1.Le Radici
1.14 Apertura sul Diveria
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feb.99

Anni fa affittavamo una casa sulla sponda del fiume, in un paesino dell'Ossola. Si divideva l'affitto per la stagione estiva mentre l'inverno era, per così dire, offerto da Carlo che era il ricco del gruppo. Ora lui è l'unico che non pesca più, dedicandosi solo all'"allevamento" di qualche specie di uva velenosa in un suo podere del Monferrato, e a suonare con la chitarra vecchie ballate dei Beatles e di Bob Dylan. Dicono che stia cominciando a camminare su quella sottile linea che separa l'essere eccentrico dall' essere decisamente matto. Il luogo veniva chiamato Villa Vipera e lassù formammo un gruppo, oggi si direbbe club, che si cuoceva da solo i propri pranzi e si costruiva la maggior parte delle proprie mosche. Qualcuno cercava solo di togliersi di dosso la vita di città, come il serpente si sfila la propria pelle. Ci sentivamo tutti come una sorta di bohemiens. Lo statuto, non scritto ma tassativo, stabiliva: pescare trote fario native, raccontare belle storie, discutere di donne dalle gambe lunghe, bere buon vino sulla sponda del fiume, cercar funghi e lasciar passare tranquillamente il tempo dell'estate. Alcuni di noi, più assatanati, ci passavano anche le aperture in pieno inverno. Mi ricordo che alcune furono, appunto, sull'Anza, sull'alto Toce a Crodo, sul Diveria. Si passava da Domodossola nell'atmosfera grigia e fredda del primo mattino, mentre pulivano le strade, portavano il latte nelle case, alzavano le saracinesche delle botteghe. Le immagini più vivide di allora sono quelle delle serate in baita, al rientro dalla pesca: io e Filippo che ci ingozzavamo di pastasciutta, parlando pesantemente con le bocche piene e, tra l'altro, senza nessuna traccia di "buone maniere". Carlo e Gianni vagavano, con gli waders tirati giù al ginocchio, tostandosi il sedere vicino al camino. Carlo aveva dei sottowaders in pile rosa, Gianni portava invece dei mutandoni che una volta dovevano esser stati bianchi: tutti avevano svariati buchi e strappi (un'uscita di pesca non è occasione per indossare la propria biancheria intima più elegante). Non che ci fosse qualcosa di realmente osceno nella cosa, ma sai, qualche strappo era abbastanza spalancato e rivelatore della loro irsuta mascolinità. Io credo che una delle ragioni per cui ci troviamo ancora bene insieme è che, anche se ognuno di noi ha le proprie inclinazioni (che vanno dalla birra, alle filosofie orientali, alla storia del rock, alle sottane) e le proprie convinzioni (Gianni: "se Dio avesse voluto farci coi vermi, li avrebbe fatti crescere sui colli dei galli, o sul dorso dei cervi"), tutti abbiamo ancora la passione per la pesca e una comune visione della vita. Da quei tempi ci è rimasta l'abitudine di stare un po' attenti con i soldi, anche quando ne abbiamo, che non capita sempre, e difficilmente tanti tutti insieme. Questo ci fa preferire le acque libere e guardare con occhio sospettoso la pesca in certe riserve. Lo so che centomila lire non è molto: è una nuova coda, probabilmente una buona cena (anche se non proprio "grande"); ma quando sei cresciuto pescando acque libere, pagare per andare su un torrente è sempre qualcosa che fai fatica a digerire.
Ora qualcuno del gruppo è andato a Tarpon o a Salmoni, e magari fa qualche puntata in Slovenia o in Austria; ma il modo di veder le cose non è cambiato. Dicono che viaggiare per luoghi strani e nuovi ti allarga gli orizzonti. Io ho viaggiato abbastanza, e la cosa è stata dannatamente educativa. Vedi come la gente fa le cose in modo diverso da come le fai tu, e vanno avanti lo stesso, anzi spesso pare che vadano avanti molto meglio. E vedi anche come veniamo considerati: in genere con un misto tra divertimento e compassione. Ho imparato comunque che la gente, in fondo, è la stessa e non credere che dove paghi cento marchi, o mille dollari, per il permesso giornaliero ti debba aspettare un genere migliore di individui. Non aspettarti di trovare, sul fiume, chi ti offre una coppa di champagne e delle ostriche invece che una sorsata di birra e un morso di un panino semi-rancido, oppure di ascoltare solo dissertazioni su Ritz, Skues e refendu piuttosto che su cavedani e partite a briscola.
