6. Un
po' di tutto
6.14
Guide
e tipi strani
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set.98
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Ho
trascorso buona parte della vita pescando e facendo quelle cose
che un uomo sano di mente non dovrebbe fare: discendere impetuose
rapide in canoa, pescare in "wading" correnti dove non
hai nessuna speranza di sopravvivere se ti scivola un piede, disputare
con "grizzlies" affamati le migliori pools da salmoni,
volare con aerei che sarebbero stati rifiutati da Francesco Baracca,
avventurarsi con ridicole piroghe in acque pullulanti di coccodrilli,
o squali, insidiare mogli di guide canadesi taglia-armadio. Nel
vagabondare lungo i fiumi ho incontrato diversi tipi di persone,
molte delle quali avrebbero potuto rappresentare dei buoni soggetti
per un racconto. Alcune di loro le potresti definire strane o
pittoresche, altre geniali, altre ancora dei balordi; non dovrebbe
sorprenderci però che, nel nostro mondo, ci siano tali
personaggi: solo persone fuori dell'ordinario accetterebbero di
proposito il rischio di venir battute da creature talvolta lunghe
solo una spanna.
Il nostro è un clan bizzarro e c'è da considerare,
inoltre, che la realtà al di fuori della pesca, è
qualcosa di curioso dove spesso i vizi sono guardati come virtù.
Non
posso descrivere qui tutti i tipi bislacchi che ho conosciuto
sui fiumi, occorrerebbero un volume intero e anni di lavoro, e
poi voglio riservarmene qualcuno per raccontare qualche altra
storia. Solo con le guide ci sarebbe materiale per diversi romanzi:
qualche indigeno non sa fare altro, altri lo fanno per passione,
altri ancora sono esperti professionisti e ci campano decorosamente,
certo non da diventar ricchi. Messa in altre parole, è
il tuo avvocato o il tuo dentista che viaggiano in Mercedes e
vanno in vacanza alle Seychelles, non la tua guida.
Ma qualche personaggio, qualche fatto, qualche ricordo è
più vivido di altri; come ad esempio Gordon, ghillie della
famosa Junction Pool, sul Tweed in Scozia.
Beveva
una bottiglia di whisky per ogni sessione di pesca e fumava continuamente
la pipa. Quando doveva toglierla di bocca per pulirla e ricaricarla,
si accendeva una sigaretta. Era così magro che visto di
profilo, praticamente scompariva. A cinquantadue anni ne dimostrava
settanta, e l'unica incognita sulla sua salute era se avrebbero
ceduto prima i polmoni o il fegato. Appena arrivato sul fiume
ti consigliava una mosca e ti piazzava in un punto, poi si sedeva
sulla riva in silenzio. Quando qualcuno agganciava un salmone,
stancamente si alzava e lo guadinava. Quella non fu una gran settimana:
catturammo sei salmoni in sei. Piero ne prese tre, un altro due,
e un altro ancora uno. In tre facemmo cappotto, per me il primo
all'inseguimento dei salmoni. Il fiume era splendido e qualche
pesce saltava. I ghillies ogni giorno contavano i salmoni nelle
varie pools, i salmoni ogni giorno contavano ghillies e pescatori
sulla riva, innervosendosi e spaventandosi sempre di più
durante il processo.
Gli chiesi se era eccitato quando vedeva catturare un salmone.
Con la nocca callosa Gordon si gratto' un punto del cranio che
gli dava prurito. "Senti, amico, entusiasmo ed esperienza
non puoi averli insieme. Sono due stadi opposti dell'esistenza.
E quello che abbiamo adesso è l'esperienza". Ricordo
anche il modo in cui prese il mio denaro, si poteva credere che
i biglietti avessero marinato nel virus della lebbra.
Oppure
Big Willie in Canada, che era così grosso che quando salì
sulla poppa della barca, la prua, con i 150 chili di noi due italiani,
uscì dall'acqua di mezzo metro e io volai fuori.
Mentre ancora cercavo di uscire dal ruolo di "Re degli Abissi",
mi fece segno con le mani di lanciare ancora con la barca ancorata
al pontile. Credevo fosse solo pigro, o rimbambito. Quando il
cucchiaio toccò l'acqua ci fu una grossa onda tra le erbe
vicino a riva, una decina di metri da dove avevo lanciato, e quando
cominciai il recupero le onde divennero più grosse man
mano che il pesce si avvicinava. Ingoiò il Dardevle prima
che avesse percorso due metri. Il pesce abboccò con una
forza tale che il cimino si piegò fin quasi all'acqua.
