1.Le
Radici
Era
una bella giornata dello scorso ottobre. Alcuni raggi di sole
penetravano tra le fronde creando effetti e giochi di luce spettacolari
nei boschi e le foglie cominciavano ad assumere tutte le tonalità
del giallo, del rosso e del marrone. La pesca alla trota e al
temolo era chiusa da oltre una decina di giorni. Ormai avevo
provveduto a metter via tutte le attrezzature in attesa della
ripresa delle ostilità in primavera. Avevo controllato
e riposto tutte le mosche, gettando quelle con ami arrugginiti
o spuntati e ravvivando col vapore quelle che apparivano un
po' sciupate. I mulinelli erano stati smontati, puliti e ingrassati;
avevo pulito ed avvolto le code in larghe spirali sui fustini
del detersivo. Anche le canne avevano avuto la loro parte di
cure: qualche legatura da rifare, qualche pennellata di vernice
qua' e la'. Prima che mia moglie si inventasse qualche strano
impegno ero uscito compagnia di Kim, il mio cane. Si dice che
caccia, pesca e golf siano stati inventati per permettere agli
uomini di dire che "devono" andare da qualche parte piuttosto
che stare in casa o a far shopping. Una recente ricerca ha stabilito
che lo "shopping" con le mogli Ë la situazione meno gradita
dagli uomini. Diversi gradini più in là dei funerali,
del lavoro in ufficio, delle code in autostrada.
Stavo
camminando tra gli alberi, guardando a terra in cerca di chiodini
ed i piedi mi portarono in prossimità del fiume dove
fino a pochi giorni prima avevo maramaldeggiato con i temoli.
La curiosità di vedere qualche bella bollata mi spinse
a costeggiare il fiume che in quella zona aveva le rive piuttosto
a picco e molto infrascate. L'ambiente bucolico ed agreste ed
il silenzio mi facevano sentire in pace col mondo e con me stesso.
Camminando e guardando verso l'acqua vidi degli spruzzi che
mi turbarono. C'era stata una cacciata! Avevo visto nettamente
dei pesciolini saltar fuori dall'acqua in un tentativo di fuga.
Nel posto sapevo esservi delle trote, qualcuna anche di diversi
chili, ma quella cacciata aveva qualcosa di strano.
Le trote, si sa, cacciano inseguendo anche parecchio le piccole
prede, mentre quello che avevo visto rivelava la presenza di
un grosso pesce che aveva fatto solo una puntata piuttosto rapida
e breve. Arrivai in prossimità del luogo dove era accaduto
il fatto e cercai di vedere di cosa si trattava. C'era una piccola
ansa, piuttosto profonda, grande qualche metro quadro; la corrente
era quasi inesistente perche' un grosso tronco appena a monte
deviava al largo il flusso, probabilmente qualche piena l'aveva
semi-sradicato ed ora era ancorato a riva dalle radici e si
protendeva attraverso il fiume.Mi avvicinai e, dall'alto di
un paio di metri guardai giù. Sotto al tronco, messo
di traverso, notai una silhouette scura lunga quasi un metro;
dapprima la presi per un ramo ma non era attaccata da nessuna
parte ed era esattamente perpendicolare al tronco. Kim, che
poco prima era sparito non so dove, mi venne incontro scodinzolando
ed abbaiando; cercai di farlo star zitto ma piu' mi dannavo
per farlo tacere piu' quello faceva feste con guaiti e latrati.
Mi voltai per riguardare nell'acqua e, in un certo senso, i
miei dubbi furono fugati, l'ombra non c'era piu'. Quella cosa
era stata spaventata dal rumore ed era scappata.
Tornai
a casa rimuginando sul fatto e tirando calci e moccoli all'indirizzo
del cane. Il giorno dopo, lasciato a casa Kim, andai allo stesso
posto; mi avvicinai all'acqua in religioso silenzio e, cercando
di mimetizzarmi tra i cespugli, guardai verso il basso. Non
c'era niente, tutto era come il giorno prima, ombra scura a
parte.Deciso a scoprire che pesce era e disposto a far notte
pur di vedere qualcosa mi sedetti vicino alla sponda, al riparo
di un sasso e, polaroid sugli occhi, mi misi di vedetta. Accesi
una sigaretta e mi misi a fumare. La sigaretta fini' e, vergogna
per uno che si dice ecologista come me, buttai il mozzicone
nel centro della pozza. Di colpo qualcosa si materializzo' dal
fondo e arrivo' a circa mezzo metro dalla superficie.
