammi,
piuttosto che nella bellezza del pesce, nell'emozione delle bollata
e nelle sensazioni che ci ha procurato.Una
volta ero abituato a tenere ogni pesce di misura, o quasi di misura,
che catturavo. Tutti facevano cosi'. Giudicavamo la nostra abilita'
e il nostro successo dal numero di pesci che portavamo a casa.
Anche i ricordi dei primi successi sono indelebili. Portai a casa
orgoglioso la mia prima trota, lunga meno di una spanna, presa
in un ruscello che raggiungevo in bicicletta. Ho visto parecchi
altri uomini, su torrenti che non frequentavano da quando portavano
i calzoni corti, dire: "Qui è dove ho preso la mia prima
trota".Paragonati
ai pescatori gli elefanti sono degli smemorati. Ricordo perfettamente
il giorno in cui cominciai a lanciare una coda e la fortuna mi
sorrise. Anche perchè quasi coincise con quella che fu
la mia prima storia a luci semirosse.
Erano, come si dice, i bei tempi! Con un
amico fortunato, con patente e auto di papa', ci eravamo avventurati
sul Melezzo a S.Maria Maggiore. Lanciando una mosca indefinibile
attaccata ad una coda e con una canna derivata da una telescopica,
presi una trota di quattro etti. Questo non era il record del
fiume ma per me era un grosso pesce. Il primo pesce a mosca e'
un pesce storico, giustamente; anche se, per molti versi, il secondo
e' più importante: il primo pesce rompe il ghiaccio, ma
il secondo toglie i dubbi che il primo sia stato solo questione
di fortuna. In altre parole, la seconda trota e' stata veramente
"pescata". Il mio primo pesce a mosca, il secondo e parecchi dei
successivi provenivano dalla Val d'Ossola, che ha rappresentato
per molto tempo la mia palestra. Ricordo che, i primi anni, partivo
praticamente di notte, fermandomi all'edicola sul lungolago dove
sfilavo "La Gazzetta" dal pacco legato con lo spago. Verso le
sei, quando mi ero portato abbastanza avanti, tra le montagne,
sostavo per la colazione.
Mi fermavo in un piccolo ristorante-bar
aperto quasi tutta la notte che vantava, da diversi chilometri,
i suoi orari e la sua cucina. C'erano sempre diversi camion nell'area
di parcheggio. Dentro l'ambiente sapeva di fumo di sigaretta e
di fritti pesanti. Era un vasto stanzone, male illuminato, con
pochi tavoli e un bancone basso e lungo dove una giovane cameriera
grassa stava appoggiata, fumando. Mi sedevo ad un tavolo. La cameriera
appoggiava la sigaretta in un posacenere e si avvicinava. "Un
panino col salame", dicevo guardando il giornale. "con un bicchiere
di vino, poi un caffè". Poi, mentre il cielo iniziava a
rischiararsi, ripartivo addentrandomi in qualche vallata. "Frustavo"
come un forsennato per ore e ore e quando, alla sera, veniva il
momento buono io ero ormai rimbambito. Pescavo a Bognanco, dove
occasionalmente vado ancora, in un torrentello segreto che conosciamo
solo io, Sergio e forse altri duemila pescatori. Pescavo nel torrente
Anza, sotto Macugnaga e il Monte Rosa.
Pescavo spesso in Val Vigezzo, dove il fiume è un decente
fiume da trote, non il meglio in assoluto della zona, ma nemmeno
troppi scalini lontano dalla cima. Ci andavo perchè ogni
tanto si prendeva qualche temolotto.Qualche
volta provavo in Val Antrona, proprio sotto il paese omonimo,
ma il più delle volte finivo sul ramo principale del Toce,
più o meno nei dintorni di Crodo. II Toce e' un piacevole
piccolo torrente che scende dalla Val Formazza fino a Domodossola
dove diventa fiume, poi piega leggermente verso Est per perdersi
nel Lago Maggiore. Nel tratto a monte della città è
ricco di trote ed invita il pescatore a fermarsi parecchio ad
ogni pozza: quelle a corrente più lenta contengono spesso
un pesce che vale la pena.
La maggior parte delle trote, durante i caldi giorni d'estate,
sta nelle correnti all'inizio delle buche oppure nell'acqua bassa
alla fine di queste. Quando fa freddo invece si rintanano in acque
più profonde e, se proprio vogliamo "prendere", è
meglio tirar fuori i vermi dal nascondiglio segreto. La maggior
parte delle trote mangia insetti veri e disdegna quelli artificiali
e per il pescatore a mosca puro al 99% (non esistono i puri al
100%) questo è un grosso inconveniente.Però
le trote dell'Ossola abboccano anche alle imitazioni e, ma solo
nel tratto montano, non sono molto selettive. Questo non vuol
dire che siano proprio idiote ma una mosca normale del 16 o del
18 funziona sempre. Basta non farsi scorgere, non far rumore e
posarla con precisione. Mi piace usare una canna corta del 4 e
generalmente pesco con una WF per essere facilitato nei lanci
corti. Uso quasi sempre Bivisible, Palmer ecc., mosche che "tengono"
bene la corrente.
