l'occhio privato
BLOW UP
uno sguardo nel mirino
Zoyd Wheeler

Introduzione - La trama - Le contraddizioni - Ritratti - Conclusione - I dati del film - Bibliografia

Introduzione

Premessa: Non sono certo io il più indicato a stendere le note di commento di Blow Up, un film del 1966 di Michelangelo Antonioni; non credo infatti di avere cultura cinematografica sufficiente per inquadrarlo entro il corpus filmico del grande regista italiano, né per considerare tutti i riferimenti biblio-cinematografici necessari per una comprensione totale del film stesso; tuttavia, sulla base di poche osservazioni, ne fornirò un quadro minimo personale; questo compito, apparentemente improbo, è risultato più facile di quel che avrei potuto pensare, dato che il film sicuramente è uno dei più riusciti dell'intera produzione cinematografica degli anni '60 (e arriverei anche oltre), e offre molti spunti di riflessione, di cui ne ho compreso una parte sufficiente a stendere queste poche righe.
In ogni caso, la motivazione prima e più forte che mi spinge a questo lavoro è la passione, che mi fa amare quest'opera e che sottolinea e rafforza un certo mio
bisogno di fare fotografie.

Girato e prodotto nel 1966, questo bellissimo film è quasi un documentario della società inglese degli anni '60, già da qualcuno definita Swinging Britain [1]. Questo fermento politico-culturale, nato quando l'Inghilterra era guidata da Harold Wilson, il leader laburista, eletto Primo Ministro nell'ottobre 1964, è alla base di molte spinte culturali, musicali, letterarie, cinematografiche; e inoltre "... L'intensità di questo tendere al piacere istintivo e immediato fu il segno caratteristico della Swinging Britain, un paese oscillante tra il vecchio e il nuovo, durante gli anni di punta della cultura pop, dal 1965 al 1967..."[1].

Di per sè, la trama del film è poca cosa: in tutto circa ventiquattro ore nella vita di un fotografo londinese, Thomas (David Hemmings), tra un sabato mattina e la successiva domenica all'alba. La vicenda non ha un vero e proprio svolgersi, ma il finale del film può voler dire molte cose. Infatti, Thomas, il protagonista, sembra subire la vicenda, i fatti, le cose, sembra lasciare che tutto accada, senza forzare la mano. E così, alla fine, scompare nel nulla, negli ultimi secondi della pellicola, quasi a voler sottolineare questo fatto.

La trama

Il film inizia quando, la mattina presto, alcuni senzatetto diseredati escono dal dormitorio pubblico, e si dirigono, apparentemente senza una meta precisa, verso la città (non c'è niente che identifichi tale città con Londra). Tra loro, anche Thomas che, curiosamente, tiene un pacchetto sotto il braccio. Dopo una breve chiacchierata con alcuni di loro, Thomas, piuttosto furtivamente, se ne va verso una lussuosa automobile, rivelando che nel pacchetto c'era una macchina fotografica, e se ne torna a casa, nel suo studio fotografico, dove l'attende una svogliata modella (interpretata da Verushka, una vera star della moda di quell'epoca) che però, scatto dopo scatto, dimostra una sensualità notevole: Thomas la fotografa quasi a cavalcioni, e sembra simulare un atto sessuale.
Nel seguito, Thomas ritrae alcune ragazze, in rutilanti abitini anni '60 entro scarne scenografie, che forse, più di ogni altra cosa, situano il film in un preciso contesto storico. Ma con esse è brusco, insoddisfatto, quasi crudele, e alla fine se ne va, ordinando loro di restare a occhi chiusi (una metafora della vanità che caratterizza il mondo della moda?).

Arriva così al parco con la macchina fotografica, in un prato sopraelevato, esteso a perdita d'occhio. Scorge una coppia che si sta scambiando effusioni. E' allora che, preso da una strana frenesia, scarica il rullino sulla coppia, quasi volendo carpirne il legame.

La reazione della donna (Vanessa Redgrave), che per un momento sembra interdetta da qualcosa che la disturba e la spaventa, è correre verso il fotografo e chiedergli le foto, a suo dire rubate; dopo una breve schermaglia, e con il rifiuto di Thomas di renderle il rullino, la donna scappa via senza rullino, verso il luogo dove aveva lasciato il suo uomo, che però è scomparso, e quindi fugge via. Questo è il cuore della vicenda, che lo spettatore non può cogliere nella sua completezza durante la prima visione dell'opera.

