2) LA BRUGHIERA. |
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E’ l’itinerario
naturalistico più interessante. |
Potremo vedere le
varie fasi evolutive della brughiera, dal prato naturale al bosco misto
di querce. |
E’ percorribile
abbastanza facilmente in due ore. |
Ci incamminiamo come
per l’itinerario 1 sulla strada sterrata posta sul lato destro
della facciata della villa. |
Camminiamo avendo
alla nostra destra dei campi coltivati (v. 1.2) e a sinistra il
muro di recinzione del giardino. |
Superatolo
tralasciamo un primo sentiero sulla sinistra (quello dell’itinerario 1)
e proseguiamo avendo sempre alla nostra sinistra il bosco e sulla destra
la zona agricola. |
Al termine del bosco prendiamo una stradina sulla sinistra che lo separa da un campo coltivato. |
Percorsi un centinaio di metri ci ritroviamo nello spiazzo di un laghetto per la pesca sportiva. |
Pieghiamo a sinistra seguendo una staccionata in legno e superata una sbarra metallica ci troviamo nella brughiera. |
Prima di proseguire la nostra passeggiata sarà utile spendere qualche
parola per meglio comprendere l’ambiente e la storia del paesaggio che
ci accingiamo a visitare, così tipico e rappresentativo delle groane. |
Con il termine brughiera (2.1) si intende un’ area con terreno
poco fertile inadatto all’agricoltura e quindi lasciato allo stato
naturale, ove la pianta caratteristica è il brugo (calluna vulgaris)
che le dà il nome. |
Nell’alta pianura lombarda esistono due tipi di brughiere con
caratteristiche molto diverse per la natura del suolo che le compongono:
quelle sabbiose a destra del fiume Olona e quelle argillose alla sua
sinistra. |
Le Groane e quindi le brughiere del Castellazzo appartengono al tipo
argilloso. |
Sono formate da uno strato di argilla di circa 2-3 metri che poggia su
una base sassosa. |
Questo suolo non è mai stato facile da coltivare (specialmente con i
modesti mezzi dell’agricoltura di un tempo); pesante nei periodi
piovosi per la qualità dell’argilla di trattenere l’acqua, duro nei
periodi siccitosi. |
Di conseguenza, per la scarsa produttività, questi terreni furono per
lungo tempo di proprietà comunale, con la libertà del diritto di
legnatico e di pascolo. |
Anticamente erano ricoperti da foreste di querce e betulle e le aree a
brughiera come le vediamo oggi dovevano avere un estensione molto
limitata. |
Lo sfruttamento del legname ma in special modo il pascolamento
eccessivo, comportò nel tempo una progressiva diminuzione dei terreni
boscati. |
La pratica di sfalciare i pascoli per ottenerne lettiere per
l’allevamento del bestiame accentuò questa tendenza. |
Il bosco, persa la capacità di rinnovarsi, degradò in brughiera. |
Il territorio di
Castellazzo, non essendo di proprietà comunale, non rientrò in questo
fenomeno; i boschi originari non vennero abbattuti oltre una certa
misura; le proprietà nobiliari li mantennero per i loro svaghi e come
abbellimento paesaggistico. |
Purtroppo anche qui col tempo non sfuggirono al loro destino. |
11 già citato disboscamento del periodo bellico portò la
trasformazione del bosco in brughiera. |
Ora, cessato lo sfruttamento della brughiera, si assiste alla lenta evoluzione della stessa in bosco, ma un nuovo nemico minaccia questa naturale evoluzione: il fuoco, che appiccato da vandali, vanifica in pochi minuti il lungo lavoro della natura. |
Per questo nella nostra passeggiata vedremo molti ambienti con un
differente grado di evoluzione che possiamo sinteticamente ricondurre in
questo schemino, dal più basso al più alto |
prato naturale a molineto—>
brughiera—> area di rinnovazione—> bosco |
1l prato naturale a molineto è il primo
stadio della brughiera e si forma per il taglio a raso (completo) del
bosco, o per l’incendio della brughiera o delle zone di rinnovazione. |
E’ così chiamato perché la pianta principale che lo forma è la graminacea molinia. |
Con il tempo insieme alla molinia crescono le piantine del brugo e i
piccoli alberelli (pini, querce, betulle, ecc). |
Si é così formata la brughiera. |
Quando le piccole piantine prendono il sopravvento ricoprendo larghi tratti di brughiera, queste zone vengono chiamate aree di rinnovazione. |
Le piantine crescono e si selezionano, rimanendo solamente quelle più
sane o adatte all’ambiente. |
Si è formato così il bosco. |
Con queste nozioni