La Adams, la secca favorita in America,
anche qui si rivela un eccellente artificiale da torrente. Le
Devaux sono micidiali ma un pochino delicate per queste acque.
Ci sono fario e qualche marmorata, le più grosse che prendi
sono lunghe trenta centimetri ma belle, lucenti, grasse e sane.
Il genere di pesce che sapientemente fotografato senza canne o
mani o pacchetti di sigarette accanto per mostrarne le proporzioni,
può facilmente passare per una trota da un chilo. Il corso
del torrente scendendo a Domodossola si allarga e diventa ingombro
di massi e ciottoli tra i quali scorre meno acqua di quella che
il letto potrebbe ospitare: dipende principalmente da tutti i
prelievi effettuati a monte. Il panorama circostante e' alquanto
rovinato dalle fabbriche che affollano il fiume, ingombrando lo
scenario e sporcando l'acqua (che Dio li incenerisca tutti). Ci
sembra di aver aumentato il rispetto e l'attenzione per il mondo
in cui viviamo, ma quando deve essere fatta una scelta tra soldi,
industrie e posti di lavoro contro l'ambiente quest'ultimo generalmente
viene sconfitto. Continuiamo a costruire dighe, tagliare boschi,
inquinare indiscriminatamente e spingere le strade sempre più
in alto, con scarso interesse sugli effetti che si avranno sui
fiumi e sui pesci. Sotto Villadossola il Toce comincia ad essere,
in tutti i sensi, un grande fiume anche se, qua e là, è
rovinato da buche provocate dalle escavatrici. Una volta finii
dentro ad una e, avendo viaggiato galleggiando per oltre cento
metri, feci il record di tutti i tempi di navigazione senza imbarcazione.
Si racconta che in queste profonde lame settant'anni fa venivano
presi diversi esemplari sui dieci chili ma a quei tempi forse
le trote crescevano di più oppure non erano cosĪ timide
come oggi. Qui sotto cominciano ad essere presenti numerosi temoli.
Il
temolo e' conosciuto dagli ittiologi come Thimallus Thimallus
poichè, dicono loro, profuma di timo. Può darsi:
anche i pescatori di temoli, infatti, profumano molto meglio del
pescatore ordinario. Questa e' una pesca delicata che richiede
fili sottili, lunghi finali, imitazioni accurate, presentazioni
perfette e, naturalmente, pesci interessati. Questi luoghi li
frequentavo in compagnia di F., che diceva di sapere tutto sui
pesci e, a quei tempi, trascorreva tutto il tempo a pesca a parte
quando costruiva mosche o sostituiva i passanti delle canne. Mi
piaceva stare con lui anche se aveva torto sui lucci, oltre che
su tutto il resto. L'ultima volta che andammo a pescare era in
piena crisi matrimoniale: Giulia, da fidanzata, gli aveva detto
di sapere quanto amasse andare a pescare, promettendo che non
avrebbe mai interferito. Dopo le nozze comincio' a lamentarsi
che stava troppo tempo sui fiumi come un cretino, disse anche
che avrebbe dovuto passare il tempo libero dedicandosi ai lavori
di casa. Lei era poi scappata da sua madre e noi a pescare in
Austria. Fu allora che chiese che consiglio potevamo dargli: "In
questo caso la traiettoria non e' importante, potremmo raccomandarti
la 375 Belted Rimless Magnum Nitro-Express oppure la 9,3 x 64
Brenneke, funzionano con gli elefanti e non dovrebbero fallire"....
Ora e' ritornato in famiglia ed ha venduto tutta l'attrezzatura
da pesca, comprese le Hardy che ho ritirato per un prezzaccio.
Caricavamo in auto le canne che avremmo usato più altre
setto o otto perchè non si sa mai; poi ci piazzavamo strategicamente
in attesa della schiusa: si passava un sacco di tempo guardandoci
attorno con gli spinner già attaccati allo 0.12, canna
sotto il braccio, mani in tasca, aspettando.
In quei momenti facevamo parte della categoria
di pescatori che si credono poeti o filosofi: meno pesci si prendeva
tanto più superiori ci sentivamo. Restavamo il più
delle volte fino a notte, aspettando la schiusa cosmica dell'imbrunire.
