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Un minimo di teoria
Considerazioni
Riassumendo

Alimentatori  lineari e switching a confronto

Le caratteristiche che distinguono un alimentatore, oltre le tradizionali specifiche di tensione in ingresso, tensione d’uscita e corrente, sono: il rumore in uscita (restrittivamente spesso chiamato "ripple"), l’efficienza, le dimensioni, il peso e, in maniera meno appariscente, la complessità; questi sono anche i parametri che differenziano maggiormente le apparecchiature realizzate con tecnica lineare da quelle realizzate con tecnica a commutazione (switching).

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Un minimo di teoria

La tecnica lineare si applica fin dalla prime applicazioni elettroniche, con le valvole termoioniche. E’ concettualmente semplice e di facile realizzazione: consiste nell’introdurre una resistenza variabile controllata elettronicamente (tipicamente un transistore) tra ingresso e uscita, e di modificarne continuamente e linearmente il valore affinché la tensione in uscita rimanga costante al variare della tensione d’ingresso e del carico in uscita. La figura 1 ne rappresenta una schematizzazione.
 
 

Un amplificatore differenziale confronta la tensione d'uscita con una tensione di riferimento stabile e corregge la conduzione del transistore affinché la differenza fra i due valori sia nulla.

NOTA

Com’è noto la potenza si esprime in: volt x ampere
Nell’ipotesi di un caso reale con tensione d’uscita di 12V, una tensione d’ingresso di 17,5V e una corrente d’uscita di 10A, poiché la corrente che fluisce verso il carico (Io) attraversa anche il transistore, la potenza dissipata da quest’ultimo sarà (17,5V – 12V) · 10A = 55W !
Con questa potenza occorre un dissipatore che abbia una resistenza termica di 0,5 K/W per poter assicurare che la temperatura di quel transistore non superi 80 °C con 50 °C ambiente.
 

* La stima di 17,5V si basa su una tensione minima di saturazione dell’elemento regolatore di 2V e una ondulazione di 5V pp residui dal filtro raddrizzatore.
 

La tecnica a commutazione (switching) era nota fin dall’avvento dei primi transistori di potenza al germanio, ma la sua applicazione si è diffusa quando la tecnologia costruttiva dei semiconduttori ha consentito la realizzazione di transistori al silicio veloci, che hanno permesso frequenze di lavoro ultrasoniche.

E’ concettualmente complessa e usa un maggior numero di componenti; anch’essa fa uso del transistore di fig. 1, ma pilotato in modo che si comporti come un interruttore: o totalmente chiuso (saturated) o totalmente aperto (open); queste due situazioni si alternano ad una frequenza superiore a 20kHz.
Un opportuno filtro inserito fra l’interruttore e il carico trasforma la corrente pulsante presente dopo l’interruttore in una corrente continua che alimenta il carico.
 
 

Un amplificatore differenziale confronta la tensione d'uscita con una tensione di riferimento stabile e corregge la PWM del transistore affinché la differenza fra i due valori sia nulla.

NOTA

PWM è acronimo di Pulse Width Modulation: variando la larghezza dell’impulso in cui il transistor conduce si ottiene la correzione della tensione d’uscita, secondo la legge: Vo = Vi · (ton / (ton + toff)). La corrente d’uscita (Io) circola nel transistor durante ton e nel diodo durante toff.

Riferendosi al caso reale precedente con 17,5V d’ingresso e 12V, 10A d’uscita, e ipotizzando una perdita di conduzione media di 0,6V su transistor e diodo, la potenza totale persa sugli elementi attivi è: 0,6 · 10A = 6W !
E’ sufficiente un piccolo dissipatore per mantenere la temperatura dei semiconduttori entro 80 °C
 

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Considerazioni

Dall’analisi precedente su un’ipotesi reale ma generica risulta già evidente qualche vantaggio della tecnologia switching rispetto la lineare: riduzione di ingombro e peso e aumento dell’efficienza del regolatore, in quanto la potenza persa è notevolmente inferiore. Ma i vantaggi non finiscono qui.