Era
un luccio, e che luccio! Era in posizione di caccia con la testa
piu' in alto rispetto alla coda. Distinguevo benissimo l'inconfondibile
muso a becco d'anatra e le pinne che fluttuavano lentamente.
Ora sapevo finalmente di cosa si trattava e, come Don Rodrigo
quando vide Lucia, mi convinsi che quella preda doveva essere
mia. Tornai sui miei passi cominciando a studiare il piano d'attacco
per l'indomani. Non mi preoccupavo che qualche altro pescatore
avrebbe potuto prenderlo, infatti in quella zona non avevo mai
visto nessuno pescare lucci ne' tentare di farlo. Per colmo
di soddisfazione avrei tentato di prenderlo a mosca. Avevo già
catturato dei lucci con canna da mosca e streamer ma si trattava
di lucci nordamericani, notoriamente molto affamati ed un po'
tonti. Ne avevo preso uno anche sulla Traun, ma l'avevo scoperto
immobile, quasi a galla, a circa quattro metri da me mentre,
in wading, tentavo di insidiare con scarsa fortuna i temoli.
Avevo montato un Muddler Minnow e glielo avevo praticamente
infilato in bocca. Era un lucciotto di quasi un chilo che era
servito solo per variare il programma: nel senso che tentavo
di pescare i temoli e non li prendevo mentre con il malcapitato
avevo avuto fortuna. Questo, invece, era un signor luccio nostrano,
di quelli che per poter crescere devono farsi furbi ed evitare
ogni giorno cento insidie di ogni genere. Non solo ma il posto
e la posizione ne avrebbero fatto, se fosse riuscita, una cattura
importante. Dunque prima di tutto analizzai la posizione da
dove avrei dovuto pescarlo.
Da
dove l'avevo visto era infatti impossibile tentare la cattura:
ero troppo in alto sull'acqua, rischiavo di essere visto, ero
circondato da cespugli che avrebbero impedito qualsiasi lancio
e, quandanche fossi riuscito ad allamarlo, non sarei stato in
grado di guadinarlo in nessun modo. Quindi avrei dovuto risalire
il fiume per cercare un passaggio tra le frasche poi scendere
in acqua, sperando che fosse sufficientemente bassa, e ridiscendere
fino a portarmi a distanza di lancio. Poiche' avrei dovuto avvicinarmi
da monte e non sapevo quanto potevo farlo, dovevo usare una
coda abbastanza pesante che mi avrebbe permesso di fare dei
lanci molto lunghi. Come canna optai per una vecchia Fenwick
di nove piedi e mezzo che portava una coda del nove. Avevo deciso
che non potevo tentarlo con uno streamer perche' il tronco galleggiante
di traverso mi avrebbe impedito lo stripping e quindi la scelta
imposta era di usare una coda galleggiante ed una imitazione
di topolino.
Preparai tutto alla sera, canna, coda ed un finale con un metro
dello 0.50, un metro dello 0.45 ed un metro e mezzo dello 0.35.
Avevo abbandonato l'idea di usare un terminale in filo d'acciaio
perche', dopo qualche prova, avevo visto che non riuscivo a
lanciare, se non rischiando le orecchie ad ogni proiezione in
avanti; avevo preparato anche un topolino bello grasso in pelo
di cervo con tanto di occhietti e coda. Il giorno fatidico arrivai
sul fiume, mi accostai all'ansa non cedendo alla tentazione
di guardar giù per paura di spaventare il luccio e mi
incamminai verso monte. Dopo circa un centinaio di passi c'era
un varco tra i cespugli, mi infilai nello stretto passaggio,
un po' goffamente a causa degli waders, e scesi in acqua.Questa
non era molto profonda, arrivava si e no alle cosce, ma tendeva
ad alzarsi man mano che scendevo e la corrente era piu' forte
vicino a riva piuttosto che verso il centro del fiume. Arrivai
comunque abbastanza facilmente a circa venti, venticinque metri
dal tronco semisommerso e cominciai a svolgere la coda dal mulinello.
