Ignoranza del re
Su Autori Luigi XIV

 

Errori del re

Bisogna ripeterlo ancora. L'ingegno del Re era meno che mediocre, capacissimo però di formarsi. Amò la gloria, volle l'ordine e la regola. Era riservato, prudente, moderato, padrone dei suoi movimenti e della sua lingua, lo si crederà? era nato buono e giusto, e Dio gli aveva concesso abbastanza doti per essere un buon re e forse anche un re abbastanza grande. Tutto il male gli derivò dagli altri. L'educazione dei suoi primi anni fu talmente trascurata che nessuno osava avvicinarsi al suo appartamento. Spesso lo si è inteso parlare con amarezza di quei tempi, addirittura raccontava che una sera lo avevano trovato dentro la vasca del giardino del Palais Royal a Parigi, dove allora la corte risiedeva. In seguito la sua sottomissione fu completa. A mala pena gli insegnarono a leggere e a scrivere; rimase talmente ignorante che mai seppe nulla sulle più conosciute nozioni di storia, di avvenimenti, di fortune, comandi, nascite, leggi. Cadde, per questa lacuna, e talvolta in pubblico, nelle più grossolane assurdità. La Feuillade compiangendo proprio in sua presenza il marchese di Renel, morto in seguito con il grado di luogotenente generale e maestro di campo generale della cavalleria, perché non era stato creato cavaliere dell'Ordine nel 1661, il Re fece finta di nulla poi disse, con irritazione, che bisognava pure meritarlo. Renel apparteneva alla famiglia Clermont-Gallerande ossia d'Amboise e il Re, che poi non è mai stato sottilissimo sull'argomento, lo credeva un avventuriero. Dello stesso casato era Monglat, capo del guardaroba, da lui ben trattato, creato cavaliere dell'Ordine del 1661 e autore di ottime memorie. Monglat aveva sposato la figlia del figlio del cancelliere di Cheverny. Il loro unico discendente portò tutta la vita il nome di Cheverny, di cui aveva la terra. Passò la vita a corte, e ne ho parlato qualche volta, o con incarichi all'estero. Il nome Cheverny ingannò il Re che lo considerò un uomo da niente, infatti non ebbe alcuna carica e non poté essere cavaliere dell'Ordine. Il caso fece ricredere il Re verso la fine della sua vita. Saint-Hérem che da sempre era stato capo delle cacce reali, poi governatore e capitano di Fontainebleau, non poté divenire cavaliere dell'Ordine; il Re, che lo sapeva cognato di Caurtin, consigliere di Stato, da lui ben conosciuto, lo considerava per questo assolutamente senza importanza. Apparteneva ai Montmorin, ma il Re lo seppe solo molto più tardi da La Rochefoucauld. Nuovamente fu necessario spiegargli quali erano queste casate, perché il loro nome non gli diceva nulla. Da ciò potrebbe sembrare che il Re avesse amato la grande nobilità e non volesse renderla pari ad altri: niente è meno vero. La sua avversione per la nobilità dei sentimenti e la sua debolezza per i ministri, i quali, per innalzarsi, odiavano e denigravano tutto ciò che essi non erano e non potevano essere, gli avevano causato la stessa avversione per la nascita illustre. La temeva come temeva l'ingegno e se per caso queste due qualità si trovavano riunite in uno stesso soggetto e venivano da lui scoperte, per costui era finita.