RACCONTIAMO LE NOSTRE ESPERIENZE :
la "Storia di adozione" di Loredana e Michele

( ultimo aggiornamento di questa pagina: 24/09/01 )

Questa "esperienza" è pubblicata da tempo nel sito http://www.ilnido.isnet.it/famiglia/t_adozioni.htm. Anche questa esperienza, raccontata come lettera alla figlia adottiva, ci è sembrata ricca di spunti di riflessione. Abbiamo quindi chiesto alla suo autrice, Loredana Polli, l'autorizzazione ad inserirla in questa sezione del sito ... fortunatamente ha acconsentito con molto piacere!!

Grazie Loredana.

Nota: questo racconto è stato scritto nel 1999 ... tuttavia, per molti aspetti il suo contenuto è ancora del tutto attuale!


Indice
Se desideri leggere più tranquillamente off-line questa "storia di adozione", ti consigliamo di stamparla!

 


Per non dimenticare...

Il pensiero

Cara Sofia, quando leggerai questo racconto saranno passati diversi anni, mentre sto scrivendo tu sei ancora lontana, nel tuo paese d'origine, la Bulgaria. Questo è un luglio strano, piove stranamente rispetto ai canoni estivi del mio paese.
Sono in negozio e, tra un cliente e l'altro, sto cercando di raccogliere le idee per trasmetterti le emozioni, i pensieri, le esperienze della nostra storia. Da dove partire? Mi viene in mente la spiaggia di Djerba, in Tunisia , sotto il sole mentre guardavamo con tuo fratello dei dromedari addormentati. Si è proprio lì che io e papà abbiamo realizzato l'idea di allargare la nostra famiglia. Sai eravamo in vacanza con i nostri amici del Piemonte, era già il secondo anno che facevamo la ferie assieme, due belle famigliole felici e spensierate, abbastanza felici e spensierate - dissenterie permettendo ... quell'anno ci beccammo una bella forma di dissenteria, tutti tranne tuo fratello e Aldo! - , ma io e papà sentivamo che in questa felicità c'era ancora dello spazio da offrire e così capimmo che qualcosa ci mancava. Era una idea un po' vaga e non bene identificata, capivamo che nella nostra famiglia c'era ancora posto per qualcuno.
Così tornati in Italia decidemmo di informarci seriamente sulla possibilità di poter adottare un bambino. Qualche tempo prima, avevo già parlato delle nostre intenzioni con Loretta, la nostra pediatra, madre adottiva di due figli: lei mi aveva messo in guardia sui tempi lunghissimi necessari per tutto l'iter burocratico, ma se devo dire la verità ero molto ottimista. Avrei cambiato opinione solo molto più tardi …


Facciamo qualcosa


Con papi prendemmo appuntamento per un colloquio preliminare con l'assistente sociale della nostra ASL. Uscimmo da quell'incontro carichi di fogli in cui erano indicati tutti i documenti da fare solo per poter presentare la domanda al tribunale italiano competente. All'inizio non eravamo assolutamente certi di come si sarebbero evolute le cose: pensavamo ancora di poter scegliere tra adozione nazionale ed internazionale, senza scartare inoltre la possibilità di una gravidanza. Eravamo ignari di tutto quel mondo nascosto, o meglio ignorato dai più, che è il "mondo delle adozioni"!!
Anche se un po' titubanti di fronte a tutta questa documentazione da raccogliere decidemmo ugualmente di andare avanti. Non starò a raccontarti tutte le difficoltà più o meno piccole che affrontammo solo per ottenere quegli stupidi documenti senza i quali non potevamo neppure offrirci come aspiranti genitori adottivi. Alcune situazioni furono davvero ridicole, come la coda che facemmo all'ASL per ottenere il certificato di sana e robusta costituzione dall'ufficiale sanitario: in primo luogo già papi era contrariato per aver dovuto richiedere un permesso in ufficio in un momento poco opportuno, (a dire il vero, per papà Michele tutti i momenti sono poco opportuni per lasciare il lavoro!) quindi non mi preoccupai più di tanto. Facemmo una fila infinita e quando finalmente passammo, dopo una sfilza di domande, scoprimmo che avevamo sbagliato ufficiale sanitario: la giovane dottoressa svampita che avevamo di fronte non era competente per le adozioni! Comunque, riuscimmo infine a raccogliere tutto e a consegnare il malloppone di documenti al Tribunale dei Minori.
Mentre aspettavamo che si muovesse qualcosa, decidemmo di conoscere una coppia di Cuneo di cui Anna, la mia amica piemontese, ci aveva tanto parlato. Una famiglia molto particolare rispetto ai canoni italiani, innanzitutto per il numero dei figli, al momento sono 7 compresa l'ultima nata proprio il 19 di luglio, secondariamente per il fatto che la composizione del nucleo famigliare è, come posso dire ... mista. Infatti i primi due figli, Luca e Valentina e l'ultimogenita Elisabetta sono "biologici", mentre Malachia, Hermes, Isadora, e Caran sono adottati. Inoltre, il piccolo Malachia era nato con una malformazione congenita, la spina bifida, che lo costringeva su di una sedia a rotelle: nonostante ciò, era un bimbo felice che adorava i suoi genitori adottivi e tutti i suoi fratelli. Quando conoscemmo Franco, il papà di quella "tribù", mi colpì la sua dolcezza e la sua serenità. Paola, da parte sua, era determinata e molto concreta: fu veramente carina e disponibile a raccontarci le sue esperienze di adozione. Vedi ... in parte anche loro contribuirono alla nostra storia, dandoci una carica di energia che ci fu senz'altro di sprone a proseguire. Mi rimase molto impresso quello che mi disse Paola: ci vuole entusiasmo, ... ci vuole una buona dose di entusiasmo per affrontare le difficoltà che avremmo dovuto incontrare e questo non me lo dimenticai più.
Nel frattempo, ormai il settembre del '98, avevamo frequentato degli incontri presso l'ASL tenuti dalla psicologa e dall'assistente sociale. Successivamente sostenemmo dei colloqui con la psicologa ed anche l’assistente sociale venne a casa nostra per valutare il nostro nucleo familiare. Sai, ... questo colloquio si svolse proprio il giorno successivo alla morte della "nonna B", come tuo fratello chiamava la bisnonna Caterina. Era un giorno triste, ma decidemmo ugualmente di avere quel colloquio ed io lo presi in parte come un segno del destino: una vita se ne era andata da questo mondo e nella nostra famiglia ci preparavamo ad accoglierne un'altra.
Il colloquio andò a meraviglia, l'assistente sociale fu cordiale e professionale. Tuo fratello, poi, ci fece fare un gran figurone! Infatti, durante tutto l'incontro giocò tranquillamente in camera sua e, quando la dottoressa gli fece qualche domanda, rispose talmente a tono che sembrava lo avessimo istruito per l'occasione:
domanda: " Ma lo sai che presto arriverà un fratellino?" Vale: "Una sorellina!"
altra domanda "Quando arriverà dormirà nel tuo lettino e giocherà con i tuoi giochi?" Vale: "Userà il mio lettino di quando ero piccolo, ecco vedi la metteremo lì, e gli impresterò i miei giochi ma ne avrà anche di suoi!!", ... sembrava finto.
Passarono altri mesi, arrivò giugno e venimmo convocati presso il Tribunale dei Minori per un incontro con il magistrato che avrebbe dovuto decidere circa la nostra domanda. Fu un incontro che subito un po' ci scioccò. La dottoressa con cui avemmo il colloquio sconsigliò vivamente un'adozione, visto che avevamo già un figlio e fece di tutto per dirottarci verso un affido. Addirittura ci accompagnò alla porta dell’ufficio affidi del Tribunale dove ci presentò una una signora che, con le più buone intenzioni, cercò di convincerci ad un affido adducendo motivazioni quali che "così il nostro bimbo avrebbe avuto tanti cuginetti e amici" (... poi glielo spiegava lei ad un bimbo di 4 anni il perchè questi "cuginetti" dovevano ad un certo punto sparire dalla sua vita!!). Solo più tardi venimmo a conoscenza che quella era la procedura quasi standard di quel Tribunale dei Minori, in quanto in parte lo stesso trattamento lo avevano subito anche altre coppie che abbiamo conosciuto. Comunque noi non desistemmo dal nostro camino verso l’adozione e finalmente in agosto ci comunicarono che era pronto il decreto che attestava che eravamo "genitori adottivi doc"!