possiamo ora continuare la nostra passeggiata. |
Stiamo ora camminando
su una vecchia carrareccia che conduce al parco della villa (v. 1.3),
alla nostra sinistra si estende un tratto di brughiera con numerose
piante di pino silvestre e querce (2.2). |
Purtroppo questa
zona, che sino a qualche anno fa’ era una rigogliosa pineta, è
ora costellata da numerose piante morte o in pessime condizioni. |
La causa è dovuta ai
numerosi incendi che hanno colpito la zona negli ultimi anni. |
Se la nostra visita
è effettuata in inverno ci renderemo subito conto della loro origine. |
Il suolo e’
ricoperto da una pianta erbacea alta sino ad un metro e mezzo, la già
citata molinia. |
Concluso il suo ciclo
vegetativo in autunno secca, tanto che localmente viene chiamata “il
pagliettone”. |
In inverno e
all’inizio della primavera il rischio di incendio (doloso o colposo
naturalmente!!) è altissimo per la facile combustibilità e per la
grande quantità di questo materiale. |
Gli incendi così
innescati sono devastanti e i risultati purtroppo sono davanti ai nostri
occhi. |
Tra pinetti ormai
scheletrici si notano numerose pianticelle di quercia, pioppo tremolo,
betulla che ricacciando dalle ceppaie ricominciano l’evoluzione
dell’area. |
E’interessante ricordare che un tempo persino la molinia aveva un
ruolo importante nella povera economia agricola delle groane. |
11 suo nome dialettale “paietun” ovvero pagliettone ci fa già
intuire i suoi utilizzi, oltretutto sfruttabili da quella parte di
popolazione che non disponendo di terreni propri dipendeva dalla
proprietà pubblica di vaste aree delle groane. |
Abbiamo già citato l’uso antico di sfalciare la brughiera per
ricavarne strame da utilizzare come lettiera nell’allevamento del
bestiame. |
La molinia forniva gran parte di questo umile materiale. |
Ma non era questo l’unico utilizzo. |
Gli steli dritti e resistenti erano un ottimo materiale per ricoprire i
tetti delle abitazioni; certamente questo era un uso antico, sostituito
già da molto tempo anche nelle abitazioni più modeste dalle tegole in
argilla; ma ancora non molto tempo fa qualche anziano agricoltore
raccoglieva la molinia per ricoprire i tetti dei cascinotti, piccole
costruzioni isolate nella campagna ove si ricoveravano gli attrezzi. |
E conferma di una radicata tradizione locale all’utilizzo della pianta
era la consuetudine di realizzare durante le feste paesane porte
trionfali e abbellimenti vari intrecciando gli steli della molinia. |
Tutte queste usanze comunque scomparvero definitivamente nei primi anni del dopoguerra. |
La quercia è qui
presente in due differenti tipi: la quercia farnia nostrana e la quercia
rossa americana (2.3). |
E’ facile
riconoscerle per la forma delle foglie; coi lobi arrotondati nella prima
e triangolari e seghettati nella seconda o per le ghiande, nella famia
di 3-5 cm allungate e di 2-3 cm tozze ovali nella quercia rossa. |
Dopo un centinaio di
metri seguiamo la stradina che piega verso destra. |
Il sottobosco è
formato da un vasto tappeto di felce aquilina, bella felce che supera il
metro di altezza, così chiamata perché la sezione del picciolo
richiama il disegno di un aquila. Arrivati ad un ruscello, il punto 1.4 del sentiero precedente,
merita attenzione il tratto di bosco alla nostra sinistra (2.4). |
E’ questa una delle poche aree a Castellazzo ove il bosco appare nella sua forma più naturale e ci mostra come dovrebbero essere le groane se la natura potesse compiere liberamente la sua evoluzione. |
La vegetazione
arborea dominante è formata dalle querce farnie. |
Sotto queste si sviluppano i carpini in quanto sopportano bene l’ombra, dando vita a quella associazione forestale che i botanici chiamano” il querco-carpineto” tipica della pianura padana, che un tempo la ricopriva interamente. |
Alla destra del
nostro sentiero invece si estende una vasta area di brughiera (2.5). |
Qui alla fine
dell’estate è possibile ammirare le belle fioriture del brugo che con
vistose macchie color ciclamino rallegrano questa apparente monotona
distesa. |
Altro elemento di
contrasto sono le macchie di alberelli di pioppo tremolo, pianta
pioniera che per prima porterà l’evoluzione della brughiera verso il
bosco. |
La brughiera comunque
è importantissima dal punto di vista vegetazionale. |
In essa l’argilla,
ritenendo l’acqua, crea un microclima più freddo, permettendo anche
