1.Le
Radici
1.15
Avventure in elicottero
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ago.99
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Nella prefazione del romanzo "Passaggio
a Nord Ovest", da cui ricavarono un famoso film interpretato da
Spencer Tracy, si diceva "Qui si parla di un'impresa fallita....."
Al pari del libro questa non è una storia coronata da successo
o interessante, nel senso che non vi sono prede eccellenti o catture
che giustifichino tante fatiche...ma, dicono, che per lo sportivo
vero non esiste l'insuccesso, solo diversi gradi di successo.
Un'uscita o un viaggio di pesca talvolta sono l'insieme di grandi
vittorie, tremende debacle o situazioni spiacevoli come ferrate
mancate, scivoloni ecc... ma sono fatti principalmente di attese,
camminate o anche solo di starsene seduti quietamente, in uno
stato della mente che confina con la meditazione. Questa generalmente
è la realtà, anche se perlopiù non è
fonte per eccitanti racconti. D'altra parte nei nostri torrenti
puoi catturare qualche bel pesce, ma certo non prendi una dozzina
di trote da ogni pozza. Qui una buona trota è, diciamo,
tra venticinque e trenta centimetri. Ogni tanto ne vedrai qualcuna
più grossa, ma non molte Potrei raccontare di decine di
catture o di grosse prede, ma non sarebbe la verità anche
se, tra i veri pescatori, esiste la convinzione, che la verità,
come l'acqua pura e le creature che ci vivono, sia una cosa preziosa.
Che non va sprecata nè abusata. Non voglio dar qui un'idea
sbagliata. Dei pescatori di fama che ho incontrato, molti sono
onesti; gente che cerca solo di sfruttare le proprie virtù
e qualità sui fiumi. Ma come tutti i pescatori, ricordano
più chiaramente le grandi giornate che quelle oscure. Ammiro
i romanzieri che sanno inventare storie e dar vita al millesimo
intrigo tra due uomini innamorati della stessa donna, o tra due
donne innamorate dello stesso uomo. Dal canto mio, invece, ciò
che sono capace di fare è di trascrivere, abbastanza onestamente,
le sensazioni, le immagini, i colori che mi hanno impressionato
e di relazionare i fatti come fotogrammi che si susseguono. Ci
trovavamo seduti nella trattoria più a buon mercato di
tutte le trattorie a buon mercato che immiseriscono ulteriormente
quella strada misera che è la Rue Villiers a Montreal.
La cena era terminata due o tre ore più tardi di quanto
sarebbe considerato civile, e ripetutamente intervallata con molto
"alzare il gomito".
Ero
in compagnia di "Champagne", soprannominato così in virtù
della sua terza grande passione. Le altre due sono le donne e
la pesca del salmone (non necessariamente in quest'ordine). L'unico
suo cruccio è di non riuscire a dedicarsi contemporaneamente
alle tre "occupazioni". Eravamo di ritorno da un fiume della Nuova
Scozia (dove le catture erano state scarse). L'ultima sera avevamo
invitato a cena la guida; era un immenso franco-canadese che,
d'inverno, faceva il boscaiolo; aveva delle manine..... roba da
strangolare un rinoceronte. Disgrazia volle che avesse portato
con sè la consorte, graziosa e, forse, troppo portata a
"fraternizzare" con gli sconosciuti e il cui sguardo che avrebbe
provocato un'erezione immediata anche all'ayatollah più
fanatico.
Il
risultato della serata fu che, nel caso di un successivo viaggio,avremmo
dovuto prendere in considerazione l'idea di un'altra guida, e
che l'occhio di "Champagne" riacquistò il proprio colore
originale solo al rientro in Italia. Dopo aver rimuginato sulle
proprie sventure, Champagne osservò che anche in Italia
esistevano luoghi vergini e incontaminati; come in Alaska o nel
Canada venivano utilizzati idrovolanti ed elicotteri altrettanto
poteva essere per il nostro Paese, se non si voleva rinunciare
ad alcuni luoghi altrettanto inaccessibili. Commentò inoltre
che, a volte, spendevamo un sacco di quattrini per qualche riserva
"esclusiva". Queste riserve erano perfette: uniche, private, composizione
dell'acqua controllata come fosse barolo d'annata, alghe nei posti
giusti, milioni di insetti. Nessuno avrebbe potuto fare di meglio.
