3.
Trote e temoli
3.08
Avventure in Lapponia
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foto
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mar.92
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Reportage
di pesca attorno al circolo polare. Ed Zern, già quarant'anni
fa, aveva ipotizzato "percorsi di pesca" indoor. I corsi d'acqua
avrebbero avuto temperatura, trasparenza e velocità della
corrente programmabili, paesaggi e scenari sullo sfondo sarebbero
mutati a comando, clima e luce modificati elettronicamente su
richiesta del pescatore; i pesci avrebbero dovuto essere naturalmente
di varietà e taglie diverse, più o meno selettivi
e difficili a seconda del grado di abilita' del cliente. Per
poter usufruire di un simile impianto ovviamente si sarebbe
dovuto pagare un ticket ad ore. Un tale progetto potrebbe rendere
ricchi ma non soddisfa quei pescatori per i quali il fascino
della pesca sta anche in quella parte di essa che e' imponderabile
e soggetta ai capricci della fortuna. Anzi, spesso sono proprio
questi aspetti che agiscono da stimolo. E' risaputo che per
ottenere i risultati migliori da un viaggio di pesca questo
dovrebbe essere finalizzato ad un'unica preda, scegliendo tecnica,
zona e periodo dell'anno unicamente in funzione di questa. Tale
soluzione pero' potrebbe presentare l'inconveniente di non offrire
alternative qualora qualche fattore imprevedibile intervenisse
a modificare qualcuno degli elementi, attentamente studiati,
su cui avete costruito il viaggio. Qualche tempo fa pensai di
sperimentare, con alcuni amici, un viaggio di pesca un po' speciale,
diverso dai soliti: l'obiettivo era di soddisfare contemporaneamente
il desiderio di pesci, ambienti e tecniche diverse, coscienti
del "tour de force" che necessariamente avremmo dovuto sostenere
con una soluzione di questo genere e della difficoltà
di trovare il "momento giusto" ovunque. Scegliemmo quindi un
periodo che sapevamo non essere il migliore in assoluto per
nessuna determinata specie ma comunque quello in cui era prevedibile
una "presenza" e "collaborazione" accettabile da parte delle
diverse prede.
Nella
stessa giornata volammo, con bagagli enormi stipati di attrezzature
varie, da Milano a Stoccolma e poi ad Umea, circa settecento
chilometri più a nord. Trovammo ad attenderci, verso
le otto di sera, il minibus che avevamo prenotato dall'Italia.
L'incaricato
dell'agenzia, un ragazzone biondo, stava facendo una siesta
al posto di guida.Ci riconobbe subito come stranieri, unici
scalpi neri nel raggio di centinaia di chilometri.
Uniche parole: "Are you Mr. Fumolo?" poi sorrise, mi consegno'
una busta ed una chiave, si volto', sali' su una potente motocicletta
guidata da un amico e spari' in una frazione di secondo. A prima
vista la Svezia non sembrava proprio il paese delle complicazioni
e della burocrazia! Caricammo in fretta i bagagli ed iniziammo
l'avventura. Una cenetta lungo la strada a Lycksele, bagnata
da birra analcolica (ogni commento e' superfluo) e riuscimmo
ad arrivare a Sorsele circa a mezzanotte, in ritardo di cinque
minuti per l'appuntamento preso un mese e tremila chilometri
prima.All'albergo, davanti ad un tazzone di caffe', ebbe luogo
un intenso briefing con Tom e Mikail, le due guide lapponi che
trovammo ad attenderci. Circa un'ora e mezza per le presentazioni,
lo studio del percorso su strada e su fiume e per consigli ed
informazioni varie sui tipi di pesca.Alle
sei del mattino seguente ci portammo, con il furgone ed un fuoristrada,
al lago da dove iniziammo la discesa del fiume. I bordi della
strada sterrata offrivano lo spettacolo di decine di funghi
e qualche renna che ci osservo' incuriosita. Mentre le guide
mettevano in acqua i gommoni noi provvedemmo a stipare negli
zaini parte del bagaglio lasciando tutto ciò che non
sarebbe stato strettamente necessario nelle borse sul furgone.