La scelta dell'aiuto

Ora con quella specie di "patentino" potevamo cominciare davvero ad attivarci. Noi avevamo dato la nostra disponibilità ad adottare un minore straniero, ma tra le tante associazioni contenute nell'elenco che ci era stato dato dalla cancelleria del Tribunale dei Minori di Genova, non sapevamo quale scegliere!
Ora eravamo ad un vero punto di partenza. Dopo aver preso qualche contatto deludente con alcune di quelle associazioni, ci indirizzammo a quella in fondo a noi più vicina, a cui si era rivolta anche una coppia che, a quell'epoca, stava aspettando di andare a prendere la loro bimba in Russia. Fu così che conoscemmo l’associazione che fu l'artefice dell'incontro dei nostri destini. Un pomeriggio di settembre, era ormai il 1999, tornavo con la zia Cate da un incontro di lavoro, uscendo dall'autostrada e passando davanti a dove ha sede l'associazione. Presi la palla al balzo e mi diressi verso la sua entrata: proprio in quel momento stava entrando una delle due responsabili. Anche lì vidi un segno del destino, ... quell'ufficio era rimasto chiuso per tutto il mese di agosto ed era il primo giorno di riapertura!!
Il primo incontro fu improntato sulla gentilezza ma in parte anche sulla diffidenza reciproca. Mi disse che loro, come associazione, al momento avevano contatti con la Russia e la Bulgaria e che, se volevamo sapere qualcosa in più, dovevamo partecipare a un incontro "full immersion" che avrebbero tenuto in sede alla fine del mese. Rimanemmo d'accordo che gli avremmo fatto sapere qualcosa. Infatti, di lì a pochi giorni passai con Michele per dare la nostra adesione.
Durante l'incontro organizzato dall'Airone furono toccati molti degli argomenti che già avevamo trattato in quelli tenuti dall'A.S.L., quali le motivazioni, le difficoltà legate all'adozione internazionale. Ci vennero fatti vedere dei video strazianti girati in un orfanotrofio straniero, ... fecero di tutto per scoraggiarci ... ma alla fine dei due giorni eravamo più che mai convinti di quello che avremmo fatto.
La settimana seguente andammo in associazione con Valentino e ci iscrivemmo dando così avvio alla seconda parte della nostra "avventura". La responsabile in quell'occasione ci spiegò che in ottobre l’altra signora che faceva parte della associazione e suo marito sarebbero andati in Bulgaria per fare un giro negli istituti a cui devolvevano degli aiuti e probabilmente proprio da lì sarebbe arrivata la sorellina di Valentino. Solo in quel momento realizzammo che saresti arrivata dalla Bulgaria, un paese di cui non conoscevamo praticamente niente. Arrivati a casa per prima cosa andai a caccia di notizie di questa nazione che mi sembrava così lontana e nebulosa: individuammo sulla cartina dove si trovava perchè veramente non ne sapevamo nulla!


La tua prima foto

Passato questo primo momento di entusiasmo non ci restò che aspettare notizie da parte dell'associazione. Decidemmo così di andare a fare una breve vacanza in montagna e fu proprio lì che, un pomeriggio di metà ottobre, Silvia chiamò sul cellulare di papà Michele e ci disse che aveva trovato una sorellina per Valentino, ... piccola, piccolissima (11 mesi) ed eri tu!!
Eravamo eccitatissimi all'idea che presto avremmo visto la foto della sorellina e non sapevamo come immaginarti. Sapevamo solo che non avevi ancora un anno ed arrivavi dalla Bulgaria. Appena arrivammo a casa corremmo in negozio da Silvia, dove ci aveva detto che l'avremmo trovata: devo dirti che prima di entrare in quel negozio ho dovuto raccogliere tutto il mio coraggio, perché vedi, ... sapere che ti arriverà un figlia è una cosa bellissima, ma saperlo e conoscere il suo volto ancora prima di incontrarla nelle realtà è veramente qualcosa di emozionante! Quando finalmente presi il coraggio ed entrai nel negozio, la commessa mi disse che Silvia era in associazione con la foto e così corremmo a prenderti, se così posso dire. Il primo incontro con il tuo musino fu affrontato da Valentino con grande diplomazia: dopo aver visto la foto, con il tuo visino scuro scuro e probabilmente ripreso dopo un lungo pianto, disse: "Ma quando cresce gli vengono i capelli biondi come a te mamma?" ci mettemmo a ridere e gli risposi che certo quando sarebbe cresciuta la sorellina avrebbe potuto colorarsi i capelli come già faceva la mamma. Allora soggiunse: ”Beh, quando andiamo a prenderla la pettinerò bene io ...”. Capimmo allora che tu per lui, come per noi, eri la nostra bambina.
Ora che finalmente sapevamo della tua esistenza, cominciammo a raccogliere la documentazione necessaria per portarti a casa. Fu un periodo turbinoso passato tra esami del sangue persi e mai più ritrovati, uffici pubblici le cui regole assurde ci fecero rimbalzare come contro muri di gomma. Mi sembrava di non fare mai abbastanza in fretta, tutto cospirava per far ritardare la raccolta della documentazione, ... come quando mi accorsi, per puro caso confrontando dei documenti che avevo fatto legalizzare successivamente, che in prefettura avevano usato dei timbri non conformi per la Bulgaria, ... e meno male che me ne accorsi prima di spedire tutto! Sembrava che il destino si accanisse contro di noi, addirittura quando riuscimmo a radunare tutto e a spedire il pacco di documenti all'ambasciata bulgara di Roma per il visto ufficiale, l'agenzia tramite cui facemmo la spedizione ci inviò in sbaglio il pacco di un'altra coppia!! Feci tuoni e fulmini e per fortuna recuperammo tutto e spedimmo in Bulgaria i plichi faticosamente raccolti. Eravamo ormai ai primi di dicembre e speranzosi pensavamo di abbracciarti presto ... ma così non andarono le cose.


