1.Le Radici
1.04 Il Torrente S.Bernardino
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ott.91

Zone selvagge a due passi dal triangolo industriale L'avevo vista bollare, due volte di seguito, sotto un ramo di faggio che sporgeva e formava quasi un tetto sopra la pozza. Ora, con una "marcia" di avvicinamento, mi ero portato a distanza di lancio. Avevo compiuto tutta l'operazione piano piano, muovendomi come un apache, evitando qualsiasi rumore o movimento brusco. Legato al finale avevo una Traun tricolor, la mia preferita, e pregustavo il lancio perfetto, la breve corsa, il leggero risucchio, la ferrata....... "Achtung, achtung! Rauss" Una ventina di variopinti tedeschi, bardati come marziani e con caschi da formula uno, scendevano scatenati, pagaiando vorticosamente lungo il fiume. Fui pervaso da una sorta di terrore alla vista di tutte queste imbarcazioni gialle e rosse e di questo pagaiare l'acqua da forsennati. Appoggiai indice e medio sotto al naso (a mo' di baffetti) ed accennai un saluto con il braccio leggermente teso. Il mio patetico tentativo di apparire conciliante mi evito' al pelo di venir travolto. Li guardai mentre si allontanavano nei loro kayak multicolori. Ma p.....Eva! La trota, ormai definitivamente terrorizzata, sarebbe uscita di nuovo dalla sua tana solo dopo ferragosto. Ma non si puo' pescare tranquilli neppure piu' in Valgrande!?! Altro che ultima area europea di "wilderness"! Orde di lanzichenecchi turisti e metropolitani cultori del pic-nic ecologico dilagano ovunque! Solo in questi ultimi tempi mi sono trovato con una canna in mano piu' spesso all'estero che in Italia ma per vent'anni sono stato un pescatore abbastanza "casalingo" che esplorava i torrenti di casa propria e dedicava solo qualche settimana all'anno in spedizioni di pesca in paesi lontani, alla ricerca di prede diverse ed emozionanti.
Per molto tempo la pesca ha significato per me esperienze su fiumi ben conosciuti e sfide a pesci familiari. Certo, sono stato anche molto fortunato (o forse previdente), a vivere in zone da cui potevo raggiungere facilmente ed in poco tempo fiumi e torrenti puliti ed abbastanza prodighi di trote e temoli. Vivere in un bel posto significa, per me, avere dintorni ricchi di cascate, pozze e veloci correnti. Le zone di cui vi parlerò appartengono alla parte settentrionale della provincia di Novara e riguardano il comprensorio dove scorre il torrente S.Bernardino, che si getta nel Lago Maggiore a Verbania, ed i suoi affluenti. Si tratta della Valgrande e della Val Pogallo, formata dall'omoninmo torrente che si unisce al S.Bernardino sotto il paese di Cicogna.Questa area si trova nell'entroterra del Lago Maggiore, incuneata tra Verbano, Ossola, Val Vigezzo e Val Cannobina.
E' una zona di circa 10.000 ettari ed e' ora completamente disabitata e selvaggia. Non e' quasi rimasto alcun segno di vita: in questi luoghi ora sembra veramente di vivere una dimensione privilegiata di silenzi ed aspri scenari. L'abbandono di queste vallate da parte di alpigiani e boscaioli e' iniziato oltre un secolo fa' e l'esodo si e' completato prima dell'ultima guerra. La valle e' quindi ritornata completamente alla natura. Non esistono strade di accesso, i pochi sentieri rimasti sono disagevoli, gli alpeggi abbandonati, le baite per la maggior parte ridotte a ruderi.
I ponti e le passerelle che scavalcano i precipizi spesso sono in tristi condizioni e, prima di affrontarle, occorre respirare profondamente. Sono passati trent'anni dalle prime volte che ho messo piede in queste due valli. Quei tempi, probabilmente, furono i migliori per la pesca in quella zona. Dalla fine della guerra una leggera industrializzazione ed il conseguente migliore tenore di vita avevano contribuito a spopolare quasi completamente le valli del Verbano. Tutti gli alpeggi erano stati progressivamente abbandonati ed in quei momenti solo qualcuno veniva ancora "caricato" con il bestiame in estate. Oltre a questo il tradizionale e faticoso "bracconaggio" fatto con le reti da alcuni montanari era diventato scarsamente conveniente. Inoltre tutte le vie d'accesso ed i ponti erano in cattive condizioni; frane o piene avevano portato via tratti interi di sentiero, le cordine d'acciaio nei punti piu' pericolosi erano state strappate o erano consumate dalla ruggine. I pochi pescatori o cacciatori che vi accedevano dovevano essere grandi camminatori e buoni alpinisti ed una corda da roccia era parte integrante dell'attrezzatura per chi si avventurava tra i dirupi scoscesi delle valli. I fiumi cominciavano a dare i frutti dei primi ripopolamenti fatti con avannotti e scatole Vibert e sulle nostre montagne non era ancora esplosa la moda del trekking.