In quei luoghi puoi trovare anche VIP o rock-star seppur pescatori. Voglio dire gente come il figlio di Hemingway, Jack e le nipoti Muriel e Margaux. Così Eric Clapton e Rod Stewart, e il pilota Laffitte e Ted Turner e Jane Fonda, e William Hurt, Robert Redford, Michael Keaton....e un sacco di altra gente famosa; ma sui fiumi, quando pescano, non fanno niente di diverso dai comuni pescatori. L'apertura, quella classica intendo, sta alla pesca a mosca come il tifo da stadio sta agli scacchi. Io però, con questo termine, intendo la prima uscita stagionale, nel mio caso almeno un mese dopo la data canonica. Quest'anno l'ho fatta, come in altri tempi, sul Diveria, in Val d'Ossola. Fu una delle mie prime "palestre" dove imparai da solo a pescare: lanciando da cane, ferrando in anticipo, sbagliando continuamente e poi riprovando. Mi abituai però alla pazienza, alla perseveranza e probabilmente anche a qualche altra buona cosa. La parte negativa fu che, con la mancanza di insegnamento, sviluppai qualche cattiva abitudine, con cui litigo ancor oggi, e impiegai anni per apprendere tutte quelle buone, pratiche, quasi ovvie piccole cose che puoi cogliere rapidamente solo da un insegnante/guida, se stai attento. Per tutta la vita hanno cercato di dirmi cosa e come dovevo fare, raramente con buoni risultati. Le sole che hanno avuto regolarmente ragione sono state le guide di pesca. Arrivato al fiume infilo a fatica gli stivali, quasi avessimo bisogno di riabituarci uno all'altro. Mentre faccio passare la coda negli anelli vedo che è rimasta traccia di qualcuno che è stato lì: vecchi legni bruciacchiati, scatolette arrugginite, ma siamo a metà settimana, e non c'è nessuna macchina parcheggiata all'inizio del sentiero e non scorgo nessuno sul torrente. Indosso liturgicamente il gilet da pesca. In questo indumento, o magazzino portatile, il pescatore a mosca generalmente tiene almeno quattro mulinelli caricati con differenti code, un paio di bobine di riserva con altri tipi di code ancora, qualche scatola in metallo di mosche e altrettante in plastica, una mezza dozzina di bobine di filo per finali, una scatoletta con dei piombi, a volte una bottiglietta di repellente per zanzare, un'altra di crema solare, un flacone di silicone spray, un tronchesino, un piccolo affila ami, le sigarette, l'accendino, la licenza, una macchina fotografica, un rullino di riserva. Nella cacciatora un leggero impermeabile e qualche volta un paio di panini. Questo succede perchè abbiamo sempre il terrore di trovarci impreparati e siamo spesso incerti su quanto stiamo usando. Qui però hai la fortuna che basta una scatoletta di mosche semplici e una canna: né code di riserva, né guadino e orpelli vari e anche se non sei "alla moda" nessuno se ne accorge. Ora è facile vedere sui fiumi individui vestiti dai migliori negozi e cataloghi.
Ma fa parte dell'evoluzione naturale: una volta che scatta quel qualcosa e credi di essere diventato un pescatore, comincerai a cercare la canna perfetta per te, che naturalmente deve essere firmata, con il miglior mulinello caricato con la miglior coda. E naturalmente capi dell'ultima generazione, eleganti ed esclusivi. La fase dura un tempo diverso secondo il soggetto e il tempo che questo passa a pesca. Il passo successivo nell'evoluzione è il ritorno a waders rattoppati e mutandoni. Questo affluente del Toce si snoda nella val Divedro, lungo la strada che, a fianco del torrente, porta al vicino confine svizzero e, successivamente, al passo del Sempione.