Un lago, per esempio, era pieno di trote che andavano dal mezzo
chilo in su, tanto oltre che non avresti potuto prenderle nemmeno
con una buona attrezzatura e con condizioni favorevoli. Disse,
a ragione, che erano comunque tutte trote "false". Continuando
nelle sue considerazioni, aveva aggiunto che, se si osservava
una cartina, da noi c'erano un sacco di località praticamente
irraggiungibili, ma che nei dintorni operavano ben tre ditte diverse
a cui rivolgersi per trasporti in elicottero. Sembrarono osservazioni
gratuite ma, circa un mese dopo, a pochi giorni ormai dalla "chiusura"
della trota, Champagne mi chiamò sostenendo di aver scovato
chi ci avrebbe trasportati a buon prezzo, che avremmo diviso la
spesa, che avrei pescato io solo, eccetera eccetera: infine mi
convinse, o le sue argomentazioni mi aiutarono a convincermi da
solo. Sono sempre stato portato a quelle che chiamano "perlustrazioni".
Perfino in agosto, quando il tempo non è ideale per la
pesca, intraprendo qualche camminata tra le mie valli con uno
zaino e una canna in cinque pezzi, lasciando in auto qualche canna
di scorta. Non mi sono mai troppo preoccupato che vengano rubate,
perché la mia vecchia auto, che ora è stata perfino tolta
dal libriccino auto usate, nei parcheggi sembra sempre come l'ultimo
veicolo che possa contenere qualcosa di valore: un perfetto camuffamento.
Una volta ho posseduto anche una canna in refendu in sette pezzi
poi, come le altre dello stesso materiale, le ho vendute o scambiate.
Dicono che ho fatto male perché era una forma di investimento.
è vero, pochissime perdono di valore, a meno che non le
chiudi nelle portiera.
Ma
il possedere troppe canne mi frena dall'acquistarne di nuove.
Le canne moderne sono una delle poche cose che hanno apportato
reali vantaggi. è sorprendente quanta poca differenza alcune
cosiddette innovazioni hanno portato nella pesca a mosca. Per
esempio il nylon dei finali è diventato molto più
resistente in questi ultimi anni, così mentre una volta
rischiavi di rompere su un grosso pesce, ora invece hai una possibilità
maggiore di piegare l'amo. Sulle riviste si trovano oggi diversi
studi, con tanto di grafici, per illustrare il fenomeno. Ma torniamo
alla nostra storia: esisteva un luogo che mi era stato sempre
sul gozzo. Dalla strada si intravedeva qualcosa lontano e ogni
volta che passavo guardavo in su ripromettendomi di farci un tentativo.
Poi, osservando meglio la distanza, valutando l'altitudine e le
pareti scoscese, abbandonavo l'idea. Avevo anche studiato delle
cartine via via di scala maggiore: quel luogo si trova ad ore
e ore di cammino da qualunque punto di partenza.Dal
basso intravedevi un'alta cascata, con un volume d'acqua interessante
d'estate mentre restava quasi ghiacciata d'inverno. Dal fondovalle,
avevo stimato che per raggiungerla occorrevano almeno tre ore
di salita a piedi, per il sentiero, se ce ne fosse stato uno ancora
percorribile.
