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La realtà dei dintorni di Sesto tra il 1700 ed il 1800.

di K. U. Von Salis Marschlins

Il viaggio di andata da Napoli verso l'Abruzzo...

"Il suolo vulcanico contribuì indubitatamente alla straordinaria fertilità di questi campi (campagne di Capua) i quali erano arricchiti dalle ceneri sature di sale, dell'ormai da lungo tempo estinto, ma tuttora visibile vulcano, vicino a Suessa; e siccome la virtù del sale è da lungo tempo evaporata, una nuova eruzione di questa ignea montagna dovrà avverarsi, prima che Capua divenga un pericolo per una nuova guarnigione, come ai tempi di Annibale.

Dopo alcune miglia, lasciammo la via che mena a Roma per prendere quella di Venafro: via che venne costruita a scopo di caccia dal defunto Re, la cui passione per questo divertimento arrecò non lievi benefici in alcune parti dei suoi dominii. L'occhio resta affaticato dall'invariata coltura dei campi di grano, sino a Calvi, dove poi si rimane spiacevolmente impressionati dalla nudità dei primi contrafforti degli Appennini, i cui scarsi tratti piantati ad ulivi, dimostrano come l'intera catena si potrebbe ricoprire di questa preziosissima pianta.

Passato Calvi, la campagna è variata da boschi cedui di querce, interrotti ogni tanto da campi di grano, e da vigneti arrampicantisi sui pioppi ombrosi.

A questo punto lasciammo la strada buona, e, vicino ad un torrente chiamato Pagliarona, a 17 miglia da Capua, prendemmo una stradicciuola di traverso, dove la nostra povera carrozza fu sballottata senza pietà. Raggiungemmo subito la foresta di Presenzano, paese piuttosto considerevole posto sul fianco di un'altissima montagna, così come sono situati quasi tutti i paesi ed i villaggi, i cui dintorni sono insalubri.

Di buon mattino il lavoratore lascia il suo nido e discende al piano, dove sopporta pazientemente il calore del sole durante l'intera giornata senza temere detrimento per la propria salute; ma non appena comincia la sera, si affretta a ritornare al proprio asilo, in alto, dove può abbandonarsi sicuramente al sonno ristoratore, mentre potrebbe essergli fatale una sola ora di riposo nel piano. E' questo l'effetto della così detta malaria, che è qualche cosa di più dell'aria insalubre. Durante la mia dimora in Napoli, molti viaggiatori che avevano messo in ridicolo il terrore che si ha lì della malaria, e che avevano fatto dello spirito sulla probabilità di lasciarvi la vita, o per lo meno di buscarvi una seriissima malattia, scontarono più tardi il fio della loro incredulità e della loro temerarietà, pagando di persona.

Le plaghe più deliziose della parte meridionale dell'Italia sono affette da questa pestilenza; e senza nominare le famose maremme Pontine, il male è comune nella parte bassa della provincia di Teramo e dell'Abruzzo; vicino al mare in quasi tutta la parte superiore della Terra di lavoro; in tratti estesissimi di Puglia ed in entrambi i due Principati; in quasi tutta la costa delle due Calabrie, ed in una considerevole parte della Sicilia. Dal principio di giugno sino a quasi la metà di novembre queste contrade esalano dei vapori mortali; e l'infelice viandante che è lì sorpreso dal sonno, risente subito una rilassatezza ed una pesantezza delle membra, un penoso mal di testa, la mancanza di appetito, tutti prodromi di una febbricciuola che diviene in breve infettiva, e che lo porta in poco tempo alla tomba.

Molti medici mi hanno assicurato che è quasi impossibile liberare il sangue dal veleno aspirato. Il calore con cui i Napoletani mettono in guardia lo staniero dal terribile flagello, indicandogli i posti dove può riposare senza pericolo, fa onore alla loro indole buona. Vero è che tale bontà può attribuirsi in parte allo spavento che hanno essi stessi di questo terribile nemico: perchè quantunque nativi di quei luoghi e di conseguenza ritenuti meno soggetti ad esserne colpiti, i visi cadaverici e la vita breve di coloro che sono obbligati a dimorare in queste pestifere residenze, provano luminosamente come la malaria sia egualmente fatale anche per gl'indigeni.

Non sono in grado di spiegare con esattezza l'origine di quest'aria micidiale; perchè quantunque prevalga e sia della specie più nociva nelle paludi, dalle quali il sole ritrae le fatali esalazioni, pure grandi tratti alberati, ed estese foreste in pianura, sono al pari inabitabili; ed è stato anche provato che terreni asciutti e ben coltivati, ma bassi ed in piano, sono anche soggetti alla malaria. In breve, il paradiso d'Europa, tanto privilegiato al paragone delle nostre regioni settentrionali, resta per questo riguardo molto indietro alle nostre aspre, selvagge, ma saluberrime montagne e vallate."