La parte italiana del torrente si presenta varia lungo il suo corso. Verso il confine è abbastanza povera d'acque, poi alcune pittoresche cascate contribuiscono, con il loro apporto, ad aumentare il volume dell'acqua. Non conviene quindi spingersi eccessivamente in alto, ma iniziare a pescare nei pressi di Iselle, qualche chilometro più a valle del confine di Stato. Nelle vicinanze di tale paesino, il Diveria si presenta con un letto abbastanza angusto, dal corso rettilineo, contenuto tra due sponde basse dove abbondano spiazzi erbosi privi di cespugli. In questo tratto, la velocità della corrente varia soprattutto in funzione della pendenza del terreno, mancando grossi ostacoli naturali che possano rallentare il defluire delle acque. In genere ci si imbatterà in una corrente mediamente veloce. La mancanza di vegetazione lungo le rive se da una parte ci consente di muoverci liberamente e lanciare meglio, dall'altra ci espone maggiormente alla vista dei pesci. A valle di Iselle la natura delle sponde varia rispetto alla parte a monte del paese: ora sono maggiormente infrascate, ora sono costituite da massi e le buche sono numerose. Per la mosca il tratto migliore, secondo me, è quello prima dell'abitato di Varzo. Qui il luogo è abbastanza suggestivo da farti fermare e guardare gli uccelli e gli abeti e forse perlustrare con lo sguardo le cime, ma ci sono in genere abbastanza pesci da non farti distrarre o andare troppo in là con il pensiero a cose fatue come la casa, il lavoro, la famiglia, il futuro. Ci vado a pescare sempre volentieri, anche se per arrivarci devo far qualcosa in più che "attraversare la strada". Ognuno ha il proprio concetto di "attraversare la strada" per raggiungere un buon posto e in questo è fondamentale l'obiettivo, ad esempio: "andrei all'inferno e ritorno per il salmone (bonefish, muskellunge...)." mentre "per prendere delle carpe (lucci, persici sole ecc) non attraverserei nemmeno la strada". Ehi, per voi delle carpe.... è solo un esempio, d'accordo ? In genere lascio l'auto subito dopo la galleria di Crevoladossola. In questo punto la strada corre tra il fiume e la ferrovia ed esistono molti punti dove parcheggiare e da dove accedere facilmente al corso d'acqua. Qui in basso il torrente è incanalato tra argini artificiali e ogni tanto senti i botti provocati dalla dinamite delle onnipresenti cave di serizzo. Il fiume è così aperto che vedi bene se c'è qualcuno e così puoi valutare se scendere a far quattro chiacchere o meno. Quando vai in settimana non ci trovi quasi nessuno, fino alla sera, quando qualcuno si fa vedere per quattro lanci prima di cena. Oggi, per esempio, incontro solo un altro pescatore che lancia metodicamente in una lama. Gli chiedo com'è stata la giornata, che mosche sta usando, dove le ha comperate e così via, ma dopo qualche domanda, realizzo che le risposte di una sola sillaba stanno a significare che cerca di ignorarmi, così decido che la cosa migliore da fare è quella di assecondarlo. Sta bene anche per me: ho sempre pensato che cortesia ed educazione siano sopravvalutate, e se non ti senti la voglia di parlare a delle persone che non ti vanno, non farlo. Il corso d'acqua, qui in basso, è un bel fiume, largo abbastanza da poter lanciare ovunque, e ben popolato. Un mese dopo l'apertura trovi ancora, ma solo nei luoghi più nascosti, qualche grassa iridea dei "lanci" e anche le fario stanziali un po' decenti cominciano a muoversi...e sembrano stare esattamente dove si suppone di trovarle. Il mattino è già parecchio avanti da quando ho pescato la prima buca e non ho ancora visto un pesce; poi, legata una mosca appropriata al finale, aggancio un paio di trotelle, spuntate non so da dove. Nonostante il sole abbastanza caldo allo Zenit e la quiete nessun pesce sta bollando, ma il posto comunque sembra "da trote" più di ogni altro tratto lungo il fiume. Sai, quando ti vien da pensare "Oddio! Dov'è stato 'sto