Stéphane Mallarmé
Le Tombeau d'Edgar Poe
Interpretazione di Francesco Piselli
Avvertenza
La tomba di Edgar Poe
Quale in Sé stesso alfine l'eternità lo cambia
Il Poeta risveglia con una spada nuda
Il suo secolo spaventato di non essersi accorto
Che la morte trionfava in quella voce strana
Essi come un vile sussulto d'idra udendo in passato l'angelo
Dare un senso piú puro alle parole della tribú
Proclamarono a gran voce il sortilegio bevuto
Nell'onda senza onore di qualche nera mescolanza
Della terra e della nube ostili oh danno
Se con quello la nostra idea non scolpisce un bassorilievo
Del quale abbagliante la tomba di Poe si orni
Calmo blocco quaggiú caduto da un disastro oscuro
Che questo granito almeno mostri per sempre il suo limite
Ai neri voli della Bestemmia sparsi nel futuro
*
Erano dieci anni, a Baltimora, che un gruppo della Western Female High School, in testa Sara Sigourney Rice, si adoperava a raccogliere i fondi necessari per elevare un degno mausoleo a Edgar Allan Poe. Fra il 1874 e il 1875 qualche sostanziosa donazione porta a compimento l'accumulo, si ottiene il suolo da altre generosità, la cerimonia dedicatoria ha luogo il 17 novembre 1875. Un volume memoriale, curato dalla Rice, riporta un anno dopo la cronaca della giornata, i discorsi pronunciati, contiene testimonianze, documenti, contributi poetici.
Mentre questo si prepara, Swinburne informa la Rice che Mallarmé e Manet stanno completando, in Francia, il monumento a Poe che Baudelaire ha cominciato a innalzare; Mallarmé con l'accurata e finissima versione dei testi in versi, Manet con illustrazioni animate dalla stessa tragica e penetrante forza del canto originario 1 . Invitato a partecipare al volume memoriale, Mallarmé accetta, con entusiasmo e una certa invadenza, proponendo 2 , oltre a un'incisione di Manet, alcune pagine in prosa di Baudelaire, e un sonetto "di un suo confratello".
Ma soltanto pallidi testi di quidam americani accompagnano il suo Le Tombeau d'Edgar Poe. Sonnet, per di piú sfigurato da brutti refusi. Mallarmé punisce già subito la Rice 3 , poi dieci anni piú tardi, accompagnando le proprie traduzioni da Poe, tratta malissimo l'intera cerimonia: "Non smetterò mai di ammirare con quale pratico espediente hanno, sotto il pretesto di una tomba inutile e tardiva, fatto rotolare là una pietra immensa, informe, pesante, deprecatoria, come per ostruire abilmente il luogo da cui potesse salire al cielo, quasi esalazione pestilenziale, la giusta rivendicazione di un'esistenza di Poeta che tutti loro avevano impedita". Contestualmente, e per meglio offendere, eccettua Sarah Helen Whitman e Louise Chandler Moulton, "êtres d'élite", come appartenenti a un'altra e migliore America "pays dans un pays" 4 , e dice che furono sue amabili e pie associate nel corso della solenne e nobilissima manifestazione cui il sonetto era stato inviato, e durante la quale il sonetto era stato recitato 5 . Per quanto se ne sa, o ne so, non consta che le due signore a quella abbiano preso parte, meno che mai Mallarmé, e neppure il testo venne letto là. Non importa: tale era stato nel corso di un'intima solennità spirituale 6 , tanto piú vera rispetto alla festa di Baltimora, quanto la cronologia e la consistenza dell'ideale sono piú vere di quelle del reale, se esso disgusta.
L'intenzione sul monumento era che fosse "qualcosa di semplice, puro, dignitoso, tale da colpire piú con la grazia della linea e delle proporzioni, che con una massa di vani ornamenti". Come ne leggo la descrizione e lo vedo nell' illustrazione, ambedue d'epoca (non mi occupa qui il suo aspetto attuale), porta in basso l'epigrafe: "Edgar Allan Poe". Sulle facce della soprastante cella sono pannelli, dei quali uno contiene il medaglione di Poe, l'altro, opposto, le date di nascita e morte. In alto, sotto archetti a sbalzo, fregi di foglie d'acanto e lire inghirlandate di alloro. A copertura, una piramide ottusa. Materiale: granito nel basamento, marmo bianco per il resto. L'altezza totale è circa due metri e quaranta centimetri, per una larghezza alla base di circa un metro e ottanta. Nel complesso, se non insigne è l'artefatto, è decoroso e le proporzioni sono accettabili 7 . Mallarmé, il quale ne aveva ricevuto dalla Rice la fotografia (probabilmente quella stessa che consulto io 8 ) non avrebbe diritto a giudicare "inf orme" il monumento.
