1.Le
Radici
1.09
Aperture,
ricordi e riflessioni.
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mag.96
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Per molta gente la pesca è vista
come il passatempo della vecchiaia. Tra i pregi di questo sport
ci sono la pace e la serenità della sponda di un fiume
e il lento scorrere del giorno senza preoccupazioni e pensieri.
Chiedi a chiunque cosa pensa della pesca e verrà fuori
sempre l'immagine della canna di bambù appoggiata a una
forcola. Il pescatore viene descritto come un'anima tranquilla
che siede all'ombra di un albero, con una pazienza infinita.
La pesca però non è sempre così. Nel nostro
mondo ci sono espressioni magiche, o diaboliche, che ti fanno
dimenticare affetti, famiglia, norme elementari di sopravvivenza.
Probabilmente in altri tempi, frasi come "trota di cinque chili",
"il posto segreto delle guide", "torrente sconosciuto" venivano
usate per evocare gli spiriti del male. Questi luoghi o torrenti
"segreti" esistono veramente, ma generalmente sono praticati
solo dai montanari locali. Su argomenti del genere esiste un
codice di omertà al cui confronto quello della Mafia
scompare. Una volta, in seguito ad una "soffiata" ne provammo
uno. C'erano dei discreti salmerini lungo il riale e in un'enorme
buca ai piedi di una cascata. Forse ne catturammo qualcuno.
Non mi ricordo. Quello che mi ricordo è "l'uscita" dal
fiume e l'arrampicata di due ore. La franata ripida ed infinita,
che si sbriciolava ad ogni passo, obbligandoti ad avanzare con
le braccia infilate nella terra per cercare una radice o un
appiglio. Di fianco la cascata assordante e terrificante che
veniva giù e le mie frasi del tipo: "bisogna essere deficienti",
" ..non parlatemi più di pescare in posti segreti" eccetera.
La selezione naturale è un processo spietato, una sorta
di evoluzione crudele che separa il debole dal forte, lo scemo
dal furbo, e assicura che sopravviverà solo l'esemplare
più dotato, intelligente e sano. Questo è universalmente
risaputo, si applica a tutti gli animali, incluso temoli e salmoni.
Che
forse vada applicata anche ai pescatori non è poi così
universalmente conosciuto. Per quanto riguarda il "wading",
è piacevole pescare stando in acqua quando questa è
calma e sicura, ma ci sono spesso punti ingannevoli e rischiosi.
Ho guadato certi raschi in mezzo alla corrente con l'acqua sì
e no al ginocchio, mentre appena a un paio di metri c'erano
crateri profondi, abbastanza larghi da ingoiare una cattedrale,
completa di piccioni e turisti, senza lasciar traccia. Le liturgiche
"aperture" facevano parte del processo di selezione, dell'evoluzione,
del perfezionamento del "pescatore assoluto". Le levatacce per
"prendere il posto", le ore sotto la pioggia e la tendenza di
questa a entrare negli waders o nel collo tenevano a casa gli
spiriti più fragili. Solo gli assatanati più gagliardi
e tenaci sfidavano neve e gelo invernali alla ricerca del trofeo
sfuggito la stagione precedente. Mi ricordo certe aperture sui
laghi alpini quando pescavi con il ghiaccio.A
volte questo ricopriva quasi completamente la superficie e dovevi
usare tecniche da eschimese. Gli esperti dicono che c'è
bisogno di almeno quindici centimetri di buon ghiaccio duro
per sopportare il peso di una persona. Ma non ti dicono come
determinarlo.Il
metodo comunemente accettato era che uno camminava avanzando
sul lago e poi si metteva a saltare su e giù, mentre
il resto della delegazione osservava dalla riva. Come puoi immaginare,
ero piuttosto nervoso quando toccava a me.