L'attesa

Spediti finalmente i documenti nel tuo paese natale ci sembrava di aver scalato una montagna e speravamo vivamente di innescare la procedura burocratica che ci avevano preannunciato come "piuttosto lunghina". In particolare, io mi sentivo svuotata, impotente perchè ormai tutto quello che potevamo fare materialmente lo avevamo fatto ... ora tutto era nelle mani di quei fantomatici corrispondenti bulgari. Come ciliegina sulla torta, Silvia, una delle responsabili dell'associazione, mi aveva confidato che l'istituto in cui eri ospitata non era uno dei migliori, anzi ... durante il loro giro di ottobre aveva quasi litigato con la direttrice perchè i bambini non erano tenuti bene, erano denutriti e senza stimoli ... , mentre la "signora direttrice" si era comprata un nuovo divano in pelle per il suo studio!!
Puoi immaginare il mio stato d'animo, ... pensarti lontano e non solo, ma pure denutrita e abbandonata a te stessa!! Per fortuna che avevo accanto il mio prode Valentino che mi ha aiutata a superare questo periodo di "gravidanza cerebrale". Ti assicuro che, avendo per mia fortuna provato entrambe le situazioni, devo ammettere che aspettare te è stato molto ma molto più duro e straziante che per la attesa di tuo fratello. Quando hai un figlio in pancia, bene o male hai tutto sotto il tuo controllo. Con una adozione tutto è nebuloso, lontano e non puoi fare nulla, veramente nulla, se non aspettare.
Le prime notizie le avemmo all'inizio dell'anno, e sembravano confortanti. Idocumenti erano stati tradotti e depositati presso il ministero competente per ottenere la prima delle due firme necessarie ad ottenere la sentenza di adozione. Questo ci rinvigorì tanto che io ormai andavo in giro dicendo che aspettavo un altro bimbo, anzi una bimba dalla Bulgaria. Non ti dico le reazioni, sapendo che già avevo avuto un figlio nato da me c’era chi gioiva della notizia con sincero entusiasmo e un po’ di stupore e chi, interdetto e incuriosito, mi chiedeva se non avessi potuto farmene uno io! Vedi è così strano ... per una coppia sterile, sembra quasi che ci sia una "approvazione sociale" al gesto adottivo, mentre per una coppia che giunge a questa scelta pur potendo concepire, si incappa nel sentimento opposto (non sempre per fortuna).
Non era facile far capire questa strana attesa anche a Vale. un episodio molto buffo ci fu poco dopo Natale, quando disse ad un suo amichetto che sarebbe arrivata una sorellina e questo, di circa quattro anni e mezzo, avendo già vissuto l’esperienza fratello avendone già uno di due anni minore, gli obbietta che gli può arrivare sia un maschio che una femmina. Ma Vale, ostinato, dice: ”No è una femmina l’ho già vista in foto!!”. E l’altro, non credendogli, gli dice che forse era un disegno che aveva fatto lui stesso. Ma lui implacabile: ”No, e’ impossibile l’abbiamo già ordinata la sorellina!” Impagabile davvero!!!!!
Ci era sembrato di partire con il piede giusto, ma intanto il tempo passava e non ricevevamo nessuna notizia dal fronte bulgaro. Valentino nel frattempo aveva spifferato a tutto l'asilo che gli sarebbe arrivata una sorellina, non ti dico quanta gente mi fermava e, guardandomi eloquentemente la pancia, mi diceva: "Ma pensavamo che aspettasse una bimba ...", e io rispondevo: "Si aspetto una bimba, ma non dalla mia pancia, ... arriva dalla Bulgaria!". Dopo una prima sorpresa, le persone avevano le reazioni più strane, ma l'unica cosa che mi importava era sapere che presto avrei avuto un'altra figlia a cui dare tutto l'amore che già avevo in serbo per lei.
L'inverno era sul finire e, proprio il primo giorno di primavera, arrivò la notizia della fatidica prima firma. Ero arrivata a casa dopo aver fatto con papà l'ennesima visita presso l'ufficiale sanitario (perchè nel frattempo il primo certificato di sana e robusta costituzione inviato in Bulgaria, un cardine per ottenere la sentenza di adozione, era in procinto di scadere): ero un po' scoraggiata per la lunga assenza di notizie, ma quando entrata in casa scorsi la lucetta rossa della segreteria che lampeggiava, il mio cuore ebbe un tonfo. Sentendo poi le parole di Silvia che annunciavano l'ottenimento della prima firma, non mi vergogno a dirlo, incominciai a saltellare per casa come una pazza!! Michele riuscì a stento a tenermi dal partire per andare a prendere lettino seggiolone eccetera eccetera che si trovavano imballate in un magazzino. Cercò di farmi ragionare ed ebbe, come sempre in queste cose, ragione.
Nel frattempo, un’altra coppia che aveva cominciato e spedito le pratiche con noi e aveva l’abbinamento con un bimbo pressappoco la tua età che si trovava nel tuo stesso istituto, ottennero non solo la prima, ma addirittura la seconda firma circa tre settimane a distanza l'una dall'altra. Così sperai anch’io che la nostra pratica li seguisse a ruota, ma …


Il tempo che passa ...

Ad aprile eravamo quasi certi che da un momento all'altro avremmo ricevuto notizie, ma il tempo passava e nel frattempo ci vennero richieste due dichiarazioni in cui affermavamo di essere a conoscenza del fatto che tu avevi un occhietto strabico cosa che avevamo saputo subito, un po' perchè si vedeva dalla foto e poi perchè era gia spiegato nella tua scheda medica. Da quella, ricevuta già a novembre, risultavi essere nata prematura di 1.750 gr. di peso e di aver raggiunto a 11 mesi il peso piuma di 6,700 gr. e si deiceva che, nel caso l'adozione in Italia non fosse andata a buon fine (ma ti rendi conto!), ti avremmo riportata in Bulgaria.
Mentre papà, almeno apparentemente, sembrava reggere bene l'attesa, io iniziavo seriamente a sclerale. Non so quante volte ho sognato l'incontro con te nell'istituto, una volta mi dicevano che non c'eri più, un'altra la bambina che mi presentavano non eri più tu ma un'adolescente antipatica che comunque dovevo accettare come figlia! Quanti incubi, quante corse al telefono sperando che fosse la telefonata giusta!
Passò la primavera e solo al 31 di maggio avemmo notizie della seconda firma. Era un caldo pomeriggio e mi trovavo ai giardinetti con Valentino. Squillò stranamente il mio cellulare e la zia Cate mi disse che Silvia aveva telefonato in negozio e di lì a poco avrebbe richiamato. Feci con tuo fratello una corsa bestiale e, come promesso, Silvia mi confermò il superamento del secondo catenaccio della burocrazia bulgara. Ora non ci mancava che la sentenza di adozione!


