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TRIBUNALE PER MINORENNI

DEL PIEMONTE E DELLA VALLE D'AOSTA

TORINO, C.so Unione Sovietica, 325

riunito in camera di consiglio nelle persone di:

Dott. Anna Maria Baldelli (Presidente est.rel.)

Dott. Emma Avezzu' (Giudice)

Dott. Editta Torre (Giudice Onorario)

Dott. Alfonso D'Errico (Giudice Onorario)

Vº gli atti relativi alla domanda di adozione “internazionale” presentata dai coniugi: CONTINI ENZO, n. Torino 3.4.59 DEABATE MARIA CARLA, n. Torino 3.11.58 residenti in Torino, C.so G.Cesare n. 187 rilevato che sono state acquisite relazioni sociali, mediche e psicologiche;

osserva


1. MOTIVAZIONE SPECIFICA RELATIVA ALLA COPPIA.

Dalle relazioni richiamate è emersa una descrizione della coppia che contrasta con i requisiti di idoneità all’adozione di un minore straniero, sussistendo fattori di rischio specifici per il buon esito del progetto adottivo, per i seguenti motivi:

paiono ancora sofferenti per la mancata procreazione, che si è aggiunta, per il marito, al trauma del decesso delta madre ( anch'esso ancora in fase di elaborazione).

Lo stesso progetto adottivo, che non è sorto da un impulso interno alla coppia, ma da una sollecitazione esterna ( cioè dal suggerimento del ginecologo, dopo l’ultima interruzione di gravidanza) mostra e sottolinea questa fase ancora iniziale delta presa di contatto emotiva con la mancata realizzazione del desiderio di essere genitori di un figlio generato.

Sorprende il parere, positivo dell’équipe, alla luce di questi rilievi, poiché pur se i coniugi appaiono persone teoricamente attrezzate ( cioè, con buone risorse personali), non possono essere ritenute “pronte” ad intrapprendere un percorso che, come quello adottivo, presuppone il superamento di quegli stati emotivi ed affettivi che, invece, in questo momento, condizionano pesantemente l’espressione delle risorse personali dei coniugi. Infatti, I'adozione, in questo contesto, è desiderata ancora per limitare la sofferenza e non come reale ambito net quale esprimere le proprie capacità genitoriali verso un bambino, "diverso da sé”, generato da altri ed abbandonato, e non può permettere I'espressione di capacità di vicinanza, di ascolto e di decodificazione dei bisogni dell’adottivo, perché troppo forte è ancora il bisogno di controllare la propria sofferenza.

L’adozione è vissuta come un risarcimento per la mancata procreazione, che come tale deve appagare il bisogno dei coniugi di sentirsi legittimati; mentre nella realtà I'adozione ( quella che abbia la probabilità di buon esito) è esattamente il contrario e si fonda sulla capacità dei coniugi di autolegittimarsi, anzitutto loro stessi, come genitori adottivi, per offrire al minore abbandonato quel sostegno al recupero dell'abbandono ed alla crescita che gli sono necessari.

I coniugi paiono, pertanto, non possedere sufficiente capacità di cogliere e soddisfare gli specifici bisogni ( e di tollerare gli inevitabili conflitti) di un bambino abbandonato, particolarmente straniero; inoltre, essi, non si avvedono che, con il loro progetto adottivo, espongono la loro famiglia al rischio della perdita dell'attuale equilibrio. Infine, data questa situazione, il minore adottivo verrebbe sottoposto ad un non facile ( e non tollerabile) sforzo di adattamento ad un ambiente familiare in realtà non aperto ad una vera accoglienza verso di lui ed i suoi bisogni più profondi, bensì teso nello sforzo di soddisfare prioritariamente ( o esclusivamente) propri bisogni, prevalentemente estranei all’esigenza di genitorialità ( in senso affettivo), con il pesante rischio di vivere un nuovo fallimento, in aggiunta a quello relativo all’abbandono.

Tale giudizio che, rivolgendosi specificatamente alla coppia in questione, porta all’esclusione della sussistenza dei requisiti di idoneità, si configura direttamente dipendente dalle caratteristiche anzidette di questi coniugi ed anche, più generalmente, dipendente dagli aspetti specifici delle problematiche che I'adozione in generale, e quella internazionale in particolare, pone e che, ad avviso di questo collegio, devono rappresentare il contesto necessario all’interno del quale orientare l’individuazione concreta proprio dei requisiti di idoneità.

 

2. CRITERI ED OTTICA DI VALUTAZIONE DELLE DOMANDE DI ADOZIONE INTERNAZIONALE.

Assume, allora, rilevanza particolare quale debba essere:

a) la prospettiva di riferimento nell’indagine conseguente alla domanda di adozione internazionale; nonché quali siano:

b) i criteri di valutazione, in difetto di una possibile comparazione nel momento dell’inserimento di un minore presso la coppia aspirante I'adozione internazionale.

E l’importanza di questo punto della motivazione appare quasi equivalente a quella attribuibile al punto precedente. Esso, infatti, risponde allo scopo di far conoscere, con trasparenza e ad integrazione del giudizio relativo alla coppia ( maturato attraverso la valutazione degli elementi specificamente riguardanti i coniugi ) , anche quegli altri elementi, di portata più generale, che il collegio ha considerato direttamente influenti sulla domanda di questa coppia e che rappresentano, sostanzialmente, la valutazione dei fattori di rischio, rispetto al buon esito dell’adozione.