Una volta in macchina, con un rudimentale citofono da viaggio (antesignano dei moderni telefonini), Thomas riceve una chiamata dalla segretaria: qualcuno le ha riferito che un certo negozio di antiquario è in vendita, e che sarebbe meglio andare a vedere. L'assistente dell'antiquario (che poi si rivelerà essere una bella ragazza), è un signore anziano e molto burbero, che risponde solo "non so" alle domande di un Thomas divertito.
Quindi, una volta a casa, la donna del parco che Thomas aveva fotografato si presenta davanti alla sua casa (chi la informata? Chi l'ha seguito?), e gli chiede nuovamente il rullino. Una volta dentro lo studio, deserto, inizia un dialogo surreale, un botta e risposta di parole, di silenzi che riflettono una certa cultura del mondo giovanile di allora, con lui che la "educa" ad ascoltare la musica, e lei che gli si offre pur di avere il rullino (dopo un tentativo di furto andato a vuoto). Infine la donna se ne va, ma con un rullino falso, che astutamente Thomas gli ha sostituito sotto il naso.

Comicia il risvolto thrilling del film. Thomas, preda di una grande curiosità, sviluppa il rullino vero, e stampa enormi ingrandimenti che appende in soggiorno, per studiarle. Tra una stampa e l'altra scopre la verita: la coppia al parco era seguita da un uomo armato, nascosto tra i cespugli, e la donna alla fine fugge perché il suo uomo è stato ucciso! Il crescendo di scoperte è svolto magistralmente dal regista, che offre allo spettatore la possibilità di comprendere la vicenda contemporaneamente al fotografo del film, fino addirittura a scoprire il cadavere dell'uomo, seminascosto dietro ad un cespuglio.
Il seguito della vicenda porta Thomas al parco, dove scopre il cadavere proprio dove era ritratto nei suoi ingrandimenti; incontra poi diverse persone, ma tutte sembrano apparentemente portarlo fuori dalla sua scoperta: il pittore, l'antiquaria, Ron, l'amico che scrive le note di commento al suo portfolio.
Tornato a casa, scopre che qualcuno gli ha rubato tutte le foto, tutti gli ingrandimenti, il rullino. E' allora che comincia a vagabondare per la città, tornando nel parco dove scopre che il cadavere è stato rimosso, fermandosi a un concerto (gli Yardbirds che eseguono Stroll On), e poi andando a una festa, dove, senza riuscire a comunicare con nessuno le sue scoperte, comincia a bere, perdendosi nell'oblio.

Risvegliatosi la mattina dopo, vagando senza più meta, incontra in un campo alcuni clown metropolitani che mimano una partita di tennis. Li guarda affascinato, ma alla fine, negli ultimi fotogrammi, si dissolve nel nulla.

Le contraddizioni

Intorno a Thomas, come abbiamo detto, le cose succedono. Ma il regista ha voluto presentarcele in una doppia veste, come se l'interpretazione che se ne può dare non dipenda da noi. Esaminiamo alcune situazioni:

La città è brulicante di vita / La città è quasi deserta
La città in cui prende corpo la vicenda (una città senza nome) è il primo protagonista del film, ma vive un'apparente contraddizione che smaschera un certo tipo di cultura anni '60: è viva e caotica, vissuta come insieme brulicante di vita, operosa la mattina, frenetica la notte; inoltre, la tesi che vuole la città un insieme caotico di persone non legate fra di loro vive qui uno dei suoi estremi: infatti nella città brulicante di vita nessuno sembra conoscere alcuno.
Nel contempo però la città è nuda, spoglia, senza molte persone, popolata solo da personaggi che hanno una precisa funzione: il quartiere in costruzione attraversato da Thomas, il parco, con la spazzina e la coppia, le vie attorno al negozio di antiquario.
Quindi si hanno molte figure descritte appena e poche figure molto caratterizzate, sviscerate con un certo gusto narrativo; ma, e qui si risolve l'apparente contraddizione, tutto è visto sempre come se proveniente dagli occhi di Thomas.

I clown metropolitani schiamazzano / I clown metropolitani sono silenziosi
Anche i clown metropolitani, primi ad apparire all'inizio del film, giocano un ruolo importante: urlano, strepitano, gridano, appaiono felici, fanno scorribande per la città, ma non dicono mai niente, tranne quando, avvicinato Thomas, gli chiedono dei soldi. E qui si nota, ancora, insistente, la visione dal punto di vista di Thomas. Per contro, nel finale del film, giocano a tennis fuori dalla realtà, senza rumore, eterei. Se manteniamo valido il concetto che il tutto è visto sotto gli occhi del fotografo, allora si conclude che anche l'animo di Thomas è vuoto, etereo: e infatti, egli si dissolve negli ultimi secondi.
I clown sono il contorno della giornata, qualcuno che la colora, che la riempie, ma che non comunica niente, se non un vago bisogno di apparire. Quasi una metafora della gioventù dell'epoca, o forse, con una visione introspettiva maggiore, essi esprimono lo stato d'animo di Thomas, prima euforico, per le foto fatte all'ospizio, poi (nel finale) silenziosi, perché anche Thomas non ha più nulla da dire.