La partenza per la Bulgaria

I giorni successivi passarono in un turbinio di preparativi, ... le valige con dentro tutto l'occorrente per i bimbi (due non mi sembrava vero!) i medicinali perché non sapevamo in che condizioni ti avremmo trovato, la prenotazione del volo, ... e poi libero sfogo da parte mia di tutte le ansie legate al viaggio ed al volo (io odio volare!!!!).
Le ultime notizie che avevo avuto da Burgas non erano state incoraggianti. Una coppia che aveva adottato due fratelli gemelli pochi mesi prima, li aveva trovati in condizioni disastrose. A due anni non stavano ancora seduti, erano ipotonici e denutriti e solo con tanta fisioterapia avrebbero più tardi recuperato. Figurati che pensieri mi passavano per la testa ...
Valentino era eccitato quanto noi e, per fortuna, avevamo anche una buona notizia per lui: saremmo partiti con un'altra coppia che aveva già una bimba della sua età e che andava a prendere un fratellino, così potevamo farci compagnia in questa avventura.
La sera prima del 21 settembre, uscimmo a mangiare una pizza, eravamo un po’ straniti, quasi sulle spine. Non ci sembrava vero che di lì a poche ore avremmo accolto una bimba nella nostra famiglia! Brindammo con l’acqua minerale al prossimo evento e realizzammo che da quel momento in poi non saremmo più stati solo noi tre.
Incontrammo l’altra coppia all'aeroporto di Malpensa per prendere il volo delle 13.00 e legammo subito. Noi mamme come al solito eravamo piene di ansie, mentre i papà erano tutto sommato molto tranquilli. I bambini andarono subito d'accordo e il viaggio fu piacevole. Scoprimmo in volo una particolarità del tuo paese, ... per fare il cenno di no con la testa in Bulgaria si annuiva e per dire di si, si dondolava la testa quasi come il nostro no ... ci mettemmo a ridere al pensiero di come avremmo fatto a farvi capire il no e il si senza farvi entrare in confusione.
Avevamo lasciato l'Italia con un clima un po' fresco e quando arrivammo a Sophia trovammo un caldo esagerato che ci sorprese, ... quasi 30 gradi! Idue bimbi dopo essere stati costretti in aereo si scatenarono in aeroporto e noi, intimoriti dall'aspetto un po' tetro dell'aeroporto, ci dirigemmo verso la polizia di frontiera con i nostri passaporti in mano. Ad un certo punto, una corpulenta e truce poliziotta ci fece cenno di avvicinarci ad una postazione vuota, indicando Valentino e Selene che giocavano a rincorrersi. Noi spaventatissimi e quasi con il fiato sospeso riprendemmo i bambini pensando a chissà quali domande ci avrebbero posto per il nostro ingresso in Bulgaria. Invece la poliziotta ci aveva solo fatto passare davanti a tutti gli altri perchè ci aveva visto con i piccoli al seguito e, nonostante il viso arcigno, fu molto gentile e potemmo finalmente entrare ufficialmente in territorio bulgaro.
Il tuo istituto si trovava a 5 ore di viaggio dalla capitale Sophia dove saremmo atterrati. A grandi linee sapevamo che ci sarebbe stato qualcuno ad attenderci all'aeroporto e pensavamo di pernottare una notte in capitale per partire il mattino per venire a prenderti. Invece cambio di programma: appena scesi dall'aereo, alle 17,30 ora locale dopo quasi tutto il giorno di viaggio (eravamo partiti la mattina alle 8 da casa) trovammo un simpatico signore bulgaro di nome Rumen, che faceva parte dell'organizzazione locale e che aveva curato la nostra pratica. Per fortuna parlava un po' di italiano e ci disse che ci avrebbe fatto da autista e che saremmo partiti subito per Burgas. Il giorno 22 di settembre è infatti una delle innumerevoli feste nazionali e l'istituto in cui eri tu sarebbe stato chiuso alle visite (noi ignari delle usanze bulgare ...). Per una combinazione fortunata la direttrice era a Sophia per un convegno ed, approfittando del nostro passaggio, il giorno successivo ci avrebbe permesso di venirti finalmente a prendere.
Ci dividemmo così dall'altra coppia che seguiva un itinerario diverso, perchè' il loro bimbo era in un altro istituto, ripromettendoci di vederci il giorno seguente a Sophia con la prole aumentata. Puoi immaginare come mi sentissi nel dover affrontare il lungo viaggio fino a Burgas con a fianco quella che nei miei pensieri era la tua aguzzina, dopo il racconto di Silvia su come questa donna si approfittasse delle offerte mandate per aiutare i bambini dell'istituto! Era una donna di circa 55 anni, grassoccia e con i capelli tinti, un grosso naso a patata e degli occhi di un colore ghiacciato, gelido, sorrideva con le labbra ed era tutta moine e ammiccamenti, insomma ... non mi piacque per niente!
L'autista che un po' ci faceva da traduttore, fu molto gentile e io dopo un primo attimo di sgomento per dover condividere il viaggio con la " signora direttrice", decisi di chiederle il più possibile di te, per sapere le tue abitudini. La " signora" tuttavia fu molto vaga. Le chiesi come stavi, quanto eri cresciuta, cosa facevi di solito all'istituto, ... e lei sempre sorridendo mi diceva che mangiavi di tutto, pasta, carne, anzi "macaroni" ... e vedessi come le cresceva il naso quando lo diceva! Mi disse che eri piccola ma saresti cresciuta, che tu eri una delle sue preferite perchè la sua figliola (anche lei adottiva così mi disse Rumen) giocava sempre con te. Anzi il mattino dopo, quando saremmo venuti a prenderti, voleva esserci anche lei perchè voleva salutarti. Le chiesi anche se ti avevano spiegato che saremmo venuti a prenderti, ma lei disse che eri troppo piccolina per capirlo e così sapemmo che saremmo stati per te una vera sorpresa, ... speravamo in bene!!
Tutto sommato il viaggio fu piacevole, ci permise di veder un pezzo della tua terra nativa, anzi diciamo che la attraversammo tutta da un capo all'altro. Certo che la differenza con l'Italia è notevole, ... tutto sembrava in rovina come se fosse appena passato un conflitto. I palazzi delle città che attraversammo erano grigi e macilenti, quasi in procinto di sgretolarsi, la strada era tutta a buche. La campagna non era ancora stata privatizzata: si discuteva, ci disse l'autista, a chi dovessero andare le terre, come paese dell'ex area sovietica i terreni coltivabili non facevano più parte del patrimonio statale, ma nello stesso tempo non si sapeva di chi fossero. Così, passando vedemmo interi filari di uva in stato di abbandono, con ancora i grappoli attaccati, perchè se la prendevi la rubavi ... non si sapeva ancora a chi, ma era un furto! D'altra parte nessuno le curava più e in un paese dove ancora si sente la fame per miseria è un vero scandalo. Da lontano si vedevano anche tante fattorie. La Bulgaria, ci disse sempre l'autista, era il paese dove è nato lo Yogurt, e soggiunse anche tra le righe che probabilmente era uno degli alimenti principali con cui tu venivi nutrita in istituto.
Facemmo una breve sosta in un'area di servizio a circa metà del percorso, la conversazione con la direttrice dell'istituto si era arenata, l'unica cosa che disse, con fare misterioso, fu che la mattina dopo ci avrebbe raccontato dei tuoi genitori naturali. Per me, devo proprio dirlo, fu un colpo basso. Sapevo che eri in stato di abbandono dalla nascita ma non sapevo nulla fino a quel momento della tua storia passata. Realizzare che di lì a poche ore avrei scoperto non so cosa, mi mise in uno stato di profonda ansia e agitazione ... per la prima volta provai una stretta alla bocca dello stomaco.