Quanto
era grosso? Non lo saprò mai e non posso nemmeno azzardarne
il peso. Va bene, se insisti, diciamo che quella Lake Trout era
più vicino ai dieci chili che ai cinque.
Poi, per tutto il giorno, girammo a vuoto sul lago. Il rumore
del motore e le nuvole di denso fumo azzurro che ci avvolgevano
non inducevano alla conversazione. Gli chiesi in Inglese, in Francese,
in Eschimese se il tempo fosse buono per la pesca, poi alla fine
rinunciai. Sulla sua piatta faccia da Inuit non si muoveva un
muscolo. Alla sera rientrammo, avendo scambiato si è no
tre parole in tutta la giornata. Mi fece nuovamente segno di lanciare
ancora dal pontile. E catturai il pesce gemello di quello del
mattino.
I primi rudimenti sulla pesca li ebbi, in Friuli, da uno zio paterno.
Questo dovrebbe provare che, nella mia passione, c'è qualcosa
di genetico.
Era alto, ben piantato, atletico con larghe spalle, lunghe braccia,
polsi robusti ed era stato fabbro, boxeur ed era un eccellente
nuotatore. Verso gli anni trenta era emigrato in Argentina per
poi rientrare dopo la guerra.
Aveva
fatto inoltre il meccanico, il cacciatore, il gaucho e, dal poco
che ricordo, aveva avuto sempre un certo successo con le signorine,
e con le signore. Credo avesse deciso che fosse più importante
vivere come ti piace e non vivere con maggior profitto ma meno
felicemente. Mia nonna pensava fosse un furfante e un vagabondo.
Può darsi che avesse ragione: l'opinione era condivisa
da altri nel paese. Soprattutto però era totalmente dedicato
alla pesca: dal suo punto di vista, il miglior momento per andare
a pescare era appena poteva piantar lì di lavorare. Mi
portava via che era ancora notte e raramente attraccavamo prima
del tramonto: ricordo due/tre sacchi riempiti di anguille o branzini
o cefali. Le sue esche preferite erano i gamberi in mare e i vermi
di prato in acqua dolce, ma non disdegnava pezzi di pesce e altre
stagionali variazioni che andavano dalla frutta, alle lumache,
alle cavallette, ai granchi.
Mi
insegnò a remare, a legare gli ami, a slamare i pesci,
ad apprezzare un panino all'alba e una boccata di sigaretta dopo
una bella cattura.
Poi, verso i quindici anni, cominciai a andare a pesca con F.
Figlio d'arte, suo padre era un celebre cacciatore a spingarda,
famoso pescatore e bracconiere, incomparabile bugiardo. Egli nacque
a casa propria a Pallanza, praticamente sul lungolago. In casa
non c'era una bilancia per pesarlo dopo il parto così fu
usata quella che suo padre utilizzava per i lucci: pesava 18 chili
e 350 grammi.
In
compagnia di F. scoprii i rudimenti della mosca; andavamo sul
Toce e, in quei tempi, trascorreva tutto il tempo a pesca a parte
quando costruiva mosche o montava canne. Mi piaceva stare con
lui anche se aveva torto su parecchie cose di pesca, oltre che
su tutto il resto. Caricavamo in auto le canne che avremmo usato
per la mosca piu' qualcun'altra di altro genere perché
"non si sa mai....."; poi ci piazzavamo strategicamente
in attesa della schiusa. Si passava un sacco di tempo guardandoci
attorno con gli spinner già attaccati, canna sotto il braccio,
mani in tasca, aspettando. In quei momenti facevamo parte della
categoria di pescatori che si credono poeti o filosofi: meno pesci
si prendeva tanto piu' superiori ci sentivamo.
Lui
aveva spesso chiamato la White Wulff la sua "arma definitiva".
Era la sua mosca preferita dopo il tramonto del sole; soprattutto
era la sola cosa che "lui" riusciva a vedere. F. era
abbastanza loquace per la maggior parte del tempo, ma sull'acqua
entrava in una specie di trance, e rimaneva silenzioso per lunghi
periodi. Dicono che si dimentichino i problemi su di un torrente,
ma non è proprio così. Quello che succede è
che cominci a capire quale posizione i tuoi problemi occupino
nel grande schema delle cose. E successivamente, che in fin dei
conti non sono poi così tanto importanti.
