1.Le Radici
1.07 Disavventure di settembre
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lug.95

Ogni tanto capita un colpo di fortuna. Non intendo dire che vinci la lotteria di Capodanno o che trovi una top model che fa l'autostop, alle due di notte, in una strada deserta. Semplicemente diciamo che ti capita una "buona cosa" che non ti aspettavi. Qualche tempo fa ho rivisto l'Angiolino a spasso col cane. Lo incontro ogni tanto (l'Angiolino, non il cane). In segno della nostra vecchia amicizia si va al bar e per qualche ora ci mettiamo a discutere di tutto, ma principalmente di pesca, con opinioni talvolta opposte, senza scaldarci troppo. Probabilmente la cosa ha a che fare con il rispetto reciproco e con qualche avventura vissuta insieme. E' contento di vedermi, naturalmente, anche se in confronto a quelli del cane, i suoi saluti mancano di entusiasmo. Lui ha violato le leggi sulla pesca così spesso e così bene che alla fine gli hanno dato un lavoro e una divisa e lo hanno chiamato guardiapesca. Certe volte mi piacerebbe poter fornire un resoconto delle sue azioni, diurne e notturne. Ma ci sono cose di lui che ancora non si possono scrivere. Sono passati anni dall'ultima volta che abbiamo pescato insieme, più di dieci. Disse allora che aveva individuato per l'apertura una buca con una trota di cinque chili. Andammo a provare col pesce morto, un vairone da dodici centimetri. Niente. Poi si misero due canne a
fondo, una con il vivo ed una con un grappolo di vermi, e ci sedemmo in attesa di sviluppi. Non ci furono sviluppi. Aspettammo diverse ore sulla riva fangosa mentre man mano mi gelavo, con niente da fare tranne disegnare con un bastone sul fango morbido o guardare i cimini che rimanevano immobili come gli alberi scheletrici che bordeggiavano il fiume. Poi ci dirigemmo a casa con il riscaldamento dell'auto al massimo. Sono certo che una volta a casa, acceso il camino, dato da mangiare al cane, messa a bollire l'acqua per la pasta, cominciò a trafficare in cantina alla ricerca di spaderne o tramagli.

Ma, nonostante le sue assicurazioni che fosse riuscito a catturarla la settimana successiva, sono ancora scettico sull'esistenza di quella trota gigante. Questa volta invece mi parlò di un tratto che sapevo chiuso da anni. " Ho visto che bollavano" mi raccontò. "Prova ad andarci". Era stato riaperto alla pesca, affermò, ma la notizia era scivolata via nel più completo disinteresse. Ora era settembre e il livello dell'acqua sembrava molto più basso che in aprile. Inoltre l'Enel, l'Anas o qualche altro accidente ci scavavano di continuo e il fiume era praticamente inesistente. "I locali" disse "pescano solo a boccone e non è acqua per loro. Sanno che il posto contiene qualche bella fario, ma queste sono molto lunatiche, furbe e difficili da prendere. Chi invece viene da fuori, all'inizio non vede acqua e non risale.Da queste parti si può scegliere tra un sacco di posti: ci sono cento chilometri di corsi d'acqua nel raggio di mezz'ora da dove abito, e non puoi uscire di casa e guidare per qualche chilometro in qualsiasi direzione senza finire su un buon torrente da trote. Era uno di quei caldi, soffici, luminosi pomeriggi d'estate; il genere di tempo che obbliga i pescatori a insistere fin che c'è luce. Dalla strada risalii il sentiero, saltando il tratto in secca. Mi sentivo come Magellano o qualcun'altro che stava scoprendo un nuovo continente. Sotto la montagna di sassi c'era una lunga sponda di ghiaia che si stringeva a valle nell'acqua leggermente più profonda; la corrente dall'altra parte era un po' troppo veloce per pescare a mosca, ma da questa parte una serie di piccole correnti scorrevano attorno e oltre lo scheletro di un vecchio albero che offriva un comodo riparo per il pesce. Nessun pesce stava bollando e io lentamente, amorevolmente, passai attraverso il rituale familiare della preparazione: tirar fuori dalla bustina un nuovo finale sottile per tenerlo tra le labbra, unire i pezzi della canna e fissare il mulinello, passar la coda negli anelli e legare il finale, tirar su gli stivali tutti rappezzati, attaccare una mosca spruzzandomi fino al gomito di silicone. Nessuna femmina che si prepara per il ballo delle debuttanti sarebbe più pignola. Poi mi raccolsi su di un tronco e cominciai l'attesa. C'erano nell'aria alcune effimere e la brezza era leggera, non il solito genere di vento che porta nuvole di spinner fin giù al lago. Ci sono alte