I giovani
I giovani, oltre che sotto la veste di clown metropolitani (che appaiono come uno sfondo alla vicenda), sono visti anche sotto un altro aspetto, anche qui contraddittorio (apparentemente), ma che giustifica forse l'intera narrazione: al concerto degli Yardbirds, musica dura, che avvolge e riempie la sala, sono immobili, svuotati, imbambolati; è musica senza vita; essi si rianimano solo quando Jeff Beck getta loro il manico della chitarra distrutta, scatenando una bagarre il cui protagonista è Thomas che, come in un sogno in prima persona, riesce ad afferrare il manico e a fuggire, salvo poi ritrovarsi fuori, nel mondo vero, accorgersi che il manico non ha più alcun reale significato e gettarlo via (e che il manico di chitarra non significhi più nulla è sottolineato dal fatto che un altro giovane, che si protende come un tentacolo dalla folla, lo raccoglie, lo guarda, lo getta via nuovamente e scompare).
Ma successivamente, alla festa alla fine del film, gli stessi giovani (stessi in senso comunitario, non le stesse persone) sono ciarlieri, ridanciani, allegri, fumano (molto e varie cose) e bevono, sembrano tutto sommato felici; tuttavia non c'è musica nell'aria: è vita senza musica; anche qui nessuno dice qualcosa di particolare, si sentono solo voci, in un brusio vitale; solo le persone che il fotografo incontra comunicano concetti (rafforzando il concetto che l'intera vicenda sia accaduta soltanto nella mente di Thomas).
Però, sempre con l'ipotesi Thomas-centrica, tutta la festa sembra svuotata di ogni vitalità autentica, finta, quasi un preludio alla dissolvenza finale.

Ritratti

Vale la pena soffermarsi su alcuni personaggi che si incontrano durante la giornata descritta nel film. Ognuno di essi è un microcosmo tratteggiato senza sfumature, un insieme di flash che hanno solo la funzione di illuminare Thomas, ma che dietro questo semplice atto acquistano una dimensione fondamentale.

La modella
Corpo magro e sensuale, atteggiamenti languidi (la descrizione che Antonioni fa dell'atto fotografico è al tempo stesso una metafora dell'atto sessuale e un pezzo di straordinaria bravura cinematografica, accompagnato da una pregevole esecuzione musicale di Herbie Hancock, che ha firmato l'intera colonna sonora).
Verushka è una modella reale, esistita nei mitici anni '60, già famosa in quell'establishment modaiolo che con gli anni '80 sarebbe diventato assoluto. La modella da lei interpretata è una ragazza timida, che soggiace alle richieste professionali del fotografo, che si muove con una certa malinconia, ma che esprime anche una forte attrazione.
Il collaboratore di Thomas
Quasi muto e silenzioso, appare solo nelle vicende iniziali, quando sviluppa le foto di Thomas, gli porge i corpi macchina durante i servizi fotografici, lo aiuta a misurare la luce. E' la persona reale, che fa il lavoro sporco, il che permette a Thomas di librarsi sopra le cose. E' forse un'altra faccia dello stesso Thomas.
Le modelle
Silenziose, affettate, spaventate, statuarie (o forse bisognerebbe dire ingessate, visto che Thomas dura fatica a metterle in posa), sembra quasi che non abbiano voglia di posare, tanto che Thomas si stufa di loro e se ne va, dicendo loro che sarebbe tornato (e non tornerà), e di tenere gli occhi chiusi, fino al suo ritorno. E' allora che esse ballano, al ritmo della musica che c'è nell'aria, e che rispecchia il vuoto dentro loro stesse.
L'antiquaria
E' una ragazza carina, che riesce a vendere un'enorme elica a Thomas, che appena la vede è preso da frenesia e vuole portarsela via subito. In contrapposizione alla burbera severità del vecchio, lei esprime dolcezza, mitezza, ma anche una risolutezza e una indipendenza notevoli.
La ragazza
Vanessa Redgrave riesce a dare all'immagine della ragazza coinvolta nell'omicidio amore e odio, risolutezza e arrendevolezza, scaltrezza e ingenuità. E' una persona in pericolo, sempre in fuga (almeno, dato che appare a Thomas sempre di corsa, così sembra), sempre sul chi va là. Thomas cerca di fermare la sua frenesia, di farle ascoltare musica (un po di jazz), ma lei non si scioglie. Fino a quando si toglie la camicetta, dimostrando così di essere pronta a tutto pur di riavere il rullino.
Il pittore
E' il personaggio più enigmatico del film. E' un amico di Thomas, che dipinge per passione, e che intende l'arte come assoluta forma di espressione inconscia. Infatti, nelle vicende narrate, egli chiede a Thomas cosa ne pensa di un quadro. E' un'opera astratta, che Thomas vuole subito comprare. Ma non è in vendita. Il pittore dice di trovare cose nuove ad ogni sguardo, cose che non aveva voluto dipingere, cose che sono venute fuori da sole. E' forse il passaggio più meditativo dell'intera opera.
Ron
E' un letterato, uno di fini maniere, che sa valutare un portfolio, che ne sa stendere le note di commento. Ma anche lui, nonostante viva nel mondo della cultura, si fa coinvolgere dalla giovane vita della Londra anni '60, e finisce anche lui per svuotare la vicenda di ogni significato, spingendo Thomas a dimenticare, a fumare, a bere, a divertirsi, salvo poi ritrovarsi senza pià niente.
La ragazza del pittore
Interpretata da una dolcissima Sarah Miles, esprime la donna che ama (e sopporta) il suo artista, ma che è attratta anche dalla strana figura frenetica di Thomas.
Le ragazzine
Le ragazzine che vengono ripetutamente a trovare Thomas per un servizio fotografico, forse due sorelle, sono l'espressione netta della vacuità giovanile, che intende la vita come soldi facili e fama e successo. Sono simpatiche, però, e Thomas, alla fine, le fa entrare, ed è coinvolto in una lotta erotica con entrambe, mentre volano i vestiti dei protagonisti e i vestiti che Thomas ha nel suo studio per i servizi di moda. Alla fine, un po' vergognose, un po' rassegnate, perché di foto non ne è stata scattata nemmeno una, se ne vanno, così come sono venute: mano nella mano.
Il morto senza nome
E' lui il vero protagonista del film, il nucleo della vicenda, la causa di tutto. Eppure non sappiamo chi è, se non che ha sui cinquant'anni ed è alto e brizzolato. Sappiamo anche che la ragazza è la sua amante, e che viene ucciso nel prato. Il suo corpo rimarrà per ore nel parco deserto, per poi sparire nel nulla.
L'assassino
Di lui vediamo solo un'ombra che regge una pistola. Eppure, ha dato vita all'intera vicenda, ed è probabilmente colui che trafuga il corpo e che fa sparire le foto di Thomas. Un'ombra inquietante, che però non prende mai corpo. Nè si saprà mai perché tutto è successo e chi ne è coinvolto. Una perfetta allegoria della vita reale.

