CONVINZIONI E ATTEGGIAMENTI A SCUOLA:  ALLA SCOPERTA DEL "CURRICULUM NASCOSTO"

 

 

 

Luciano Mariani

(Lingua e Nuova Didattica, Anno XXIX, No. 5, 2000)

 

Introduzione

Il tema della riforma della scuola ha portato con sé un interesse forse senza precedenti per temi quali l'organizzazione delle istituzioni scolastiche, i cicli di istruzione, i programmi, gli orari di insegnamento, gli standard di valutazione, l'uso delle nuove tecnologie. Tutto ciò è di indiscutibile importanza in un momento di cambiamento quale è l'attuale, ma costituisce, occorre ricordarlo proprio oggi con forza, ciò che possiamo definire il "curricolo scoperto", ciò che è più immediatamente "visibile", valutabile, e anche modificabile. Al di sotto di questo curricolo ne esiste un altro, che potremmo chiamare "nascosto", perché composto da ciò che tutte le persone coinvolte a vario titolo nel lavoro scolastico (docenti e studenti in primo luogo, ma anche genitori, dirigenti, amministratori, e altri) portano come loro contributo in termini di convinzioni, atteggiamenti, aspettative, motivazioni. Questo "curricolo nascosto" è largamente sconosciuto, raramente discusso e spesso anche sottovalutato, anche per l'obiettiva difficoltà di farne oggetto di indagine esplicita.

In questo contributo vorrei esplorare il concetto di "convinzione" e analizzare i modi in cui le convinzioni influenzano gli atteggiamenti, che a loro volta contribuiscono a determinare le decisioni e, in definitiva, le azioni e i comportamenti di insegnanti e studenti di fronte ai compiti di apprendimento.

 

La natura delle convinzioni

Vorrei partire da una definizione di "convinzioni degli insegnanti" fornita da Richards (1994b):

"… gli atteggiamenti, i valori, le teorie e le supposizioni riguardo all'insegnamento e all'apprendimento che gli insegnanti si costruiscono nel tempo e che portano con sé in classe."

Penso che la stessa definizione potrebbe essere usata con riferimento alle convinzioni degli studenti. Dopo tutto, quando insegnanti e studenti entrano in classe, attivano una serie di pre-conoscenze, schemi, idee precostituite su ciò che è una lingua, come funziona, come si insegna e come si impara, quali sono i rispettivi ruoli del docente e del discente, e così via. Naturalmente queste pre-conoscenze sono il risultato di tutte le nostre esperienze precedenti, sia come studenti che come insegnanti, del nostro retroterra socio-culturale, delle teorie pedagogiche e didattiche, implicite ed esplicite, che abbiamo avuto occasione di conoscere e sperimentare, e di numerosi altri fattori personali (1).

Le convinzioni, per loro natura, sono caratterizzate da un grado più o meno alto di soggettività: ciò che personalmente ritengo vero può in effetti costituire solo una mia "personale filosofia", una mia "teoria implicita". Gli "addetti ai lavori" nella scuola (studenti e insegnanti in primo luogo), ma anche, più in generale, la "pubblica opinione", possiedono una serie di "teorie ingenue", "elementi di saggezza popolare", "rappresentazioni mentali", "immagini precostituite", "quadri interpretativi", fino ad arrivare a miti e stereotipi ben radicati (2). Uno studente può considerare l'insegnante come fonte esclusiva del sapere, e come tale può aspettarsi di ricevere indicazioni precise su che cosa studiare e come studiare - ma questa convinzione può non corrispondere alla relativa immagine di "insegnante" posseduta dall'insegnante stesso, che potrebbe pertanto sentirsi a disagio in un ruolo di dispensatore esclusivo di contenuti e metodi.

Alcuni esempi di affermazioni di studenti possono servire a chiarire la natura delle convinzioni (3).

 

Esempi di convinzioni riguardanti la disciplina studiata

 A proposito delle sue difficoltà con la lingua straniera, in questo caso l'inglese, Giorgio, uno studente di Liceo Scientifico (17 anni), scrive:

"… Inoltre l'inglese non ha regole per la pronuncia delle parole, ed infatti spesso bisogna ricorrere allo "spelling" per poterle scrivere. Questo mi pare alquanto stupido per una lingua, che dovrebbe avere regole precise anche nella pronuncia e nella relativa scrittura delle parole."

