1.Le
Radici
1.08
Riali della Cannobina
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ago.95 |
Mio padre non era pescatore, lo era però
uno zio paterno e tutti quelli materni. Questo probabilmente prova
che ho avuto una predisposizione di tipo genetico verso la pesca.
Ma non sono uno che è cresciuto con una canna da mosca
in mano. Sono invece cresciuto con una canna fissa e un bel barattolo
di vermi. Mi sono divertito un sacco per molti anni, fino a che
un giorno non mi trovai di fronte una canna da mosca. Parlo naturalmente
di oltre trenta anni fa: allora, in una buona giornata, un pescatore
poteva prendere quaranta fario. E più della metà
erano lunghe oltre venticinque centimetri. Bastava lasciare la
strada, risalire un torrente qualsiasi e camminare, prima di iniziare
a pescare, per un paio d'ore. All'inizio tenevo le trote (chi
non lo fa è troppo santo per essere normale) ma pian piano
cominciai a vedere i vantaggi di rilasciarle. La logica è
infallibile: se la uccidi, non c'è più, se la lasci,
è ancora là. Puoi anche pensarla in termini di riciclaggio
delle risorse, non-stupro dell'ambiente, e tutte le altre belle
frasi ecologiche. Man mano che progredivo con la mosca, ero portato
sempre più a mollare i pesci. Non si tratta di esser puri
o meno, e' solo una constatazione, anche perchè un cucchiaio
ad amo singolo non danneggia la bocca di una trota più
di un grosso stramer... naturalmente se il pesce viene rilasciato.
Tutto quello che voglio, quando capito su un pesce discreto, è
di tenerlo un attimo in mano e poi lasciarlo andare. Solo questo:
guardare i colori, ammirarne la taglia, osservare il guizzo quando
si rende conto della ritrovata libertà. Il fiume che voglio
descrivere si trova ad un'ora e mezza da Milano, vicino al confine
con la Svizzera. Nel tratto inferiore, da Cannobio fino a Traffiume,
è generalmente molto basso. Non così basso da essere
impescabile, ma basso quanto basta da rendere tutti i pesci permalosi
e difficili. Questo è un luogo classico da moschisti: corrente
abbastanza uniforme, pesca in "wading", ovunque spazio per lanciare.
La pesca a mosca è una meravigliosa terapia. L'armonia
dei lanci ripetuti, la concentrazione sul bersaglio, il ponderare
tutte le possibilità: queste cose liberano la mente e fanno
scomparire altri pensieri, talvolta scuri.
Il
piacere inizia quando lancio a quindici metri una secca, a cinque
centimetri da un ramo. Il piacere aumenta quando mi siedo, fumo
una sigaretta e guardo lo scorrere dell'acqua aspettando la schiusa.
Il fiume rimane della grandezza ideale fino all'Orrido di S.Anna:
profondo e largo abbastanza da non poterlo attraversare ovunque,
ma lo stesso così piccolo da poter trovare un posto dove
andare dall'altra sponda se è necessario. Un grosso torrente
o un piccolo fiume senza alcun punto veramente irraggiungibile,
e un'onesta quantità di trote decenti, ma devi sudartele.
Nei dintorni puoi trovare, tanto per dire, anche qualche sgangherata
osteria ... se le trote non dovessero collaborare.Ho
vagabondato in giro per questa zona per circa trent'anni e negli
ultimi venti principalmente con una canna da mosca.
Qualche
volta con altre di altro genere, un paio di volte con un fucile
e ogni tanto solo con un bastone e un binocolo. La pesca era,
diciamo qualche tempo fa, più facile. Allora qualcuno mi
aveva detto "prova la sedge" e cosi' avevo fatto anche perchè
non si vedevano vere e proprie schiuse o bollate continue. Agganciavo
trote in quasi tutti i posti che sembravano giusti. Erano tutte
fario, sane, muscolose, dai colori brillanti e di varie taglie.