Sul Toce conobbi anche un ex-legionario che per diverso tempo
fu la mia fonte di notizie e la mia vedetta sul fiume. Conosceva
tutti i temoli, dalla foce a Vogogna, per nome; ne conosceva età,
misura, abitudini e preferenze alimentari. Conosceva pure tutti
gli orari delle schiuse, anche dopo il caos provocato dall'ora
legale nelle abitudini delle effimere. "Franco" mi diceva,
"ce n'è uno splendido al ceppo, bolla tra le dieci
e le undici su piccole ephemerella ignita" oppure "......un
grosso branco si aggira sempre sotto alla passerella, usa una
Cul de Canard, amo 18, corpo viola". Questo tipo stravagante
per anni si era aggirato, armato di un retino da insetti, in tutte
le anse e lame del fiume.
Dopo
diverso tempo dedicato allo studio dell'entomologia, alla filosofia
ed alla meditazione esoterica, costruiva imitazioni realmente
perfette: ogni tanto si libravano nell'aria. Ho notato che molti
costruttori professionisti, come gli artisti, possono talvolta
diventare eccentrici. O piuttosto capita che è "l'eccentricità"
che arriva per prima, dando loro la predisposizione alla meticolosità
e genialità. Ora pare abbia modificato la propria scala
di priorità, dedicando il proprio tempo a cose fatue come
lavoro, famiglia, carriera e tralasciando pesca, dressings, discipline
trascendentali e, soprattutto, la fantasia.
Diversi anni fa ero partito per il Sudafrica con l'obiettivo ufficiale,
o alibi, di ricerca di nuovi mercati. L'obiettivo primario invece
era di martellare grosse trote per una decina di giorni nella
montuosa zona orientale, e magari provare un paio di colpi dalla
parte atlantica per tentare qualche Barracuda e, forse, Tarpon.
Alcuni mi avevano parlato di grossi pesci argentei nei corsi d'acqua
interni del Nord. Quelle erano zone appena uscite dalla guerra
e l'idea era quella che il posto non doveva esser stato molto
battuto giacché la gente aveva avuto altro da pensare.
Sul fiume Cunene conobbi Scott che, si diceva, aveva pescato con
un sacco di gente famosa. Io ero più giovane allora e la
mia idea di avventura fino a quel momento era fare la tangenziale
di Milano alle cinque di un venerdì. Mi chiese "Quanti
anni hai, figliolo ?" Senza aspettare la mia risposta "quando
portoghesi e tedeschi lasciarono queste zone, io ero già
avanti con gli anni...". Aveva una motolancia che pareva
La Regina D'Africa di Humphrey Bogart. Il vecchio diesel tossiva
e spruzzava dappertutto. Dovevamo pescare Barracuda alla foce
e Tarpon lungo un fiume che segnava il confine con l'Angola. Dopo
una mezz'ora di pesca mi disse di cambiare la bandierina a poppa
per evitare che ci sparassero. "C'è una guerra?"
chiesi preoccupato. "No, ma qui non si è mai sicuri"
e riaccese il motore. Prima che il giorno finisse, avevo cambiato
bandiera sei volte, per compensare lo zigzagare di Mr. Scott lungo
il fiume e avevo preso un solo pesce degno di questo nome.
Il Barracuda africano è impressionante: delle oltre venti
specie che girano tra i mari caldi del mondo, è probabilmente
il più grande. Questo animale arriva oltre i due metri
e mezzo, con un peso di 60 chili. A differenza del barracuda gigante
che si trova nei Caraibi e in Florida, che è argenteo con
qualche macchia nera vicino alla coda, la specie africana è
verde-marrone con delle strisce su tutto il corpo. E' considerato
una prelibatezza dai locali ed è spesso presente nei menù
dei ristoranti. Lungo le coste americane, invece, ogni barracuda
oltre i due chili viene considerato se non velenoso, almeno sospetto,
per la tossicità delle sue carni dovute alle abitudini
alimentari. Comunque i barracuda piccoli in tutto il mondo sono
considerati squisiti.
Situato all'estremo Sud del continente africano, il Sudafrica
è grande quasi quanto l'intera Europa occidentale e quindi
presenta una notevole varietà di condizioni climatiche
e perciò di paesaggi. Questo Stato ha inoltre piu' di tremila
chilometri di coste e una grande quantità di corsi d'acqua
e soprattutto laghi interni che rappresentano un'interessante
e particolare sfida per i pescatori. Una verità fondamentale
è che tutte le acque da trote richiedono attenzione, concentrazione
ed esperienza però ai pescatori di fiume, come me, i laghi
appaiono difficili a prima vista: dove si possono trovare i pesci
in una tale vastità d'acqua? Poi, studiando il vento e
le sue correnti, l'attività degli insetti e altre cose
più o meno ovvie, scopri che il campo d'azione può
essere significativamente circoscritto in 15 minuti di osservazione.