Prima della delusione, Mallarmé esibisce alla Rice fervidi complimenti 9 . Ma già a quel momento il suo testo si palesa poco gentile nei confronti di chi lo ospiterà. All'esito del loro perseverante fervore, oppone, impressionante controprogetto, un monolito extraterrestre, oggetto pertanto rarissimo, anzi unico. Nessun nero volo potrà valicarlo, dunque è indefinitamente alto; né meno indefinitamente durevole è quel blocco ben saldo (calme) perché infitto nel suolo (ici-bas) a seguito di un urto meteoritico. Anche qui è previsto un medaglione raffigurante Poe, ma che non ne sia l'anodino ritratto, bensí lo rappresenti in gesto d'Angelo che spaventa un'idra, mentre per di piú, al sommo, a perdita d'occhio, il Poeta (lo vedo, contrapposto al "bassorilievo" del verso 10, in scultura in tutto tondo) munito di una lama sguainata, suscita la massa dei suoi compatrioti, acquattati nel dormiveglia dell'incomprensione. Cosí viene plasticamente dichiarata la deplorevole verità dei rapporti di Poe con chi oggi si attenta a commemorarlo.
Questa correzione iperbolica sottopone il monumento di Baltimora a un confronto assai svantaggioso; inoltre né la cerimonia, né la tomba, tendevano a esaltare un Poe trasumanato o, come vedremo, santificato, di che il sonetto fa, senza veli,una colpa. Credo che la Rice non sia stata lieta del contributo.
Quale in Sé stesso alfine l'eternità lo cambia
Il Poeta risveglia Il suo secolo
Si nota subito che Poe, una volta nominato nel titolo, ricompare soltanto molto piú avanti, mentre al principio del testo viene detto "il Poeta". Nell'atto dunque che si sta dicendo "il Poeta", per antonomasia con Poe si annuncia pure che viene in questione il poeta in quanto tale.
Significato d'occasione: Nel corso delle attuali onoranze postume, Poe, divenuto letterariamente immortale, attrae l'interesse dei suoi conterranei. Per Mallarmé la circostanza e l'eterno non sono tanto opposti: "Circonstances éternelles 10 "; e l'occasione, come gli è solito, lo avvia, e ci avvia, a riflessioni di carattere essenziale. Inoltre: Poe non ha pari. Se deve essere confrontato a qualcuno, non può che esserlo a sé stesso. Tuttavia, affinché il paragone sia non ripetitivo ed esalti, viene paragonato a quel sé stesso, distinto da iniziale maiuscola, Lui-même, nel quale l'eternità lo trasmuta.
Poe (il Poeta) è divenuto sé stesso "infine". Dunque al termine di un processo, che è la sua personale vicenda della quale dicono con intensità i versi seguenti. Nella sua storia personale era già sé stesso, ma imperfettamente e variabilmente, mentre ora è pienamente e definitivamente innovato in sé stesso grazie al tocco dell'eternità.
L'eternità è un ente eterno, e come tale in nessun momento e in nessuna sua parte sorge o perisce; dunque è un ente immobile. Di contro, Poe è un ente mutevole (change) la cui mutevolezza è determinata in un prima (jadis, verso 6) e in un dopo (enfin, verso 1). Conseguentemente, un ente immobile agisce su un ente mutevole e ne causa il cambiamento. Ciò che causa il cambiamento pur restando immobile, non può che essere una causa prima. "Eternità" significa dunque una causa prima eterna. Poe è stato trasmutato in sé stesso per atto divino 11 .
Mallarmé aveva cantato per Gautier 12 "vergine eroe della postuma attesa emblema fatale della nostra gioia" cosí:
Similmente, emblema della nostra (se siamo poeti) felicità poetica è Poe cambiato in sé stesso, e di necessità cambiato, perché nel cambiamento si è impegnata l'eternità. La torbida massa umana, orgogliosa di tante cose che falsamente valgono, né osa né riuscirebbe ad avere la fede e l'orgoglio dell'immortalità in cui lo spirito diventa pienamente sé stesso. Al piú, crede in una oscura sopravvivenza quale i Pagani attribuivano allo stato nell'Ade, o Israele nello Sheol. Di contro l'autentico poeta coltiva questo orgoglio e lo soddisfa quando si innalza nella propria essenza eterna.
con una spada (glaive) nuda
Poe cambiato in sé stesso acquisisce un'analogia con la causa prima. Come quella è immobile ma attiva, cosí egli suscita il suo secolo rimanendo fermo in gesto scultoreo. Non lo suscita però direttamente, ma con la mediazione di un oggetto materiale, la spada.
