2. Salmone: il grande amore
2.30 Varzuga-Pana: Mosche e Salmoni
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ago.99

Per una mezz'ora ero stato indaffarato con un salmone cui piaceva il "look" della mia mosca. Dopo un altro dei molti lanci della mattinata, mentre ero assorbito dal ritmo "lancio-posa-passata-passetto" come se stessi impratichendomi in un genere nuovo di ballo, avevo notato un "flash" sotto la superficie. Nella trentina di lanci successivi il salmone era salito un paio di volte ancora; poi non si era fatto più vedere. La nebbiolina dell'alba si era trasformata via via in una pioggerellina che a sua volta era diventata un tempaccio da cani. Ero bagnato e gelato. Nel gilet da pesca tengo sempre uno di quei termometri tascabili, ma già sapevo di non aver bisogno di uno strumento che mi dicesse quando ho freddo. Per quanto quella mattina fosse fradicia e miserabile, e ancora senza pesci, ricordo che, abbastanza strano, mi sentivo magnificamente. Camminare lungo un fiume, ascoltare lo scorrere dell'acqua, essere circondato da betulle e pini, è sufficiente per me per star bene. Questo è un genere di pesca che certamente richiede abilità ed attenzione. Ma è il tipo di lavoro che non prende tutti i tuoi sensi... solo quanto basta per tenerti lontano dal pensare troppo seriamente a qualsiasi altra cosa. Quest'esercizio ripetitivo alcuni lo chiamano "assenza di pensieri in armoniosa concentrazione". Stavo seduto su un tronco, guardando scorrere il fiume e pensavo ad un'amica che, per dirla in termini educati, frequentavo da sei mesi, e che cominciava a chiedere qualcosa di più definitivo. Prima di perdermi troppo nell'analisi della situazione, un inconfondibile "splash" mi distolse dal ruolo di spettatore sfaccendato. Sebbene nel fiume erano presenti anche parecchi temoli di buona taglia e in quel momento c'era una semi-schiusa di grossi insetti, l'origine dell'onda apparsa sulla superficie dell'acqua chiara era, appunto, inconfondibile. Senza addentrarmi in maggiori dettagli, dirò solo che tutto andò per il verso giusto, il pesce morse la mosca al primo passaggio e rimase agganciato. Combatté meravigliosamente per non so quanto tempo, saltando un paio di volte e "sparando" a valle e poi correndomi incontro.
Io scesi (rotolai?) giù da una collina di fango semi-erosa, infilandomi in una specie di trincea naturale; ero girato verso valle, il pesce era verso monte da qualche parte, più o meno due metri sotto la superficie, e circondato da un milione di rami e rocce Se il viaggio per arrivare a questa Shangri-La già è difficoltoso, avanzare lungo il fiume è peggio: pozzanghere, fango che t'imprigiona gli stivali, muschio molleggiato, tronchi spezzati attraverso il sentiero, sassi scivolosi......La descrizione di una buona zona da salmoni contiene generalmente l'intera lista dei terreni che non vorresti attraversare. Devi arrampicarti tra colline impossibili, attraverso Giungla tipo vietnamita, in mezzo a cespugli che potrebbero nascondere qualsiasi cosa incluso orsi e briganti.
"La pesca alla balena è un mestiere d'inferno" scriveva Herman Melville in "Moby Dick" .... Non aveva pescato il salmone! La scena era proprio come avrebbe dovuto essere, mancava il liturgico gracchiare del mulinello ma stavo usando un Tibor che non ha il "sonoro". Non misurai il pesce, ma potrei scommettere su circa settantacinque centimetri. Diedi una torsione all'amo e lo rilasciai; sembrava stanco ma in buona forma. Prendere un grosso salmone secondo i sacri canoni è il genere di cose sulle quali sei portato a ponderare. Dapprima c'è la gloriosa scarica egocentrica e ti senti come Superman. Poi decidi che sei un pescatore maledettamente furbo e abile, infine mediti sul fatto che, in altre parole, hai avuto un bel deretano. Una dozzina d'inconvenienti avrebbero potuto cospirare contro il giusto "drift" quando il pesce era là sotto e stava guardando la mosca: poteva decidere che non gli piaceva, oppure poteva salire a guardarne un'altra, vera, appena più a destra. Guadai poi fino ad una roccia dall'aspetto comodo e mi sedetti per controllare mosca e terminale e per rifare il riffle hitch che si era sciolto nel combattimento. Pesco con un terminale di tre spezzoni da sessanta centimetri di 0.50, 040 e uno 0.30 finale che potrebbe sollevare un vitello. Appena rilanciai catturai quasi subito un altro salmone, e poi un altro ancora e, dopo una decina di minuti, il quarto: evidentemente c'era un branco, là sotto, che, per qualche genetica, strana ragione odiava talmente la mia mosca da aggredirla appena passava davanti a qualche muso. Ricordo che l'ultimo combatté come se fosse stato di 20 chili. Ho catturato abbastanza salmoni da poter scordarmene di uno o due: non è così. Ognuno di loro è impresso nella memoria come il primo, e credo che sarà sempre così. Dalla mia sponda potevo vedere Filippo ma non sentirlo a causa del fragore del fiume. Lo vidi sbracciarsi e al mio urlo: "Quanti?" alzò un braccio ma era troppo lontano perché potessi vedere le dita alzate. Arrivato al bivacco, per il lunch-pausa di mezzogiorno, scoprii che aveva alzato due dita. Un salmone lo stavano cucinando "al cartoccio" tra le ceneri del fuoco. In genere non uccidiamo i pesci ma questo, preso e consumato qui nel bosco lungo il fiume, sembrò piuttosto la celebrazione di un rito che il consumo di un semplice pasto. Quel giorno ne presi dieci, e un altro ancora nella serata, dopo cena. Ne persi circa sette/otto e ne feci "salire" in continuazione.