Una vera pacchia, forse esagerata e forse, me ne rendo conto ora, una sorta di follia. Ora e' il momento dei bilanci e delle autocritiche. Se noi, pochi pescatori che ci avventuravamo lassu', fossimo stati meno ingordi e ci fossimo limitati ed autoregolamentati nelle catture probabilmente ora avremmo ancora delle acque che potrebbero gareggiare, in quanto a pescosita' e taglia delle trote, con le migliori riserve slovene. Avremmo, a due passi da casa, torrenti ricchi di pesci ed inseriti in un ambiente senza confronti in quanto a maestosità e selvaggia bellezza. In quei tempi non era nemmeno prevista la "quota" giornaliera: figuriamoci se si pensava al "catch and release"! Capitavano naturalmente anche giornate storte (quelle capitano in ogni parte del mondo) ma succedeva spesso di uscire dalla valle con trenta trote oltre i trenta centimetri.
Ricordo un paio di vecchi pescatori che vivevano vendendo i pesci che riuscivano a catturare: qualche volta li ho incontrati sul sentiero, al loro ritorno, con piu' di cento trote nello zaino. Ricordo questi episodi e ne parlo sempre con una certa riluttanza: non vorrei che questa gente fosse vista esclusivamente come "saccheggiatori" del fiume, ma piuttosto come individui che non avevano tutte le nostre opportunità e facevano della propria abilita' con la canna da pesca uno strumento per vivere.Le trote di cui parlo non erano iridee appena immesse o avannotti da quindici centimetri ma esemplari dai tre etti al chilo, fario nere e selvatiche che parevano lucci per le dimensioni della testa e della bocca. La trota presente in Valgrande e Val Pogallo aveva il dorso molto scuro, quasi nero, la pancia gialla, i puntini rossi molto grandi ed orlati di bianco. Spesso questi erano presenti anche sulla piccola pinnetta adiposa caratteristica dei salmonidi; la testa costituiva quasi un terzo dell'intero corpo. Ora la guardie forestali hanno rimesso in ordine quasi tutti i sentieri d'accesso, ricostruendo ponti e passerelle.
Anche se la ricerca di ambienti "selvaggi" unita al maggior tempo libero hanno contribuito ad aumentare le presenze e la pressione di pesca in questa valle, una avventura in questi luoghi rimane sempre un'esperienza singolare.Se, oltre alla pesca, amate anche la sana fatica, le camminate in montagna, i paesaggi da togliere il fiato ed ancora volete prendere dei pesci belli e "veri" questo articolo vi riguarda. Il corso superiore del torrente S.Bernardino, che scorre nella Valgrande, e' caratterizzato da buche molto grandi, lunghe anche cinquanta metri e contenute tra lisce pareti grigie a strapiombo sull'acqua. Spesso nelle pozze sono presenti enormi blocchi di roccia staccatisi dalla montagna. Il fondo e' formato principalmente da sabbia e ciottoli. Le trote sono presenti ovunque ed ottimi per la pesca sono anche tutti i torrentelli che scendono al corso principale: Velina, Cauri', Gabbio, Portaiola ed altri.
La Val Pogallo e' formata principalmente dal Rio Pianezzoli e dal Rio Pogallo. Questa valle e' in genere caratterizzata da un'infinita' di pozze, cascatelle e correnti piu' piccole rispetto a quelle della Valgrande; e' meno selvaggia di quest'ultima, soprattutto perche' nell'alpeggio di Pogallo (un'ora circa, a piedi, dall'abitato di Cicogna) da diversi anni sono state rimesse in ordine alcune baite da parte di gruppi di pescatori e cacciatori che si sono voluti creare una base in una zona centrale della vallata. Per merito dei ripopolamenti, fatti con volontari, sotto ogni sasso ed in ogni correntina sono presenti trote fino alle sorgenti del corso principale ed in tutti i riali: Marona, Caslu', Terza ecc. Sono acque gestite dalla F.I.P.S. alla quale va il plauso per la quantità di avannotti che mette a disposizione ogni anno per le semine;purtroppo va fatto un appunto per quanto riguarda i regolamenti che non sono al passo con i tempi e per la sorveglianza quasi assente (forse la tutela delle acque e' meno importante delle gare).In tutto questo comprensorio anche i riali piu' piccoli riservano piacevoli sorprese. Spesso si incontra una piccola cascatella, poco piu' di una fontana, che comunque vale la pena di risalire anche se può apparire faticoso ed inutile. Si incontrano magari solo una decina di pozze ma piene di trote scurissime ed affamate. Si può pescare in molti modi. La zona alta della Valgrande, tutta la Val Pogallo e gli affluenti piu' grandi dei due corsi principali si prestano benissimo alla pesca a mosca. Le sponde lungo il fiume sono scarsamente infrascate e quindi si può lanciare con estrema facilita' nelle pozze. Sono comunque necessari lanci abbastanza lunghi e precisi per potersi mantenere fuori dalla vista acutissima dei pesci. Una canna da 8 piedi, una coda DT5F e finali da due metri e mezzo costituiscono la giusta attrezzatura. Chi e' piu' abile di me sarà avvantaggiato nell'usare code piu' leggere e canne piu' rapide. Queste trote non si sono mai trovate davanti al naso una mosca artificiale e quindi sono scarsamente selettive: qualsiasi mosca da caccia su amo del 16 può andare bene. Possono essere usati dei palmer visibili, che "tengano" bene l'acqua, tipo le varie Bivisible; io uso anche la Tup's, la Panama, la Alder oppure delle sedge in pelo di cervo. Scusatemi se mi ripeto ma e' veramente importante prestare attenzione ed usare tutti gli accorgimenti possibili per evitare di farsi vedere dai pesci: un colore troppo acceso dell'abbigliamento o un movimento brusco farà rintanare le trote per diverse ore. Le zone migliori sono, naturalmente, quelle piu' lontane dalle strade e quindi, indipendentemente da quale sia il punto di accesso, per pescare realmente bene occorre camminare almeno due ore: da qui in avanti piu' si cammina, piu' numerose saranno le trote e meno smaliziate. I punti dove poter dormire in baite o fienili sono all'alpe Piana (Valgrande) o negli alpeggi a Pogallo o ancora a Pian di Boit (Val Pogallo). Oltre a queste soluzioni esistono diverse "balme" nelle due vallate.