"Glaive" (piú che "épée", in stile sostenuto), è modo per dire "potenza della parola" 13 . Nella Scrittura la spada dello spirito è parola di Dio 14 . Del resto, la dominatrice lama di un poeta, se egli domina in quanto poeta, non vedo che cosa possa essere se non la sua parola.
Nella versione di Baltimora il testo conteneva invece che "glaive" un termine che designa parole: "hymne. E Mallarmé traduceva:
The Poet arouses with a naked hymn
his century
annotando che nudità dell'inno significa il valore assoluto, "absolute value", preso dalle parole del poeta in morte.
Ciò che ha un valore assoluto non lo deve ad alcun ornamento (la tomba di Poe non si progetta, infatti, ornata) né in genere a qualcosa di avventizio. "Puro" è ciò che è "nudo" 15 . In questo senso si dice "nuda verità" per la pura verità come sta e piena, come si può anche dire che parole vere e schiette sono "nude". Baudelaire mette il suo cuore "a nudo". Inno nudo è un purissimo canto, confacente alla severa tomba disadorna.
Il suo secolo
"Son siècle" è l'etnia 16 di Poe (del secolo come tempo temporale, piú oltre). Va escluso, come crudele e poco dignitoso, che egli la punzecchi o ferisca. Piuttosto, la sveglia (di che il secolo ha appunto bisogno, dato il suo torpore spirituale) mostrandole la lama snudata. Se può vederne il bagliore, il secolo non dormiva di un sonno tanto duro e incosciente, non dunque versava in condizioni tale da ignorare Poe del tutto. Se riusciva ad accorgersi che la sua voce era "strana", almeno le tendeva l'orecchio. Resta vero che questo ascolto, pur essendo qualcosa di meglio che la sorda indifferenza, rimase del tutto insufficiente, e fu intorbidato da gravissimi equivoci e infami personalismi. Ma dovremmo, per giustizia, ammettere, a scusa del secolo di Poe, che soltanto adesso (enfin) quella voce è diventata spada abbagliante e inno assoluto. E pure dovremmo ammettere che Poe era stato poco attraente, in vita, con la sua contorta bocca (que chaque serpent tordit excepté le rire) e la sua "civetteria nera". Angelo che fosse, assumeva un aspetto solitamente demoniaco (démon en pied) 17 . Un po' di responsabilità nell'equivoco è stata anche sua.
Baudelaire segnala l'"étrangeté" 18 come preziosa qualità stilistica di Poe. Tale stranezza di stile, unita a note peculiarità tematiche, può portare, e di fatto porta, a ritenere Poe un fine maestro nel genere nero 19 (noir mélange), tanto piú che, secondo corrente opinione, egli avrebbe asservito la morte alle esigenze di effetti macabri o altrimenti malsani. Ma, di ben altro timbro è quella voce.
Poe non ritiene l'esperienza della bellezza pienamente realizzabile in questo mondo. La poesia, la musica, riescono soltanto a fare intravvedere certi "splendori situati oltre la tomba", e si tingono necessariamente di melanconia quando "una natura esiliata 20 in mezzo all'imperfezione" si duole di non potere "afferrare subito, qui su questa stessa terra, un paradiso che le viene rivelato." 21 Baudelaire commenta: "Questa straordinaria elevazione (élévation), questo accento di immortalità che Poe esige dalla Musa lo hanno spinto a affinare senza posa il suo genio" (al termine "élévation" corrisponde la variante di Baltimora: S'exaltait extolled himself). Di conseguenza, stando a Poe, ogni interesse proprio di questa vita vissuta, e che non si volga alla pura bellezza ultraterrena, è poeticamente insignificante e dannoso, per nobile che sia, e anche se instilla l'edificazione morale o l'apprensione del vero.
Quando tale complesso metafisico ed estetico di convinzioni e norme produce gli straordinari risultati lirici (hymne) che produce, nella voce di Poe (come in quella di Petrarca) "trionfa la morte". L'iniziale maiuscola impedisce ogni equivoco con qualche orroroso disfacimento. La nominata "morte" è, propriamente, vita purissima: Vie, vierge 22 .
