2. Salmone: il grande amore
2.05 Una giornata in Alaska
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gen.88

Avevamo passato tutta la notte pescando temoli a secca e grosse Lake Trout a streamer. E' veramente emozionante: c'è dappertutto un silenzio irreale, una calma incredibile, tutte le migliori caratteristiche della notte. Solo che il "sole di mezzanotte" illumina ogni cosa. Non è come fosse mezzogiorno, diciamo che è più simile ad un crepuscolo. Gli altri ospiti immaginavano che andassimo da qualche parte, probabilmente a pescare, forse a donne, ma, anche se avevano qualche volta accennato a qualche domanda, non chiesero mai veramente qualcosa. I pescatori notturni sono visti come leggermente antisociali ed è meglio non averci a che fare. George, il pilota, a colazione dice che saremmo potuti andare in un posto del quale è a conoscenza e aggiunge che l'ultima volta, quattro anni prima, in quel luogo avevano catturato delle belle trote. Non immaginare l'uomo della pubblicità Marlboro.
George, in aggiunta ad una barba fluente per dare il tocco al suo naturale look, ha una collezione di cappelli per ogni possibile occasione; ogni cosa, dal cilindro grigio, al copricapo peruviano, al berretto autografato da Abdul Kabbar, più un nero baule pieno di chissà cosa. Il suo viso preistorico e la mascella prognata fa apparire l'uomo di Neanderthal come un "giovanotto" al suo cospetto. Inoltre l'uomo ha un enorme corpo cilindrico con due lunghe nerborute braccia; entrambe le mascelle hanno incisivi e canini sporgenti. Il colore è variabile. Grigio bluastro con macchie più o meno diffuse. In ogni caso accettiamo con entusiasmo, l'idea di pescare in un posto quasi vergine ci dà un'emozione particolare.
Senza voler apparire troppo sdolcinato o pignolo diciamo che pescare in Alaska ha un fascino diverso: magari la guida ti dice che vai a pescare al XXX e poi scopri che è sei stato in un altro luogo. Oppure che vai al "Bill Point" e scopri, quando sei là che stai pescando a lato di Bill. Dopo una colazione abbondante corriamo subito ad indossare giacche a vento e waders ed a prendere tutta l'attrezzatura. Saliamo sull'idrovolante, un piccolo Beaver da quattro posti, una breve corsa sul lago ed eccoci in volo. Foreste, laghi, montagne: tutto un susseguirsi di scenari da sogno. Dopo circa un'ora e mezza di volo arriviamo in una conca simile ad altre dieci che abbiamo sorvolato; vedo George che cerca dei riferimenti li' attorno, iniziamo la discesa e intravediamo lo Shallow Lake: poco piu' di una pozza mimetizzata nella tundra. Mentre scendiamo il rumore dell'idrovolante mette in fuga un orso su di una collina. La profondità del lago (50/60 cm.) ci fa' capire perché George è l'unico pilota a conoscenza di questo luogo e soprattutto disposto a raggiungerlo. L'atterraggio si presenta difficoltoso anche a causa di un fitto tappeto d'alghe che quasi nasconde la superficie; l'idrovolante si appoggia al centro del lago e solo quando tutti siamo scesi ci è possibile spingerlo, ormai alleggerito, a riva. Mentre i miei due compagni d'avventura si dirigono verso l'immissario camminando faticosamente sulla tundra, noto uno spazio, libero da alghe, nel lago. Due falsi lanci per allungare la coda e poso lo streamer nel centro della zona libera. Immediatamente un colpo secco e dopo circa un minuto slamo e restituisco al lago un luccio che più o meno sarà un paio di chili. I successivi sette/otto lanci mi fruttano solo alghe: ho sfruttato l'unico spazio pescabile.