Per
di più, per complicare la cosa, le mappe militari segnalavano
un torrente, ma nessun sentiero. Un'indagine tra alcuni indigeni
(nella pesca esiste un'omertà al cui confronto quella della
Mafia scompare) ci aveva fornito scarse informazioni, finchè
trovammo un vecchio che era stato guardiano di una centrale idroelettrica,
ormai in disuso, in quella zona. Champagne l'aveva interrogato
come si fosse trattato di un guerrigliero vietcong trovato con
alcune piastrine di identificazione americane al collo. Avevamo
scoperto che lassù in alto c'era una buona portata d'acqua
e che qualcuno, oltre una decina d'anni prima, aveva portato con
un mulo, un "brentino" di avannotti. Altre notizie più
recenti non ne avevamo avute: pareva che nessuno ci avesse mai
pescato. Questa sì che era una buona notizia, già
si fantasticava..... "Chissà quanto saranno cresciute....,
senz'altro ci saranno decine di trote per buca.... " e così
via. Il terzo del gruppo era Claudio, a lui interessava verificare
se c'erano camosci. Lo conosco da sempre, nonostante sia "benestante",
lavora come un negro al Bar Sport, nei giorni liberi va a caccia
o a portare a spasso i cani. Il Bar, come diversi appartamenti,
è a nome della sorella. Anche l'auto e la barca sono intestate
alla sorella. E, poiché non esiste un motore o una targa registrata
a suo nome, nel suo particolare modo di vedere queste cose, significa
che è scivolato via dal radar della burocrazia e perciò,
almeno una volta, ha battuto il sistema. Una volta, da dietro
il bancone mi disse: "Siamo tutti pazzi come lo eravamo un tempo.
Solo che oggi ci sono meno occasioni di dimostrarlo": Al mattino
l'elicottero ci aspettava a Masera, alla periferia di Domodossola.
Era un giorno caldo: luminoso e assolato, con una leggera brezza,
temperatura sui 25°. Furono 10/15 minuti di volo. Attraversammo
campi, salimmo al di sopra di una selvaggia catena di montagne,
da poter guardare la civiltà dalla prospettiva di un'aquila,
poi calammo, con un baccano da spaccare le orecchie, su un pianoro
che era stato un alpeggio. Il punto dove ci aveva sbarcati era
un prato a circa trecento metri dal torrente. Non si appoggiò
nemmeno al terreno: saltammo giù come commandos, lanciandoci
gli zaini. Il luogo era veramente incantevole. Se hai in mente
tutta la letteratura ed il romanticismo sulle montagne, e io li
rammento ancora dopo tutti questi anni, questo era il genere di
luogo che ti fa sentire nel posto giusto. Il sole era ancora caldo,
ma il vento aveva quel tipo di morso gelato, che senti attraverso
le trame di un maglione di lana. Il torrente era di una bellezza
da togliere il fiato. Scorreva contornato da prati, ogni tanto
qualche faggio, qualche pino, qualche macchia di castagni bordava
l'acqua. Le buche erano limpide e della dimensione giusta. Intendo
dire che non ti saresti sorpreso se avessi visto pinneggiare una
trota da mezzo chilo. Lasciammo gli zaini nei pressi di una baita
semidistrutta in mezzo alle rovine di un alpeggio, stabilendo
di ritrovarci alla una. Claudio partì verso un costone
mentre noi scendemmo al torrente. Champagne mi seguiva saltellando
tra i sassi e portando il cestino.
Montai
la canna, facendo passare la coda tra gli anelli e pregustando
le emozioni. Avevo dimenticato i finali. Il mio "sherpa" scavò
nel suo giubbetto e me ne porse alcuni. Dopo qualche falso lancio
per aver fuori abbastanza coda cominciai a posare la mosca. Facevo
lanci brevi, facendo navigare il piccolo palmer, una Traun Tricolor,
in ogni metro d'acqua. Nessun segnale, nessuna bollata, nessuna
trota. Lanciai per almeno un chilometro di fiume finchè
mi caddero le braccia, senza una schifosa abboccata. Provai fiducioso
ogni genere di mosca, piccole, grandi, imitazioni esatte, mosche
di fantasia, perfino un "camolone" che aveva dato buoni risultati
dieci anni prima, sul Gacka.Non
è assolutamente vero che le trote credano siano insetti
veri. Non sono cieche e vedono venissimo che sono solo piume attaccate
ad un amo.