Conclusione

Il film gioca su diversi piani. Il piano dell'avventura e il piano del ritratto psicologico. Il piano della realtà “reale” e quello della realtà virtuale. Il piano del rumore e il piano del silenzio. Tutto questo consegna a noi un'opera che è praticamente perfetta. Inoltre, restano due considerazioni che racchiudono il significato primo del film. La prima è che l'occhio umano, per quanto allenato, percepisce solo quello che vuole vedere. Thomas, infatti, non si accorge dell'assassino, non si accorge del cadavere, non vive la sua vita, ma ne è, in qualche maniera “vissuto”. In suo soccorso viene l'occhio meccanico, freddo, che però, sia pure con l'abilità di uno sviluppatore, riesce a cogliere in profondità “il fatto”.

La seconda considerazione (e qui mi viene in aiuto Ugo Casiraghi, nel suo commento al film apparso in VHS con L'Unità, qualche tempo fa[2]), Antonioni dipinge una realtà che, nella sua essenza, non può venire colta che superficialmente: la fotografia, così come il cinema o la televisione, riescono solo a dar conto della ”immagine” della realtà, immagine che però non contribuisce a chiarirne la natura, ma anzi mescola, se così si può dire, le carte.

I dati del film

Titolo: Blow Up
Regia: Michelangelo Antonioni
Anno: 1966
Paese: Gran Bretagna
Soggetto: Michelangelo Antonioni (da un racconto di Julio Cortazar)
Sceneggiatura: Michelangelo Antonioni e Tonino Guerra
Abiti: Jocelyn Richards
Musica: Herbie Hancock, con il pezzo Stroll On prodotto, eseguito e interpretato dagli Yardbirds
Produzione: Carlo Ponti
Interpreti:
- Thomas: David Hammings
- La ragazza del rullino: Vanessa Redgrave
- Il gruppo rock: gli Yardbirds, all'epoca composto da:
- La modella: Verushka
e con:
Sarah Miles
John Castle
Jane Birkin
Gillian Hills
Peter Bowles
Verushka
Julian Chagrin
Claude Chagrin

Bibliografia

[1] Ian MacDonald, The Beatles, L'opera completa, Mondadori, 1994.
[2] Note a Blow Up, inserto redazionale del L'Unità del 1 aprile 1995.