Giorgio ha evidentemente una grande simpatia e un grande rispetto per le "regole" - e ne ha anche un grande bisogno. Il suo stile di apprendimento e l'esperienza sin qui avuta con l'inglese gli hanno costruito un'immagine precisa di "lingua" (materna o straniera) come sistema assolutamente "regolare" e controllabile. Si noti quel "dovrebbe" (da me sottolineato): la convinzione che una lingua sia, nell'ordine naturale delle cose, un sistema di regole, lo porta ad avere un atteggiamento molto prescrittivo nei confronti dell'inglese, da lui percepito come "eccezione alla regola", anzi come lingua decisamente "stupida"! Si può allora immaginare quale possa essere l'atteggiamento di Giorgio nei confronti dei vari tipi di compiti proposti dall'insegnante, e quale possibile "conflitto di convinzioni" possa emergere nei confronti di un insegnante che possieda convinzioni e atteggiamenti più o meno diversi dai suoi.

Giuliana, studentessa di Liceo Classico (17 anni) scrive invece a proposito del suo rapporto con la chimica:

"… Probabilmente della chimica ho trovato estremamente difficile e faticoso entrare nell’ottica della materia, capirne i meccanismi e cercare di applicarli nel pratico; inoltre non ho un grande “feeling” con questa materia per le sue caratteristiche troppo rigorose. Anche il latino e il greco seguono regole e schemi inflessibili, ma permettono anche allo studente di interpretare le opere degli autori che lo studente traduce”

Giuliana si è posta il problema della natura e della funzione della disciplina. Anche nel suo caso, il suo stile di apprendimento, e l'esperienza che la scuola le ha proposto della chimica, l'hanno portata a costruirsi un'immagine di materia "rigida" e "inflessibile". Si noti che anche in questo caso, Giuliana "costruisce" l'immagine della materia sulla base delle sue convinzioni: la chimica è dunque "troppo rigorosa", al punto tale da risultare inservibile. Giuliana si lancia persino in un'analisi interdisciplinare, ritrovando un ruolo per le "regole" e gli "schemi" nelle lingue classiche ma non per la chimica. Il suo desiderio di rendere più concreto lo studio di questa materia, collegandolo almeno alla realtà dei compiti scolastici, è stato per il momento frustrato.

 

Esempi di convinzioni riguardanti l'apprendimento

Cinzia, studentessa di Liceo Scientifico (15 anni), liquida abbastanza in fretta l'analisi delle sue difficoltà con l'inglese scrivendo:

"… queste difficoltà sono causate soprattutto perché non sono portata per le lingue straniere"

Cinzia "sa" che un fattore importante nell'apprendimento è costituito dalle attitudini, più spesso identificate come "predisposizioni", "l'essere portati per una materia", ma il ruolo e il peso che attribuisce a questo fattore sono tali da farlo considerare l'esclusiva condizione per il successo nell'apprendimento. Le attitudini sono per Cinzia un fattore "geneticamente" immutabile: si ha o non si ha, poco o nulla può essere fatto per controbilanciarne gli effetti. L'immagine e il concetto di sé come discente di lingue (se non, ma per fortuna non è il suo caso, come discente tout court) non stimolano certamente la sua motivazione, con il rischio di innescare un pericoloso circolo vizioso di insuccessi che generano insuccessi.

Paola, studentessa di Liceo Pedagogico (17 anni), così descrive le sue difficoltà:

"La materia che mi crea maggiore insoddisfazione è inglese: mi mancano i termini per sapermi esprimere in modo scorrevole, non riesco a rendere spontanea la costruzione della frase, il peggio, naturalmente, avviene nello scritto. Non potendo usufruire del vocabolario mi agito, vado in crisi e commetto gli errori più banali. Le lezioni sono pesanti e molte volte inutili, infatti se parlano le migliori non capisco cosa dicono, se ascolto la cassetta chiedo la traduzione! Un disastro"

Paola ha capito, in base all'esperienza sin qui avuta con la lingua straniera, che un obiettivo da raggiungere è la scioltezza. Ha capito, in modo intuitivo, che una buona prestazione linguistica implica "spontaneità" e "scorrevolezza". Il suo stile di apprendimento, anche in termini di tratti di personalità, non le ha finora consentito tuttavia di trovare un equilibrio con l'altra faccia della competenza, la correttezza. La convinzione che questi obiettivi siano inconciliabili si manifesta in modo più evidente nelle verifiche scritte, dove i vincoli del contesto (lo scarso tempo a disposizione, l'impossibilità di aggrapparsi ad una risorsa come il vocabolario) esasperano le sue difficoltà. Paola percepisce comunque questi problemi anche durante le lezioni centrate sull'orale, tanto da avere convinzioni ben precise sull'utilità delle lezioni, almeno nel modo in cui le vengono proposte.