Mi sentivo abbastanza
sicuro solo sui laghi dove vedevo già una ventina di
persone, nessuna delle quali correva verso di me urlando o chiedendo
una corda. Portavamo una latta di vermi che doveva pesare almeno
dieci chili, un sacco di ami e cordine e nylon che avrebbero
potuto tirar fuori un carro Leopard dal fango. Avevo un enorme
berretto di lana, il cappuccio, ed ero così imbacuccato
dai maglioni che potevo a malapena sollevare la spalla.Si
accendeva un fuoco per stare caldi, innescavamo gli ami e li
lanciavamo negli spazi liberi dal ghiaccio. Poi ci si sedeva
chiaccherando e aspettavamo guardando i cimini. Il più
delle volte gelavamo. A una certa ora, solitamente, arrivavano,
da parte dei più vecchi, i commenti sui turpi tempi moderni.
Alternavano frasi tipo "passa il cognac" ad altre come "cosi'
non si può andare avanti" e "non c'e' piu' religione".
Una volta sentii uno dichiarare che avrebbe pagato un milione
per un punch bollente. Più tardi lo incontrammo al rifugio
mentre sbraitava con una cameriera che gli aveva chiesto cinquemila
lire per quello stesso punch. Borbottava che era una richiesta
scandalosa e che avrebbe scritto al "Corriere".C'erano state
anche le aperture sui torrenti della Valgrande. Fu un'esperienza
da "veri uomini" che durò diversi anni. Si passavano
le vigilie seduti intorno al fuoco da bivacco a ponderare il
significato della vita, fumando toscani puzzolenti e assaporando
il "sottile" bouquet della grappa distillata di frodo. Niente
elettricità. Niente rasoi. Niente acqua corrente, a parte
quella del fiume. Niente ragazze.... nessuna si sarebbe sognata
di venire con noi. Non importava. Era proprio questo che facevano
i veri uomini. Per la maggior parte del tempo, anche qui, congelavamo.
Quando il sole era dritto sopra di noi riscaldava l'aria alla
bellezza di cinque gradi, mentre di notte e di mattina la temperatura
scendeva allegramente sotto lo zero.Sentivamo
disperatamente la mancanza delle docce bollenti e delle nostre
fidanzate (non necessariamente in questo ordine), ma eravamo
troppo orgogliosi per scendere da quelle montagne.
L'apertura
del '74 fu memorabile. Avevamo camminato, Guido ed io, per cinque
chilometri fino al torrente, nella neve; questa era alta oltre
quaranta centimetri e, per tutto il giorno, venne giù
acqua mista a neve. Rientrammo assiderati e febbricitanti e
dovetti trascorrere tre giorni a letto con un'infermiera. Fu
un'esperienza snervante ma divertente. Tentai inutilmente di
ripeterla l'anno successivo. Il suo nome era Yvonne. Allora
compilavo una specie di diario dopo ogni uscita. I primi tempi
le schede erano particolareggiate, poi divennero via via più
sintetiche. Sfogliandole ho ritrovato questa "perla": apertura
''79. Domenica, ore 6 Toce, ponte di Migiandone: venti macchine
"di fuori". Ore 7 Torrente Isorno, Guido preso a verme due trotelle
e una tre etti. Io zero. Ore 11.30 Torrente Melezzo. Provato
a mosca. Zero.
Appuntamento
con la squadra bar Edelweiss. Escursione degenerata in un'osteria
brulicante. Perso il conto dopo l'ottavo. Ascoltato canzonacce
varie e duecento cori alpini. Bocciato Citroen entrando garage.
Con Guido pescavo spesso e feci diverse "aperture". Mi telefonava
una settimana prima....ed erano sempre camminate incredibili,
arrampicate, luoghi allucinanti, corse in auto. Ho ancora la
sensazione che se non si fosse sposato avremmo potuto divenire
il duo più instancabile dopo Batman e Robin. L'ultima
volta, qualche giorno prima di un'uscita programmata, mi aveva
chiamato e aveva detto che il fiume era basso e che la pesca
nei giorni precedenti era stata tragica. "Non ti biasimo se
non stai a casa," aveva detto" ma le cose possono cambiare e
non ci vediamo da tanto tempo". Appena sul fiume, mi mostro'
una nuova canna. Gli chiesi dove l'aveva presa ed egli disse
che apparteneva a sua moglie Mariella. "Aspetta un po'", dissi,
"tua moglie odia almeno quanto la mia la pesca. Perche' avrebbe
dovuto comperare una canna cara come questa?""Lei
non l'ha comperata", disse lui, "gliel'ho regalata io il mese
scorso per il suo compleanno".Se,
all'inizio della stagione, devo andare su un torrente lontano
e star via qualche giorno e i giornali parlano di possibile
brutto tempo, piogge e magari inondazioni, come spesso capita
in primavera, per precauzione porto in solaio le canne in refendu,
i vecchi dischi di Jimi Hendrix, qualche libro e poche altre
cose che non devono rovinarsi, non si sa mai. Quattro anni fa
feci l'ultima "grande" apertura: oltre una ventina di trote,
con cinque o sei decisamente belle. Il fiume era piccolo, freddo,
ripido, in alcuni punti profondo, in altri basso e ramificato
e incasinato di ciottoli e tronchi sbiaditi di pini e castani.
