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Un altro diario di viaggio

Tratto da 'Viaggio in Abruzzo Citeriore nell'estate del 1831' di Michele Tenore

"Da Capua a Venafro

Battendosi la strada che da Capua si dirige a Venafro dopo il miglio 25, presso la Taverna di Torricella le vestigia del vulcanico vi si mostrano più decise, e la strada stessa costeggia le falde orientali del sistema di vulcanici monti ai quali sovrastano i crateri degli estinti vulcani testé citati di Roccamonfina e di Teano. Ivi dappresso si lascia a sinistra la strada che guida al comune di questo nome, il quale fa di sé bella mostra sul ridosso di amenissimo colle. Al miglio 28 la strada costeggia il bosco di Riardo, cui d'appresso sorge un'acqua acidula minerale di cui un nostro medico ha descritto le qualità e gli usi. Il Giustiniani che di tante favole h infarcito l'indigesta ferragine messa a stampa col titolo di Dizionario Geografico del Regno, volendo farla da chimico ha scritto che in quest'acqua si contiene del mercurio!

procedendo per Cajaniello, la strada attraversa alcuni rigagnoli, e dopo il miglio 33 s'imbatte nella Taverna del pagliarone, stazione di posta non montata, e luogo di riposo dei vetturini che battono la strada di Venafro, e di S. Germano. Dopo altro breve camino la cosnolare che mena a quest'ultima città, mostrasi sulla sinistra. Quì dappresso i pingui pascoli, ed i fertili campi cedono il luogo a dense boscaglie che annunziano le basse falde della montuosa regione cui si va incontro. Il bosco del Fornito su cui torreggia Presenzano, e quello che prende il nome da questo medesimo Comune coronano le due succedanee strade, di cui quella di Venafro va ad impegnarsi nelle gole di Sesto: posizione strategica tanto importante su questa strada, quanto Mignano lo è su quella di S. Germano. Dal miglio 7 al 40 costeggiando il tortuoso letto del Volturno e le Reali caccie di Mastrati e Torcino, il viaggiatore si compiace di traversare la vallata di Venafro che mira sparsa di ridenti poggi e di romantiche situazioni. All'Albero di Minerva, che con singolar cura in queste contrade coltivasi, ed alle stesse annose quercie che sparse ne restano nei campi, grave torto ha recato il soffio infuocato del favonio che sul cader del passato maggio il raccolto delle biade non meno che quello dell'olivo, della vite e di ogni altro albero fruttifero ha colpito di esiziale flagello. fa sorpresa il vedere come questi alberi dal lato che guarda al meriggio siano rimasti così bruciati e distrutti, come se un colpo di fiamma ardente ne avesse investiti i rami e le fronda, mentre nel lato opposto, e gli alberi tutti ai quali questi primi han servito da scudo, quelle ancora intatte e verdeggianti si scorgono. Degna d'attenzione dei botanici e degli agronomi insieme è una specie osingolare varietà di olivo che nel villaggio di Ciorlano, alla distanza di 5 miglia da Venafro affatto spontanea vi alligna.

E' questo il famoso olivo gaetano, cge il mio illustre antecessore sig. Vincenzo Petagna ha scoperto e descritto i primo nelle sue Botaniche istituzioni, ma che dopo di lui, non potendo essere stato da verun altro botanico osservato, faceva dubitare di essersene affatto perduta la stirpe. E già per ben molti anni inutilmente, negli stessi luoghi indicati dall'insigne professore napoletano, rintracciato l'aveva l'oculatissimo e dotto naturalista sig. Nicola Pilla, il quale aveva perciò affermato che nell'agro venafrano l'olivo gaetano non esiste affatto. Allorché d'altronde ci facevamo a riflettere alla precisione con cui il sullodato autore ne aveva parlato, nulla poteva rimuoverci dall'impegno di continuarne le ricerche. E ben ppossiamo rallegrarci del felice successo di cui furono alla pur fine coronate; dapoicché, tolta l'opportunità di potervi adoperare lo studio e l'investigazioni del giovine Leopoldo Pilla, che le vestigia paterne con eguale plauso calcando, le scienze naturali col maggior favore coltiva, profittar potemmo della scoperta per lui fatta della desiderata pianta nel divisato villaggio, e quindi per le sue cure diversi individui ne vediamo vegetare nel nostro Orto Reale botanico. Questo olivo ha ciò di singolare che fiorisce e fruttifica più volte dentro l'anno; cosicché i suoi ramoscelli carichi al tempo stesso si scorgono di maturi frutti e di frutticelli immaturi e di fiori. Sa a specie distinta, come ha opinato il Petagna, o a notevole varietà del comune olivo debba l'albero di Ciorlano appartenere non è questo né iltempo né il luogo di discutere. assai meglio se ne potranno stabilire i caratteri sulle piante che prosperano nel notro Orto Botanico; e che non mancheranno di fiorire e fruttificare a tempo proprio: gioverà frattanto far cenno di un'altra pianta veduta a coltivarsi negli orti presso Venafro, ed è questa una varietà di Allium caepa a fiori rossi, di cui per le stese cure di Pilla ho cercato arricchire la serie delle nostre coltivazioni.