 

Livelli di convinzioni

Le convinzioni costituiscono dunque un sistema di idee e valori profondamente radicati nella personalità, ma con un elemento di ulteriore complessità, nel momento in cui consideriamo i diversi livelli di consapevolezza sia da parte del singolo individuo che da parte delle persone con cui entra in contatto (Fig. 1; cfr. Luft 1969; Richards 1994a).

 

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|
 "il sé segreto"    | "il sé manifesto"
 |

io -------------------------------------------- gli altri

|
 "il sé nascosto" |       il "sé cieco"
 |

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Fig. 1 - Livelli di consapevolezza delle convinzioni

 

Il "sé manifesto" è costituito da tutto ciò di cui sono consapevole riguardo a me stesso, e di cui anche gli altri sono a conoscenza. Ad esempio, come insegnante posso avere a cuore la libera interazione tra gli studenti e la loro creatività: di questo posso essere conscio e ne possono nel contempo essere consapevoli studenti e colleghi - si tratta di una caratteristica molto "pubblica" del mio modo di concepire e mettere in pratica il mio personale approccio all'insegnamento.

Il "sé segreto" comprende invece ciò che è a conoscenza di me stesso ma non degli altri, in quanto non posso (o non voglio) renderlo "pubblico". Ad esempio, come insegnante posso trovarmi a disagio con l'uso del computer e sviluppare delle resistenze ad introdurlo nella didattica; di questo posso essere consapevole ma non desideroso di comunicarlo a studenti e colleghi, forse perché temo di non essere compreso, di essere giudicato o di essere tagliato fuori da un gruppo più "convertito" alle nuove tecnologie.

Sia il "sé manifesto" che il "sé segreto" si trovano al di sopra della linea della mia consapevolezza. Nel "sé cieco", invece, troviamo tutto ciò che di cui gli altri sono consapevoli, ma che sfugge alla mia coscienza. Ad esempio, come insegnante di lingua straniera posso parlare molto in classe e, in questo modo, togliere spazio ai miei studenti. Magari non sono consapevole di questa mia abitudine, ed anzi, posso essere convinto che più parlo, più opportunità offro alla classe di aumentare la loro esposizione alla lingua. I miei studenti, tuttavia, potrebbero essere ben consapevoli di ciò, e forse anche risentirsene o esserne frustrati - ma è come se io fossi "cieco" alle loro reazioni: è il mio "sé cieco" a cui non ho accesso.

La zona più "oscura" è infine costituita dal "sé nascosto", ciò di cui né io né gli altri abbiamo coscienza. Ad esempio, come insegnante posso sviluppare con una certa classe un'atmosfera di reciproca simpatia, comprensione, fiducia, sostegno. Questi sentimenti possono essere molto reali e ben percepiti da me e dagli studenti senza che né io né loro sappiamo spiegarcene le ragioni, che rimangono ben al di sotto della linea della consapevolezza.

Le convinzioni non costituiscono dunque un sistema strettamente individuale; al contrario, esse rappresentano, nella complessità dei livelli di consapevolezza, un legame essenziale tra il proprio "sé" e il mondo circostante.

 

Convinzioni, atteggiamenti, decisioni, azioni

Il "ponte" lanciato dalle nostre convinzioni tra noi stessi e il mondo ci aiuta anche a comprendere meglio quale sia la funzione che le convinzioni svolgono nel determinare le decisioni e i conseguenti comportamenti.

Le convinzioni funzionano come una specie di filtro tra noi e il mondo: un filtro attraverso il quale il mondo viene costantemente fornito di significato e reinterpretato. Le convinzioni sono insomma come una lente che usiamo per dare senso, il "nostro" senso, a ciò che accade intorno a noi. Ciò significa ovviamente che lo stesso evento, poniamo un compito di apprendimento proposto in classe, può essere interpretato in modo diverso da persone diverse (ad esempio, l'insegnante e gli studenti) che possiedono diversi sistemi di convinzioni. Così, ciò che noi e i nostri studenti pensiamo riguardo alla lingua, all'insegnamento e all'apprendimento agisce come un filtro nell'attribuire significati a ciò che diciamo e a ciò che facciamo.