Quasi sempre si risolveva in un brevissimo crepuscolo di luce
scarsa che separava il momento fino al quale i pesci non mangiavano
perche' vedevano il finale dal momento in cui i pesci non mangiavano
perche' non vedevano più la mosca. Il fiume scendendo ancora
aumenta il suo aspetto maestoso e anche con waders da cinquecentomila
lire non riesci più ad attraversarlo. Sia che peschi in
acqua o dalla riva, devi tenerti lontano da ogni corrente che
potrebbe contenere pesci: non si devono spaventare e nemmeno permettere
che con la loro fuga ne spaventino altri più lontani. I
pescatori sentono sempre un irresistibile bisogno di pescare sulla
sponda opposta. Per chissa' quale ragione pensiamo sempre che
i pesci stiano dall'altra parte del fiume. Se prendi un chilometro
di fiume e tiri una riga in mezzo, il 50 per cento delle trote
stara' da una parte e il 50 per cento dall'altra. Perchè
quindi spaventare la meta' dei pesci per tentare gli altri? Il
lancio lungo e' un altro mito per la maggior parte dei pescatori.
Secondo me va dimenticato. Dobbiamo provare con una certa lunghezza
di coda, quella che possiamo perfettamente controllare, su tutti
i pesci raggiungibili e avremo buone possibilita' di catturarli.
Cosa si intende per una buona distanza di lancio? Leggo su molte
riviste racconti di lanci di 25/30 metri, di "tuttacoda" ecc.
Non ho dubbi che chi scrive sia capace di raggiungere certe distanze,
ma ho il dubbio che serva. Con una WF6 e una canna adeguata riesco
a lanciare 20 metri senza falsi lanci. Con la doppia trazione
si può lanciare di più ma questo richiede due/quattro
falsi lanci che stancano il braccio, spaventano i pesci e rubano
tempo alla pesca vera e propria. Se la mia mosca sta in acqua
il doppio del tempo della tua io ho il doppio di probabilità
di catturare.
I
miei lanci non sono mai più lunghi di 10-12 metri oltre
al finale (eccetto in mare e usando lo streamer), ma generalmente
non pesco con più di 6-7 metri di coda fuori. Questa zona
di fondovalle è la più ricca di microfauna acquatica.
Gli esemplari presenti sono di poche specie ma si assiste talvolta
a grosse schiuse con migliaia di insetti che si librano nell'aria.
Gli spinners si accoppiano e depongono le uova un pochino più
a monte di dove si sono schiusi, assicurando cosi che le nuove
uova, portate in giù dalla corrente, si depositeranno sul
fondo più o meno allo stesso posto da cui erano partiti.
Se non ci fosse questo continuo saltino verso monte e invece accoppiamento
e deposizione venissero fatti dove schiudono, ogni anno il punto
si sposterebbe via via più in giù, fino al mare,
e la specie si estinguerebbe.
Il ponte di Migiandone, a pochi chilometri
dalla foce, è uno tra i luoghi più frequentati e
anche più generosi. Dicono che sia un buon posto ma, se
devi credere a tutti, dovrebbero esser stati tirati fuori più
pesci dal fiume di quelli che c'erano dentro. Una sera di settembre,
non molto tempo fa, ci presi sedici temoli, ma fu una cosa eccezionale.
Fiume deserto, aria di temporale, bassa pressione, caldo da far
sudare un congolese. Bollavano come pazzi furiosi su un insetto
giallino pallido, taglia 20 o 22. Non voglio impressionare nessuno
con il mio latino. Per me rimane un mistero che ogni anno, una
settimana prima dell'apertura, lancino svariati quintali di trote
d'allevamento, mollicce e piene di funghi, in queste che sono
le tre quattro migliori lame da temoli di tutto il fiume. Da Ornavasso
in giù il fiume, oltre a trote e un gran numero di temoli,
ospita ogni genere di pesce e vi risalgono anche enormi trote
di lago e coregoni. Questi ultimi mangiano plancton e poichè
su nessun libro di mosca ho visto imitazioni di plancton, la nostra
disciplina li ignora. Ci sono anche lucci, persici e cavedani
e altre specie come tinche, anguille e carpe (tre creature che,
come pescatore a mosca, trovo difficoltà a prendere seriamente
in considerazione). E' anche il luogo dai diversi regolamenti,
permessi, ordinanze. Sul perchè qui esistano diverse misure
minime e quote per la stessa specie io non ne so nulla. Nessun
dubbio però che c'è, da qualche parte, una persona
seduta dietro ad una scrivania, che lo sa.
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