Il Capoluogo del distretto è preceduto da un magnifico stradone lungo circa un miglio piantato di pioppi di non comune bellezza, che sempre più degna di rimprovero rendono la negligenza di coloro che non si curano di estenderne il benefizio al resto di quella via consolare non meno che alle altre principali strade del Regno.

Venafro

Tra il miglio 42 e 43, presso le radici di una giogaja di monti che si distaccano dalle ultime branche degli Appennini, è fabbricato Venafro: situazione per verità non molto felice per le umide ed insalubri esalazioni che la vicinanza del Volturno vi addensa. Questa circostanza, e la cattiva condizione degli alloggi, ne allontanano i viaggiatori specialmente nella stagione estiva. Merita d'altronde questa città di essere raccomandata all'attenzione degli archeologi per gli avanzi di antichi monumenti che ne attestano la vetustà, nonché per le memorie lasciatene da Plino, Cicerone e Orazio, a proposito delle ville di piacere che i dominatori del mondo vi avevano costruite, e della famosa bontà dei suoi olii. Esistono tuttora fuori della città, i ruderi di un grandioso anfiteatro, poco al presente riconoscibile per le fabbriche che vi sono state addossate; ed è curioso l'osservare che naturalisti distinguono questo luogo con lo stesso nome di Virilasci, che i capuani dallo all'anfiteatro Campano.

L'ntica via Latina costeggiando i monti, per teano recavasi a Venafro, dodne torcendo ad occidente si dirigeva a cassino. Evitandosi il passaggio del Volturno, un'altra strada derivata dalla sannitica, detta a quei tempi via Numicia, per Sepino e Boiano si dirigeva ad Isernia. Nell'aprire le loro strade gli antichi pare che mettessero maggior cura nell'evitare i luigi bassi perché soggetti ad allagamenti e ristagni, e nel risparmiare al più possibile il passaggio dei fiumi. Le strade più recenti al contrario si vedono costruite con principi affatto diversi; giacché invece di attaccarle alle coste dei monti, si è preferito gettarle sul piano,ed il passaggio dei fiumi invece di evitarsi si è andato a bella posta cercando. Fortunatamente gli errori di questa viziosa costruzionesono oggi generalmente noti; cosicché nelle nuove strade che la Reale Munificenza non cessa di fare aprire nelle diverse provincie del Regno, sono essi col più grande studio allontanati.

Traversati i famosi oliveti venafrani, dopo circa 4 miglia, la strada si avvicina al passo del Volturno, che fino a pochi anni fa si doveva attraversare sopra meschinissima barca, e che si passa al presente sopra un magnifico ponte di fabbrica, rivestito di travertino, e formato da 26 grandi e bellissimi archi. nel trovarvisi d'appresso è dispiacevole osservare, che per essere stato costruito in un sito dove hanno luogo le maggiori ineguaglianze ed erosioni del fiume, una parte del letto di esso trovasi di già fuori del ponte; a tal punto che, senza pronti e considerevoli lavori di idraulica, quanto prima la platea ne resterà a secco, e tutto il fiume si avrà scavato un nuovo alveo fuori del ponte medesimo.

Al di là del ponte, la strada diventa affatto erta e montuosa. Anche prima di attraversarla, la regione Campana aveva ceduto il luogo alla sannitica, ed il suolo fin allora misto di calcareo e vulcanico, da altri principi della roccia calcarea dipendenti, erasi mostrato composto. I terreni sono perciò generalmente cretosi e pregni di ossidi di ferro giallastro e rossiccio, che alla coltura degli olivi e delle viti si presentano meglio adatti. Col favore del pendio potendosi facilmente irrigare, i più bassi campi fanno sfoggio della più prospera vegetazione. essi sono generalmente seminati a granone."

da Viaggio in Abruzzo Citeriore nell'estate del 1831 - alla ricerca di piante medicinali sui monti della Maiella, Michele Tenore - Napoli, 1832.

Disponibile presso la Adelmo Polla Editore - Cerchio (AQ)

 

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