L'arrivo a Burgas

Arrivammo a Burgas la sera alle 22.30 e, dopo aver accompagnato la direttrice fino alla porta di casa che distava di poco dall'istituto, andammo in una zona della città che definirei residenziale. Burgas è infatti una cittadina turistica sul Mar Nero, ... certo nulla da paragonare con con le nostre città balneari, ma comunque abbastanza rinomata. Alloggiammo in un albergo che probabilmente rispondeva ai loro canoni di gran lusso:18 piani, quasi un grattacelo, con un'aria di finto lusso che strideva con quello che tu dovevi aver passato fino a quel momento nel posto dove ancora ti trovavi. Mi sembrava una sofferenza indicibile sapere che eri a pochi passi da noi e non poterti ancora incontrare. Valentino in compenso si divertì moltissimo ad esplorare quello strano albergo, dove il contrasto tra le moquette azzurre - o presunte tali - e l'odore degli scarichi fognari - probabilmente troppo vecchi - era forte. Nella hall c'era anche una fontana stile anni '70 ed enormi lampadari retrò. Anche la camera al dodicesimo piano che ci fu assegnata sicuramente era il massimo del confort che quel paese dell'est potesse offrire. Ci dettero due letti singoli, ... peccato che ci dovevamo dormire in tre con Vale! Per fortuna che Rumen, gentilmente, si offrì di portarci in camera l'altro letto della sua stanza che era attigua alla nostra. Le finestre sigillate erano piene di spifferi e quella sera il vento ululava forte: comunque, nonostante le lenzuola fossero piene di macchie non ben identificate, ci sembrò una sistemazione più che ragionevole per il motivo che ci aveva spinto fino a lì.
Alle 23 passate salimmo all'ultimo piano dell'albergo dove gentilmente ci prepararono un'ottima cena a base di filetto e patatine fritte che tuo fratello dopo il lungo viaggio gradì moltissimo. Fu molto divertente vedere come papà Michele cercasse di imparare il più possibile del bulgaro aiutandosi con un dizionarietto che gli era stato imprestato da Pietro, il papà dell'altra coppia in viaggio anche loro verso il loro bimbo. Anche Valentino ed io avevamo imparato qualche cosina in bulgaro: per esempio, sapevamo che " blagodarie" vuol dire grazie e fummo subito smentiti nelle nostre conoscenze da dizionario perché in bulgaria preferiscono dire "mercì'" alla francese, ... ci sembrò strano per un popolo che al massimo come seconda lingua conosce il russo! Infine andammo a dormire con nel cuore l'appuntamento con te alle 8 del mattino seguente.
Mi svegliai alle 6 che cominciava ad albeggiare. Avevo il cuore in tumulto e lo stomaco contratto dall'emozione, non mi sembrava vero che di li a poco ti avrei incontrata. Chissà come ti avrei trovata, se avresti avuti paura di me e papà! In quel poco tempo che mancava al nostro appuntamento mi frullarono in testa tanti di quei pensieri, buoni e cattivi, che pensavo di scoppiare! Per contro, esternamente mi sembrava di vivere in un ambiente ovattato con immagini che scorrevano piano intorno a me. Ricordo la colazione nell'albergo in mezzo a ricchi bulgari e russi. Non riuscii a toccare cibo e l'ambiente di lusso decadente che mi circondava strideva maledettamente con le sensazioni che provavo dentro di me, di sofferenza quasi che avessi paura ... si ne avevo di paura eccome, ... non una paura fisica, come avevo provato durante il travaglio di tuo fratello, ma un dolore sordo dentro, lacerante, ... la paura dell'ignoto, perché in fondo solo in quel momento realizzai davvero che di te non conoscevo nulla, al di là del tuo viso ritratto in una foto di ormai quattro mesi prima.


L'incontro

Mi si stringe un groppo alla gola ancora adesso mentre scrivo, ricordando il giorno in cui ti ho incontrata. Ho solo una serie di immagini che mi scorrono davanti agli occhi del tragitto tra l'albergo e l'istituto, ... come dei fotogrammi di un film di cui non facevo parte in quel momento. Riconobbi l'ingresso dello stabile perchè appena pochi mesi prima la mia amica Roberta era venuta nello stesso posto a prendere suo figlio Simone: una facciata grigia con un grande cancello, al di la del quale si ergeva una statua che ritraeva stilizzata una donna con in braccio un bimbo. "Istituto madre e figlio", che strano nome, pensai in un frammento di lucidità, per un posto dove le mamme dovevano arrivare da lontano come me. In quel momento poi ... ti vidi, eri in braccio alla "signora direttrice" che faceva capolino sulla porta d'ingresso. Il cuore mi batte ora come allora, anche se ciò che provo ora è nettamente diverso da quello che sentii in quel momento, e cioè il panico, lo shock!! Pensai di essere un mostro a provare quelle sensazioni, non poteva essere mia figlia quella cosina minuscola nelle braccia di quella donna!! Rimasi quasi senza fiato, senza parole, grave per una come me che ha sempre qualcosa da dire. Ti avevano messo addosso un pigiamone giallino di pile che ti stava enorme. La tua testolina spuntava con quattro peli arruffati. Ci avvicinammo ed entrammo seguendo la direttrice che, intanto, aveva preso a parlare con Rumen. Lui cercò di tradurre per noi, ma io persi il filo delle prime parole ... Quasi intontita mi avvicinai a te e tu allungasti subito le tue braccia sorridendo, con i tuoi dentini bianchissimi come chicchi di riso, un sorrisetto anche un po' buffo, da cricetina, con i grandi incisivi che spuntavano dalla tua piccola bocca. Ti presi in braccio un po' impacciata e ti annusai e pensai con stupore che il tuo odore mi piaceva, quasi come un istinto atavico mi avesse spinto a farlo. Che strano, pensai, eri una piuma, ... minuscola come forse non mi sarei aspettato da una bimba di 22 mesi. Avevo quasi paura di romperti, volevo cambiarti ma tu mi scivolavi tra le mani. Allora scorsi la figlia della direttrice, una bimba di 12 o 13 anni, che ti prese dalle mie mani e ti cambiò davanti me sul famoso divano di pelle bianco di cui mi aveva parlato la Silvia. Mi resi conto solo allora che eravamo stati ricevuti nella famosa sala di rappresentanza, piena di giocattoli ancora incartati della chicco, con vari passeggini con cui la direttrice mi disse ti portavano tutti i giorni fuori a passeggio. Peccato che le ruote erano immacolate, la figlia della direttrice ti trattava come un bambolotto e questo mi diede fastidio. Sembrava mentre ti cambiava che giocasse con te come chissà quante volte aveva fatto a un gioco in cui tu non mi sembrava ti divertissi molto: avevi gli occhi un po' sgranati, ma nello stesso tempo straniti, con una mezza smorfietta. Mi colpirono le tue mani minuscole e contratte in un pugno. Eri terribilmente pelosa, ma di questo avevo già parlato con un’altra madre adottiva: con l’alimentazione più completa che ti avremmo dato sarebbe scomparsa. Non versasti una sola lacrima e io, che mi ero preparata a portarti via urlante, rimasi quasi spiazzata.
Nel frattempo papà Michele era stato accompagnato a visitare l'istituto, o meglio la parte di questo che la "signora direttrice" aveva deciso di fargli vedere. Fu portato a vedere e a filmare solo l'area di prima accoglienza dei neonati. Il video che girò fu l'unico che fu fatto a quanto ne sapemmo noi all'interno di quell'istituto. Sembrava un reparto d'ospedale un po' vecchio, come possiamo avere anche noi qui in Italia, tutto sommato pulito e con il personale schierato in camice bianco, in tutto tre giovani ragazze. Ma alla richiesta di papà Michele di vedere dove tu avevi trascorso fino ad allora la tua piccola vita, la direttrice disse che non era possibile per ragioni di igiene. La cosa ci parve molto strana visto che era stato accessibile proprio l'area dei neonati ... Solo più tardi venimmo a conoscenza durante il viaggio di ritorno verso Sophia, che giusto la settimana precedente, un bimbo che era stato destinato in adozione ad una coppia di americani, era stato trovato con una frattura al femore esposta da almeno tre giorni. Era stato imbottito di calmanti per camuffare la cosa, per timore forse che venisse rifiutato così che l'istituto non avrebbe ricevuto nessuna donazione da parte di quei genitori. Solo dopo il suo arrivo alla capitale, 5 ore più tardi, era stato scoperto il trauma del piccolo. Permettendoci di vedere quello che lei voleva, probabilmente la direttrice aveva voluto ingraziarsi almeno noi, temendo una denuncia al suo governo di ipotetici maltrattamenti e dello stato di denutrizione in cui si trovavano i piccoli di quel posto da lei diretto. Che cosa triste bimba mia, ... e non smetto a volte di pensare che per fortuna tu almeno con Lorena e Simone siete venuti via da quel posto: non so, se fosse passato ancora del tempo, come e se ti avremmo trovato!