La pesca al salmone atlantico non è facile, e non lo sarà mai. Devi imparare a coesistere con la consapevolezza di non prendere niente, ma questo è abbastanza facile: semplicemente pensi "E' così, è che non posso far niente per migliorarlo". Ma a volte tutto va per il verso giusto. T'infili nel fiume e ci sono pesci nelle pools. Lanci divinamente. Guadi sicuro senza scivolare. Per qualche ragione, che solo Dio e i salmoni sanno, i pesci sono bramosi di mordere la tua mosca, e le abboccate non risultano mai "corte". Ogni intuizione su cosa fare ti porta ad un'abboccata. Gli altri ospiti del campo erano un gruppo di classici Inglesi che, stanchi di "cappotti" scozzesi, avevano deciso di provare altre acque.
Sai cosa intendo: canne a due mani, vecchi e rumorosi Hardy, interminabili discussioni, centellinando whisky, sul dressing della mosca, sulla tecnica perfetta per affrontare una pool e scommesse su chi n'avrebbe presi di più o più grandi. Non è che io sia un misantropo che aborrisce la compagnia: tendo piuttosto a pescare in pace e l'ultima cosa che m'interessa, quando sto con una canna in mano, è la competizione. Mi ero "scappottato" già la prima sera. Dopo aver sistemato i bagagli e ingerito una rapida cena, Filippo ed io avevamo pescato per circa tre ore. Avevo legato una Red Francis rossa su amo doppio del 10. E' una mosca islandese che mi ha sempre dato fiducia. Ha delle code lunghe e rigide che, secondo me, dovrebbero risultare attraenti. Ogni tanto, quando ho l'impressione di un "movimento" là sotto, rifaccio la passata annodandola con il riffle hitch. Funziona spesso, o meglio, abbastanza spesso che valga la pena provarci. Come un ragazzo che ha il proprio giocattolo preferito, qualsiasi pescatore naturalmente favorisce la mosca che, in altre volte, lo ha fatto divertire. E divertimento, per il pescatore, significa soprattutto azione. Quest'infatuazione poi si autoalimenta: più il pescatore pesca con la sua favorita, e più questa, chiaramente, diventa ulteriormente favorita. Inevitabilmente qualsiasi pesce voglia mordere, deve mordere su quella mosca. Capita inoltre che si usi la propria "favorita" con maggiore attenzione e confidenza, due fattori imponderabili ma spesso cruciali. La taglia e l'assortimento delle mosche sono fattori abbastanza importanti sui fiumi da salmoni. Piccole mosche da trote possono funzionare, ma generalmente il salmone (atlantico) si trova in acque moderatamente profonde e turbolente, talvolta in rapide e sono da preferire mosche del 8, 6, 4. Quelle piccole sembrano funzionare meglio in condizioni d'acqua chiara e bassa mentre le piu' grandi servono in condizioni di piena e con acqua scura. Anche alcune mosche secche talvolta producono emozionanti attacchi ed è meglio avere una certa selezione di Bomber, Wulff, Green Machine. Quando si raccomandano specifiche mosche per una certa zona e poi non rendono secondo le aspettative del pescatore ecco che chi scrive passa subito nella lista nera. Scrivo di pesca ma, come chiunque, non possiedo la Verità. Scrivere è un'ottima scusa .... posso bere un caffè, guardare dalla finestra, allungarmi sulla poltrona chiudendo gli occhi e ancora ufficialmente "sto lavorando". Furbo, no?! Le mosche che raccomando e che so che funzionano non è detto che garantiscano un pesce ad ogni lancio. Una mosca che funziona in un particolare luogo e momento può non farlo in un altro momento o luogo. Bisogna conoscere quando e come usarle propriamente, le condizioni del tempo e dell'acqua. Inoltre differenti tratti dello stesso fiume possono richiedere artificiali diversi. Molti pescatori sembrano sopravvalutare l'elemento "mosca perfetta" dimenticando che il successo spesso dipende da chi maneggia la canna, dalla sua esperienza, dalle sue sensazioni. Nel caso della pesca al Salmone il successo dipende molto anche da altri fattori insondabili o metafisici tra cui benevolenza degli dei, facilità di comunicazione con l'Aldilà, sogni premonitori, cabala, eccetera. Ma torniamo alla prima sera: al terzo o quarto lancio, avevo visto la "bollata" rompere l'acqua ed avevo sentito l'inconfondibile peso alla lenza. Il gioco era durato qualche minuto poi, lungo il percorso, il salmone era riuscito a far avvolgere la coda su una roccia, e la nostre strade si erano divise, ed io ne avevo riso con Filippo. Questo accadeva mentre gli altri compagni erano nella fase "dopo-cena-disquisizione-temperatura-acqua" Dalla veranda avevano assistito allo spettacolo ed erano rimasti esterrefatti: innanzi tutto perché uno "straniero" al mondo del salmone, appena arrivato ne aveva potuto agganciare uno, poi che potesse ridere di averlo perso. Avevo perso un salmone.....mi avevano guardato come se fossi stato il capitano della squadra che aveva appena perso la finale di Coppa dei Campioni e avesse commentato.
"E va beh! Abbiamo perso una partita, in fin dei conti è solo un gioco!!" Dopo qualche bicchiere e diversi commenti (anzi dopo qualche commento e molti cicchetti) se ne erano andati a dormire. E noi avevamo proseguito la pesca. Lanci su lanci, dimentichi del mondo. In quei momenti le mie meditazioni spaziano da "Ascesa e declino della civiltà delle macchine" ai consigli di Frate Indovino. Lancio di tre quarti a sinistra, lancio di tre quarti a destra, passetto, mending (il muovere la coda sull'acqua, creando una curva verso monte o verso valle per aumentare o diminuire la velocità della mosca mentre attraversa il fiume). Lancio a sinistra, poi a destra, passetto, mending. Sondando man mano la pool e facendo attenzione che il passetto non si tramutasse in scivolata e tuffo.
Il fondo è a grossi ciottoli dove sembra che un gruppo di scagnozzi abbia spalmato vaselina sui sassi. L'acqua è quella classica color thè dei fiumi da salmoni. Il problema principale rimane sempre se ci sono e dove stanno i pesci. Che contrasto con i chalk stream come l'Unec dove uno riesce ad avere, in ogni tratto, l'idea del numero e della taglia dei pesci. Nel punto più largo il fiume misura oltre una settantina di metri, e un abile lanciatore, stando in mezzo in "wading", può pescare bene verso le due rive. "Wading" nel significato più comune vuol appunto dire quando un pescatore a secca si trasforma in uno che pesca sommerso. Ormai era abbastanza buio e avevo cambiato la mosca con una simile ma nera. Stavo pescando con il pilota automatico inserito da oltre un'ora quando un grosso salmone morse la mia mosca. La mosca scivolò graziosa nella calma "V" della corrente e scomparve dall'acqua che sembrava come se fumasse dopo la pioggia della sera. Catturai il salmone e, qualche metro dopo, presi il suo gemello. Li rilasciai senza nemmeno uscire dall'acqua. Filippo pescava un po' più verso valle e, notando i miei successi, cercava di imitare lo stesso tipo di lancio. I suoi sforzi erano stati subito premiati da una tirata: un ramo che scendeva lungo il fiume, giusto da intercettare la sua Black Doctor. La lotta non fu molto lunga. Rilasciò il ramo per poterlo affrontare e catturare in un giorno successivo (da vero sportivo). Va detto che il fiume, del resto, è tassativamente "catch and release". Pochi secondi dopo ebbe un'altra secca tirata: era lo stesso vorace ramo che, portato dalla corrente, aveva accettato ancora la sua sfida. Nonostante la sua abilità questa volta non riuscì ad evitare di rompere il finale. L'albero aveva vinto ancora e tornò alla sua posizione abituale di caccia, nell'attesa di un altro "aficionado", mentre Filippo mi raggiungeva e si sedeva, cercando nella scatola un'altra Black Doctor. Non trovandone, prese la prima mosca che gli era capitata dalla scatola, era una Grey Wulff della taglia di una mucca incinta. Mi guardò con sguardo interrogativo. "Deliziosa" risposi, guardandolo di traverso. Giorni prima l'elicottero ci aveva lasciato al campo, con una vaga promessa di ritorno, e ci eravamo trovati in un luogo semi-sperduto nella tundra, cento chilometri più a Nord del Circolo Polare. La giornata era calda, soleggiata, il classico tempo da maniche corte, a parte, naturalmente, i miliardi di zanzare. Dopo qualche ora di quella temperatura anomala