2. Salmone: il grande amore
2.18 Alaska : benvenuti nell'Eden
Nota: cliccare sulle foto per ingrandirle.
Vai all'Album foto
apr.93

E' settembre e sto pescando salmoni. Sono a mollo in un affluente del Mulchatna, a Est della Bristol Bay. Lascio derivare uno sgorbio rosso fiamma chiamato, giustamente, Oltraggio: sembra costruito incollando a casaccio piume e peli sull'amo. I miei occhi fissano la linea chiara della coda. Questa si ferma in modo innaturale nella corrente. Sollevo il cimino piuttosto lentamente ma l'amo, affilato da poco, si pianta lo stesso. Sento sbattere la testa di un pesce pesante. Il cuore si blocca per un attimo, poi tutto si calma: questo chiaramente non e' un Silver. Combatte molto bene mentre lo porto, senza alcuna emozione, verso riva. E' una lucente Dolly Varden sopra i due chili. La sgancio impassibile e la lascio andare. Realizzo, dopo un attimo, che sto disprezzando un pesce che avrebbe fatto fare salti di gioia al 99 per cento dei pescatori. Sono pesci eccezionalmente combattivi ma io mi sento frustrato. In un altro momento e in un altro luogo avrebbe elettrizzato anche me, ma io voglio salmoni e da due ore sono sul fiume a sfacchinare inutilmente. Questa e' la quinta Dolly di quel peso; certo un salmone lotta di piu' ma comunque non c'e' niente di vergognoso nel catturare pesci di due chili! Alla prima avevo tremato dall'eccitazione ed ero rimasto, come ogni volta, stupefatto dalla magnifica livrea di questi pesci. Le "Dollies" hanno dorso grigio acciaio, fianchi blu e ventre arancio con puntini rosa e azzurri su tutto il corpo. Le pinne arancio sono bordate di bianco: un capolavoro della natura.
Scendo, a piedi, per circa un chilometro insieme agli altri e ci troviamo di fronte una promettente ansa. Mentre tiro fuori un panino e lancio "in testa" alla pool, uno di noi finalmente ne aggancia uno. Sorpreso, mollo la canna, afferro la Nikon e accorro dove sta lottando il primo Silver del viaggio. E' splendido e molto piu' grande dei pesci ai quali si e' abituati. Passa senz'altro i quattro chili. La nostra guida preme del tabacco nella pipa e l'accende con un vecchio Zippo. Fuma un tabacco che, credo, ricavi dal guano. Ride: "Solo un baby, dieci libbre!" "Baby!?!" Masticando quel che rimaneva del mio panino, attacco una Mary Ann al finale, lancio a una decina di metri dalla riva e do' un paio di colpetti tirando la coda. Il colpo secco che sento rende inutile anche il solo pensiero di ferrare e il finimondo accade. La coda taglia veloce attraverso la superficie sollevando baffi d'acqua. Poi il salmone da' inizio allo spettacolo: salti e "tailwalking", fughe supersoniche, puntate verso la riva. Agganciare un Coho talvolta e' semplice, ma tirarlo a riva non e' mai facile. Abbiamo finalmente trovato il "filone" e difficilmente la mosca fa' piu' di tre passate indenne. Ne collezioniamo una sfilza: spesso ci ritroviamo in due o tre con un pesce in canna.
Ad un certo punto ho la sensazione di stare nell'acqua gelata da troppo tempo: non riesco piu' a localizzare esattamente le gambe. Il freddo punge ma non sto male. Certe situazioni sono difficili da spiegare: rimane il fatto che essere in giro a pescare implica uno stato d'animo nel quale, per me, e' impossibile soffrire. Gli waders sono una grande invenzione anche se talvolta sono scomodi: quando devi toglierli sganciando bretelloni, gilet, tuta termica ermetica: peggio che ai tempi di Goffredo di Buglione, quando erano di moda le armature. Avere degli waders adatti alle diverse situazioni e' fondamentale; nella scelta dobbiamo tener conto dello spessore, suolatura in feltro, chiodi, ramponi ma non parliamo con estranei di queste valutazioni: la gente con una maggiore quantità di materia grigia se ne sta fuori da torrenti gelidi. Rientriamo.
