4.
Saltwater
4.03 Bonefishing nelle "flats".
Nota:
cliccare sulle foto per ingrandirle.
Vai
all'Album foto
|
set.92 |
E' passato diverso tempo da quando un
indigeno delle Seychelles guardava, tra lo stupito e il divertito,
le nostre canne e le scatole piene di piume variopinte. Cercava
di fare del suo meglio per spiegarmi, sforzandosi di non urtare
la mia suscettibilità, come avrei potuto catturare di
piu' pescando a fondo con una lenza a mano, innescando avanzi
di pesce. Quella volta, sul balcone della nostra stanza all'hotel,
c'eravamo impratichiti nella doppia trazione con una coda 12
che pensavamo di usare con i sailfish (con l'attrezzatura che
stavamo collaudando avremmo potuto far emergere l'"Ottobre Rosso").
L'esercitazione fu purtroppo interrotta quando un "boy" si presentò
alla nostra porta, accompagnato dal poliziotto dell'albergo.
La mattina dopo, sul reef di buon ora, avevamo iniziato sparando
plughi, popper e accidenti vari a 360 gradi. Solo un grosso
Jack Horse Eye mostrò un certo interesse ad un Kastmaster,
ma scappò via quando fu in vista della barca. Poi, d'accordo
con quanto diceva il depliant del luogo, G. fu quasi trascinato
per terra da un selvaggio strappo. Per qualche secondo fu un
"normale" barracuda da dieci chili, poi improvvisamente si tramutò
in un barracuda da duecento chili, ed infine divenne il fondale
che G. tentava di far affiorare. "Gli squali se lo sono mangiato!"
disse il marinaio. All'idea di grossi pesci legai una mosca
su amo del 4/0 (dressing: non si fissano delle piume al gambo,
ma si attacca direttamente il pollo intero all'amo) e lanciai
alla cieca mentre cercavo di "polarizzare" l'acqua. Avevo subito
agganciato qualcosa che era partito via come un fulmine.
Aveva corso e corso mentre io davo veloci occhiate al mulinello
per essere sicuro che ci fosse abbastanza backing. Arrivò
a poche spire dalla fine (250 mt. da 30 lbs.), poi semplicemente
tutto si fermò ed io cominciai a recuperare il filo molle:
non saprò mai quanto era grosso. A volte può capitare
di vedere in lontananza una grossa silhouette scura e, irresponsabilmente,
di lanciare.
A
proposito ricordo un fatto in Australia: la guida esclamò
"Big fish!! Agganciai uno squalo di oltre un metro e mezzo e
furono due ore di dura ginnastica spaccaschiena. Durante tutto
quel tempo feci il giro della barca almeno 50 volte, ogni volta
passando canna e mulinello sotto il cavo dell'ancora e aggiungendo
cosi' stress alla tortura fisica. Durante tutta la battaglia
lo squalo non si allontano' piu' di 40 metri dalla barca. Quando
finalmente fu sotto-bordo, pronto per essere "gaffato", si ruppe
il filo. "Not-so-big!" esclamò serafica la guida. In
questi anni parecchi pescatori d'acqua dolce, particolarmente
quelli abituati a pescare trote a mosca, hanno cominciato a
guardare verso il mare ed hanno scoperto la pesca nelle flats.
E' questa una pesca che, per certi aspetti, è simile
a quella del torrente di montagna: l'approccio deve essere lento
e silenzioso e si procede furtivamente gustando ogni dettaglio
dei "tailers" (bonefish completamente assorti che ruminano sul
fondo e mostrano le code vibranti sulla superfice) vicino alle
mangrovie. C'è inoltre qualcosa di speciale nello stare
con una canna da mosca in meno di trenta centimetri d'acqua
osservando la leggera foschia all'orizzonte. La pesca nelle
flats salate è non solo un nuovo sport, ma una nuova
sfida. L'inizio fu dato 40 anni fa con i racconti di Joe Brooks
e Allen Corson. Narravano di fondali abbaglianti, lanci lunghi
e pesci supersonici; solo recentemente però questa pesca
sta scoprendo tutto il suo potenziale anche perché vi
sono ancora parecchie grandi flats da scoprire ed esplorare.
Prima interessava solo il mare aperto, le grandi profondità
e la maggior parte dei pescatori passava velocemente attraverso
i bassi fondali invece di provare a pescarci. I pionieri di
questa pesca cominciarono a catturare bonefish scoprendo i "segnali"
dei pesci in movimento o le vaghe e sfumate silhouettes ed ora
si perlustra tutto il mondo, spesso stupefacendo gli indigeni
con strane manie. Apparve un nuovo genere di guide che guadagnò
via via sempre una maggior fama per l'alta professionalità
ed anche per come criticavano, nel peggior linguaggio marinaresco,
la tecnica dei loro clienti. Poveretti, che non riuscivano a
"leggere" attraverso l'acqua e non riuscivano a lanciare istantaneamente
venti metri di coda verso "qualcosa" che non potevano "vedere".