Solo
vogliono sapere che gusto hanno. Raramente mi fermo molto su una
buca: preferisco pescare più acqua, cercando il pesce che
morderà, piuttosto che diventar matto con quelli che non
vogliono. Quel giorno passai al pettine ogni giro d'acqua, ogni
centimetro, ogni possibile tana. Risultato zero. A mezzogiorno
ci ritrovammo seduti su di un sasso, fumando una sigaretta e facendo
ogni genere di supposizioni: "L'acqua avrà un PH strano,
saranno passati con la candeggina, il fiume avrà fatto
una secca". Era incredibile: pescare in quello che pareva un paradiso,
lontano da tutto e da tutti e non vedere un pesce. Eravamo arrivati,
risalendo, abbastanza in alto. Si vedeva alla destra la Valsesia
e la Valstrona. Alla nostra sinistra lo sguardo abbracciava tutta
la Valdossola giù fino al Lago Maggiore e, in lontananza,
una nebbia che doveva essere Milano. Dietro di noi, imponente,
stava l'enorme massiccio del Monte Rosa. Ci ritrovammo per lo
"spuntino". Champagne si era occupato del vettovagliamento: "luganega"
e formaggio nostrano, un pezzo di carnesecca ossolana (sale, pepe
e limone aggiungono qualcosa all'esperienza, ma non sono realmente
indispensabili.....) un paio di bottiglie di vino, e una di Veuve
Cliquot perché, diceva lui, se la pesca fosse stata buona o Claudio
avesse visto i camosci, si sarebbe dovuto festeggiare. è
fatto così. I pescatori normalmente nascono abbastanza
matti e, crescendo, fanno in modo di diventarlo ancora di più.
Quando si va a pesca insieme, porta sempre diversi generi di conforto
(si legge "birre") e, anche se è solo per un pomeriggio
sul Toce, l'attrezzatura per la costruzione mosche oltre a quattro
cinque mulinelli e una decina di code diverse. Odia sempre trovarsi
impreparato. A Cuba una volta si portò una Samsonite di
medie dimensioni con abbastanza piume, ami, tinsel ecc. da aprire
un discreto negozio. Claudio non aveva avvistato niente ed io
ero in uno stato di prostrazione alieutica. Decidemmo fosse meglio
dimenticare i dispiaceri dando fondo alla cambusa e facendoci
una bevuta: non volevamo saperne di riportare indietro del peso
inutile. A questo tipo di colazione segue sempre un riposo. Tutti
e due si buttarono sul prato per un pisolino tipo "coma profondo":
per un certo tempo non riuscii a sentir loro il polso. è
un fenomeno che mi piacerebbe fosse esaminato nell'interesse della
scienza. Decisi di fare le quattro buche finali dopo le quali
il torrente scompariva in una cascata. Avevo fissato un palmer
color mattone e lanciavo a scendere, tenendomi nascosto tra alcuni
bassi cespugli di rododendri. Alla seconda buca qualcosa di nero
come il carbone saettò da sotto un sasso verso la mosca.
Era una fario, magra e scura di oltre trenta centimetri, praticamente
oltre un terzo del corpo era rappresentato dalla testa. Cercai
di recuperarla con attenzione, ma misi un piede malamente su di
un sasso e scivolai. Il movimento brusco fu sufficiente a far
slamare la trota. Poi più niente fino alla cascata. Avrei
voluto scendere giù per la scarpata per vedere cosa c'era,
ma stava diventando troppo tardi per ogni ulteriore esplorazione,
mentre era il momento di preoccuparsi per il ritorno, visto che
avevamo deciso di farlo a piedi. Non sapevamo nemmeno se esistesse
un sentiero, se fosse percorribile e in quali condizioni. Trovammo
una traccia di sentiero solo dopo quattro ore di cammino, tra
passaggi di roccia, attraversando rovi, tra piedi piagati e bestemmie.
Dopo altre due ore eravamo all'auto che, la mattina, avevamo provveduto
a lasciare in fondo alla valle. Non so se obbligatoriamente un
racconto deve avere una morale.... D'altra parte ogni pescatore
degno di questo nome può dissertare di dozzine di fiumi,
laghi, ruscelli dei quali ha solo sentito parlare e che gli piacerebbe
provare, posti dove i pesci "dovrebbero" essere più grossi
di quello che sono a casa e dove certamente sono differenti. Ma
molti dicono che se non hai storie come queste da raccontare,
non sei un pescatore di trote. |