Sai anche papà aveva buttato giù una specie di diario di quei giorni passati in Bulgaria e senza dirgli niente ho voluto trascrivere anche le sue parole prima che i foglietti dove aveva scritto tutto vadano perduti:
"Primo giorno in Bulgaria, ieri abbiamo viaggiato tutto il giorno, da casa a Milano Malpensa, a Sophia siamo arrivati alle 17 ora locale e poi fuori dall’aeroporto abbiamo subito incontrato la direttrice dell’istituto che ci ha consegnato il passaporto di Sofia (emozione!!!). Rumen l’autista ci ha caricato i bagagli e siamo subito partiti tutti quanti per Burgas dove siamo arrivati alle 22,50 all’Hotel Bulgaria. Oggi 22 settembre è festa dell’indipendenza, anzi adesso stiamo lasciando la camera dell’albergo per andare all’istituto per andare a prendere Sofia. Giornata molto, molto intensa piena di fatiche e carica di emozioni. Senza accorgercene siamo arrivati davanti all’istituto ”Casa madre e bambino” di Burgas, perchè continuo a guardarmi intorno e cerco come di fotografare quello che vedo, cerco di capire una realtà che non è omogenea, ma un misto disomogeneo di frammenti esplosi che forse vanno alla deriva o forse si cercano senza trovarsi.
Fermiamo la macchina davanti al cancello un po’ squinternato. Scendiamo. Rumen prende il cellulare e chiama la direttrice mentre noi guardiamo o, meglio, cerchiamo di guardare oltre il cancello attraverso le inferriate verso l’unica finestra illuminata dell’istituto. Dietro di noi in fondo alla strada dissestata, due ragazzi sbucano su un carretto con ruote in gomma tirato da un asino malnutrito. Si fermano davanti ad un cassonetto, di quelli vecchi, in metallo, dopo aver rovistato caricano una grossa lamiera sul carro, ... scatto loro una foto, ... mi guardano e mi prende un senso di vergogna subito sotterrato perchè richiamato dalle parole di Loredana e Valentino: eccola!!! L’inferriata dell’entrata si è aperta, sulla soglia ci sono la direttrice, sua figlia tredicenne e, malferma sulle gambe, Sofia. Lory prende una borsa, quella sbagliata, la ributta in macchina e poi prende quella giusta, con il cambio o qualcos’altro. Oltrepassiamo il cancello, saliamo gli scalini dell’entrata col fiato un po’ sospeso e lì, per la prima volta dopo tanti mesi di attesaci incontriamo, davvero. Andiamo tutti in una stanza vicina all’entrata, fatta per questi incontri col famoso salotto in pelle di cui ci aveva parlato Silvia e un odore di legno nuovo, segno evidente di arredamento appena uscito dal mobilificio. Mentre Lory e Vale sono tutti presi dal primo incontro con Sofia, la direttrice mi consegna il libretto sanitario, una scheda medica arredata due giorni prima e un foglio con gli orari ed i cibi a cui sono abituati i bambini. Più tardi nel salotto degli incontri chiedo alla direttrice di mostrarmi l’istituto e mi risponde che non è prassi, ci sono problemi di igiene per i bambini, ecc … ma se proprio ci tengo mi mostrerà il reparto di quelli appena arrivati. Accetto, facciamo pochi passi e scusandomi corro alla macchina con Rumen per prendere la videocamera, così riprendo i piccoli arrivati ... ce ne saranno due dozzine credo, tutti piccolissimi, alcuni nell’incubatrice! Non oso entrare nelle stanzette nonostante gli inviti: filmo dalla soglia. Ma tutti gli altri, i più, non potrò vederli: non capisco, ma non posso che rassegnarmi.
Il viaggio di rientro a Sofia è in un clima più rilassato dell’andata. A mezzogiorno ci fermiamo dopo Stara Zagora in un ristorante lungo la strada, dove armeggiamo con i primi omogeneizzati con Sofia, che mangiucchia qualcosa. Più che altro è attratta da tutte le novità che vede intorno, compreso un gatto ... non ha mai visto altro che l’istituto, almeno fino ad ora. Arrivati finalmente a Sofia compriamo qualcosa in un piccolo supermercato, meglio dire uno spaccio ed andiamo all’appartamento. L’impressione è di povertà e squallore, il palazzo è malconcio, dentro l’appartamento una maniglia che mi resta in mano mentre apro la finestra e un velo di polvere stridono con la TV a colori e un lettino giallo con qualche peluche. Sotto casa parcheggia un’autovettura: il guidatore prima di scender mette in auto l’antenna ed i tergicristalli. Rumen ci saluta, ma poco dopo squilla il telefono: è lui che ci chiede se vogliamo cambiare appartamento, per uno più piccolo ma vicino alla famiglia di Bergamo che ha adottato Mattia. Gli rispondo che prima di decidere voglio vedere. Lory e Vale vanno a vedere, ma non si decidono e mi telefonano mentre gioco con Sofia. Dalla voce Lory mi sembra sollevata, ... allora va bene, cambiamo dico. E infatti questo secondo appartamento è più piccolo, ma più accogliente. Scomodo da raggiungere attraverso le scale strette e in parte di legno (siamo in una mansarda) ma più intimo e pulito, ... insomma quasi lo stesso ma nell’insieme molto meglio!! Ci sistemiamo un po’, prendo il telefono e chiamo Pietro, il papà dell’altra famiglia. Vogliamo andare a mangiare? Ci vediamo dopo un quarto d’ora, alle 19:10 e la giornata finisce in una piccola taverna pub. Tornati alla soffitta, Lory finalmente si libera dal magone dal groppo in gola, dall’ansia che l’accompagnava dal pomeriggio, ... finalmente felice poco più tardi si addormenta.
Secondo giorno a Sofia, ha piovuto la notte e la temperatura estiva dei primi giorni si è decisamente raffreddata. Il cielo è grigio e minaccia pioggia, fuori ci saranno circa 12°C. La mattina passa tra colazione e passeggiata intorno all’isolato, dietro la nostra soffitta c’è un viale che costeggia un parco, seduti sul marciapiede, alcuni anziani hanno organizzato un mercatino di frutta e verdura: peperoni lunghi, mele, uva, rape, patate, pomodori, prezzemolo e fiori. C’è qualche minimarket, un negozio di casalinghi e fai-da-te, scarpe e abbigliamento quasi non si notano, poi un paio di farmacie. L’impressione che ricevo è di improvvisazione: i volti che vedo hanno dei sorrisi forzati, capisco che il tenore di vita è molto modesto e si cerca di arrangiarsi alla meno peggio. Ci sono molta dignità e cortesia, ma praticamente ovunque vedo i segni della decadenza del regime ufficialmente terminato 10 anni prima ma che sopravvive celato nei gesti e nel comportamento di un popolo a cui d’improvviso è stata tolta una sedia da sotto e che stenta a rialzarsi. La qualità della vita come la intendiamo in Italia, qui è un concetto inconsistente, non una realtà ma un desiderio di una nazione che ha rifiutato il comunismo classico, anche se con vari ripensamenti, e che a sua volta è rifiutata dal liberismo economico. Rumen ieri in viaggio ha reso molto bene l’idea: la Bulgaria è un paese con un potenziale agricolo elevato (circa la metà del PIL) e questo durante il regime comunista russo ha consentito la piena applicazione dell’ideale già comunista alla produzione. Tutto veniva organizzato col metodo cooperativista, con produzione su larga scala, poca specializzazione, lavoro per tutti nessuna diversificazione. ll prodotto bulgaro era destinato interamente al consumo interno russo e basta. Quando il regime è caduto, nel '90, il prodotto interno è stato immesso nel mercato europeo, dato che la capacità produttiva bulgara era ed è ancora in parte, eccessiva rispetto alla domanda interna. Questo ha fatto però conoscere ai bulgari il concetto di concorrenza di mercato nel modo più crudo possibile: la quantità prodotta è molta, ma la qualità è decisamente inferiore a quella dell’Europa occidentale: quindi sul mercato i consumatori scartano la produzione bulgara preferendo prodotti di qualità superiore. Ora, dopo un un primo diniego, sono in corso le pratiche per l’adesione della Bulgaria all’Unione e diversi stati, Germania e Italia in testa, stanno investendo e avviando progetti in tutti i settori per aiutare la Bulgaria ad uscire dalla recessione ed entrare nell’Unione: ci vorranno degli anni.
Questa sera è passata Asenia, una referente della nostra associazione, che ci ha portato tutta la documentazione bulgara per l’adozione di Sofia, tra cui due certificati di nascita, quella biologica e quella adottiva. Il certificato biologico lo conserveremo come ricordo delle sue origini biologiche, quando un domani vorrà sapere. Sofia è uno scricciolo con una fame nera: è evidente che le pessime condizioni in cui è stata allevata in questi primi 22 mesi di vita ne hanno ritardato lo sviluppo fisico ed intellettivo, ma sembra sana, a parte un bel po’ di catarro. Loredana è un po’ preoccupata di questo: io, per parte mia, sono sereno, ... sento che ora che Sofia è con noi in famiglia tutto andrà per il meglio. Certamente dobbiamo conoscerci ed abituarci a vicenda: Sofia è un piccolo gatto selvatico, ma la capisco, non si sa cos’abbia passato e sicuramente ha dovuto arrangiarsi da sola, senza il calore e l’affetto di una famiglia che la sostenesse.
Man mano che sto con lei mi intenerisco. Stasera, mentre dormiva l’ho accarezzata ed ho sentito qualcosa al petto: è fatta, sono cotto! Del resto ne parlavo oggi con Lory di queste emozioni, di questi sentimenti verso di lei che all’inizio ci sono e non ci sono. Sta accadendo qualcosa che era già accaduto con Valentino quando è nato: un estraneo è entrato in casa buttandoci all’aria la vita e così tutto ricomincia. Ora è un’estranea che entra in famiglia per restare, ... però ad essere sincero Sofia è un po’ più dolce. Oggi dopo pranzo abbiamo cercato in più modi e più volte di farla riposare: non ne ha voluto sapere, rimanendo piuttosto in piedi nel lettino in silenzio, finchè Lory l’ha fatta scendere e si è diretta verso di me sdraiato sul letto. Allora mi si è buttata contro, si è messa seduta e si è addormentata: non ha voluto che la coricassi finchè non era profondamente addormentata. Direi che qualcosa in me è cominciato a scattare mentre premeva con la schiena contro la mia spalla, cercando il contatto.
Ora è notte fonda, dormono tutti e tre. Prima di coricarmi anch’io andrò a sistemarla e accarezzarla ancora una volta. Piano piano cominciamo a conoscerci e Sofia sta cambiando aspetto (finalmente si vedono segni di miglioramento). E’ tutta ossa e nervi, caparbia, capricciosa, le piace scherzare e soprattutto ha un sorrisetto che conquista. Lunedì abbiamo portato in ambasciata i documenti per il visto d’ingresso in Italia di Sofia e ieri sono ripassato per vedere se era tutto in ordine. Manco a dirlo, la traduzione italiana del decreto di adozione bulgaro riportava alcuni errori evidentissimi, ma che per l’impiegata creavano dei problemi per la legalizzazione della traduzione, e così ho dovuto correre a farli correggere per due volte, col patema di non fare in tempo e di dover rinviare la partenza di sabato pomeriggio. Ora tutto sembra essersi sistemato e domattina dovrei riuscire a ritirare il visto per Sofia. Ci sono stati alcuni momenti in cui ho dovuto sforzarmi parecchio per restare calmo, anche perchè le difficoltà avanzate dall’impiegata del consolato erano meramente formali, senza alcun valore nè sostanziale nè giuridico (chissà se i burocrati si estingueranno mai!!). Ad ogni modo è stata una buona giornata per i nostri rapporti familiari, piena di sole, calda e con tantissimi stimoli per Sofia che adora giocare ai giardini ed è interessatissima agli altri bimbi e ad imitare le loro attività: è una furbetta di tre cotte!!
Intanto si sono sbloccate anche le linee telefoniche, perchè da due o tre giorni i telefonini erano inservibili, giusto per ricordarci che la Bulgaria è pur sempre un paese arretrato, dove una pagnotta di circa mezzo chilo costa circa 300 lire, gli stipendi sono da fame e la gente fruga nei cassonetti, ma anche dove puoi trovare tutto e vivere bene se hai i soldi in tasca.