Il rombo del De Havilland rende impossibile qualsiasi conversazione, ma non importa. Le lande selvagge si stendono sotto di noi, incollati contro i finestrini di plexiglas tutti graffiati. Si balla un po', la cabina e' scomoda e rumorosa. Pochissime parole. Ogni tanto qualcuno ti batte la spalle, punta il dito e urla: "Alce!". Dai un'occhiata e annuisci con la testa. Cosi' e' volare in Alaska: emozioni, suoni, immagini e navigazione alla Diocelamandibuona (un minimo di strumenti e nessuna sofisticata tecnologia). Studio il paesaggio ondulato. Fin dove arrivano gli occhi fitti abeti circondano stagni e ruscelli. Ci sono laghi e fiumi ovunque, a "centinaia" o "infiniti", dipende a chi lo descrivi. La vista e' fantastica, anche se quello che ci interessa sta sotto acqua: salmoni enormi e grosse Rainbows, selvatiche come i luoghi sotto di noi. Il terreno di torba e' bagnato e spugnoso; distese di licheni ricoprono il territorio per centinaia di chilometri; questa terra e' rimasta selvaggia e non ha conosciuto nessuno sviluppo; i luoghi, impossibili per strade e case, sono rimasti indisturbati e incontaminati. Ci sono piu' aerei in Alaska che in ogni altra parte del mondo; la loro manutenzione non e' semplice e il tempo, in quest'angolo vicino al Polo, e' spesso infido. L'inevitabile risultato di questa combinazione e' un volo ad alto rischio. Gli aeroplani qui hanno spesso problemi e ogni anno ci sono notizie di incidenti. D'altra parte gli psicologi, nei pochi momenti in cui non ci stanno rubando soldi, dicono di affrontare sempre le nostre paure per vincerle. Alcuni giorni voliamo con un grosso, potente De Havilland Beaver, vecchio di circa quarant'anni. Dean, il pilota, ha qualche anno di piu', un passato in Vietnam e altre torbide occupazioni ma ha la stessa padronanza dell'aereo di un politico con le "buste". Il Beaver, per questi luoghi, e' il miglior aeroplano di tutti i tempi. Da quando e' stato progettato e costruito non e' stato piu' modificato: il suo grande vantaggio e' di disporre, di comandi idraulici o meccanici, riducendo al minimo le sorprese che un impianto elettrico puï procurare; inoltre e' collaudatissimo, spazioso, affidabile e familiare. Ogni mattina mi da' una sensazione inebriante vedere zaini e canne sul molo galleggiante, mentre il Beaver e un nuovo, luccicante Cessna stanno scaldando i motori. Il sole, quando c'e', e' fin troppo bello per essere credibile.
Qualche mattina c'e' il tempo per una seconda tazza di caffœ mentre aspettiamo che il cielo si schiarisca dalla spessa nebbia gelida. Al Nord siamo ormai vicino all'inverno. La nostra settimana sta per finire: il tempo procede implacabile anche se si darebbe chissà cosa per fermarlo. Mentre ci imbarchiamo verso nuove e piu' civili avventure, che vedranno voli mancati e bagagli perduti, faccio il punto sulla vacanza. Alla fine della settimana la mano destra ostenta una mezza dozzina di cerotti dovuti a una settimana di lavoro intenso su salmoni scatenati. I sei giorni trascorsi avevano visto la mia canna piegata da piu' di cento Coho. Senza dubbio pescare in Alaska e'una esperienza indimenticabile per un pescatore. Paese e pesci sono eccezionali, cosi' eccezionali che tutti dovrebbero provare almeno una volta.
L'Alaska e' immensa, quasi un continente, con alte montagne, temperate foreste pluviali, microscopici villaggi e sperdute cittadine. Impossibile descriverla sufficientemente con una parola o una frase. Un paesaggio con acque di ogni tipo, da piccoli torrenti a enormi laghi e tutti in un numero tale che anche il piu' stakanovista dei pescatori avrebbe bisogno una intera vita solo per provare una parte di essi. Anche i pesci che si incontrano sono disparati come le acque e i diversi ambienti. La giornata di un pescatore puï trascorrere sudando per contenere le fughe di colossali Lake Trout, guardando gli acrobatici salti di un Silver Salmon o lanciando una mosca in un fitto banco di Pink Salmon. Queste specie e molte altre possono essere combattute mentre si e' circondati da un paesaggio di aspri picchi innevati, nella uniforme e scabra tundra oppure in una verde vallata. In una di queste valli scorre il Kenai, nella omonima penisola. Qui si possono avere esperienze uniche anche se e' una zona facilmente raggiungibile da Anchorage in auto. Kings e Reds risalgono insieme il fiume Kenai in giugno/luglio e qui "trafilano" tra le lenze di circa 600 barche e di qualche migliaio di pescatori dalla riva. Il solo Russian River (un affluente) riceve, ogni anno, oltre 40.000 Reds in risalita. Nel Kenai e' permesso catturare un solo King al giorno (circa 8000 catture per stagione) con un massimo di cinque all'anno. Se la seconda risalita (luglio) e' sotto i 25.OOO esemplari e' concesso solo il "catch and release". La facile accessibilità del luogo ha fatto aumentare i pescatori del 1000 per cento dal 1970 ma comunque nel fiume Kenai si sono ottenuti piu' record IGFA che in ogni altro luogo. Questo corso d'acqua detiene tutti i records del Red Salmon (Sockeye) piu' quello del piu' grande King Salmon mai catturato con la canna (oltre 97 libbre, catturato da Les Anderson nel 1985). Si e' scritto parecchio di questa destinazione e si potrebbe essere portati a credere che in Alaska ogni pozzanghera e' farcita di bestioni famelici il cui solo scopo della vita e di attaccare selvaggiamente un amo. Non e' proprio cosi'. Come in qualsiasi altro luogo si deve localizzare il pesce, leggere l'acqua e capire le "vie" del cibo. Dobbiamo scoprire i trucchi, le malizie e affinare quelle qualità che, in definitiva, aggiungono divertimento alla nostra giornata di pesca. Ma ci sono altri modi affascinanti per pescare in Alaska.... il "River Trip" su gommoni o barche, per esempio. E proprio su una barchetta me ne stavo in un fradicio pomeriggio, rimpiangendo di non essere in un "cinque-stelle". Alvarez, la guida, aveva la mia eta', ma mi chiamava "Boy" per tirare l'acqua al suo mulino. Attenzione: non ci trovavamo a Madrid, Acapulco o all'Avana dove gli Alvarez sono piu' fitti delle mosche su un cane morto ma su uno sperduto, fosco, rabbioso fiume dalle parti di Juneau. Gli scossoni erano tutt'altro che impercettibili; ho fatto viaggi migliori cadendo giu. per una rampa di scale. Quando diceva: "Siediti e attaccati" dovevi farlo senza perder tempo a chiedere perchè. In pochi secondi appariva ovvio. Sparavamo giu. per il fiume. Alvarez armeggiava ai remi per tenere, per quanto poteva, la barca diritta e sempre alla stessa distanza da riva.