Maria, apprendista guida, ci avrebbe aspettati a valle, con
il pulmino, alla fine della discesa. I bagagli furono assicurati
saldamente con funi ai canotti. Indossammo waders, impermeabili
e salvagenti: le rapide e la pioggia incessante che ci avrebbe
accompagnati per tutta la discesa del fiume non ci permise di
togliere per un attimo questa bardatura ma non ci impedì
di pescare, sfruttando ogni secondo di "bonaccia". Per due giorni
avremmo disceso le rapide e le correnti del fiume su canotti
di gomma, pescato nelle anse meno turbolente sia dall'imbarcazione
che dalla riva. Catturammo moltissime trote (da tre etti al
chilo), qualche coregone e diversi temoli giganti sia durante
tutta la discesa che, successivamente, attorno al campo . Temoli,
coregoni e trote, che qui sono esclusivamente fario, si lasciarono
catturare facilmente con rotanti del tipo Martin o Mepps del
3 e del 4. Sia l'individuazione dei posti migliori che la pesca
vera e propria furono pero' rese difficoltose dai livelli alti
dell'acqua che le piogge dei giorni precedenti avevano causato,
pur mantenendone una discreta trasparenza. Alla sera, sotto
una pioggia che non ci dava tregua, ci fermammo alla confluenza
tra i fiumi Laise e Vindel e qui le guide piazzarono il campo:
tre tendine canadesi per dormire, un telone, tirato tra gli
alberi, dove riparare vettovaglie e zaini. Prepararono anche
l'angolo "cucina e pranzo" con quattro tronchi e cominciarono
a tagliar la legna per il fuoco. Noi, nel frattempo, ci eravamo
sparpagliati lungo il fiume pescando sia a mosca che a spinning.
Quella sera, un po' per la stanchezza accumulata, un po' per
la pioggia incessante ed un po' per le nuvole di zanzare che
non ci davano pace nonostante puzzolenti creme, grassi e spray
di ogni genere, eravamo tutti mogi e prostrati. Anche se dicono
che la luce rende difficoltoso il sonno, verso le dieci ci infilammo
esausti nelle tendine per dormire. Il mattino finalmente la
pioggia era cessata, il fuoco di larice e betulla scoppiettava
piacevolmente, nell'aria si sentiva un forte aroma di caffe'
e le guide avevano anche preparato un'ottima ed abbondante colazione:
"bresaola" di renna, marmellata di ribes, formaggio e focaccine.
Sorseggiando il caffe' Tom mi disse che la notte, verso l'una,
le trote avevano bollato come matte per dieci minuti.
A
conferma mi indico' due fario, che passavano abbondantemente
il chilo, appoggiate su di un tronco. Peccato ....chi dorme
non piglia pesci! Tutto "caricato" mi feci trasportare, mentre
gli altri uscivano allora dalle tende, sulla lingua di terra
dove il Laise entra nel Vindel. Alla giunzione c'era una corrente
promettente, anche se piccola confronto a quella centrale del
fiume principale. Fu un momento, di tutta la spedizione, in
cui realmente mi divertii pescando a mosca (a parte quattro
cannate fatte la sera prima davanti all'accampamento sotto una
pioggia torrenziale). Iniziai con un piccolo Muddler Minnow...
lanciai la mosca di traverso alla corrente, lasciai affondare
leggermente e presi tra le dita la coda per iniziare il recupero
a leggeri strappetti .... ed al primo lancio mi ritrovai alle
prese con una trota da mezzo chilo che, dopo il recupero, sganciai
e rimisi in acqua.
Lanciai
ancora e mi imbattei in un altro pesce che pero' persi quasi
subito. Lo stesso od un altro nello stesso punto abbocco' al
mio tentativo successivo, fece una veloce fuga e ruppe il nylon
(uno O,25 probabilmente usurato). Trovai un altro Muddler della
stessa misura nella mia scatola, lo legai al finale e proseguii.