macchie cespugliose lungo tutte due le rive: non riesci a vedere fuori ma nemmeno riescono a vederti. In mancanza di schiusa, pensavo, potrei continuare a star seduto sulla riva, guardare gli uccelli e meditare sulla Teoria della Relativitą fino a che qualcosa comincia ad accadere giù per il fiume. Potrei anche scendere all'osteria lungo la strada... o rientrare a casa per giocare con mia figlia. Oppure potrei montare uno streamer e cercar di prendere qualche trota. Ero tranquillo, "sapevo" di essere l'unico pescatore sul fiume. Era un mercoledì, probabilmente il miglior giorno della settimana per pescare. Anche quelli che hanno fatto il week-end lungo sono rientrati al lavoro, sperando che il capoufficio non gliela faccia pagare, e hanno lasciato almeno per un giorno riposare il fiume. Quelli della settimana corta non sarebbero arrivati fino a dopodomani. La felicitą - Hemingway aveva ragione - è avere un fiume da trote tutto per sè. Il Creatore, secondo la Genesi, pose nell'Eden quattro fiumi nonostante ci fossero solo due uomini. I teologi e gli studiosi hanno cercato diversi significati per questo. Nel mio cervello eretico il perche' e' ovvio. La completa felicita', Dio naturalmente lo sapeva, era per l'uomo avere a portata di mano un corso d'acqua. E due fiumi per ogni persona, secondo Geova, era la soluzione migliore per assicurare la felicita' agli uomini. Tornando ai tempi nostri, parlando generalmente, credo che le acque dovrebbero essere libere a tutti. A meno che, naturalmente, io non diventi così fortunato da avere accesso a qualche riserva privata; nel qual caso cercherei di sopprimere la mia anima populista. Uno non deve avere degli orizzonti troppo limitati, dopo tutto. Fumavo lentamente una sigaretta. Il mio punto di osservazione sopraelevato spaziava su una larga curva. Nel frattempo quattro belle trote avevano iniziato a bollare nella calma coda del raschio, appena sotto di me. E' difficile stabilire esattamente la taglia delle trote dalle bollate, ma senz'altro non erano piccole. Selezionai e legai una delle mie secche favorite e cominciai a scendere sulla riva verso le bollate più a valle. Riuscii a prendere la prima al primo lancio, dopo una corta passata.
Senza muovermi da quel punto allungai la coda e ne presi altre due, tutte belle fario sui ventisette centimetri, compiacendomi come un pavone. L'ultima era contro la sponda, in uno strano giro d'acqua sotto un cespuglio. Conclusi che dovevo arrivarci al primo tentativo o l'avrei spaventata: o tutto o niente. Così feci i miei falsi lanci, avanti e indietro, avanti e indietro, misurando e calcolando come fa un tagliatore di diamanti ispirato per sviscerare una gemma favolosa. Poi, appena mollai la coda nel lancio vero, la mosca tocco' un ramoscello quasi invisibile e cadde malamente, sbattendo e dragando immediatamente, un metro dietro il mio pesce. Prima ancora che potessi imprecare, farmi prendere dall'angoscia, o far qualcos'altro, quel pesce saltò letteralmente all'indietro, puntò come un siluro e ingoiò la mosca. Quel giorno gli dei erano con me. Era un pesce meravigliosamente colorato, con ventre e fianchi giallo oro e vivaci puntini rosso-arancio orlati di bianco.Poi uscii dall'acqua, accesi una sigaretta a mi rimisi ad aspettare per nuove conquiste quando, leggermente a monte, sentii un incredibile "splash". Girai il collo catturando la magica visione di anelli enormi che si allargavano nell'acqua. Avanzai quel tanto da individuare una grossa sagoma sul fondo. Velocemente, troppo velocemente, feci due falsi lanci, ma la sagoma scomparve. Il fatto che la coda avesse spaventato la trota mi insegnò due cose: la prima, che un movimento strano significa pericolo per il pesce e la seconda che dobbiamo sempre tener presente dove si trova il sole e la lunghezza della nostra ombra, controllare la nostra posizione e quella della coda. In un raschio c'era una certa attivitą. Individuai e lanciai su sei pesci diversi senza convincerne nessuno ad abboccare. Non ha molta importanza quante mosche di ogni forma e taglia ti sei portato: le "vecchie" fario insisteranno sempre su quelle che non hai. Passai attraverso tre taglie e quattro versioni di emerger, ispezionando ogni salita e successivo rifiuto, e infine arrivai a uno pupa del 20 sullo 0,10. Lo so che quando uso lo 0.10, probabilmente romperò su ogni pesce grosso, ma preferisco agganciarne qualcuno in più e magari perderlo che non averne nemmeno