La storia di Sesto...

Diomede Carafa

Dopo varie peripezie, nel 1466, Diomede Carafa, ben voluto al re, ebbe tra i suoi possedimenti Pomigliano, finito nel frattempo dalla regia curia. Inizio cosi su Pomigliano il dominio del ramo di casa Carafa detto della stadera, conti di Cerreto, e poi duchi di Maddaloni. Diomede, fu il vero fondatore della grandezza di questo ramo dei Carafa, fu precettore di Ferdinando I fanciullo, castellano dei castelli Normando, d'Amantea, dell'Ovo, fu scrittore di cose militari, morali e politiche, tra cui si ricorda 'Doveri del Principe'. Morì nel 1487 illustre ed onorato, gli successe il figlio Giantommaso, il quale durante l'invasione di Carlo VIII, era capitano delle forze aragonesi, ma dovette soccombere. Ciò non gli impedi di aderire al nuovo padrone, confermando cosi i suoi possedimenti; a lui successe il figlio Diomede II.

 

Palazzo Carafa, in Napoli

Edificato nel XV secolo, il palazzo era la dimora di Diomede Carafa, Conte di Maddaloni, eminente rappresentante della corte aragonese. Nella facciata, ricoperta di bugne rettangolari, si apre un portale marmoreo (1466), che inquadra l'originale porta lignea. Sebbene rovinati dal tempo, sono ancora visibili i dodici riquadri nei quali sono intagliati gli stemmi della famiglia Carafa. Di stile catalano l'architettura, mentre la decorazione si richiama ad un gusto ancora classico o tardo gotico. Si conservano due busti di imperatori, una statua sul portale e due testine raffiguranti il committente e la moglie (agli angoli della facciata). All'interno del cortile, una copia in gesso sostituisce l'originale testa di cavallo di bronzo, dono di Lorenzo il Magnifico al Carafa, dal 1809 trasferita al Museo Archeologico Nazionale. Dopo alterne vicende, il palazzo tornò agli antichi splendori nel XVIII secolo con Francesco Carafa di Colubrano e nuovamente nel secolo scorso quando nel 1813 fu acquistato dall'avvocato Santangelo, che qui allestì una straordinaria collezione d'opere d'arte poi andata dispersa. Sfortunatamente, il palazzo versa in uno stato di degrado e di abbandono.
(Francesca Del Vecchio)

 

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