Decido quindi anch'io di dirigermi verso l'immissario, un piccolo creek con acqua limpidissima. Ci sono alcune curve con cosà tanti alberi crollati che ti occorre un'ora par fare cento metri...Scorgo lontano la testa di Italo, un grido per chiedere come va e la risposta, pittoresca ma inequivocabile, mi fa capire che è a mani vuote. Qualche lancio qua e là ma non vedo pesci. Ad un tratto, sempre risalendo, noto sul fondo alcune ombre, ma non riesco a capire di che pesci si tratta. Provo allora con un Wolly Worm. Eccolo! Viene su come una scarpa vecchia, non so cosa possa essere: incredibile! Un temolo che sembra una carpa, almeno un chili e mezzo per quaranta centimetri. Sento un urlo e vedo lontano Italo con la canna piegata.
Pesco un'altra mezz'ora e prendo un altro temolo fratello del primo ed un bel salmerino. Naturalmente rilasci anche questi. Comincio ad aver fame e ridiscendo verso il lago dove George ci aspetta; arrivato nel punto dove il torrente si allarga prima di entrare nel lago, vedo dall'altra parte una riva franata che mi ispira, sul finale attacco una Polar Shrimp. Il lancio è lungo e molto difficoltoso per il forte vento. Ci arrivo al limite. Vedo un ribollio nell'acqua, sento uno strappo fortissimo sulla canna e recupero il finale senza mosca. Un nylon del 30 rotto come niente. Anna e Italo mi raggiungono: hanno preso e rilasciato tre splendide trote; di una Italo ha fatto i segni sulla canna. Saranno almeno settanta centimetri! Raggiungiamo l'aereo dove ci facciamo un tonificante caffè bollente ed un orribile panino. La sosta è resa movimentata dagli schiaffoni a causa delle zanzare. La conversazione cade sui soliti argomenti: il tempo, i pesci, le mosche. Abbiamo avuto molte conversazioni come questa durante le quali i nostri occhi non si incontrano perché tutti istintivamente guardiamo sempre l'acqua. La mia voglia di Rainbows è alle stelle e con l'ultimo boccone ancora in gola vado dove il fiume esce dal lago. Una sigaretta mentre metto un finale più robusto ed un'altra Polar Shrimp più grossa e comincio a pescare. Qui il creek è più largo ma non di molto. Al primo lancio prendo un piccolo luccio poi lancio in un correntone e mi sembra di vedere, recuperando, qualcosa simile ad un ribollio sulla scia della mosca che, a quel punto, è "a fine corsa".
La tentazione è troppo forte per resistere, cosà mi sposto faticosamente, portandomi leggermente a valle per permettere una "passata" diversa.Faccio un paio di falsi lanci per tirare fuori una lunghezza giusta di coda, poi lancio la mia mosca sul posto e inizio un veloce recuperoUn increspatura appare dietro la mosca che poi si trasforma in un'onda come se un siluro puntasse verso la mosca, e io accelero maggiormente il recupero, l'onda aumenta l'andatura fino quasi alla riva, poi improvvisamente sparisce. Do uno strattone ed ecco finalmente la mia Rainbow. La canna è piegata, il mulinello canta, mi porta via sessanta metri di backing in un attimo, la vedo saltare, la tiro vicino, riparte. I mulinelli fumanti fanno parte di quelli odiosi clichè nelle riviste di pesca, ma il mio è caldo e scotta. Splendida emozione. Dopo una lotta da infarto eccola sulla riva vicina a me: la guardo, è bellissima, lucente con la striscia laterale rosso vivo. Con delicatezza tolgo l'amo e la rendo al suo elemento. Poi altri lanci, altre trote, altre scariche d'adrenalina. I miei amici mi raggiungono, facciamo un lancio o due a testa e la sagra continua. Non ci accorgiamo nemmeno del tempo che passa e siamo quasi sorpresi quando George ci viene a chiamare per il rientro al lodge.
La giornata è finita. Questo piccolo torrente ci ha dato ventun trote tra i tre ed i sette chili, oltre a temoli e salmerini che, in quel luogo, abbiamo snobbato e che a casa non speriamo nemmeno di catturare, il tutto pescando a mosca. Purtroppo ora George non c'è più e non siamo più riusciti a ritrovare quel paradiso. ( La scena si riferisce ad una giornata di giugno del 1983 nella vallata del Togiak - Bristol Bay - Alaska )

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