la pioggia arrivò copiosa tramutando la siccità in semi-inondazione. Cadde più acqua in quattro ore, in quel pomeriggio, che in tutta la regione in quattro mesi. E cadde su di noi. Il Lodge è costituito da baracche di legno, una ogni due persone, qualcuna per guide ed inservienti, più un'unità centrale che funge da ristorante, soggiorno, osteria. E' chiamato "Upper Varzuga" ed è posto alla confluenza tra il Pana (tributario del Varzuga) e l'Indel. Per arrivarci occorre volare fino ad Helsinki e da qui fino a Murmansk dove arrivano e ripartono tutti i pescatori dei vari campi della zona. Arrivano da tutto il mondo ma almeno il settanta per cento sono cow-boy americani. Beh, veramente non cavalcano e non sparano agli indiani, ma indossano sempre Stetson dalle enormi falde, e masticano tabacco. Alla dogana di Murmansk mi adoperai, con successo, per far passare dalla dogana il mio litro extra di grappa dichiarando che era essenziale per la sussistenza durante la pesca nella tundra ventosa. Una hostess-soldato, truccata più di tutte le entreneuses del Crazy Horse (quello di Cernusco non quello di Parigi) aveva perlustrato per venti minuti ogni pagina del mio passaporto. Dopo questo controllo io e il resto del gruppo fummo caricati su di un pullman che sarebbe stato rifiutato perfino da profughi ugandesi. Poi, con altre due ore e mezzo d'elicottero, ci scaricarono al campo. Di fatto saltammo giù dal velivolo mentre qualcuno dall'interno lanciava borse e canne. "Non state troppo vicino a 'sta cosa, quando riaccendo i motori" ci avvertì il co-pilota prima di arrampicarsi nella cabina, "Sputa sempre un po' d'olio !" Queste sono state le peripezie per arrivare alla penisola di Kola. Spesso mi sento domandare perché andare fin lassù? "Perché è lì che ci sono i salmoni" rispondo io. A chi gli chiedeva perché rapinava le banche, Slick Willie Sutton, uno dei più noti criminali americani, rispondeva, guardando direttamente negli occhi la persona "Perché' è lì che ci sono i soldi. Sutton seguiva la semplice logica stabilita dai predatori, dalla notte dei tempi. Con questa motivazione, e con la premessa che la vita è breve, qualche mese prima avevo sollevato il telefono e avevo chiamato l'agenzia Roxton. Avevo chiesto il miglior posto per il Salmone e mi avevano risposto che disponevano ancora di qualche canna sul Varzuga-Pana. Qualche anno prima avevo pescato sul basso corso di questo fiume e in quell'occasione avevo sentito parlare di questo campo più a monte. Raccontavano di un affluente in alto, che, avanti con la stagione, "portava" parecchi pesci. Il sistema del Varzuga-Pana mi dissero dall'agenzia, è enorme, selvaggio e sperduto: tre aggettivi delle quali mi è sempre piaciuto il suono. La pubblicità della loro brochure accennava ad una media catture di venti salmoni per settimana. Non è che non ci credessi, ma come altri con i quali avevo parlato, ero un po' scettico. Intendo dire che, per sopravvivere in questa civiltà, devi sapere che la pubblicità è una fabbrica di balle, e come ti assicurano che esiste il bianco più bianco, così possono sopravvalutare la quantità dei pesci. Perciò dissi a Filippo "Oddio, se la media dovesse essere "solo" di quindici vorrà dire che non li denunceremo....." Per lui sarebbe stata la prima esperienza a salmoni e rispose che anche con uno solo sarebbe stato contento. Per attrezzarsi naturalmente gli ci vollero diverse visite nei negozi, e diversi quattrini in più di quelli che aveva deciso di spendere (un sinistro presagio di cosa sarà il futuro), ma presto ebbe l'intero assortimento, compreso un gilet "speciale da salmone" (parole del negoziante) e tre dozzine di mosche costruite nel Terzo Mondo. Durante quella settimana presi un sacco di pesci, "strisciando" la mosca e pescando "short line", rivoluzionando ogni teoria tradizionale, surclassando e meravigliando i Soloni inglesi presenti. Credo che comunque il mio nome non sarà ricordato a fianco di Galileo, Guglielmo Marconi, Von Braun, Picasso o Arrigo Sacchi.


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