Tuttavia, questo è solo il primo passo nel nostro tentativo di spiegare il ruolo delle convinzioni. Attraverso le convinzioni, noi percepiamo e reinterpretiamo le esperienze. Ma queste percezioni e reinterpretazioni non sono neutre: evocano solitamente sentimenti e reazioni, piacere o dispiacere, accettazione o rifiuto. Questi sentimenti si accompagnano inoltre spesso ad un qualche tipo di giudizio o valutazione: possiamo esprimere accordo o disaccordo, approvazione o disapprovazione - e questo è il passo decisivo tra le convinzioni e la formazione dei relativi atteggiamenti. Come sappiamo, sono poi gli atteggiamenti che condizionano le nostre intenzioni, le nostre decisioni, e, per ultimo, le nostre azioni. Dunque, i nostri comportamenti concreti (come quelli dei nostri studenti), vale a dire ciò che effettivamente accade in classe, sono soltanto la punta dell'iceberg. Sotto la superficie visibile delle azioni esistono le decisioni che prendiamo prima e durante le nostre lezioni. E queste decisioni, a loro volta, sono condizionate dai nostri atteggiamenti e, in definitiva, dalle nostre convinzioni (Ridley 1997:21).

 

Un esempio: le convinzioni dietro un compito di lettura

Vorrei presentare un esempio concreto di questo processo partendo da una tipologia di compito abbastanza comune: un compito di lettura di un articolo di rivista in inglese, che comprende in questo caso tre esercizi e un riquadro intitolato "Learning Tip" (traducibile più o meno come "Consiglio, suggerimento per imparare"). Le consegne, tradotte in italiano, sono riportate nella Fig. 2 (cfr. Elsworth et al. 1997).

 

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Esercizio 1: Prima di cominciare a leggere l'articolo, osserva con attenzione le figure, le didascalie e i titoli. Che ne pensi? Chi sono i personaggi e che cosa è successo?

Esercizio 2: Ora leggi rapidamente l'articolo e confrontalo con le idee che hai raccolto nell'Esercizio 1.

Esercizio 3: Rileggi l'articolo e rispondi alle domande (segue un elenco di domande, a risposta aperta, di comprensione di informazioni specifiche fornite dall'articolo).
 

"Learning Tip": Prima di iniziare a leggere un testo, guarda le figure e il titolo e pensa a ciò di cui  il testo potrebbe parlare. (Questo riquadro è posto in posizione ben visibile rispetto al testo, ma indipendente dalla sequenza dei tre esercizi.)

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Fig. 2 - Un esempio di compito di apprendimento

 

Vorrei dimostrare che, per poter affrontare ed eseguire con successo questo compito, sia l'insegnante che lo studente devono mettere in atto dei comportamenti, che implicano una presa di decisioni "strategiche", condizionate dalle loro rispettive convinzioni riguardo alla lettura e all'apprendimento in generale.

Si noti subito che l'Esercizio 1 chiede allo studente di non fare qualcosa: gli richiede di non tuffarsi immediatamente nella lettura del testo, ma di fermarsi, di procedere per passi, di focalizzare la sua attenzione su porzioni selezionate del testo (le figure, le didascalie, i titoli). L'adesione a questo richiesta del compito implica un atteggiamento che non è sempre possibile dare per scontato negli studenti. E' un atteggiamento che sollecita una specie di "sospensione dell'incredulità", la convinzione, in questo caso, che sia utile fermarsi e pensare, che sia produttivo rimandare l'impulso di leggere tutto e subito. Questo atteggiamento implica anche la convinzione che sia utile scegliere una strategia prima di iniziare a leggere ed utilizzarla per un certo periodo di tempo, fino a quando si percepisca la necessità di una strategia diversa. Per procedere in questo modo è anche necessario tollerare l'ambiguità del "non conoscere", e controllare l'ansietà che può essere percepita durante il processo - tutti elementi ad alta variabilità individuale. La domanda che possiamo porci è dunque: queste convinzioni, questi atteggiamenti, sono condivisi da noi e da tutti nostri studenti?

Lo stesso Esercizio1 chiede anche agli studenti di esprimere una loro opinione, una loro ipotesi, sui personaggi e sulla storia narrata nell'articolo. Pensiamo solo un per istante a come possa sembrare strana questa richiesta ad una persona che sia convinta che "leggere", nel senso di "comprendere", consista nel "lasciar fluire" il testo dalla pagina, attraverso gli occhi, fino alla mente. Al contrario, chiedere di fare ipotesi significa ritenere che ciò che offre il testo è altrettanto importante di ciò che il lettore porta al testo - le pre-conoscenze nella mente sono importanti quanto le nuove informazioni stampate sulla pagina. Il risultato dell'Esercizio 1 saranno dunque ipotesi, previsioni, supposizioni, costruite non "alla cieca", ma sulla base di precisi indizi: è un atteggiamento che prevede la possibilità di correre dei rischi ragionevoli e calcolati - e anche in questo caso, non possiamo dare per scontato che tutti amino correre rischi allo stesso modo.

