THE SCREAM
di Goriano Rugi

Generalmente il grido è il primo gesto di presenza, segna la nascita alla vita e la vitalità di chi ha varcato la soglia, il venir fuori dell'aria e l'essere-nel-mondo.
Della vita, talvolta, il grido segna anche il venir meno; è il grido di chi re-spira per l'ultima volta, di chi varca la soglia estrema. Tra l'uno e l'altro -grido di vita e grido di morte- si dis-tende l'esistenza, si realizzano le sue figure e le sue forme; emerge il linguaggio che coniugando le parole e le cose, le emozioni e il pensiero, racconta i sogni e gli eventi, tesse la vita.
Vi saranno altre grida; silenziose spesso, talvolta raccolte, sempre chè Eco, fuggendo da Pan, non incontri Narciso. C'è dunque il grido di chi non parla ancora (o non parlerà più) e il grido di chi non ha parola.
Il grido che -lacerante, acuto, oppure flebile, soffocato, perfino silenzioso e muto- erompe nel silenzio delle parole, quando il linguaggio si inceppa e la voce viene meno.
Il grido in fondo non appartiene solo al suono; anche i colori gridano, le immagini e perfino gli odori. E forse non appartiene neppure solo all'uomo, perchè anche gli animali gridano, la natura e le cose, e, talvolta, gli Dei.
Grida di terrore, paura e spavento; grida di rabbia, angoscia e soprattutto dolore, ma anche grida d'amore, gioia e meraviglia, perfino il potere grida ... e l'impotenza. Così diversi e numerosi ... che qualcuno ha detto essere perfettamente inutile descriverli e classificarli ...molti in fondo pensano che ciò che al grido dà senso è il silenzio che segue o la parola.
E spesso si grida sotto la visione della morte ... che raggela e pietrifica.
Lo sguardo della morte fa gridare, si grida quando la morte guarda proprio noi, ma anche quando la vediamo dentro di noi, quando percepiamo la nostra morte e l'anima è di pietra.
E in pietra ci trasforma il grido, e si grida quando la nostra anima di pietra si scioglie, si fa liquida. Per questo l'essere che grida di Munch sembra una pietra liquida, scaraventata nel vuoto...
Così urla chi vede la morte, chi non vivrà più, e chi morto si sveglia ...quando il morto dentro di noi sceglie la vita.
Urla l'uomo solo, e l'uomo braccato e urla chi teme che qualcuno entri nella sua casa tranquilla, nella sua casa-cassa disabitata.
L'urlo, poi, è sempre di terrore, anche quando scaccia il terrore da dentro di noi, trasferendolo sugli altri.
Gridare, infine è da pazzi, ma una clinica del grido non esiste. Esso, per fortuna, non compare negli indici dei manuali diagnostici di psichiatria e non caratterizza alcuna sindrome. A differenza della voce, che viene declinata in tutte le sue sfumature patologiche -allucinazioni uditive, pseudoallucinazioni (voci interne), glossolalia, ecolalia, ect... il grido non ha lo statuto del sintomo, e non perchè non appartenga alla patologia, ma perchè il grido è di tutti e quindi "voce di nessuno", come pure "des ondes e des bois", direbbe il poeta3.
Se un paziente è agitato o aggressivo può sempre essere contenuto, messo in una camicia di forza, ma se grida non può essere messo a tacere; tappare la bocca a qualcuno è una metafora concreta che equivale alla morte, un atto sacrilego.
Così il grido resta una proprietà inalienabile dell'uomo, anche dei pazzi, in quanto non ci appartiene; voce del corpo, il grido non appartiene all'Io, ma alla natura e agli Dei che l'abitano.
A Pan, infatti, Dio della natura "dentro di noi", come della natura "là fuori", i Greci attribuivano le urla improvvise che scuotevano i boschi dell'Ellade. E Pan, seguace di Dioniso, è infatti il "signore dell'incubo", e presiede a tutte le manifestazioni erotiche e paniche: "dove c'è panico -ci ricorda Hillman4 - li c'è anche Pan", il Dio-capro che abita le "oscure caverne" dell'Arcadia e i recessi materiali ove risiede l'impulso; quegli "oscuri fori della psiche" ove il grido si coniuga al desiderio e al panico. Ma Pan è anche figlio di Hermes, le sue azioni celano dunque messaggi, benchè ermetici, e, infine, è anche il Dio che porta alla pazzia o può liberarci da essa.
Dunque il grido, che non è ancora la voce e non è più silenzio, sembrerebbe avere a che fare con determinanti emozionali primitive -quali l'incubo, il panico, l'angoscia e il desiderio- quando l'emozione è così forte da far esplodere il linguaggio e lo stesso spazio mentale che vengono proiettati e messi fuori. In questo senso il grido è segno di una catastrofe originaria, che trascende la capacità di rappresentazione dell'individuo, che nella regressione dell'angoscia, sembra varcare le soglie del mito e dilatarsi nel tempo e nello spazio. Gridare quindi è da pazzi, ma della follia del veggente, di colui che vede l'abisso. Per questo il pazzo che grida può solo essere isolato, non messo a tacere.
La vicenda di Munch appare così la vicenda di tutti noi e il suo grido diventa simbolo dell' avventura umana che non teme di incontrare l'abisso nel momento del suo sguardo più profondo; lo sguardo che risale dalla morte alla nascita, dalla fine all'origine, quando la verità esplode incontenibile nel dolore puro o nella passione.
A partire dal Grido di Munch, che del grido ci ha dato la rappresentazione estrema, potremmo allora cercare di pensare il mistero di questo atto assoluto, che apre lo sguardo sul mondo interno, di questo segno che non è segno e che tuttavia fonda il linguaggio.
Il grido in fondo è di tutti e di nessuno, al di là della semeiotica e della stessa psicoanalisi, esso si apre sull'enigma dell'uomo, ove solo i poeti e un pittore come Munch hanno osato avventurarsi non rinunciando, questi, ad avvertirci che soltanto un pazzo avrebbe potuto dipingerlo.
La straordinaria opera di Munch resta quindi il momento di massima tensione del nostro studio, ma una ricognizione nella pittura antica, nella tragedia classica e nella letteratura, per delineare le scene del grido nelle forme e figure precedenti la radicale innovazione di Munch, appare essenziale per avvicinare i misteri di questo capolavoro. Cercheremo quindi di capire cosa rappresenta il Grido di Munch, di delineare su quali orizzonti e scenari interni ed esterni esso si apra, di ricostruire le tappe di quelle trasformazioni che gli hanno permesso di realizzare la sua formidabile opera. Dovremo tuttavia cominciare col domandarci che cosa è un grido, quando e perchè si grida, che cosa esprime e a chi, e infine, come sia possibile pensare il grido.