Anche ora ci sono trote, ma tra giugno e agosto è pieno
di campeggiatori tedeschi ed olandesi che ci fanno il bagno. Una
volta stavo camminando verso valle con un amico, dopo aver pescato
nella parte alta di un riale. Arrivati ad un punto dove occorreva
attraversare il fiume vedemmo due ragazzine nuotare nude in una
pozza. Loro ci videro, sorrisero e si immersero, per quanto il
fiume lo permettesse. Io e G. restammo lì a guardare imbambolati,
credo con le bocche spalancate fino a terra, Guardammo un po'
fino a che G. disse: "Chissà se son già mature per
la frega?".... attraversammo un po' più a valle e continuammo
sul nostro sentiero. Ci devi pescare a maggio o settembre quando,
a metà mattinata, un venticello soffia dal lago Maggiore
su per la valle. Allora peschi a salire con la brezza alle spalle,
il sole sulla nuca, le alte montagne scure ai due lati della verde
vallata e la mosca che cade bene e abbastanza lontano. Qui, quando
posso, pesco a secca e a vista sul pesce. Conosco molti altri
che "preferiscono" la secca e che pescano "sotto" solo se devono
farlo. Sono gli stessi che dicono: "...e le abbiamo prese a secca!",
come se fosse il massimo che uno può aspettarsi. Probabilmente
una trota di ventiquattro centimetri catturata in superficie è
più lunga di dieci centimetri di una da ventiquattro catturata
a sommersa. E' un fatto di cui sono convinti parecchi pescatori
a mosca, o almeno lo sentono nel loro profondo. Il puro veramente
puro pesca invece solo a secca, senza eccezioni. Se un pesce non
può esser preso a secca, non deve essere catturato.
Conosco
parecchi che hanno principi del genere, ma nessuno di loro rimane
fedele a questo quando scorgere attività sotto la superficie
diventa un supplizio di Tantalo. Può darsi comunque che
questo tipo di pescatore inflessibile esista veramente. Tra le
pagine delle riviste di pesca o da qualche parte in Inghilterra,
forse. La vallata principale, dal lago alle sorgenti, è
lunga in linea d'aria una decina di chilometri, il doppio circa
seguendo il fiume. Salendo, sulla sinistra incontri la Val di
Cavaglio. E' una valle laterale ricchissima di trote, ma difficile
e pericolosa. Non è adatta a quelli il cui unico esercizio
fisico consiste nei quattro passi fino al bar. Anzi, la prima
volta che percorsi il tratto basso, con corde e passaggi da sesto
grado, ebbi strani incubi per un paio di settimane. Poi, passata
la paura, i miei letarghi ripresero il loro corso. Nei miei sogni
notturni, generalmente, ho sempre tra i venti e i venticinque
anni e sono irresistibile per le bionde e, in una recente occasione,
per una bellissima mulatta. La valle arriva fino al monte Gridone
e lungo i suoi sentieri incontravi talvolta gli "spalloni" con
le "bricolle" di sigarette, soprattutto quando percorrevi il sentiero
di notte. I tratti migliori e i passaggi difficili me li fece
conoscere Guido: Lui è uno di quei pescatori antelucani:
crede che essere sull'acqua prima dell'alba permetta di sorprendere
i pesci prima che siano del tutto svegli. E' un credo comune che
la pesca migliore sia al mattino presto, o alla sera quando abbondano
le schiuse degli insetti.
Non
discuto che sia eccitante in questi casi ma credo che altri momenti
del giorno, con condizioni ottime di luce, diano eguali emozioni,
forse non per il numero di pesci ma per il tipo di pesca. In ogni
fiume o corrente ci sono sempre trote in caccia o in attesa del
cibo da trovare. Il segreto, naturalmente, è dove cercarle.
L'ultima volta pescai a salire per un paio di chilometri e a quindici
persi il conto dei pesci catturati e rilasciati. Proprio nel momento
in cui competizione e amor proprio sono soddisfatti si comincia
a pescare gustando l'ambiente e il silenzio rumoroso dell'acqua,
cercando il pesce difficile o particolarmente bello. Guido da
queste parti è famoso per la sua conoscenza del fiume:
chi desidera informazioni di prima mano lo cerca sempre. E' anche
famoso perchè non dice molto di quello che sa. In paese
lasciamo sempre la macchina in un giardino, custodito da un cane,
di cui conosciamo il proprietario. Lucifero è un grosso,
nero, impressionante Schnauzer gigante. Fu acquistato qualche
anno fa come cane da guardia e scelto in una nidiata. Era l'unico
cucciolo che digrignava i denti anche alla mamma. La prima volta
che arrivai alla casa ci vollero quindici minuti prima che ci
lasciasse uscire dall'auto e ci fu un momento che sembrava non
volesse lasciarci rientrare. La settimana dopo tornai con due
confezioni di biscotti al latte, un osso da un chilo, una scatola
di carne e Ginetto, figlio del proprietario della cascina. Ora
Lucifero ed io siamo amici; quando sente la mia auto fa addirittura
le feste, provando una volta ancora che ognuno ha un suo prezzo.