L'Esercizio 2 è pensato come logico corollario dell'Esercizio 1: le ipotesi vanno verificate, messe alla prova, accettate o rifiutate, attraverso un confronto puntuale con il testo. Si noti che ciò presuppone un cambiamento di strategia. Il lettore è invitato ad avvicinarsi nuovamente al testo, ma con uno scopo diverso, con una strategia di "lettura veloce" volta a far verificare rapidamente l'ossatura delle ipotesi costruite. Questa "lettura veloce" funziona, ovviamente, solo se si è convinti che per questo particolare scopo non sia necessario capire tutto il testo, parola per parola, ma basti scorrerlo per cogliere le informazioni essenziali.

Da ultimo, l'Esercizio 3 propone ancora un cambiamento di scopo e dunque di strategia. Questa volta si tratterà di leggere in modo più intensivo così da trovare le informazioni dettagliate necessarie per rispondere a domande di comprensione più "fine". Notiamo che l'esercizio propone un numero di domande prestabilito dall'autore dell'esercizio e focalizzate su elementi scelti dall'autore stesso. Evidentemente l'autore ritiene che a questo stadio di apprendimento, a questo livello linguistico, gli studenti debbano essere guidati scegliendo per loro il numero, il tipo e la natura delle informazioni da mettere a fuoco. Come insegnanti che propongono questo compito potremmo quindi chiederci se condividiamo o meno queste scelte con l'autore, e perché. Potremmo inoltre chiederci, più in generale, se la comprensione del testo sia esaurita da una serie di domande o non meriti uno sfruttamento ulteriore.

Il compito sembrerebbe terminato, ma solo in apparenza. Rimane il riquadro intitolato "Learning Tip". Si tratta del richiamo di una strategia esercitata nel compito, con il probabile scopo di attirare l'attenzione degli studenti sull'utilità di mantenere la strategia nel tempo, trasferendola anche ad altri compiti, ad altri contesti. Che cosa possiamo fare di questo riquadro? Se lo ignoriamo o ce ne dimentichiamo, forse è perché non siamo convinti che agli studenti giovi questo tipo di consigli o suggerimenti; o forse non riteniamo che sia produttivo utilizzare tempo ed energie per far riflettere gli studenti su come hanno portato a termine un compito.

D'altro canto, possiamo invece ritenere che sia importante mettere a fuoco anche il processo, e non solo il prodotto di un compito, prevedendo un momento specifico di riflessione. Ma anche in questo caso possiamo avere convinzioni molto diverse sull'approccio da utilizzare. Possiamo essere inclini ad adottare un approccio di tipo "deduttivo": prima si attira l'attenzione degli studenti sul riquadro "Learning Tip", e poi si fornisce loro l'opportunità di mettere in pratica la strategia. Oppure possiamo essere più favorevoli ad un approccio di tipo più "induttivo": prima si invitano gli studenti a sperimentare la strategia nel vivo del compito, e poi si chiede loro di riflettere e discutere sul processo seguito, alla luce di quanto hanno effettivamente vissuto come esperienza.

Per riassumere, abbiamo visto come anche dietro un compito apparentemente semplice come quello esaminato si nasconda una serie variegata di convinzioni e atteggiamenti. Queste nostre convinzioni e atteggiamenti condizionano le nostre decisioni, e dunque i nostri comportamenti nella scelta e nella gestione del compito. Allo stesso tempo, le convinzioni e gli atteggiamenti degli studenti condizionano la loro interpretazione del compito, il loro coinvolgimento, e, in ultima analisi, i loro comportamenti, cioè ciò che decideranno di fare del compito stesso. Per portare a termine il compito con successo, dunque, sia l'insegnante che gli studenti devono condividere, insieme a tante altre cose, queste convinzioni e atteggiamenti - o, come minimo, è necessario che l'insegnante creda nei principi che sottostanno al compito, e che gli studenti siano disposti a sperimentare gli stessi principi, sospendendo temporaneamente l'eventuale incredulità verso i modi di procedere proposti dal compito e dall'insegnante. Le domande cruciali diventano a questo punto: siamo consapevoli delle nostre convinzioni? Sono le stesse di quelle "incorporate" nei compiti proposti dai nostri libri di testo? Siamo consapevoli delle convinzioni dei nostri studenti? In che misura noi e i nostri studenti condividiamo convinzioni e atteggiamenti, e in che misura siamo in conflitto? (4)

 

Strumenti per esplorare convinzioni e atteggiamenti

Quali strumenti abbiamo a disposizione per "portare alla superficie" le nostre convinzioni e quelle dei nostri studenti? Credo che sia possibile identificare due modalità principali di esplorazione: la raccolta diretta di informazioni e l'osservazione.