Nelle applicazioni pratiche industriali–quadristiche il regolatore di tensione a bassa tensione, lineare o switching che sia, è preceduto da un sistema di isolamento e riduzione della tensione di rete: il trasformatore. Esso deve essere dimensionato per poter trasferire la potenza del carico + le perdite; nel caso pratico analizzato, il trasformatore dovrà essere 120W (uscita) + 55W (perdite) = 175 VA (volt ampere) nella soluzione lineare e 120W + 6W = 126 VA nella soluzione switching. La soluzione lineare richiede un trasformatore di 1/3 più grande che in quella switching!

Andrebbe aggiunto ancora che un buon progetto dovrebbe considerare anche le variazioni della tensione di rete, che in ambiente industriale solo ottimisticamente rientrano nel canonico ± 10%.
Per garantire la stabilità dell’uscita con una caduta di rete del 10% occorre che la tensione nominale d’ingresso al regolatore sia aumentata di almeno tale percentuale, portata dunque da 17,5 a 19,25V.
Cosa significa questo per i regolatori? per lo switching nessuna variazione, perché le perdite rimangono invariate, ma per il lineare vuol dire che l’elemento regolatore si trova a dover dissipare, con ingresso nominale, (19,25 – 12) · 10 = 73W, ben 18W in più! potenza che deve essere trattata anche dal trasformatore, che, dunque, aumenterà ulteriormente in dimensioni.
Per garantire, inoltre, affidabilità nel caso di un incremento di rete del 10% bisogna che il dissipatore sia dimensionato per trasferire all’ambiente 90W! Per non eccedere in dimensioni si dovrà ricorrere ad una ventola.

Il progetto completo della soluzione lineare richiederà, alla fine, un trasformatore da 193VA (contro 126), un dissipatore che dovrà essere studiato come parte del contenitore (contro due dissipatori da circuito stampato); gli svantaggi su ingombro, e peso, si estendono, dunque, a più componenti.

Nel caso però di un alimentatore switching con ingresso da rete si determina un ulteriore vantaggio; in questo caso, infatti, il trasformatore viene inserito tra l’interruttore ed il filtro (fig. 2) e fatto lavorare, quindi, ad una frequenza assai più alta di quella di rete, fino a 150kHz negli ultimi modelli TEMA; quel trasformatore vedrà ridotto il suo volume e peso di ben 10 volte!

Naturalmente non esiste una situazione fatta di soli vantaggi, e anche la soluzione switching ha le sue contropartite: richiede tempi di sviluppo più lunghi, usa un numero maggiore di componenti e trasferisce in uscita rumore elettrico.
Tempi di sviluppo e numero di componenti sono compensati dai vantaggi esposti; ciò è tanto più vero quanto maggiore è la potenza trattata.
Il rumore elettrico in uscita a un alimentatore switching è composto tipicamente da un’ondulazione a frequenza di commutazione, causata dai limiti del filtro, e una componente ad alta frequenza, causata dalle velocissime commutazioni dell’interruttore.
L’ampiezza dell’ondulazione a frequenza di commutazione ha generalmente un valore compreso fra 20mV e 50mV p.p. (18mV rms), che non regge certo il confronto con il valore di qualche mV della soluzione lineare.
Bisogna però considerare che in ambiente industriale tale rumore diventa insignificante; basti pensare che è sufficiente che i cavi d’uscita dell’alimentatore, nel quadro, passino paralleli, per mezzo metro, ad una linea di media potenza perché il rumore indotto da questa diventi anche superiore.
Questa considerazione è valida anche per il rumore in radio frequenza (che nella soluzione lineare non esiste).
Le emissioni in alta frequenza sono, dal 1/1/96 regolamentate dalla direttiva europea 89/336 EMC.
TEMA dispone di un attrezzato laboratorio per eseguire tutte le misure richieste: il livello di emissione di tutti i propri alimentatori è ampiamente inferiore ai limiti previsti.

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Riassumendo

Il grafico seguente rappresenta il risultato del confronto applicato all’esempio reale indicato e adottato come rappresentativo; ovviamente, diverse condizioni di tensione uscita, corrente uscita e tensione ingresso possono modificare i valori; generalmente, tanto più grande è la potenza trattata tanto maggiore è la differenza a favore della soluzione switching.

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