Ricordo quei primi giorni trascorsi assieme a te quasi con nostalgia, ora che è passato un po’ di tempo, anche se subito ho molto sofferto, ... sì, sofferto l’impatto con il tuo piccolo essere, così diverso e così sfuggente. Mi sono sentita in parte dilaniata tra te e tuo fratello. Tu che mi assorbivi completamente e lui che cercava di avere un qualche contatto con te che però lo rifuggivi, credendo forse che fosse un nemico con cui dividerci, cosa che per fortuna è passata presto. Come ha detto papà Michele, eri uno scricciolo: ti sei subito attaccata a me in maniera totale. Assorbivi tutto di me e in parte mi esaurivi. I primissimi giorni eri veramente affamata di tutto, ... di noi, di quello che c’era intorno a te, ... mettevi tutto in bocca, proprio per conoscere.
Non ti dico quante volte abbiamo detto no in quei primi giorni, chissà che cerberi ti saremo sembrati! Un episodio che ancora mi fa stringere il cuore, è accaduto forse il secondo giorno che eri con noi. Subito dopo aver bevuto il tuo latte seduta come una signorina sulla sedia, riempiendoti fino all’inverosimile per il tuo stomachino, tanto che ti usciva sempre un rivolo dalla bocca, volevi scendere e rovistare tra i pochi giochi che avevamo trovato nell’appartamento. Tra questi quella mattina ti demmo una rivista che avevamo portato dall’Italia, toccandolo e stropicciandolo ad un certo punto si aprì su di una pubblicità in cui una donna dava un pezzo di formaggio in bocca ad un uomo. Ecco lì ti fermasti a guardare e subito ti chinasti sulla fotografia e cercasti con la bocca di prendere quel pezzo di formaggio fotografato! Piccola, che tenerezza mi facesti. In quel momento mi sono resa conto che tu probabilmente non avevi mai visto una foto e non potevi capire che quello rappresentato non era la realtà. In effetti non conoscevi neanche i giocattoli, il loro vero significato. Ti limitavi a tirarli fuori dal cesto e a rimetterceli o a portarceli in grembo.
Mi rendo conto ora che quella che io avevo valutato come iperattività (non stavi ferma un attimo e ti ribellavi ad ogni seppur piccola imposizione) ed aggressività (urlavi come una pazza attaccata alle sbarre del lettino quando cercavamo di farti dormire ed in braccio non c’era verso) era solo il tuo modo di dimostrare la tua paura di noi e di tutto quel mondo che ti stavamo facendo conoscere! Tu che fino ad allora avevi avuto la vita messa su dei binari ben definiti, fatti di orari rigidi e asetticità negli affetti, ma pur sempre il mondo che tu conoscevi e in cui avevi mosso i tuoi primi passi.
E’ stato per me difficile instaurare un rapporto con te. Per papà forse è stato più immediato perchè rivisse le sensazioni che aveva avuto per tuo fratello. Per me cominciò solo allora la tua vera “gestazione”. Tu mi volevi, ma allo stesso tempo respingevi i miei tentativi di scalfire quella piccola corazza che ti aveva aiutata a superare i mesi passati in istituto.
Anch’io inconsciamente forse opponevo resistenza alla tua richiesta muta della mia totale disponibilità nei tuoi confronti: avevo anche un po’ di ansia per il tuo stato di salute psichica. Anche se mi era stato detto da chi prima di me aveva adottato bimbi istituzionalizzati, come ti avrei potuto trovare , fu un po' scioccante veder le smorfiette che facevi per farti dare del cibo, i suoni gutturali che emettevi, la tua incredibile forza nel ribellarti alle cose più banali come il cambio del pannolino il bagnetto o l’asciugare il nasino.
Ma queste mie ansie e paure devo dire che in parte furono fugate da un momento che ricordo con particolare piacere. Andavamo tutti i giorni al parco che era vicino a dove alloggiavamo: era un giardino grandissimo, un po’ fatiscente come tutto del resto in Bulgaria ma c’erano una giostrina che veniva azionata a spinta, delle altalene fatte con i copertoni delle automobili molto belle, degli scivoli ... insomma quasi tutti giochi che andavano bene per tuo fratello ma che per te erano ancora pericolosi. Lottavo per farmi dare la manina anche perchè tu eri ancora malferma sulle gambine e rischiavi di volare per terra ad ogni alito di vento. Inoltre volevi metter tutto in bocca e lì non c’erano di certo cose appetibili!
Bene, un giorno trovammo un unico cavallino ( pensa che la sera lo toglievano per rimetterlo al mattino dopo ...) esattamente uguale a quelli che abbiamo nei nostri parchi gioco con la molla sotto. Ecco, li ti illuminasti e appena ti sedemmo li sopra cominciasti a farlo dondolare con una energia strabiliante, schioccasti la ligua imitando il trotto del cavallo e battesti le mani in segno di felicità. In quella circostanza uscì per la prima volta la vera Sofia che era in te, una bimba sorridente, solare e con una grande gioia dentro.
Comunque passarono in fretta quei giorni in Bulgaria. Per fortuna eravamo spesso assieme all’altra coppia così Valentino poteva fare il diavolo a quattro indisturbato con Selene, l’altra bimba che aveva la sua età, mentre noi genitori avevamo il nostro bel da fare coi nuovi arrivati. Andavamo a mangiare al ristorante dal momento che era più conveniente che cucinare in casa. Ricordo che quando uscivamo dai locali lasciavamo un bollettino di guerra: pezzi di pane sparsi ovunque per farti star brava, ... toccavi tutto e io ero terrorizzata che ti facessi male! Ero in uno stato di ansia così totale che persi 6 chili in 10 giorni! Non riuscivo a toccare cibo io che sono sempre stata una buona forchetta. Per fortuna che papà e Vale apprezzavano la cucina bulgara che, confermo anch'io, è ottima.
Finalmente arrivò il giorno della partenza all’aeroporto. Ti divertisti a correre di qua e di là ed io avevo paura di perderti. Dio mio che madre ansiosa ti è capitata, povera la mia piccola! Spero di diventare più forte crescendo con te! Il volo non ti disturbò piu’ di tanto: lo facesti tutto in braccio al tuo papà, piangendo perchè non riuscivi a trovare una posizione per addormentarti. L’aereo intanto stava attraversando una forte perturbazione ed io, che ripeto odio volare, ero così felice di tornare a casa che non mi spaventai per nulla.