Salendo incontri altri riali laterali, alcuni con il nome dei
paesi: Calachina di Socraggio, Crealla, Falmenta. Ci sono trote
in tutti, ma sono torrentini piccoli, da canne di sei piedi e
coda 3. Il corso principale, dall'altezza del paese di Lunecco,
passando per Spoccia e fino alle gallerie di Finero, per intenderci,
mal si presta alla pesca a mosca. Sono gole e forre incassate,
buie e devi pescare quasi sempre dall'alto: peccato, questo tratto
ha una quantità incredibile di grosse trote. In una lunga
buca, in periodo di pesca chiusa per la riproduzione, ne contai
almeno mezza dozzina attorno al chilo con una che senz'altro era
più vicina ai tre che ai due chili. I locali usano talvolta
reti e spaderne, che qui chiamano lignole. Dinamite e corrente
elettrica non hanno mai incontrato molto successo: venivano considerate
poco sportive. A Gurro puoi pescare nel riale omonimo, che incontri
prima di arrivare al paese, o nel più grande Rio Calagno,
salendo in auto dal paese fino a Piazza e poi scendendo lungo
un comodo sentiero. Le baite in pietra hanno le travi del soffitto
nere e fumose, le galline razzolano nei cortili e in genere un
mucchio di letame fuma sotto le finestre della camera da letto.
Il paese, si dice, fu fondato da mercenari scozzesi qualche centinaio
di anni fa. Abbandonarono i loro capitani di ventura, rapirono
donne e capre nei dintorni e "misero su casa". Ora il paese conta
circa cinquanta famiglie, metà delle quali si chiamano
Bergamaschi e il resto Piffero e Cerioli, tutti montanari, 400
anime in tutto, che consumano mediamente 5.000 litri di grappa
in un inverno temperato.
lo
scorso maggio capitai nel Rio Calagno con un amico ed un conoscente
di questo che non avevo mai incontrato. La giornata fu delle più
normali: inciampai due volte sul sentiero sbucciandomi un gomito
e, una volta nel fiume, scivolai facendo il bagno. Persi una decina
di artificiali su cespugli in lanci maldestri; mi cadde una scatola
di mosche nell'acqua e dovetti inseguirla per una ventina di metri
nella corrente. I miei lanci in due splendidi raschi furono così
goffi che feci scappare le quattro trote che bollavano e quando,
finalmente agganciai un pesce decente, ne combinai di tutti i
colori perdendolo, rompendo il finale e aggrovigliando talmente
la coda tra i rami che impiegai un quarto d'ora a sganciarla.
Può anche darsi che apparissi più imbranato di quello
che sono normalmente; comunque, non fui troppo sorpreso di sentire
l'accompagnatore del mio amico sussurrargli: "Ma scusa, mi hai
detto che questo rimbambito scrive di pesca?" La Valle di Orasso,
a destra salendo (sinistra orografica), è una vallata facile
da risalire, larga, aperta, ricca di querce, castani, betulle.
Le trote sono numerose, non molto grandi ma sempre fameliche.Il
posto dove una Bivisible o una Adams funziona sempre. Talvolta
le trote mangiano una mosca che non assomiglia a niente di visto
in natura ma ci sono cinque milioni di specie diverse di insetti
e non puoi pretendere che una trota, che ha un cervello delle
dimensioni di una pisello, se le ricordi tutte.