Nella maggior parte dei luoghi, piuttosto che superprofessionisti,
si trovano guide indigene e "ruspanti". Ne ricordo una che quasi
non aveva sembianze umane.
Riteneva
necessario accompagnare i propri consigli con alcune profonde
golate di "aguita", una specie di liquore da trecento gradi,
che i locali probabilmente distillavano dai cadaveri. Viveva
in una baracca lungo un fiume e non era sposato: certamente
non esisteva femmina viva che l'avrebbe voluto, ma sull'acqua
.... ragazzi! Conosceva i movimenti ed il comportamento dei
Tarpon dell'anno precedente, non di un branco di Tarpon, ma
di ciascuno di loro. Se affermava che in una zona pesavano circa
15 chili, tutti pesavano circa 15 chili e quella mattina potevi
andare tranquillamente con una canna da tarpon "leggeri". Non
ti dovevi aspettare nessun pesce più grande ed era quindi
stupido portare e lanciare con canne più robuste. Per
localizzare il pesce, normalmente s'immagina che la barca sia
posizionata al centro di un orologio.
La
guida avverte: "Tarpon, ore 2, venti metri". Bisogna ricordare
che spesso le guide prendono un lancio molle o fuori bersaglio
come un affronto personale, che porta immediatamente critiche
pungenti oppure un silenzio gelido. Dimenticano che la persona
con la canna sta cercando di fare del suo meglio e gli insulti
non migliorano la sua efficienza. Dopo due tentativi sbagliati
una guida si mise a chiedermi se sapevo leggere l'ora ed io
mi sorpresi a pensare con nostalgia al buon tempo antico, quando
era possibile "esprimere" la propria opinione alla gente con
l'ascia o la clava. Col tempo i motori delle barche si trasformarono
in aggeggi sempre più veloci e potenti, le pertiche per
spingerle divennero piu' lunghe e furono costruite in resina.
La "poling platform" divenne un accessorio comune a tutte le
barche equipaggiate dalle guide e divenne inoltre sempre piu'
alta (io però sono convinto che quanto più lontano
riesci a scorgere il pesce, tanto più da lontano lui
scorgerà te). Quando si diffuse anche la pesca dei Tarpon
nelle flats, ed occorreva perlustrare acque leggermente più
profonde ed estremamente calme, si svilupparono anche i motori
elettrici che la guida poteva comandare con i piedi dalla piattaforma.
Poi ci fu il boom degli occhiali polarizzati che filtravano
il riflesso dell'acqua e la scoperta che le lenti color ambra
consentivano di veder meglio il fondo (il vero artista delle
flats però indossa occhiali diversi per fondali di sabbia,
di corallo, di fango, di alghe). Il veterano che guarda attraverso
l'acqua sarà probabilmente il miglior interprete di certi
"segnali", ma anche il neofita comincerà pian piano a
distinguere il fondo dal pesce, come se una mano avesse scostato
un sipario. Piu' tardi egli imparerà a cercare non un
pesce "tipo fotografia" ma certi particolari che solo dopo si
trasformano in un pesce completo, che comunque era sempre stato
li'. Quando il sole non è ancora alto oppure si è
al tramonto, oppure ancora quando ci sono nuvole, esiste un'altra
arte o scienza più complessa, quella di leggere l'acqua.
Questo è un capitolo nuovo per il principiante. E' chiamata
"Nervous water" ed è una piccola onda, una lieve increspatura
che indica la direzione di un pesce oppure un branco in movimento.
A parte tutti questi virtuosismi spostarsi, spinti da una pertica,
con queste barche piatte lungo le flats, vedere strani pesci
portarsi rapidamente fuori vista, barracuda immobili come sciabole
appese a mezz'acqua, razze che sollevano nubi di fango dal fondo,
è già di per se' un piacere. Tutti sono d'accordo
sul fatto che il bonefish è senz'altro il piu' veloce
pesce di questa terra, ma io penso che sia anche il piu' nervoso.
Talvolta il suo nuotare a zigzag sembra isterico: sempre sul
chi vive per il possibile attacco di un predatore o per il lampo
di una coda per aria. E' per questo che eseguire le istruzioni
della guida il più rapidamente e precisamente possibile
diventa fondamentale: dopo cinque secondi il pesce potrebbe
essere a trenta metri da dove era stato individuato. Questo
è il momento in cui hai inevitabilmente la mosca agganciata
alla "turtle grass" o la coda ingarbugliata tra le caviglie.