Possiamo raccogliere direttamente informazioni da noi stessi, dai nostri colleghi e dai nostri studenti tramite una serie di strumenti di uso comune, quali questionari, interviste, scale di valutazione, diari (5). Comune a tutti questi strumenti è la possibilità che offrono di "far parlare" o "far scrivere" le persone, di ascoltare o leggere ciò che hanno da dire, di creare tempi e spazi di riflessione personale, ma anche di verbalizzazione e quindi di condivisione con altri. Il confronto e la discussione conseguenti consentono poi di riconsiderare le proprie convinzioni e i propri atteggiamenti, e magari anche di entrare nell'ottica di modificarli o aggiornarli alla luce di quanto viene via via emergendo.

Un esempio di questionario è riportato nella Fig. 3 (nella versione da utilizzare tra colleghi).

 

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LETTURA E COMPRENSIONE - QUESTIONARIO

Leggi questo elenco di convinzioni e atteggiamenti nei confronti della lettura e decidi se sei (a) pienamente d'accordo, (b) abbastanza d'accordo, (c) incerto o senza un'opinione precisa, (d) piuttosto in disaccordo, o (e) completamente in disaccordo. Scrivi la lettera corrispondente alla tua risposta nel quadratino all'inizio di ogni affermazione. Poi discuti le tue risposte con i colleghi.

[  ] 1. La lettura è un processo passivo: il testo deve essere infatti "assorbito" dal lettore.

[  ] 2. Leggere è un'attività soprattutto visiva: l'occhio deve identificare lettera dopo lettera, parola dopo parola.

[  ] 3. Non esiste un unico modo di leggere: esistono vari modi diversi a seconda delle circostanze.

[  ] 4. Il tipo di testo e lo scopo per cui lo si legge sono importanti per decidere come leggerlo.

[  ] 5. L'efficienza nella lettura è fondamentalmente un fattore innato, su cui non si può intervenire.

[  ] 6. La comprensione di un testo dipende anche dalle conoscenze precedenti del lettore.

[  ] 7. Per capire un testo occorre capire il significato di tutte le parole da cui è formato.

[  ] 8. Per non distrarsi è bene cominciare a leggere subito il testo, riga dopo riga, senza fermarsi fino alla fine.

[  ] 9. E' possibile pianificare in anticipo il modo di leggere e tenerlo sotto controllo mentre si legge.

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Fig. 3 - Esempio di questionario sulla lettura-comprensione

 

Si tratta di una serie di affermazioni sulla lettura, nei confronti delle quali si è invitati ad esprimere la propria opinione, il proprio (relativo) accordo o (relativo) disaccordo. Queste affermazioni riflettono alcuni dei principi di fondo che abbiamo discusso poco sopra, con riferimento all'analisi di un compito. Si noti che questi principi, nella forma in cui sono riportati nel questionario, non possono affatto essere dati per scontati, ma sollecitano l'espressione di interpretazioni diverse, che è la condizione per un confronto e una discussione aperta delle proprie convinzioni personali. Un questionario di questo tipo può essere utilizzato sia prima che dopo un'esperienza di lettura basata su un compito - od anche sia prima che dopo, per valutare quanto l'esperienza stessa possa incidere sul cambiamento delle percezioni e delle convinzioni.

Un altro modo interessante per sollecitare l'espressione di convinzioni e atteggiamenti consiste nel fornire una serie di affermazioni da completare o come descrizione o come metafora (Fig. 4).

 

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Descrizioni o metafore?

                                               significa …

Imparare una lingua straniera /

                                            \

                                               è come …

                                              significa …

Insegnare una lingua straniera /

                                             \

                                               è come …

                                                   nel senso che …

Insegnanti e studenti sono legati /

                                               \

                                                  come …

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Fig. 4 - Descrizioni o metafore?

 

Si noti che, offrendo una scelta tra descrizione e metafora, si offre l'opportunità di esprimere stili di apprendimento diversi: una descrizione solleciterà di più persone analitiche, sistematiche, convergenti, una metafora persone più globali, intuitive, divergenti. Le metafore, in particolare, possono essere una fonte molto ricca di rielaborazioni, discussioni e "scoperte", nel momento in cui la persona, con l'aiuto e lo stimolo dei colleghi, si sforza di chiarire a sé e agli altri i significati anche più nascosti delle proprie affermazioni (6).

A titolo di esempio, si osservi la varietà e la ricchezza di notazioni che offrono le metafore, rispetto alle descrizioni, riportate in Fig. 5, frutto della collaborazione di gruppi di insegnanti di diverse discipline (7).