Quanto al primo punto indicato sub a), pare importante sottolineare come la prospettiva di riferimento debba essere, come nell'adozione nazionale ( alla quale, è bene rammentare, l’adozione internazionale è equiparata dalla legge n.184 dell'83, sia negli effetti giuridici, sia in quelli più sostanziali di appartenenza affettiva al nucleo familiare adottivo), quella che ha come origine il minore adottivo.

Ciò vale a dire che ogni accertamento non ha potuto essere condotto in senso assoluto e generico ( come sono i coniugi di per sé), bensì ha dovuto essere orientato relativamente a questa precisa prospettiva. Quindi, la valutazione degli elementi emersi nel corso dell'istruttoria (è stata mantenuta in stretta correlazione con le prevedibili condizioni di abbandono del minore adottabile ( desumibili, in concreto, dalla casistica assai cospicua delle caratteristiche dei minori abbandonati, sia italiani che stranieri). Conseguentemente, non è stato possibile orientare l’indagine al mero accertamento di requisiti generici che la coppia dovrebbe possedere per "divenire" coppia genitoriale, potendo maturare tali capacità insieme al figlio che cresce e che non è stato generato da altri ( come accade nella filiazione biologica) , ma è stato necessario verificare specificatamente se la coppia avesse o meno quelle particolari caratteristiche e motivazioni senza le quali l’adozione non ha speranza di riuscire e che le avrebbero consentito di affrontare le necessità del minore di recupero, prima ancora che di crescita, delle precedenti esperienze di abbandono ( e di elaborazione critica, nella difficile fase dell’adolescenza, del fallimento genitoriale di coloro che lo avevano procreato e poi abbandonato). E non soltanto di recupero in termini di possibilità di regressione alle pregresse tappe di sviluppo psico-affettivo non percorse correttamente, ma anche come possibilità di affrontare contemporaneamente le difficoltà iniziali dell'inserimento, in un contesto, quasi mai facile, di avvio e di consolidamento di un legame affettivo del tutto nuovo, da costruire, che tuttavia si deve poter fondare sulla reciproca accettazione e deve poter avere la prospettiva di diventare equivalente a quello derivante dal legame biologico. Molte e gravi ipoteche possono condizionare questo avvio, determinando un nuovo ( per il minore) fallimento ( anche per la coppia), e fra di esse ricorre la scarsa o apparente mancanza di rispondenza del minore alle aspettative ( della coppia che abbia idealizzato il figlio adottivo), il rifiuto delle regole o della cultura degli adulti ( del bambino provato dalla sfiducia negli adulti), l'incapacità, dell'adottivo di comunicare in modo comprensibile ed accettabile per la coppia la sua sofferenza.

Strettamente conseguente a quanto appena evidenziato è il secondo punto, indicato sub b), e relativo ai criteri di valutazione degli esiti dell’indagine.

Infatti, considerando come sia completamente sottratta alla competenza di questo Tribunale la valutazione della condizione personale ( e della storia dell’abbandono) del minore adottivo, straniero prima dell’eventuale inserimento nella famiglia aspirante alla sua adozione; considerando, inoltre, come sia precluso, nella fase del c.d. abbinamento di un minore straniero, ogni valutazione comparativa da parte di questo Tribunale nei confronti delle coppie ed, infine, ricordando come non vi sia alcuna garanzia che venga richiesto e fornito sostegno alla coppia, in questo delicato momento, da parte di associazioni che, di fatto, assumano, insieme alla funzione di indirizzo e di assistenza legale, anche e prevalentemente quella di valutazione comparativa delle caratteristiche della coppia in relazione alle caratteristiche dei minori ( anche quando, raramente, esse siano conoscibili), di volta in volta dichiarati adottabili nel Paese d'origine, appare ancora più evidente come i criteri di valutazione, già nel momento della dichiarazione di idoneità, non possano essere generici , cioè validi per qualunque minore, bensì debbano ricollegarsi, nello stesso interesse delle coppia, ad una idoneità specifica all’adozione di un minore straniero, non ancora individuato nella persona, ma già identificabile nelle sue peculiari carenze di sviluppo psico-affettivo e/o fisico, che frequentemente si rivelano di particolare gravità solo dopo l’inserimento e che quasi mai sono preventivamente portate a conoscenza della coppia preventivamente.

Più che mai in presenza di possibili difficoltà di accettazione della diversità di cultura e di colore della pelle da parte dell'ambiente sociale in cui la coppia è inserita, con le quali il minore dovrà confrontarsi; nonché in presenza di limiti di età imposti dalla legge, che in qualche modo impongano alla coppia di adottare un minore sicuramente già strutturato nella sua personalità, potenzialmente ( e del tutto realisticamente) già colpito pesantemente dalle negative conseguenze, sul piano dello sviluppo fisico ed affettivo, dell’abbandono.

Verificato, pertanto, che non sussistono i requisiti di cui all'art.6 della Legge 4.5.1983 n. 184;

P. Q. M.

Vº gli artt. 30, comma 1º e 22 della L. 184/83 e 742 C. P.C.;

il parere del P.M.;

RESPINGE

la domanda di idoneità all’adozione internazionale presentata dai coniugi: CONTINI ENZO n. Torino 3.4.59 e DEABATE MARIA CARLA, n. Torino 3.11.58

Così deciso in Torino lì 8 marzo 2001

]L CANCELLIERE                          IL PRESIDENTE

Si comunichi:

-          ai coniugi

-          all'équipe di territorio

-          al P.M.

Consegnato lì 19.3.2001

 


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