La storia di Sesto...


Il brigante Papone

Grazie agli "Annali" di Ovidio Fiorino, Sindaco e Notaio di Nocera dei Pagani, che ricostruiscono il periodo che va dal 1628 al 1690, è possibile ripercorrrere le gesta delle principali bande dell'epoca: a cominciare dalla "banda Papone" (che, al tempo della rivolta di Masaniello, infesta tutta la Campania, arrivando a comprendere fino a 5 mila armati); e da quella di G. L. Lauria (che, dopo aver saccheggiato le valli del Sarno e di S. Severino, passa al servizio del Duca di Carafa, signore del feudo di Nocera dei Pagani).

L’avventura di Domenico Colessa,
soprannominato Papone, nato a Caprile nel 1607, pastore di capre, poi "birro", ed infine "scorridore di campagna", iniziò il 7 luglio del 1647, quando in seguito alla rivolta di Masaniello, vennnero liberati a Napoli tutti i detenuti: fra coloro che si giovarono di questo provvedimento vi fu anche Papone che, già da qualche tempo, si trovava rinchiuso nelle carceri di S. Maria di Agnone.
Tornato in libertà e radunata una turba di fuorusciti, come si diceva allora, iniziò a tormentare l’intero territorio del basso Lazio, riuscendo persino ad impadronirsi di importanti città quali
Sora, capitale del ducato omonimo, e San Germano, l’odierna Cassino.
A proposito dell’occupazione di Sora il De Santis narra che Papone il 28 novembre 1647 "entrò di bel mezzodì in Sora, liberò indifferentemente tutti i prigioni, tagliò a pezzi quelli che gli si opponevano armati, etra di essi due creati del padrone di detto luogo (il duca di Sora) e fè gridar Viva il popolo e il Duca di Guisa".
Appresa la notizia dell’occupazione di Sora il duca Ugo Boncompagni, che si trovava a Napoli, accorse prontamente a capo di un esercito, per tentare di ristabilire la normalità della situazione. Però, intercettata la turba paponiana nei pressi del Garigliano "per trovarsi con forze minori non stimò assalirlo". La vicenda si risolverà soltanto nell’agosto del 1648 quando, catturato a Rieti, Papone fu condotto a Napoli, sottoposto a processo e condannato a morte mediante "arrotamento e squartamento". La sentenza fu eseguita nella piazza del Mercato il 26 di agosto alla presenza di una folla ragguardevole e silenziosa. Il cadavere di Papone rimase esposto al pubblico per due giorni interi; successivamente il corpo fu deposto e sottoposto alla operazione dello squarto. E così il capo fu condotto nella città di Sora, luogo delle sue prime scorribande, mentre le restanti membra furono appese a Caprile e nei paesi vicini e lì restarono per parecchio tempo a testimoniare, con la loro lugubre e macabra presenza, quale fosse la sorte riservata a tutti coloro che, come Papone "cullando sogni ambiziosi, si arrogano il diritto di comandare popoli e di sottomettere terre, sostituendosi alla legittima autorità ed incuranti della sua inevitabile reazione e repressione". La tragica fine di Papone segnò la conclusione dei disordini nel ducato di Sora: e che non sia stata una vicenda di poco conto è attestato dalla testimonianza del Cayro il quale dice che nel Duomo di Napoli, alla presenza di una folla strabocchevole si innalzò un solenne "Te Deum" per sottolineare la fine del brigante e la conclusione di ogni ostilità.

 

Papone come William Wallace

La monografia del "Brigante Papone" di F. Riccardi

Un libro di circa 100 pagine, contenente una infinità di informazioni e di notizie, frutto di una ricerca e di una indagine svolte con accuratezza e passione. La vita ed il breve periodo di "notorietà" di Papone, allo stesso tempo brigante, avventuriero e forse anche un poco rivoluzionario, si colloca nel periodo della dominazione spagnola nell’Italia meridionale, in particolare nel biennio 1647-1648.


Suddiviso in sei capitoli, il lavoro si apre con un excursus storico, partendo dalla situazione nel Regno di Napoli all’epoca della rivolta di Masaniello. In questo lavoro di Riccardi le note non sono semplice corredo al testo, ma parte integrante di esso, sovente lunghe e particolareggiate.


Parlando del sistema fiscale eccessivo ed esorbitante adottato dagli spagnoli, si fa notare che "tale denaro serviva non solo a finanziare l’interminabile serie di guerre nella quale la monarchia spagnola si era da tempo impelagata, ma anche per appagare lo sfarzo ed il lusso sfrenato di cui la boriosa nobiltà iberica faceva enorme ostentazione". Si rimanda quindi ad alcune note tra le quali ci sembra interessante citare quella in cui si riferisce la frase del Duca di Medina, Viceré di Napoli, ovvero don Ramiro Filippo de’ Guzman, il quale, in occasione del suo ritorno in Spagna dopo 6 anni di pesantissime gabelle inflitte ai napoletani, ebbe a dire che "quattro famiglie, tutte insieme, non avrebbero potuto preparare una buona minestra a causa della grande povertà".
Nei capitoli successivi si passa in rassegna tutta l’attività criminosa di Papone, dal momento della sua liberazione dalle carceri di Napoli, proprio da parte dei rivoltosi capeggiati da Masaniello (7/7/1647), passando per le sue conquiste (le città di Sora, Cassino, Sessa, etc.), le sue sconfitte, fino alla resa ed alla condanna a morte (26/8/1648). A proposito della esecuzione, avvenuta nella Piazza del Mercato, a Napoli, mediante "arrotamento e squartamento", essa ci ha ricordato quella subìta dallo scozzese William Wallace (mirabilmente descritta nel film "Braveheart"). Il cadavere venne tagliato in varie parti, la testa fu esposta a Sora, gli arti a Caprile ed altre città vicine, quale lugubre e macabro monito. Ricchissima la bibliografia di ben 5 pagine.

Due interessanti approfondimenti: sul Brigantaggio in generale e sugli anni 1860-1870.

 

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