Circa mezz'ora dopo Tom mi recupero' dato che stavano levando
il campo per riprendere la discesa del fiume. Nel breve tempo
che avevo pescato in quel tratto avvertii diverse "tirate" e
presi sette trote: la più piccola era di circa quattro
etti e la piu' grande passava il chilo. Tutte erano in ottima
forma e piuttosto grasse ed ognuna di loro si era difesa con
lunghe e veloci fughe; un paio mi avevano sfilato una decina
di metri di backing. Purtroppo per me, unico amante della mosca,
non era possibile lanciare durante la discesa con il gommone
se non rischiando l'incolumita' dei compagni e delle guide.
Si pescava perciò tutti a spinning e le catture si susseguirono
ancora a buon ritmo: principalmente trote ma anche temoli e
coregoni. Tutti pesci di buona taglia; stranamente tiravano
più i temoli (otto/nove etti) che trote più grosse
di loro. Durante la discesa, a turno, salimmo sull'imbarcazione
che portava i bagagli, con la seconda guida, per poter pescare
meglio: ognuno di noi infatti, pescando da solo e con meno affanno,
infilo' una serie di catture che sui nostri fiumi avrebbero
appagato per un paio d'anni almeno. Quando venne il mio turno,
Tom ancoro' la barca ai lati di una veloce corrente e, mentre
io usavo il gommone come piattaforma di lancio, lui si mise
a pescare al tocco (olivetta da trenta grammi, filo dello O.3O,
amo del 2 e matassa di vermi): una decina di passate, prese
otto temoli e due volte lascio' giù tutto "l'apparato"
sui sassi. La sera rientrammo ad Ammarnes: sauna, cena con specialità
lapponi a base di carne di renna e di alce e finalmente una
buona dormita all'asciutto ed in un letto caldo. Alle sette
del mattino dopo trovammo ad attenderci, nello spiazzo vicino
all'albergo, un elicottero che ci porto' con un volo di un quarto
d'ora al lago Vuomejaur. Questo e' il classico laghetto di montagna
privo di vegetazione alta, contornato solo da cespugli di mirtilli
e betulle nane: in un paio d'ore si fa il suo giro completo.
E' profondo al massimo quattro metri
e per otto mesi all'anno e' coperto da un metro di ghiaccio.
Mentre le due guide (venti parole in due nei 4 giorni), montarono
il campo, gonfiarono il gommone e prepararono il caffe', pescammo
per un'ora a spinning dalle rive: risultato zero, solo Nando
ebbe "l'impressione" di "sentire" qualche cosa che poteva essere
un pesce svogliato od una roccia intraprendente. Tutti si misero
poi a pescare sul gommone dal centro del lago, sia a traina
che a spinning e da quel momento iniziarono le catture: salmerini
dagli splendidi colori (anche perche' già nella loro
livrea nuziale) tutti superiori al mezzo chilo fino al più
grande di circa un chilo e mezzo. Io continuai ad insistere
da riva su delle bollate che risultavano sempre leggermente
fuori portata, per quanto mi spostassi: questi lavativi bollavano
sempre un po' più in la'. In serata ci distribuimmo sui
torrentelli che alimentavano il lago: fu una sagra continua
di catture. Chi pescava al tocco, chi a spinning e chi a mosca:
per tutti era un continuo agganciare salmerini da venticinque
centimetri.Verso
mezzanotte rientrammo, dormimmo solo per qualche ora, tutti
insieme attorno al fuoco in una tenda lappone; il mattino seguente
venne l'elicottero a riprenderci alle cinque per depositarci
vicino al pulmino.Ricaricammo
i nostri bagagli, salutammo calorosamente le guide e, stravolti
completamente, ci rimettemmo in viaggio. Ci aspettavano diverse
ore di guida tra pinete e laghi, per portarci dalle Alpi Svedesi
alla Norvegia: era un paesaggio fiabesco che purtroppo la fatica
ed il sonno arretrato non ci consentirono di apprezzare completamente.