Principalmente scorreva nel bosco, che era ancora fortunatamente
senza foglie. In estate infatti l'acqua è piacevolmente
ombreggiata, ma a volte il bosco fitto cattura le tue mosche
e i finali, e li trattiene come se fossero incollati col Bostik.Un
amico valligiano quella volta mi aveva portato sul......meglio
di no! Diciamo che la montagna, l'alpeggio e il riale hanno
lo stesso nome, e questo nome è quello che ho promesso
di non divulgare. Ma l'apertura non è solo pesca: è
principalmente una tradizionale rimpatriata tra vagabondi e
balordi affini, una opportunità di uscire su un fiume
e provare qualcosa della propria attrezzatura, e la possibilità
di stirare le proprie gambe e ossigenare i polmoni, e anche
l'anima. La pesca vera e propria viene dopo. Il primo giorno
è qualcosa di simile a una gara, ad un gioco d'azzardo.
Abitualmente, dalle mie parti, è dedicato più
al bere che al pescare, un genere di situazione contro la quale
non cerco troppo di lottare se la pesca diventa misera. Cerco
piuttosto che qualche bicchierino arrivi solo quando la pesca
è finita. Purtroppo oggi "apertura" significa quasi sempre
trote scaricate dal camion dell'allevamento qualche giorno prima.Quando
non trovano nella buca le abituali palline di farina di pesce
se ne vanno in giro cercando di masticare di tutto: tappi di
coca-cola, sacchetti di plastica, vecchie galosce, Mepps n.2
e, talvolta, gli insetti naturali che trovano.
Sono
tutte uguali, tutte rimbambite, tutte scialbe e fiacche: queste
trote stanno
a una fario selvatica come il pollo del supermercato sta all'aquila.
Ora trascorro buona parte dell'inverno lontano dai miei torrenti,
e pescando pesci diversi dalle trote. Questa mia scelta spesso
viene travisata; ci si trova a volte nella vita a questo bivio:
venire considerato un rozzo o uno snob. O nel gregge o nel novero
di quelli con la "puzza sotto il naso". L'idea di una terza
via, quella del "faccio come mi pare" non e' ancora contemplata.
Evidentemente, come diceva La Rochefoucauld, "Reputiamo persone
di buon senso soltanto quelle che la pensano come noi". Altra
apertura "classica" di gruppo fu quella che feci sette/otto
anni fa. Persi qualche pesce, non perchè fossero grossi,
anche se qualcuno di loro lo era abbastanza, ma perchè
la coda si gelava negli anelli prima che facessi in tempo ad
accorgermene.
Quando
spaccavo il finale su una trota mi scaldavo le mani sotto le
ascelle quel tanto che bastava per riuscire a legarne un altro.
Le trote bollavano solo tra le dieci e l'una, ma quando lo facevano
la pesca era, per così dire, tecnica e soddisfacente.
Significa che dovevi usare una Gordon Quill del 18, un finale
dello 0.10 e lancio e posa dovevano essere da manuale. Non sono
mai stato un maniaco del pesce enorme e anche ora, non trovo
nulla di sbagliato in una trota di trenta centimetri. Anzi,
io sono facile da accontentare e trovo che un pesce di quella
taglia meriti delle congratulazioni, forse una fotografia e
senz'altro una "seduta con fumata" sulla riva. Paolo prese una
marmorata di quasi un chilo e nell'eccitazione del momento indietreggiò
sulla riva e inciampò su un grosso sasso e cadde con
la schiena (doveva essersi impegnato per sviluppare quel movimento
perchè il giorno seguente nello stesso posto inciampò
sullo stesso sasso).Il
volo non fu però così plastico come quello precedente.