Spesso
si vede solo la lunga "falce" superiore della coda ma talvolta,
se il pesce sta tranquillamente pascolando sul fondo e l'acqua
è bassa e calma, si vedono tutte le code intere che sventolano
avanti e indietro come grandi, grigie mezzelune. I pesci adulti
usano il loro lungo, conico "naso" per rovistare sul fondo in
cerca di gamberetti, granchi, vermi e roba simile, che poi sminuzzano
con il potente apparato di macine che hanno in gola. Anche se
per il principiante il problema maggiore è quello di
riuscire a lanciare venti/trenta metri di coda con il minor
numero di falsi lanci, ci sono molte altre operazioni da prendere
in considerazione. Per esempio è molto piu' importante
avere vicino ad un pesce una mosca "viva" che semplicemente
spedire una mosca lontano dalla barca. Quando si è alla
ricerca del pesce, che sia un bonefish, un tarpon od un barracuda,
il lanciatore deve avere abbastanza coda svolta e pronta, che
con un unico falso lancio possa essere in azione in un certo
raggio. La coda deve essere posata libera vicino ai propri piedi
sulla barca, fuori dal cimino ci deve essere il finale ed un
paio di spire di coda, la mosca tra le dita. Il comune lancio
è di 15/20 metri e talvolta bisogna essere in grado di
effettuarlo con una leggera brezza di vento. I lanci più
lunghi sono rari e presentano il problema che, se non si cattura
il pesce e si deve immediatamente tentare un secondo lancio
prima che se ne vada, spesso ci si ritrova a cercar di agguantare
freneticamente la running line per tirarla su.
Il pesce che viene in direzione della barca è sempre
una tentazione per un lancio lungo ma, se questo sorpassa la
mosca senza afferrarla, quando si solleva la coda sopra il suo
muso tutta la scena si trasforma immancabilmente in una nuvola
di fango.
Non occorre quindi essere stressati dai lanci lunghi anche perché
la maggior parte dei pesci s'incontreranno tra i dieci e i venti
metri dalla barca perciò è importante essere rapidi,
precisi e delicati su queste distanze. Per i Bones uso un lungo
"strip" (50/70 cm.) con uno strappo corto e rapido verso la
fine: ho sperimentato che questo tipo di movimento induce spesso
il pesce che segue a "caricare" verso la mosca. Le mosche per
i bonefish (crazy charlie, bonefish special, mother of epoxy)
sono in genere piuttosto piccole, su ami 6/8 ed imitano piccoli
pesci o gamberetti. Hanno corpo in resina, occhi e sono costruite
in modo che la punta dell'amo rimanga rivolta verso l'alto,
per evitare gli agganci sulle alghe o sul fondo. Le mosche da
tarpon invece hanno in comune con quelle da salmone che non
necessariamente imitano qualcosa ma sono molto adescanti agli
occhi dei pescatori. Circa la pesca al tarpon ho anche imparato
che occorre sempre pescare con un robusto shock leader ma preparare
nuovi finali è l'ultima cosa che vorresti fare mentre
te ne stai abbrustolendo su assolate flats. L'unica soluzione
quindi è di preparare prima i diversi finali anche perché
non si riesce a stendere uno shock leader dello 1.00 come si
potrebbe fare con un filo dello 0.25 (per eliminare le spire
occorre che gli shock leader siano riposti leggermente tesi).
Per risolvere questi problemi i veterani delle Keys usano delle
speciali scatole che contengono le diverse "batterie" di finali
(con un'asola ad un capo e la mosca già legata all'altro)
pronti per l'uso. Dopo aver consultato 56 cataloghi senza aver
trovato questo tipo di contenitori, decisi di costruirmene uno
in legno. Partii per Cuba con una splendida scatola ed una vistosa
fasciatura alla mano sinistra accuratamente piallata. Ultimamente
le ho viste pronte e funzionali, in cordura, con telaio in plastica:
ero in un emporio, pensate un po', ad Anchorage, Alaska. Inoltre
gli esperti ci danno diverse ottime ragioni per avere gli ami
affilati: migliore penetrazione in mascelle dure (tarpon) oppure
piu' agganci con pesci che prendono l'esca delicatamente (bonefish,
salmone, pesca a ninfa). Ma, messi di fronte al problema di
affilare un amo, più o meno tutti i pescatori danno qualche
passata su una pietra, spesso peggiorando la situazione. Il
miglior modo per affilare un amo, specialmente un grosso amo
del 4/0 o piu' grande ancora, è di fare una punta a sezione
triangolare, quindi affilarlo da tre lati. Sui grandi ami da
mare occorre anche ridurre la lunghezza della punta per ottenere
una penetrazione più veloce. Oggi pero' diversi produttori
immettono sul mercato ami affilati chimicamente e spesso, tentare
di affilare questi ultimi, provoca piu' danni che vantaggi.
Ogni anno o due viene scovato un nuovo paradiso per i Bones
(Christmas Island, Los Roques) o i tarpon (Guyana, Gabon), sempre
piu' ai confini del mondo. Si scoprono luoghi dove puoi attraversare
miglia di flats e dove i pesci praticamente non hanno mai visto
pescatori a mosca né veloci barche con piattaforme sopraelevate;
luoghi dove nella stessa settimana puoi avvistare e catturare
decine di pesci diversi tra loro. Tali mete rappresenteranno
per qualche anno la Shangri-La per tutti noi e sono la delizia
delle agenzie di viaggio specializzate e la dannazione dei pescatori
che iniziano a fare i conti con il calendario ed il budget dedicato
alla propria passione.
|