Un viaggio di circa trecento chilometri ci porto' al confine
e poi sul fiordo di Moirana. La cittadina era un po' troppo
grande per i nostri gusti, circa ventimila abitanti. Eravamo
ormai abituati alla solitudine. Il fiume attraversava la città,
anzi proprio qui, con una serie di rapide si gettava in mare,
nel fiordo omonimo. Knud, una guida locale, ci aspettava all'albergo
per fornirci le ultime notizie riguardanti la risalita dei salmoni
e mostrarci le diverse beat con le varie pools ed i luoghi di
stazionamento di questi. Nel fiume Rana, alcuni anni fa, i salmoni
scomparvero a causa di un'infezione. Ora gradatamente stanno
ritornando in forze. Quell'episodio aveva reso i prezzi dei
"permessi" più accessibili, rispetto ovviamente ad altri
fiumi norvegesi, dove per poter pescare salmoni occorre chiedere
un mutuo in banca o prendere in considerazione varie forme di
leasing. Avevamo prenotato dei permessi sia per le acque della
locale associazione di pesca che per la prima beat dopo il mare,
di proprietà privata.
Poi, in definitiva, pescammo quasi esclusivamente su quest'ultima,
sia per comodità d'accesso che perche' era più
facile localizzare i posti da salmoni e la "passata" degli artificiali
risultava "giusta". La pesca al salmone e' il solito cocktail
di fatica, frustrazione, noia, depressione e qualche rara ma
intensa emozione.
Ore ed ore sul fiume (lanci su lanci uguali, nello stesso punto,
per venti ore al giorno) con brevissimi momenti di grande palpitazione
e gioia. Noi, durante i tre giorni e mezzo che pescammo (la
pesca e' permessa dalle 4 alle 24) organizzammo la copertura
della beat con "turni" da dieci ore al giorno per coppia. Feci
una media di due lanci al minuto, 120 all'ora, 1200 durante
il mio turno.... Catturammo 2 salmoni nella prima mezz'ora di
pesca del peso quasi sette chili ognuno (ottima taglia per questa
specie anche se la Norvegia e' famosa per i suoi grandi salmoni).
Poi altri due pesci nell'ultima mezz'ora dell'ultimo giorno.
In mezzo a questi exploit ottanta ore di pesca, migliaia di
lanci da stakanovisti, un capitale in artificiali persi (ondulanti
da 30 gr.) sui sassi del fondo .... con la "consolazione" di
un salmone agganciato e perso dopo circa un minuto di tira e
molla (filo dello 0.50 spezzato come un capello) ed altre due
abboccate.
Alimentava
la nostra depressione, come un tarlo continuo, l'immagine di
una zona, nella parte terminale della nostra beat, in cui si
trovava uno slargo tra le rapide, un profondissimo semicerchio
di dieci metri di raggio, dove stazionavano i salmoni. Il mare
farciva di pesci questo spazio circoscritto ad ogni alta marea:
da qui questi, gradatamente, iniziavano la loro risalita. Knud
ci disse che quel luogo era forse il migliore di tutto il fiume
ma che poteva essere pescato solo a verme a causa della corrente
e dei vortici che impedivano a qualsiasi cosa fosse più
leggera di mezzo chilo di arrivare a portata dei pesci. Ecco
perche' l'ultima mattina fu onorata da due salmoni catturati
con il verme. Per tutta la sera precedente avevo raccontato
a Nando di come venivano pescati a vista i salmoni in Islanda,
di quanto fosse importante l'azione coordinata tra pescatore
e "vedetta", del fascino e della difficoltà di questa
pesca. Avevamo il posto giusto dove potevamo "vedere" i pesci,
avevamo di che poter costruire le montature: alle quattro di
mattina stavamo cercando vermi. La descrizione di questa tecnica
particolare e' troppo lunga e non storcano il naso i miei amici
della mosca: e' cosi' emozionante e complessa che ne vale la
pena. In un'ora di pesca catturammo due salmoni di quattro e
sette chili e mezzo. Peccato che quest'idea mi folgoro' quando
ormai era il momento di tornare ma ora almeno abbiamo un alibi
per ritornarci. Ripartimmo nel primo pomeriggio e ci riportammo
in Svezia ad Umea. Da qui volammo a Stoccolma per poi ripartire
l'indomani verso Milano. Era stata una bella esperienza piena
di emozioni varie. Ora finalmente si ritornava pero' a casa
ed al lavoro: avremmo potuto riposare un po' dalle ..... fatiche
delle vacanze
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