 

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Lo stile di apprendimento e lo stile di insegnamento sono legati …

·… nel senso che l'uno può essere condizionante rispetto all'altro

·… come genitori e figli (accanto compare un disegno stilizzato di persona adulta che tiene per mano un bambino)

·… nel senso che il primo influisce sul secondo … e lo stile di insegnamento deve tener conto dello stile di apprendimento degli allievi

·… come il predatore e la preda

 

Una strategia di apprendimento …

·… è una pianificazione di operazioni tendenti all'acquisizione di contenuti, calibrata anche sulle predisposizioni individuali

·… è come salire su una scala gradino per gradino (accanto compare il disegno di una scala a pioli)

·… è lo schema (sperimentato e verificato) con cui si fa fronte ad un compito non di routine

·… è come l'assalto a una fortezza

 

Per facilitare l'attivazione di strategie l'insegnante …

·deve essere consapevole che esistono strategie diverse di apprendimento e favorirne l'utilizzazione differenziata

Attivare strategie negli studenti è come …

·fornire una torcia elettrica in un magazzino quasi buio

 

Per facilitare l'attivazione di strategie l'insegnante …

·aiuta l'allievo a utilizzare le strategie che meglio corrispondono alle modalità di apprendimento dell'allievo stesso

 

Attivare strategie negli studenti è come …

·praticare il lavoro della levatrice

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Fig. 5 - Esempi di descrizioni e metafore

 

Questi sono dunque alcuni esempi di modi di raccogliere informazioni sulle nostre convinzioni (e su quelle di altri). Tuttavia, sappiamo che non tutte le convinzioni e gli atteggiamenti possono essere esplorati tramite una rilevazione diretta, "facendo parlare" o "scrivere" le persone. Una caratteristica importante delle convinzioni è infatti il loro variabile livello di consapevolezza, e quindi di accessibilità diretta (cfr. la Fig. 1). Ciò che non può essere scoperto in modo diretto, tuttavia, è a volte più accessibile attraverso l'osservazione di comportamenti. Dall'osservazione di ciò che noi facciamo, e di ciò che i nostri colleghi e i nostri studenti fanno, nel concreto delle attività di classe, possiamo risalire alle decisioni e alle scelte che sottostanno alle azioni, e dalle decisioni agli atteggiamenti, e, infine, alle convinzioni.

L'(auto)osservazione può essere più o meno strutturata, ma generalmente si avvale di alcuni strumenti che permettono una più agevole focalizzazione su elementi specifici e una descrizione più puntuale dei comportamenti, oltre ad offrire una guida alla loro  interpretazione e discussione. La Fig. 6 mostra un esempio di lista di controllo - un possibile elenco, certamente non esaustivo, di domande che possiamo farci, in quanto insegnanti, sulla nostra gestione di un particolare compito offerto dal libro di testo (8). La colonna vuota sulla destra, intitolata "Perché?", costituisce un elemento decisivo di questa esperienza di (auto)osservazione, in quanto ci stimola ad esplicitare e socializzare quelle che riteniamo essere le possibili convinzioni alla base delle nostre scelte e dei nostri comportamenti.

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LISTA DI CONTROLLO: GESTIONE DI UN COMPITO

·Abbiamo seguito la sequenza delle attività prevista dal libro di testo?

·Abbiamo tralasciato qualche attività, o parte di un'attività?

·Abbiamo aggiunto, tolto o cambiato qualcosa?

·Quanto tempo abbiamo dedicato a ciascuna attività?

·Quanto tempo abbiamo concesso agli studenti ad ogni stadio del compito per lavorare individualmente, a coppie o in gruppi?

·Quando e dove abbiamo chiesto agli studenti di eseguire il compito?

     - In classe o a casa?

     - Come un'intera lezione o come parte di una lezione? 

     - Prima o dopo altre attività?

     - Come l'attività principale di una lezione o come un "riempitivo"?

 

Perché?

 

 

 

 

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Fig. 6 - Esempio di lista di controllo

 

 

 

Ad esempio, con riferimento al compito di lettura precedentemente discusso (cfr. la Fig. 2), potremmo chiederci: quanto tempo abbiamo dedicato all'Esercizio 1 (pre-lettura)? Abbiamo lasciato abbastanza tempo agli studenti per raccogliere le idee? Che cosa abbiamo poi fatto di queste idee? Abbiamo chiesto agli studenti di condividerle con i compagni? In quale modo - a classe intera, a coppie o a gruppi? E perché abbiamo deciso di gestire il compito proprio in quel particolare modo?