La corrente non era molto forte ma l'acqua ora mi arrivava oltre
la vita. Il lancio era difficoltoso perche' il topolino faceva
molta resistenza nell'aria, dovevo far doppia trazione e dovevo
stare con tutte due le braccia sopra la testa per non bagnarmi
i gomiti. Tenevo alcune spire di coda tra le labbra per lo shooting
perche' altrimenti sarebbero state trascinate via dalla corrente.
Di tutti i movimenti inventati dal genere umano per sembrare
stupidi e scoordinati la pesca a mosca e' senz'altro al primo
posto, figurati poi quando usi una mosca delle dimensioni di
un pulcino. Il lancio, parte per fortuna ed un po' per abilita',
risulto' comunque un capolavoro. La coda si stese perfettamente
ed il leggero shooting fece planare divinamente il topolino
nel centro della pozza. Colmo della fortuna, al di la' del tronco
arrivo' solo il finale mentre l'ultima parte della coda si poso'
al di sopra del tronco. Ero tesissimo e pronto perche' la ferrata
avrebbe dovuto essere immediata dato che il luccio avrebbe potuto
accorgersi del topo finto e risputarlo.Inoltre avrei dovuto
ferrarlo "in punta di labbra" per evitare che potesse tagliare
il filo con i suoi denti aguzzi e, infine, perche' avevo deciso,
se lo avessi preso, di liberarlo, e quindi non volevo che l'amo
penetrasse troppo in profondità per non rovinare il pesce
e per non dover armeggiare troppo in mezzo a quelle decine di
piccoli rasoi. Appena il topolino tocco' l'acqua lo mossi leggermente
con un colpo del vettino quindi presi la coda per tirarlo ancora
con un colpetto verso di me; all'inizio del movimento vidi subito
la superficie dell'acqua rompersi e l'artificiale sparire nell'inconfondibile
becco da papera.
Ferrai velocemente ed alzai la canna per "tenere" meglio il
pesce. Il luccio, si sa, non ha una difesa particolarmente accanita,
tira solo come un bue e si mette di traverso; l'esemplare in
fondo alla mia lenza diede due testate e poi mi facilito' enormemente
il compito poiche' tento' una fuga verso il centro del fiume,
uscendo cosi' dalla trappola (per me) rappresentata dal tronco
che si frapponeva tra noi. Una volta arrivato a centro fiume,
in una zona libera da qualsiasi ostacolo iniziai il tiro alla
fune ce si concluse abbastanza agevolmente in poco tempo quando
il luccio fu nelle mie vicinanze. Enunciazione di un problema,
studio a tavolino e poi brillante soluzione sul campo. Stendiamo
un velo pietoso sull'operazione di guadinatura, lascio solo
immaginare cosa puo' accadere quando si cerca di far entrare
un luccio lungo cosi' in un guadino tascabile che ne contiene
si e no la meta', mentre si e' con l'acqua al petto e venti
metri di coda che fluttuano e si avviluppano continuamente attorno
alle gambe, al pesce ed al guadino. Fortunatamente riuscii alla
fine a portare il luccio a riva e lo svolgersi dello sciagurato
avvenimento fu privo di testimoni. Staccai con la pinza dalle
fauci del pesce l'esca e nell'operazione finii di massacrarla.
Diedi un'occhiata al pesce poi, delicatamente, per non fargli
troppo male e soprattutto per non lasciargli un dito in bocca,
lo rimisi in acqua. Rimase un attimo immobile, come sorpreso
o indeciso, e poi fuggi' via veloce con un potente colpo di
coda. Riavvolsi lentamente la coda di topo sul mulinello, staccai
i resti del topolino e li appuntai sul cappello a guisa di trofeo
e mi incamminai, fischiettando, e piu' alto almeno di una spanna,
verso l'automobile parcheggiata li' vicino; mi ero aperto una
nuova frontiera nella pesca a mosca.
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