Il secolo si agita spaventato, ritrovandosi, sotto il bagliore della spada, sia davanti a tanta profondità che sconvolge le sue concezioni terra terra, sia davanti alla colpa di avere frainteso il grande poeta.
Essi, come un vile sussulto d'idra
Proclamarono a gran voce il sortilegio bevuto
Nell'onda senza onore di qualche nera mescolanza.
Contro chi cerchi di elevarsi sulla massa, o le sia di fatto superiore, o cerchi di elevarla, è solito che si agitino ostruzionismo 23 e malanimo. Non è raro che si distingua un gruppo di opinione, (eux), simile, per i suoi molti partecipi uniti nella maldicenza, all'idra le cui molte teste si confondono nello strisciante corpo collettivo 24 .
"Essi" , "quelli là", si erano dati a strillare che la strana voce fosse un volgare effetto di alcoolici ingurgitati in massa e malamente mescolati. Mallarmé spiega: Lo accusavano di essere sempre ubriaco. "In plain prose: charged him with always being drunk 25 ." L'accusa era di per sé falsa, sebbene un contorno di talune verità debba essere concesso.
Si è creduto un tempo che i poeti dovessero abbeverarsi all'onorata, anzi sacra, fonte di Ippocrene, la cui chiara acqua li inebria lasciandone intatta le responsabilità personale, e quindi senza diminuirne i meriti. Poe invece avrebbe ingurgitato un Ippocrene nero, pieno di immagini oscure e disparate, al di qua della coscienza. "Some foul mixture brewed in Circe's maddening cup" per la Whitman, "some black wave, all noisome and perturbed" per la Moulton. La personalità di Poe ne sarebbe andata disfatta, in nessun modo avrebbe potuto egli essere soggetto di qualche onore.
"Non sta bene che certi sottili arcani della fisiologia e del destino vadano a perdersi in mani troppo grossolane per poterli maneggiare." 26 Altro è lo stato dell'infermo eletto (infirme élu), altro una generica condizione morbosa. Ma può darsi che tale o tale carenza fisica o psichica sia utile a un genio, e quanto a Poe, alcoolista è stato; ma non sempre, e neppure per la maggior parte della sua vita, ha attinto alla "coupe mauvaise" (fa il paio con "flot sans honneur"): soltanto due volte. E fu per fini giustificabili, anzi ammirevoli.
All'inizio, egli riempiva con le illusioni alcooliche un'esistenza sfasciata; scelta non laudabile, ma il cui contributo è pur stato utile all'arte sua cristallina 27 . Piú oltre, e sulla fine, si abbandonava deliberatamente (victime glorieuse volontaire), alla tara genetica (alcoolique de naissance vice héréditaire), facendo del suo male un dovere, per afferrare l'unica possibilità di ascesa spirituale in un secolo che non ne offriva altre.
Peggio ancora che macchiarlo di alcoolismo, la vile combriccola giunse ad accusare Poe che tentasse di affatturare il suo popolo, forse per assoggettarselo. Come Socrate era stato imputato di corruzione, Poe fu di sortilegio, e gridavano che tracannasse pozioni funeste, e intonasse cantilene nefande, e pertanto da soffocare 28 a forza di urla (très-haut).
"Dico [parla Mallarmé] che esiste fra gli antichi procedimenti [l'alchimia] e quel sortilegio (sortilège) che sempre sarà la poesia, una segreta identità." 29 Ma, certamente, non nel senso di fattura nera! "Sortilegio" poetico significa liberare la spiritualità delle cose dalla disgregata esistenza che diciamo reale, riportandola alla musica dell'Essere 30 ; sortilegio di Poe è purificare le parole della tribú. "Essi" gridavano: "Fattucchiere ubriacone!" a un maestro di parola pura, in via di diventare angelo.
Non era ancora tale, infatti.
Il poeta ideale di Mallarmé è un angelo soddisfatto della sua spada scintillante (a pour volupté l'éclair du glaive) e coperto da una cuprea corazza, o anche un pensoso sacerdote in tunica bianca; ma il poeta reale se la spassa in nero abito da società 31 . Mallarmé stesso vorrebbe morire al mondo e rinascere, signore diademato degli angeli, in un cielo anteriore (antérieur) dove fiorisce la bellezza, ma questo desiderio è espresso mentre egli si ritrova in condizione simile a una febbrile degenza ospedaliera, nonché a rischio di inabissarsi in una caduta eterna 32 .
