La storia di Sesto...
Dalla storia di Caserta
Caserta ha conosciuto un periodo
di grande sviluppo.
Passò dagli Svevi agli Angioini, sotto il cui dominio
il feudo fu trasferito ai Pignatelli, ai Belmonte, ai Braherio,
ai Caetani, finchè nel 1310 fu assegnato a Diego de La
Rath di origini catalane. I de La Rath, italianizzati in Della
Ratta, governarono la contea fino al 1509, allorché ebbe
inizio la signoria degli Acquaviva.
Tratto dal Decameron di Boccaccio
Sesta Giornata
Novella Terza
Monna Nonna de'Pulci con una presta risposta al meno che onesto
motteggiare del vescovo di Firenze silenzio impone.
Quando Pampinea la sua novella ebbe finita, poi che da tutte
la risposta e la liberalità di Cisti molto fu commendata,
piacque alla reina che Lauretta dicesse appresso, la quale lietamente
così a dire cominciò.
Piacevoli donne, prima Pampinea e ora Filomena assai del vero
toccarono della nostra poca virtù e della bellezza de'motti;
alla quale per ciò che tornar non bisogna, oltre a quello
che de'motti è stato detto, vi voglio ricordare essere
la natura de'motti cotale, che essi come la pecora morde deono
così mordere l'uditore, e non come '1 cane; per ciò
che, se come il cane mordesse il motto, non sarebbe motto ma
villania.
La qual cosa ottimamente fecero e le parole di madonna Oretta
e la risposta di Cisti.
E' il vero che, se per risposta si dice, e il risponditore morda
come cane, essendo come da cane prima stato morso, non par da
riprendere, come, se ciò avvenuto non fosse, sarebbe;
e per ciò è da guardare e come e quando e con cui
e similmente dove si motteggia. Alle quali cose poco guardando
già un nostro prelato, non minor morso ricevette che '1
desse; il che in una piccola novella vi voglio mostrare.
Essendo vescovo di Firenze messer Antonio d'Orso, valoroso e
savio prelato, venne in Firenze un gentile uom catalano, chiamato
messer Dego della Ratta, maliscalco per lo re Ruberto. Il quale,
essendo del corpo bellissimo e vie più che grande vagheggiatore,
avvenne che fra l'altre donne fiorentine una ne gli piacque,
la quale era assai bella donna ed era nepote d'un fratello del
detto vescovo.
E avendo sentito che il marito di lei, quantunque di buona famiglia
fosse, era avarissimo e cattivo, con lui compose di dovergli
dare cinquecento fiorin d'oro, ed egli una notte con la moglie
il lasciasse giacere; per che, fatti dorare popolini d'ariento,
che allora si spendevano, giaciuto con la moglie, come che contro
al piacer di lei fosse, gliele diede. Il che poi sappiendosi
per tutto, rimasero al cattivo uomo il danno e le beffe; e il
vescovo, come savio, s'infinse di queste cose niente sentire.
Per che, usando molto insieme il vescovo e '1 maliscalco, avvenne
che il dì di San Giovanni, cavalcando l'uno allato all'altro,
veggendo le donne per la via onde il palio si corre, il vescovo
vide una giovane, la quale questa pestilenzia presente ci ha
tolta donna, il cui nome fu monna Nonna de'Pulci, cugina di messere
Alesso Rinucci, e cui voi tutte doveste conoscere; la quale,
essendo allora una fresca e bella giovane e parlante e di gran
cuore, di poco tempo avanti in Porta San Piero a marito venutane,
la mostrò al maliscalco; e poi essendole presso, posta
la mano sopra la spalla del maliscalco, disse:
- Nonna, che ti par di costui? Crederrestil vincere?
Alla Nonna parve che quelle parole alquanto mordessero la sua
onestà, o la dovesser contaminar negli animi di coloro,
che molti v'erano, che l'udirono. Per che, non intendendo a purgar
questa contaminazione, ma a render colpo per colpo, prestamente
rispose:
- Messere, è forse non vincerebbe me, ma vorrei buona
moneta.
La qual parola udita il maliscalco e 'l vescovo, sentendosi parimente
trafitti, l'uno siccome facitore della disonesta cosa nella nepote
del fratel del vescovo, e l'altro sì come ricevitore nella
nepote del proprio fratello, senza guardar l'un l'altro, vergognosi
e taciti se n'andarono, senza più quel giorno dirle alcuna
cosa.
Così adunque, essendo la giovane stata morsa, non le si
disdisse il mordere altrui motteggiando.
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