Di quei luoghi conservo ancora il ricordo di un caldo opprimente,
di vigneti a perdita d'occhio, con vini che stanno alla pari dei
migliori italiani e francesi. Delle chiaccherate sotto la Croce
del Sud, rotte dai mille rumori della notte africana. Avevo goduto
di un'ospitalità e cordialità fuori dal comune da
parte di due amici di Pietermaritzburg con i quali avevo vagato
per una settimana tra i fiumi che scorrevano nel Natal. Erano
due grossi proprietari terrieri con una casa di un paio d'ettari
piena di trofei di caccia.
Li avevo conosciuti al bar dell'albergo dove ero sceso, dopo aver
disfatto la valigia, in cerca di una birra gelata e informazioni
sulla pesca. Avevo iniziato parlando di affari e cose del genere:
certe volte capita di chiedere una cosa allo scopo di averne un'altra.
Per esempio, la mano di una signorina.
Erano
veramente due tipi in gamba, il classico genere rude-colono-Boero;
senz'altro erano ricchi ma non erano pescatori snob. Per intenderci:
il ricco snob al primo segno di graffiature sugli waders prende
il telefono portatile per ordinarne un nuovo paio. Su misura,
naturalmente. Le sue misure sono già memorizzate negli
schedari. Oltre a questo genere ce ne sono altri, classificati
come i puri della coda di topo. Questi pescano esclusivamente
con una canna da mosca. Ciò significa che hanno altri tipi
di canne e qualche volta le usano, ma non prendono la cosa seriamente,
non ne parlano molto o, per dire la verità, lo fanno con
un certo imbarazzo, e comunque le tengono ben separate dalle attrezzature
da mosca. Gli snob sono come i puri, solo che non possiedono altre
canne. Le hanno usate, ma le hanno eliminate anni fa, non volendo
spazzatura in giro per la casa. Inoltre, per loro, chiunque peschi
in altro modo è un cattivo soggetto, un barbone e probabilmente
ha genitori non sposati. Questo tipo di persone non è,
in genere, molto felice e, prima o poi, si ritrova anche abbastanza
solo, non soltanto a pesca.
Paulus
portava un paio di waders in tela cerata pieni di toppe, Jan pescava
in scarponcini e calzoni corti. Egli considerava il lavoro un'interruzione
nella sua attività di pesca. Era, anzi è, un vero
maestro, uno dei veri grandi esperti che abbia mai conosciuto.
Ogni lancio era perfetto, la sua mosca si posava sempre senza
muovere la superficie, non si vedeva mai alcun dragaggio. Sull'acqua,
con trote che bollano e correntine strane...., beh, era qualcosa
che valeva la pena di vedere. Per ogni fiume e ora della giornata
aveva sempre la mosca esatta. Mi piaceva vederlo pescare le correntine
e le pozze del Vail. Poteva pescarlo bendato da come conosceva
ogni giro d'acqua, da come posava le sue imitazioni. Era come
un aspirapolvere: prendeva mediamente quattro, cinque trote per
ognuna che prendevo io.
La stagione di pesca in Sudafrica è all'incirca l'opposto
della nostra andando da settembre a maggio. Quei fiumi godono
di una scarsissima pressione da parte dei pescatori sportivi,
anche se, come ebbi modo di costatare, l'approccio degli indigeni
(Zulu, Xsosa o boscimani) al mondo sia molto semplice e pratico:
"Se qualcosa si muove, mangialo. Se è fermo, rompilo
e fanne un fuoco".
Una volta, in una pausa della pesca, volevamo farci una lattina
di birra ma, per qualche strano difetto di fabbricazione, quelle
che avevamo erano tutte prive della linguetta per aprirle. Pensammo
di usare il coltello da caccia e un bastone come martello. Paulus
doveva tenere ferma la lattina e Jan puntare il coltello sul coperchio,
io prendevo la mira, alzavo il palo e lo calavo con tutte le mie
forze. Quel giorno fu il berretto a salvare la vita a Paulus.
Egli lo conserva ancora e credo che, nelle sere della stagione
piovosa, quando ognuno racconta i momenti drammatici della sua
vita, lo va a prendere e lo fa passare di mano in mano raccontando
ogni volta quella storia emozionante. Jan se la cavo' con una
ferita superficiale.
Alcune di queste storie sono già apparse su qualche rivista.
Le ho cambiate un po', muovendo qualche virgola, sostituendo qualche
verbo oscuro, modificando la sintassi e cosi' via. Veramente non
le ho migliorate molto ma voglio che si sappia che almeno ci ho
provato.
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