Ci potremmo porre lo stesso genere di domande con riferimento al riquadro "Learning Tip". L'abbiamo usato o l'abbiamo ignorato? Perché? Se l'abbiamo usato, l'abbiamo fatto prima, durante o dopo gli effettivi esercizi in cui si articolava il compito? Abbiamo semplicemente chiesto agli studenti di leggere il riquadro, lo abbiamo discusso insieme a loro, o abbiamo fatto qualcos'altro? Le nostre risposte potranno fornirci una chiave di lettura e interpretazione delle nostre convinzioni riguardo, in questo caso, al processo della lettura, alla consapevolezza dello studente, alle strategie di apprendimento e ai modi di promuoverle in classe.

Come si vede, la raccolta diretta di informazioni e l'osservazione possono integrarsi: un questionario, ad esempio, può fornire una prima "mappa" delle nostre convinzioni e atteggiamenti, permettendoci anche di fare alcune "inferenze" sui nostri modi di prendere decisioni e fare scelte. L'osservazione dei nostri comportamenti può in seguito fornirci utili elementi di conferma, smentita o messa a punto delle nostre inferenze, fornendoci un'ulteriore chiave di accesso a convinzioni e atteggiamenti che altrimenti potrebbero anche rimanere al di sotto della nostra consapevolezza (9).

 

Conclusione

Le convinzioni e gli atteggiamenti degli insegnanti e degli studenti sono importanti perché si pongono al centro del sistema decisionale delle persone. Cambiare un curricolo ignorando questo sistema sarebbe come aggiungere altri piani ad un edificio senza controllarne le fondamenta. E' mia convinzione che quanto più saremo consapevoli dello stato di queste fondamenta, tanto meglio potremo gestire qualsiasi processo di cambiamento.

 

Note

(1) Per un'analisi approfondita delle relazioni tra "convinzioni", "supposizioni" e "conoscenze" degli insegnanti, cfr. Woods 1996, Capitolo 7; si vedano anche Richards 1996 e Golombek 1998. Torna al testo

(2) Esempi di uso di termini variegati per fare riferimento alle convinzioni si trovano, ad esempio, in Wenden 1991: 52; Richards 1994b: 6; Holec 1996: 95; Doly 1997: 20; Ridley 1997:9. Torna al testo

(3) Dati raccolti presso il Liceo Scientifico di Gallarate (Varese), il Liceo Classico "D'Azeglio" di Torino e l'Istituto Magistrale "De Amicis" di Cuneo. Torna al testo

(4) Sulla necessità di essere consapevoli di questo eventuale divario, si vedano Nunan 1995 e Grangeat 1997:162. Torna al testo

(5) Tra i questionari centrati in modo specifico sulle convinzioni degli studenti ricordo quelli di Horwitz 1987, Victori-Lockhart 1995 e Cotterall (http://www.vuw.ac.nz/lals). Torna al testo

(6) Sull'uso delle metafore per fare emergere convinzioni e atteggiamenti riguardo all'apprendimento della lingua, cfr. Krasnik 1986 e Thornbury 1991. Torna al testo

(7) Dati raccolti presso il Liceo Scientifico "Ferraris" di Torino. Torna al testo

(8) Sulla relazione tra convinzioni degli insegnanti ed uso dei libri di testo, e, più in generale, sulla scelta e la gestione dei compiti si vedano Williams-Burden 1997:56. Torna al testo

(9) Sul ruolo delle convinzioni degli studenti nell'uso delle strategie, si veda Palmer-Goetz 1988. Esempi di percorsi strutturati di attività volte ad aumentare la consapevolezza degli studenti riguardo alle proprie convinzioni sono offerti da Wenden 1986 e Wenden 1991. Torna al testo

 

Riferimenti bibliografici

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Elsworth, S., Rice, J., Mariani, L. Go For It! Harlow: Longman, 1997.

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Grangeat, M. "La Métacognition, une Clé pour des Apprentissages Scolaires Réussis", in Grangeat, M. (coordonné par) La Métacognition, Une Aide au Travail des Elèves. Paris: ESF, 1997.

Holec, H. 1996. "Self-directed Learning: An Alternative Form of Training" in Holec, H., Little, D., Richterich, R. Strategies in Language Learning and Use. Strasbourg: Council of Europe Press, 1996.

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Wenden, A. Learner Strategies for Learner Autonomy. Chapter 3: Knowledge about language learning, Chapter 4: Attitudes towards learner autonomy; Chapter 8: An action plan for beliefs and attitudes. Hemel Hempstead: Prentice-Hall, 1991.

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