Cercava anche di non "cappottare" ma questo era secondario. Man mano che scendevamo individuava i posti (le trote stanno costantemente attaccate alla riva, sotto le frasche) e urlava rapido: "Bella buca a sinistra, sotto l'albero e davanti al sasso..." Avevi solo un lancio, che doveva essere perfetto, poi un attimo per lasciare affondare il Muddler Minnow, un altro secondo per uno o due strappi, e poi o stavi recuperando il pesce o ti preparavi al lancio successivo. Proprio in mezzo a una rapida, tra due rocce affioranti, piantai l'amo in bocca alla piu' grossa, piu' grassa, piu' scura trota della settimana. Esplose dalla superficie e ricadde giu., sbattendo sull'acqua come un ferro da stiro lanciato da una finestra. Punto' decisa verso di noi e in un secondo avvolse il filo sul remo. Tanti saluti.
La barca scendeva velocemente con la corrente. Riuscivi, e non sempre, a fare un solo lancio per buca: era indispensabile velocità e precisione. Non hai tempo per falsi lanci, non puoi allungare coda. Il finale deve essere corto, in pezzo unico e robusto, sia per "tenere" le grosse Rainbows e trascinarle mentre la barca scende, sia per strappare lo streamer dai rami quando sbagli. Per quanto abile nel lancio, ogni tanto ti "attacchi" e non puoi tornare indietro per recuperare la mosca oppure perdere continuamente tempo per annodarne una nuova. Questo tipo di pesca a mosca puï apparire lontana da regole e stereotipi ai quali siamo abituati e apparirà senz'altro sconvolgente per alcuni puristi, per i quali la cattura di un pesce deve obbedire a leggi piu' complicate di quelle del Talmud. D'altra parte non prendere trote su emerger del 20 e' uguale a non prenderle su streamer del 2. Questo riflette due filosofie diverse e tutte due le scuole hanno una loro storia e validità. Ma la nostra passione e' coinvolgente e complessa. Anche noi abbiamo le nostre mode e fissazioni: guai se non lanci con Hardy o Sage o con altri attrezzi ancora piu' costosi ed esclusivi che, considerato il loro prezzo, possono essere acquistati solo da quelli in lista per la Testarossa. Anche nelle destinazioni dei nostri sogni ci sono le varie ossessioni cosi' ecco che, ciclicamente, la Shangri-La dei pescatori viene considerata l'Alaska, la Patagonia, il Canada, la Russia. Piero, amico e vero "maitre a penser", rifiuta l'idea dei viaggi; afferma infatti che "fregare" un temolo del Sesia e' il piacere piu' grande che un uomo possa concedersi senza togliersi i pantaloni. Viviamo in un'epoca di parchi nazionali, ripopolamenti, zone protette e laghetti sportivi "butta e prendi". Tutto ciï credo abbia contribuito a crescere un tipo di pescatore che misura il proprio divertimento solo dal numero di pesci che tira fuori. Per me, invece, le esperienze in certi luoghi selvaggi sono importanti, soprattutto perchè permettono di affrontare pesci che son diventati grandi, forti e astuti solo per merito di Madre Natura. Stiamo attenti pero' che la reputazione di certe mete e' fondata interamente su quanto riportato da pescatori, un genere di persone che hanno una particolare nomea per il loro uso ... politico della verita'. E allora, prima di un viaggio, a chi ci si deve rivolgere? A chi ci vende gli ami? All'ACI? All'INPS? Al Mago Zurli'? Oppure basta consultare l'oroscopo? Non lasciamoci anche influenzare troppo dalla pubblicità dei viaggi "in un luogo che non si dimentica". Anche Hiroshima e' indimenticabile


INDICE
|
Home | Prefazione |E-mail |
RadiciSalmone | Trotemoli | Saltwater | Pesci_strani | Varie |