Ho parlato di luoghi per dormire perchè, per avere ottimi risultati, si deve mettere in preventivo di trascorrere un paio di giorni nella valle e quindi passare una notte nel sacco a pelo. In tal modo si può pescare la sera fino all'arrivo del buio e la mattina dal primo chiarore senza dover percorrere gli impervi sentieri con la pila. Questa esperienza e' meglio riservarla per quando si sarà piu' esperti di questi luoghi. Praticamente si accede alla Val Pogallo solo da Cicogna. Qui si lascia la macchina e si prende il sentiero fino a Pogallo da dove si può pescare nel rio omonimo (da questo punto in poi ci sono ancora ore ed ore di pesca risalendo il torrente) oppure proseguire, costeggiando il Rio Pianezzoli fino al Pian di Boit (un'altra ora di cammino). Ci sono trote lungo tutto il fiume, da sotto all'abitato di Cicogna (circa una ventina di persone) fino alle sorgenti dei vari riali. La Valgrande, invece, offre diversi punti di accesso ma tra i piu' usati dai pescatori vi e' quello di Malesco (Val Vigezzo). Da qui si sale in auto lungo la val Loana, fino alla località Le Fornaci, poi si prende il sentiero che condurrà all'Alpe Scaredi per scendere infine a La Piana (in tutto quattro ore circa). Altra soluzione e' quella di arrivare a Premosello, salire a Colloro ed all'alpe Lut in auto.

Qui si prende il sentiero che condurrà alla Colma, all'Alpe Serena e poi ancora in La Piana (quattro ore). Da Verbania, invece, si può utilizzare la strada che porta a Cicogna e, poco prima del paese e subito dopo la galleria di ponte Casletto, si prende il sentiero che corre lungo fiume sulla sponda destra. Si arriverà dopo circa mezz'ora al ponte di Velina e dopo un'altra ora a Orfalecchio e poi all'Arca, sempre costeggiando il fiume. Ora i tratti superiori (praticamente a monte di Ponte Casletto) sono riserva integrale, in predicato per divenire parco naturale, ma la pesca e' ancora consentita o meglio tollerata dalle guardie forestali, rimaste gli unici sorveglianti di una zona non "palinata" e con tanti padroni o padrini. Vantano infatti diritti sui territori e sulle acque la regione, diversi comuni della zona e la ConPeDiVer (una societa' affiliata alla F.I.P.S. affittuaria di alcuni tratti) Esistono diverse "voci" per il futuro: che verrà proibita la pesca, che verranno proibiti i ripopolamenti, che sarà introdotta una speciale licenza e regolamentazione, che verranno chiusi alcuni tratti o affluenti. "Cose all'italiana"! Nessuno per ora sa niente, poi probabilmente verrà creata una situazione nebulosa con il risultato che tra conflitti di competenze, di enti preposti e di territori verrà praticamente autorizzato ogni saccheggio. Auguriamoci che almeno il pezzo a valle passi indenne dalla bufera. Una descrizione dei vari tratti di ogni torrente richiederebbe un volume intero. Basti sapere che ci sono trote splendide ovunque e che risalendo il torrente occorre fare molta attenzione nei passaggi piu' difficili. Da non dimenticare, quando si prepara lo zaino, specialmente nei mesi piu' caldi, una confezione di siero antivipera. In Valgrande sono tutte "acque libere" e quindi valgono i regolamenti provinciali: la misura minima in provincia di Novara e' di venti centimetri e sono permesse dieci catture al giorno. Visto che abbiamo ancora dei regolamenti da Medio Evo sta a noi pescatori imporci un'autoregolamentazione, ricordandoci che in zone come queste non abbiamo l'alibi dell'inquinamento: se le trote diminuiscono e sono sempre piu' piccole e' solo colpa nostra. In uno Stato che ogni giorno dimostra di non essere in grado di tutelare il suo patrimonio naturale e quindi anche ittico, e' necessario che ciascuno di noi si senta piu' responsabile nel salvaguardare le poche ricchezze, come le valli che vi ho descritto, ancora rimaste nel nostro paese.

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