in pianura la vita a piante che normalmente vivono in montagna; tra
queste citeremo i narcisi e la genziana pneumonante, divenuta rarissima
in Lombardia ma ancora presente a Castellazzo. |
Percorsi poche decine
di metri, il bosco alla nostra sinistra è presente nel suo stadio di
evoluzione intermedio. |
Le giovani piante che
lo compongono, (pioppi tremoli, betulle, frangole, robinie) favorite
dalla loro forte crescita iniziale, saranno soppiantate dalle querce
anch’esse già presenti quando queste più longeve prenderanno il
sopravvento. |
Solo il carpino potrà
convivere con loro. |
Le altre piante già
menzionate, amanti della luce, all’ombra delle querce a poco a poco
scompanranno. |
Il sentiero prosegue
ora circondato da alti macchioni di rovo, che nella stagione appropriata
producono in abbondanza le gustose more. |
Arrivati ad un bivio
prendiamo una stradina sterrata alla nostra destra, sempre circondati
dalla brughiera. |
Dopo un centinaio di
metri troviamo un secondario del canale Villoresi, attraversato da un
rustico ponticello. |
Se siamo stanchi
possiamo riposarci utilizzando come panchine le larghe sponde in pietra
del ponte. |
Riprendiamo il
cammino seguendo il sentiero che costeggia la recinzione di un laghetto
denominato dei fiori, per le belle fioriture di ninfee che lo ricoprono
parzialmente. |
Arrivati ad una
cascatella e ad nuovo ponticello il sentiero degrada rapidamente
facendoci intuire che siamo al limite dell’altopiano delle Groane e al
termine della brughiera. |
Il ritorno possiamo
effettuarlo per la strada percorsa nell’andata o con un poco di
avventura per un piccolo sentiero che si snoda a sinistra partendo dal
ponticello. |
Inizialmente attraversiamo un tratto di brughiera con numerose felci aquiline, ginestrelle, e cespugli di brugo |
E’ questo il regno
del ramarro, bel lucertolone verde totalmente innocuo; è possibile
osservare qualche esemplare mentre prende il sole su un arbusto o mentre
caccia insetti lungo il sentiero. |
Ai lati si notano
delle grosse buche scavate nel terreno: sono dovute allo sradicamento
delle ceppaie delle piante abbattute nel periodo bellico. |
La loro ampiezza ci
fa intuire le notevoli dimensioni che dovevano raggiungere. Man mano che
proseguiamo la brughiera si arricchisce di alberelli di betulle e pioppi
tremoli talmente fitti che nel periodo vegetativo possono creare qualche
problema nel rintracciare il sentiero. |
Proseguendo notiamo
che gli esili alberelli lasciano il posto ad esemplari già adulti tra
cui notiamo anche numerose querce e persino dei castagni, sinché non ci
inoltriamo in un bosco vero e proprio. |
Proseguiamo in
leggera salita e, sempre seguendo la traccia del sentiero, sbuchiamo sul
ponticello della nostra sosta presso il laghetto. |
Ritorniamo sui nostri
passi sino ad incontrare il muro di cinta della villa, deviamo verso
destra per una stradella in terra battuta flancheggiata da un canaletto,
dove dopo un centinaio di metri la strada asfaltata ci porta verso il
borgo del Castellazzo e al nostro punto di partenza. |
Questa passeggiata ci avrà fatto riflettere sulla fragilità estrema
dell’ambiente di brughiera nelle groane. |
Basta il gesto di uno sconsiderato per annullare in pochi secondi il
lavoro di decenni della natura; in più di mezzo secolo il bosco non è
ancora riuscito a rioccupare le superfici perse e senza l’aiuto
dell’uomo difficilmente potrà riuscirci. |
11 nuovo piano territoriale del parco delle Groane identifica tutta la
brughiera del Castellazzo come “riserva naturale orientata” ossia un
territorio dalle ampie possibilità naturalistiche ma che necessita di
interventi mirati, appunto come dice il nome “orientati” per
raggiungere e mantenere nel tempo un equilibrio ambientale ancora oggi
precario. |
Soltanto affiancandosi al lavoro della natura, non certo stravolgendolo, si potrà raggiungere nel tempo
questo obbiettivo. |
L ‘ente Parco Groane è l’unico che può ottenere questo risultato
catalizzando risorse umane e finanziare che nessun privato avrebbe
l’interesse di investire. |
Per questo motivo è necessario arrivare al più presto ad acquisire a
proprietà pubblica i terreni di brughiera. |
Bisogna rifiutare la logica ancora molto comune del “….. i boschi crescono da soli e si mantengono da soli!…. “ la nostra passeggiata ci avrà insegnato anche questo. |