Le
trote che vivono in quel ruscello hanno un atteggiamento aggressivo,
opportunistico che le fa schizzare verso qualsiasi bestiolina
che galleggia. Sempre curiose ed affamate, non ispezionano nemmeno
la mosca. Ho passato delle gloriose giornate di pesca a secca
nelle quali non ho visto nessun'altra bollata che non fosse sulla
mia mosca. Dopo l'abitato di Finero, puoi salire fino al Pian
di Sale (967 s.l.m.) e scendere in Val Vigezzo, dove trovi, sul
Melezzo Occidentale, ancora belle trote e qualche temolo. Ogni
volta che vado a sfidare questi ultimi prendo due/quattro pesci
e imparo qualcosa in più. Questo non è per dire
che sono un buon pescatore di temoli. L'abilità nella pesca
è una cosa nebulosa, basata largamente su sensazioni e
intuizioni, forse aiutate da un po' di conoscenza, ma catturare
un pesce qua e là non significa che sei un maestro. Diciamo
che prendo un po' di più di un turista e le catture non
accadono più completamente per caso. Se ti sembra che comincio
a dar troppi consigli, per favore passaci sopra. In un punto o
due forse pontifico un po', ma questo è per l'insistenza
della redazione che vuole che passi per un esperto. Talvolta c'è
qualche licenza nei miei articoli. Giuro, non molte. Solo qualche
centimetro o qualche etto in più su un pesce qua, o un
metro in più su un lancio là. Per il resto, a parte
come detto in qualche caso, queste storie sono vere. Se invece
preferisci proseguire lungo il corso del Cannobino lasci l'auto
in paese, prendi la mulattiera che scende e cammini verso le sorgenti.
Qui il fiume scorre in piano e puoi proseguire solo con il sentiero.
Le trote abbondano e sono, per la maggior parte, dove dovrebbero
essere e abboccano alle mosche che dovrebbero funzionare. La valle
piega verso Sud incuneandosi tra la Cima della Laurasca, il Marsice
ed il monte Torrione. Fai un tratto di un paio di chilometri tra
faggi, pini e abeti. Se hai buone gambe puoi arrivare in Val Pogallo
attraverso la Bocchetta di Terza (1.836 s.l.m.) Le trote non vivono
in luoghi che non abbiano acqua pulita, trasparente, e un'acqua
cosi' la trovi solo tra montagne e alberi. Il modo più
intelligente per godere questi paesaggi è stare in piedi
in mezzo a un fiume e tenere in mano una canna da pesca. In una
calda giornata puoi guardare al di là della verde e dolce
vallata, oltre la fila di alberi che segna il corso del torrente
e vedere una cascata che precipita giù per la faccia grigia
della montagna: non c'e' niente di meglio per toglierti di mente
le preoccupazioni. Tutti i pescatori iniziano piuttosto timidamente
a pescare in montagna. Questo non è strano: alla prima
esperienza di addentrarsi in un selvaggio torrente si può
essere intimiditi. Ci sono correnti veloci, fredde talvolta profonde;
le rocce sono scivolose, i ciottoli instabili sotto i piedi. Senti
il pauroso ruggito della schiuma, la pressione della corrente
sulle gambe e ti chiedi cosa potresti fare se ti scivolasse lo
stivale. E' solo una questione psicologica: nello stesso fiume
entreresti tranquillamente se fosse una calda giornata estiva
e la differenza è che magari sono le cinque di mattina,
indossi stivali e giaccone e l'idea di bagnarti non è stata
prevista. Questi pensieri bastano per farti chiedere cosa stai
facendo in quel luogo e se ne vale la pena. Alcuni risolvono la
questione rinunciando e forse questo è un altro pezzo del
processo di selezione naturale che assottiglia le schiere dei
pescatori di valle. Poi ti rilassi.... E' vero che puoi cadere
e riemergere spruzzando, bagnato, miserabile, sentendoti come
se il fiume ti avesse lavato via ogni dignità, ma può
confortarti il sapere che ogni pescatore ha passato la medesima
esperienza, una volta o l'altra. Cadere nell'acqua è solamente
una parte del rito, un informale battesimo per essere ammesso
all'ordine dei pescatori di valle. Un punto dolente è che,
se descrivi questi torrenti su una rivista, purtroppo contribuisci
al loro declino. Se tu sei quello che ne ha parlato, ci sarà
chi vorrà offrirti un bicchiere e altri ai quali piacerebbe
darti la roncola in testa e lasciar mangiare la tua carcassa dai
topi. Quando arrivano troppi pescatori, e nessuno sa in anticipo
quando diventano troppi, il torrente che hai descritto diventa
via via più affollato e più povero. Potresti dire,
a ragione, che non è tutta colpa tua. In molti casi, per
esempio, occorre tener presente la voglia generale di cambiare,
le maggiori facilità di accesso, l'aumento dei pescatori,
la ricerca di posti nuovi. Potresti dire che sarebbe successo
indipendentemente dall'aver scritto o meno quell'articolo. Ma
ci sarà comunque chi vorrà stringerti la mano o
massacrarti. |