la possibilitą. I finali sono il "grande problema" nella pesca: sono di gran lunga l'arma più debole nell'arsenale del pescatore. Teoricamente un finale dovrebbe essere invisibile, e il solo modo di avvicinarsi a questo obiettivo è di usare fili sottili. Tutti i finali sono necessariamente un difficile compromesso tra il desiderio normale del pescatore di "tenere" un pesce decente se gli capita e la consapevolezza che non è nè sportivo nè produttivo usare la catena del cane. Con la ninfa infinitesimale al primo passaggio mossi leggermente la coda e l'esca ebbe un piccolo scarto. Ci fu un'immediata risposta da parte della trota. Non un violento guizzo ma una leggera accelerazione. Vidi il bianco dell'interno della bocca quando prese la ninfa. Aver visto una ninfa così piccola e un movimento quasi impercettibile la dice lunga sulla vista del pesce e sulla sua capacitą di individuare i movimenti. La trota era senz'altro discreta per un nostro fiume, ma niente da andare in giro a raccontare. Per pescare sul serio a ninfa ci vogliono occhi da falco e la concentrazione di un santo, ma quei pescatori che sono veramente capaci in questa tecnica sono micidiali. Il fattore essenziale, naturalmente, è di individuare il pesce senza essere scoperti. Il primo giorno che tentai seriamente di pescare a ninfa agganciai due trote: tutte e due le trovai lì quando alzai la canna per un altro lancio. In altre parole, le catturai per caso. Meglio, non completamente per caso: in fin dei conti stavo pescando, mica giocando a scopone. Su uno sconosciuto torrente da trote nessuno sa come sei vestito, come sei equipaggiato, o come lanci. Non devi dar lustro all'immagine del fiume o alla pesca.
Se non tieni pesci, nessuno sa quanto onestamente misuri una trota da trentacinque centimetri, o quanti segni di decadenza mostri la tua tecnica. Questo è il bello di pescare su un fiume anonimo. Peschi come ti pare, senza dover dimostrare che sai tutti i nomi latini degli scarafaggi, che sai come fare ottantasei nodi e quali strane mosche servono sui fiumi canadesi. A non più di una cinquantina di metri verso monte vidi un'altra bella bollata. Il cielo era grande, alto e gloriosamente infuocato. Ma tutta la poesia e perfino le zanzare furono dimenticate. Quella doveva essere, lo sentivo, la regina di quel tratto, quindi una che non si sarebbe arresa tanto facilmente....così mi ordinai di lasciarla riposare prima di lanciare. Contavo "uno, due, tre, quattro....." .Il lancio fu incredibilmente facile e la mosca, una piccola Sedge, rimase un attimo ferma nell'aria prima di iniziare a scendere e posarsi sull'acqua come un batuffolo. Il finale si adagiò mollemente con una leggera curva e, raddrizzandosi per la corrente, fece fare una piccola giravolta alla mosca che poi iniziò la sua corsa verso valle. Giù, giù, più vicina, ancora più vicina, "sciaff!" il pesce salì e la succhiò. Scattai il polso e c'era! Io, sai, divento un mostro di pescatore quando le trote decidono di suicidarsi. Sentii subito, da come tirava, che era un pesce grosso, o uno molto in forma, o tutte due le cose.La rimirai per un po' prima di lasciarla andare: una delle più graziose trote che avevo visto da parecchio tempo. Era praticamente notte e mi incamminai verso l'auto. Avevo catturato in quattro ore di pesca e in acque "libere" sette/otto trote più che decenti oltre a una decisamente bella. Ne avevo sbagliate o spaventate o rotte altre quattro o cinque e avevo inoltre agganciato una decina di "spanarole". Da casa telefonai all'Angiolino raccontandogli, con una ragionevole approssimazione per un pescatore, della giornata e delle catture. I pescatori nascono onesti, ma poi tralasciano il fatto .... c'è qualcosa nell'aria che ci fa raccontar balle. Per esempio, se hai preso tre trote dici che ne hai prese dieci, e se ne hai prese trenta dici che erano tre o quattro. Ascoltò, fece qualche osservazione e chiese un paio di curiosi chiarimenti. Poi si raccomandò di non spargere la voce perchè, osservò candidamente, si era sbagliato: il tratto in questione sarebbe stato riaperto alla pesca, probabilmente, solo l'anno dopo. Poichè è considerato scandaloso che chi scrive di pesca venga beccato in zone proibite, o senza licenza, o con trote sotto misura o comunque mentre viola un regolamento... gli comunicai alcuni fatti di cui sospettavo sua madre e poi gli augurai la buonanotte.

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