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1) IL PERIPLO DELLA VILLA E DEL BORGO.

 

E’ un facile itinerario ma molto interessante perché oltre a permettere di visionare dall’esterno la villa e il suo parco da ogni lato, attraversa tutti gli ambienti tipici delle groane: zone agricole, di brughiera e boscate; è percorribile in un’oretta.

E’ specialmente indicato per chi vuole conoscere Castellazzo ed il suo territorio avendo a disposizione solo mezza giornata.

Con un po’ di tempo in più (un’ora) si può integrare con l’itinerario 2) della brughiera.

Il percorso inizia dalla piazzetta della chiesa di S. Guglielmo e ci incamminiamo seguendo il muro di cinta che cinge la Villa.

Questa presenza, che ci accompagnerà per buona parte della nostra passeggiata, non ci impedirà di ammirare il complesso della villa e coglierne gli splendidi particolari.

Costeggiamo un tratto di giardino con alberi da frutto tra cui spicca un discreto noce. La presenza di alcuni esemplari di sambuco, grosso arbusto molto comune nelle siepi e boschetti della nostra zona, denota il suo stato di abbandono e inselvatichimento.

In breve arriviamo davanti alla stupenda facciata della villa.

Da notare anche il prospettico viale di accesso contornato da un duplice filare di carpini. Il carpino (1.1) specie spontanea diffusa nelle Groane, era molto utilizzato dai giardinieri del passato (prima di essere soppiantato da specie esotiche a crescita molto più rapida) in quanto la folta chioma poteva sopportare notevoli potature e assumere le fogge desiderate.

Il fatto di essere un albero deciduo non alterava l’estetica perché le foglie morte persistono sulla pianta anche in inverno.

Questa pianta è stata diffusamente utilizzata anche nei giardini del Castellazzo ove le antiche siepi, quinte verdi e gallerie (come vedremo) sono tuttora visibili come 200 anni fa.

Proseguiamo verso una strada sterrata chiusa da una sbarra per impedire il passaggio delle auto. Alla nostra destra si estende una vasta area agricola (1.2) separata dalla strada da un filare di pioppi e da una siepe ricca di arbusti, presenze divenute ormai rare nelle nostre campagne.

Una fitta rete di canalizzazioni rende irrigabili questi campi tramite l’acqua del canale Villoresi permettendo coltivazioni tipiche della bassa pianura quali il mais e prati a foraggio. Non è raro osservare in questa zona in inverno qualche esemplare di airone cenerino immobile nei prati nell’intento di catturare qualche talpa o topolino.

La sua presenza in ambienti asciutti non deve stupire.

Gli individui svernanti nelle nostre zone, per poter sopravvivere in inverno devono cambiare regime alimentare, essendo le loro abituali prede, anfibi e rettili in letargo e gli specchi d’acqua coperti da una coltre di ghiaccio.

Giunti al termine del muro di cinta, dopo un centinaio di metri incontriamo un sentiero sulla sinistra che in breve tempo ci porta nella brughiera (v. 2.1).

Tra discreti esemplari di quercia notiamo numerose piante di pino silvestre, frutto di un rimboschimento del dopoguerra (v. 2.2) ed una essenza esotica la quercia rossa americana (v. 2.3). Ben presto arriviamo ad una carrareccia (1.3) che alla nostra sinistra termina davanti ad una cancellata della villa, ormai invasa dalla vegetazione.

Era questa una uscita che collegava il parco della villa con il bosco retrostante, in quanto anche questo luogo era frequentato per gli svaghi dei nobili.

L’aspetto era molto diverso dall’attuale, poiché sino alla metà del 1800, il bosco con imponenti piante di querce, carpini e pini silvestri, ricopriva alternato da radure a brughiera un’area vastissima; a sud lambiva Ospiate e proseguiva saldandosi ai contigui boschi della Menata fino alle porte di Milano, a nord si collegava con le vaste aree boscate delle Groane.

Gli ultimi lembi di questa immensa foresta scomparvero a Castellazzo durante il periodo bellico nel settembre del 1943, quando, approfittando del vuoto di potere verificatosi in quei tragici giorni, il bosco venne interamente abbattuto dagli abitanti di Bollate per ricavarne l’allora introvabile legna da ardere.

Pieghiamo a sinistra e seguiamo la stradina finché non raggiungiamo un piccolo ruscello (1.4) che attraversa un boschetto di querce e carpini (v. 2.4).

Da qui possiamo raggiungere la cancellata ove si può ammirare l’ala sud della villa con un largo viale (il settecentesco parterre) contornato da carpini dalla foggia bizzarra.

Seguendo sempre il muro di cinta sulla traccia di un sentiero si arriva ad una seconda apertura che dà su una galleria verde, ottenuta con accurate potature di carpini, denominata il “bersò”.
Ritorniamo sui nostri passi sino al ruscello e superatolo, alla nostra destra si estende una vasta area di brughiera (v. 2.5), dove a fine estate possiamo ammirare delle bellissime fioriture di brugo dall’ intenso color ciclamino.

Il parco della villa ci appare invece ora come un bosco secolare, e non come un curato giardino. In questa zona era situato il “serraglio”, recinto con i cervi ed altri animali selvatici atti a stupire i visitatori.

Annesso si trovava 1’ “uccelliera” tuttora esistente ed il “casino di caccia”, piccola e discreta residenza immersa nel bosco oggi scomparsa.

Da gennaio alla primavera inoltrata è facilissimo sentire il tambureggiare del picchio rosso maggiore, che in queste vetuste piante ha trovato un luogo sicuro ove poter scavare il suo nido. Osservando con attenzione il tronco degli alberi più grossi non è difficile rintracciarne il circolare foro d’entrata.

Raggiunto un bivio, è possibile tramite una piccola deviazione alla nostra destra, raggiungere uno stagno denominato “il laghetto dei fiori” per le belle fioriture di ninfee che lo ricoprono.
Ritorniamo verso il nostro sentiero e lo percorriamo verso destra sino ad incontrare una nuova cancellata che ci permette di dare un ulteriore sguardo al parco della villa.

Maestose querce svettano verso il cielo e ci danno un’idea di come doveva essere stupenda l’intera zona anche all’esterno dell’area recintata, prima dei disboscamenti del periodo bellico.
Proseguendo, dopo un centinaio di metri, una costruzione tra gli alberi attira la nostra attenzione.
E’ il retro del “teatro di Diana” complesso gioco d’acqua che funzionava tramite un mulino elevatore denominato “nona” azionato da un cavallo ospitato nell’edificio.

Ben presto arriviamo alla strada asfaltata che a sinistra conduce al borgo del Castellazzo.
Un ultima apertura ci fa ammirare un’altra veduta del parco ove si distingue una fontana e, un po’ nascosto dalla vegetazione, il già citato “teatro di Diana”.

Pochi passi e le rustiche architetture del borgo ci accolgono, attraversate le corti usciamo dalla parte opposta ove a sinistra la strada asfaltata ci riporta al punto di partenza.

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