posto per tutta la mia vita!". Anche se quando immergiamo un amo, un'esca in un fiume o nel mare, noi pescatori fondamentalmente compiamo un atto di fede, faccio sempre scorrere lo sguardo sull'acqua ed esamino ogni particolare almeno un paio di volte prima di passare avanti. L'acqua calma e' piu' facile da leggere di quella mossa e dedico sempre un po' di tempo a studiarla: spesso un'occhiata attenta rivela una trota dietro un sasso o dove c'e' un leggero riparo dalla corrente. In una buca laterale vedo una bollata e inizio un paio di falsi lanci sia per asciugare la mosca che per allungare la coda. Ho avuto l'impressione di un bel pesce. Un bel pesce è un concetto vago come su ogni altro fiume: sul Diveria significa oltre 25 centimetri. Prendo esattamente la misura del lancio e della passata..... e sparo dritto la mosca contro un ramo sospeso sulla pozza. La coda è alta, tesa e la mosca è fissata come col bostik. Ora ho due possibilità: posso guadare la pozza per staccare l'esca, rischiando di bagnarmi oltre gli stivali e spaventando tutte le trote nel raggio di venti metri. Oppure posso tirare decisamente e regalare la mosca all'albero. La scelta è semplice: anche i costruttori e i negozianti devono pur vivere. Le mosche non le costruisco, generalmente le compro e qualche volta me le regalano. Per qualche oscura ragione, magari una precoce caduta dalla culla tentando di raggiungere il biberon, non sono mai stato capace di realizzare una mosca decente. Avevo costruito, molto tempo fa, mosche da salmone e qualche fantasioso streamer poi, visti i risultati, ho smesso definitivamente. Mi sono auto-confortato dicendomi che un pescatore non necessariamente deve costruirsi le proprie mosche per avere la certificazione di "puro". A questa stregua uno dovrebbe costruirsi la propria canna, intrecciarsi la propria coda e poi forgiare i propri ami. Sarebbe come se si chiedesse a Schumacher di costruirsi il motore, o a Gazzelloni di costruirsi il flauto. Mi piace piuttosto pensarmi come un buon pescatore, nè costruttore, né lanciatore. E poi l'idea del successo nella pesca è qualcosa che riguarda te stesso, o perlomeno soprattutto te stesso. Senza dover guardare o misurarti con quello che sta facendo il tipo un po' più in giù sul fiume e con quali mosche. La trota non si è spaventata ma è semplicemente scomparsa. Decido di aspettare che riesca dalla tana. Un buon cacciatore, mi dico, è paziente.... e aspetto. Quanto aspetto non so dirlo. Mi sembra oltre un'ora, quindi probabilmente devono esser meno di venti minuti. Poi, due sigarette e qualche elucubrazione dopo, la vedo nuovamente nel centro della pozza. Questa volta misuro più accuratamente il lancio e la catturo. Nel pomeriggio arriva una lenta schiusa di effimere taglia 18, il cui nome scientifico mi è sconosciuto, e le fario si piazzano tutte nei loro punti-ristoro per circa due ore, affamate e decisamente senza cervello. E ne catturo molte piccole e qualcuna decente. Sono contento di aver agganciato quattro pesci un po' sopra la media, e anche se il mio "score" finale è di tre presi e uno perso, ho qualcosa da portar a casa. Gli sport "sanguinari" come caccia e pesca sono ora presi a simbolo, e abbastanza osteggiati dall'opinione comune. Forse questo ha contribuito a esaltare eccessivamente il concetto di "catch and release" e a deformare quello di "etica" nella pesca a mosca. Sono convinto anch'io che sia più etico, e anche più divertente, catturare le tue trote una per una su una mosca secca, piuttosto che prenderle tutte insieme buttando un bidone di candeggina nel torrente, ma il pensiero che quando pesco mi procuro anche cibo mi fa pescare e sentire meglio. Sarà forse che in me è rimasto, più forte che in altri, il senso atavico dell'uomo delle caverne che esce a cacciare per la sua famiglia. E non è solo questo che mi accomuna all'uomo di Neanderthal.

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