Strano: si dice che è la pratica che rende perfetti.
Piovve per mezza giornata e faceva così freddo che due
o tre di noi si allontanarono dalle trote che bollavano per
andare in paese e bersi un paio di caffè bollenti. Ci
divertimmo abbastanza che tornammo sullo stesso fiume una quindicina
di giorni dopo. La pesca fu altrettanto buona, ma il tempo era
migliorato e così non c'era più niente da raccontare.
Solo che prendemmo diversi pesci e questo è tutto sull'argomento.
E così ora comincio a pescare un po' più avanti,
verso Aprile. Parto quando il tempo è leggermente coperto
e freddo, con una brezza leggera leggera da farti desiderare
un K-Way sopra al maglione; il genere di tempo che è
perfetto per pescare e, più importante, il genere di
tempo che fa diventare le trote dei torrenti più sceme,
o almeno meno intelligenti. Pesco nel S.Bernardino o nel S.Giovanni
verso il lago, per togliere la ruggine invernale e "rifar la
mano" con canne e code del 4. Talvolta vado sul Toce che in
quel tempo dell'anno è chiaro, poi in estate diventa
color caffelatte e più avanti, talvolta, color nutella.
Allora non c'è niente da fare se non aspettare, generalmente
il fiume si schiarisce da solo nel tardo pomeriggio. Nel frattempo
sembra poco invitante e completamente disabitato. Poi si anima
un po'. Non ci sono bollate "...come se piovesse" e nemmeno
vedi sull'acqua "...uno strato continuo" di effimere, ma c'è
qualche schiusa e qualche trota sale a bollare, che, in definitiva
è quello che cerchiamo. Infatti io preferisco situazioni
come questa: abbastanza mosche sull'acqua da mantenere desto
l'interesse delle trote, ma non così tante che la tua
piccola mosca si perda nell'affollamento generale. Normalmente
mi danno sui rifiuti di un paio di trotelle appena più
grandi della mia Cul de Canard e prendo qualche cavedano. Ce
ne sono un sacco dappertutto. Il motivo per cui ora ci sono
così tanti cavedani nelle nostre acque è perchè,
credo, l'amministrazione provinciale, la Fips e tutti gli altri
enti non hanno mai fatto niente per aiutarli. Scelgo di pescare
con le Cul de Canard perchè mi piacciono, anche se spesso
non imitano niente. Scegliere una mosca solo dalla capacità
di questa di prendere pesci è come dire che un poster
del Milan o un quadro di Picasso sono altrettanto validi perchè
tutti due coprono la stessa macchia sulla parete. Quando il
braccio è nuovamente allenato e gli occhi hanno ripreso
a "vedere" pesco a ninfa. Uso in inizio di stagione una grossa
ninfa scura, con un recupero così lento che praticamente
è solo il tener la lenza tesa. Dopo qualche tentativo
ne provo una più chiara, del 16 o del 20. Non chiedetemi
il nome o cosa rappresenta. Sapere il nome latino di un insetto
schifoso ti permette di darti delle arie o lamentarti in una
lingua morta, ma a parte questo sul fiume non aiuta molto. Prima
di attaccare un ciuffo di piume sul tuo finale dovresti inoltre
considerare la stagione, osservare l'aria, l'acqua eccetera,
come dicono i sacri testi, ma le trote apparentemente non hanno
letto i libri, ignorando spesso quale dovrebbe essere il proprio
comportamento. La pesca a ninfa è paragonabile, per molti
versi, a certe discipline Yoga. Non sai mai se stai comunicando
con un Altro Mondo o no. Io so solamente che me ne sto per ore
sul fiume, bardato più di un astronauta, cercando di
sconfiggere in astuzia una creatura con un cervello grande come
una briciola, e divertendomi come un matto della cosa.
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