...sulla via del ritorno a Napoli

"Da Isernia proseguii il mio viaggio lungo il Volturno, attraverso campi di grano, vigneti, boschi di quercie e colline rivestite di cespugli, alla cui sommità ha sede generalmente un villaggio. siccome non vi esiste ponte, dovetti traghettare il Volturno, che qualche volta cresce tanto da impedire ogni comunicazione, ed arrestare temporaneamente il traffico.

Subito dopo il pasaggio del fiume, raggiunsi Venafro, piccolo borgo di 8.000 anime, appartenente alla Principessa di Avellino. Nel limitato territorio di Venafro si produce molto grano, vino, legumi, frutta; ma è importante più d'ogni altro, la qualità e la quantità dell'olio che vi si ricava annualmente. L'olio di queste terre era famoso anhe al tempo dei Romani; ed ancora oggi vi sono le migliori qualità di alberi di ulivi, fra cui tiene il primato l'oliva sergia, che il Dr. Presta di Gallipoli ritiene essere la Licinia citata da Plinio. Nelle annate di buon raccolto, si ricavano più di 70.000 taia di olio, che viene venduto a 16 carlini lo staio. Gli oliveti da me esaminati si trovano tutti in floridissime condizioni, ed osservai che era buonissima la potatura degli alberi.

Questo paese ha cambiato tre volte di posizione. La Venafrum dei Romani che rimaneva più verso il sud, venne totalmente distrutta da un terremoto e la stessa sorte le fu riserbata quando venne ricostruita in tal punto. La Venafro attuale venne due volte visitata dalla peste nel secolo passato, e fu quasi distrutta dal fuoco al principio di questo; ma la eccessiva feracità della sua terra ha fatto sì che gli abitanti vi sono sempre ritornati, ed il paese è sempre risorto, per quanto sia stato malissimo costruito.

Vi sono nei dintorni varie sorgenti di acqua, fra le quali una che conserva il suo antico appellativo di Fons Papiria; ma non mi riuscì di scoprire la sorgente minerale di cui parla Plinio. Si resta meravigliati della copiosa sorgente che si trova proprio presso il paese, e che forma immediatamente ruscello: la si vuole sorta in seguito all'ultimo terremoto, mentre prima gli abitanti erano costretti a fornirsi di acqua da una sorgente molto più distante. Della Venafrum antica, non restano che le vestigia interessanti di un anfiteatro romano, i ruderi di un tempio, e un buon numero di medaglie e d'iscrizioni.

Il Barone, o signore del paese, gode qui soltanto del diritto di giustizia con due Corti di appello, ma esercita i suoi diritti di Baglivo in modo singolare: il paese gli paga una certa somma per aver diritto al pascolo, ma ciò nonostante zgli si riserva la facoltà di affittarlo. Il paese ha il privilegio, così detto del 'diritto della spiga', vale a dire che all'epoca del raccolto, tutti i poveri dell'Abruzzo e dei villaggi vicini, hanno diritto a spigolare quelle spighe non cadute sotto la falce; ma il Barone ha imposto l'obbligo a ciscun povero, di consegnare in cambio un determinato cartoccio di grano, che, riunito, spesse volte raggiunge i 200 tomoli.

I Baroni delle vicine Signorie di Monteroduni, Capriati, Alife, Laurenzana, ed altre, godono di vari altri diritti, fra cui quello del torchio per gli olii e della molitura per il grano. Recentemente la Corona ha dato prova d'imparzialità e di giustizia, in un caso che le ha procurato non poca gloria ed affetto. I sudditi del Barone di laurenzana, essendosi lagnati che il loro signore esercitava diritti che non gli competevano, il Re invitò il Barone a provare con documenti l'autenticità di quei diritti; e siccome ciò egli non poté fare, da quel momento gli venne proibito di avvalersi di diritti abusivi.

La stessa imparzialità - mi si assicura - viene esercitata sopra ogni suddito, onde garantirlo da soprusi; e mi pare che questo sistema di giustizia e si umanità, sia assai più efficace che non quelli che si pretende di adottare dai presenti della libertà.

Da Venafro mi recai a Capua sollecitamente, in un carrozzino a due ruote, percorrendo 26 miglia in tre ore e mezza; ma lugo la via niente rilevai d'importante, salvo presso Venafro un ponte formato da una sola, grandissima lastra di pietra, che permetteva di entrare nei boschi della tenuta Reale. Misura questa tenuta dodici miglia di circonferenza, ed è ricchissima di cinghiali; pur tuttavia il Re in tre anni, vi si è recato solo una volta a cacciare."

da Travels through Various Provinces of the Kingdom of Naples in 1789, traslated from the German by Anthony Aufrere - T. Cadell Jun and W. Davies (Successors to Mr. Cadell), 1795.

Traduzione italiana di Ida Capriati ved. De Nicolò - V. Vecchi, Editore-Tipografo, Trani 1906.

Disponibile presso la Adelmo Polla Editore - Cerchio (AQ)

 

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