L'arrivo in Italia

Sembrerà una cosa strana, ma è vera: appena arrivati all’aeroporto di Malpensa, nonostante il viaggio sfiancante per tutti e la lunga sosta presso la polizia di frontiera, tu cominciasti a sorridere, a rilassarti, come se l’aria dell’Italia ti avesse trasformato! Probabilmente ci sentivi più sereni perchè finalmente tornavamo nel nostro ambiente, ma devo dire che la Sofia che atterrò quella sera non era la stessa Sofia che lasciò la Bulgaria: era indubbiamente più tranquilla. Avevamo già deciso che avremmo preso la macchina nel parcheggio dell’aeroporto e saremmo andati a dormire dalla nonna Adriana, la mamma di papà su a Como, perchè più vicina all’aeroporto. Solo l’indomani saremmo tornati a casa. Eravamo così straniti tutti e tre di averti lì con noi! Ti facesti adagiare sul seggiolino dell’auto senza lamentarti e, arrivati a casa della nonna, devo dire che mi facesti fare un figurone. Ti prendesti i complimenti di tutti, bevesti il tuo latte tutta compita ed addiritura una coppia di musicisti americani, ospiti per cena dalla nonna, quando seppero che eravamo appena arrivati dalla Bulgaria, ci fecero un grande regalo. Pensavano che eravamo andati là per vacanza e quando spiegammo che ti avevamo appena adottata, si stupirono cicendoci che sembravamo una bella famigliola affiatata. Sarà stata la stanchezza o il clima ospitale che ti accolse, ma quella sera ti addormentasti proprio felice nel lettino rosso che la nonna ti aveva preparato. Il giorno dopo partimmo finalmente verso casa, e lì è cominciata la nostra crescita assieme …

 

 

Commenti di visitatori all'esperienza di Lory

Grazie Lory per l'emozione che mi hai dato nel raccontare la tua esperienza di adozione ... anche se mi piacerebbe che continuassi e la portassi fino in fondo. Sappi che mi hai dato molta carica, e mi hai fatto di nuovo pensare ad un progetto che in fondo al cuore accarezzo da tempo, anche se per carattere sono scoraggiata già in partenza. Io stessa, infatti, provengo da una famiglia che ha vissuto in prima persona l'esperienza dell'adozione ed ho uno stupendissimo fratello adottivo che amo profondamente, questa mia vicenda ha, credo, condizionato la mia esperienza di madre (ho un bimbo di appena sette mesi).
Sono stata infatti educata a pensare che essere madre non abbia nulla a che fare con una componente biologica e fisica, ho vissuto così con una certa noncuranza tutta la mia gravidanza, senza enfatizzarla e nell'attesa di conoscere l'identità ancora sconosciuta di mio figlio. Forse tutto questo mi ha reso una mamma un po' particolare, forse incapace di abbandonarsi ad un rapporto fatto di sensazioni, di pelle di fisicità. Forse sono una mamma molto razionale ma ti assicuro che amo mio figlio in modo profondo e poi è un bimbo così adorabile! Comunque il fatto è questo, sono abbastanza contraria ai figli unici e mi piacerebbe allargare la mia famiglia e il desiderio di adottare un bimbo è molto molto forte anche se a volte penso che sia davvero troppo dura affrontare l'enorme burocrazia che da sempre tormenta chi fa questa scelta. Eppure, non so perché ma l'idea di adottare un bimbo mi rende in prospettiva più felice ed entusiasta che non l'idea di un'altra gravidanza di un altro figlio così detto biologico. Forse è l'idea di poter dare amore a qualcuno che già esiste come persona e che ha bisogno di amore, di quell'amore che sento di poter dare perché come esiste lui fuori di me così sento che dentro di me c'è spazio per contenerlo, con affetto.
Grazie ancora e bacioni.


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