Allo stato dell' esistenza "ici-bas", dunque, un poeta per quanto desideri, e forse possa, diventare angelo, non è tale in atto. Poe, dopo tutto persona umana (l'homme qu'il fut 33 ) non possedeva ancora la dominatrice spada ricevuta a seguito della trasformazione in sé stesso. Si comprende allora che sia stato poco efficace, tanto che né il suo secolo, né ancor meno "essi", lo seppero ascoltare con fiducia e rispetto.
Dare un senso piú puro alle parole della tribú
L'idra sussultava davanti a un senso piú puro, o anche troppo puro (in una variante si legge "trop pur"). Non era dunque ostile a un senso puro entro certi limiti. Per tribali che siano le parole, anzi appunto perché sono e affinché siano tribali, il loro senso deve pur godere di una tal quale purezza. Se fosse completamente impuro, non sarebbe un senso. Né Mallarmé, né Poe, né l'idra sono contro ciò che si dice, e si apprezza molto, in poetica e retorica, "la purezza" in quanto conformità a un sistema idiomatico, attualmente ritenuto valido, ricavato dalla tradizione e dall'uso. Anzi Mallarmé personalmente, in Les Mots Anglais, contribuisce alla purezza idiomatica delle parole nella tribú di Poe, approfondendone il senso storico ed etimologico: rispettabile impegno, che egli si assume con piacere, lodando e raccomandando la lingua inglese, per motivi pratici ma anche e molto per i suoi valori letterari e poetici, appena inferiori a quelli del francese, e questo nell'ambito di una profonda stima per il linguaggio in genere, come espressione di ogni apparire della vita, non meno che esso stesso qualcosa di vivente 34 .
Volendo seguirlo ulteriormente Mallarmé, bisogna distinguere. Per lo piú la "parola" narra, insegna, descrive, spettegola anche, fa circolare i pensieri cosí come una moneta trasferisce fondi, e sono tutte utilità per la "folla" ("foule", come dire "tribu"). Si trova allora in uno "stato bruto", che costituisce deposito comune alle scienze linguistiche, alla lingua in uso, ai poeti che ne sviluppano le virtualità 35 , e non manca di purezza idiomatica, né per sé è spregevole. Con questo, non siamo affatto allo "stato essenziale" di quando la parola di un Mallarmé, o di un poeta immaginato da Mallarmé, fa "quasi scomparire in vibrazioni" i "fatti di natura" affinché "ne emani, senza il gravame di un riferimento prossimo e concreto, la nozione pura, l'idea in sé, soave, assente." 36 Di tale purezza, l'idiomatica è soltanto presagio o analogia.
Sopravviene qui il massimo dei tropi: spostare il senso delle parole dallo stato improprio (che sembrava proprio) e bruto, allo stato proprio (che sembrava improprio) ed essenziale. A quel punto le parole stesse piú non sono enti fisici (né quindi oggetto di ricerca scientifico 37 ). Neppure sono piú qualcosa di utilizzabile praticamente, perché non dipendono ormai da alcuna volontà, neppure dalla volontà poetica: "L'opera pura implica la scomparsa del poeta come soggetto di elocuzione, dato che egli cede l'iniziativa alle parole, mobilizzate dall'urto dovuto alla loro ineguaglianza. Esse si illuminano di riflessi reciproci, come una striscia di fuochi su delle masse di gemme Questa iniziativa sostituisce la respirazione che si percepiva nell'antico soffio lirico, ovvero la direzione personale, ed entusiastica, della frase" 38 . Lasciate cosí da sole agire, le parole periscono in quanto singole, e rinascono nel verso, superparola nuova ed estranea alla lingua corrente (étranger à la langue): voix étrange.
Tutto ciò posto, e attribuito anche a Poe, palesemente questi non cerca un'ultralingua, al di là dei molti idiomi, unica, tale che le sue parole siano esse stesse la verità 39 . Non pensa a una lingua talmente angelica da consistere in mentali illuminazioni insonore 40 , tanto piú che gli stessi angeli, nelle relazioni con gli uomini, si servono di parole umane, e Poe stesso come pure Mallarmé è quanto mai abile nel coltivare la sonorità 41 . Fra le parole della tribú come stanno, e come starebbero con la purezza in piú conferita dall'angelo, non si dà dunque una discontinuità incolmabile 42 (se si desse, l'impegno dell'angelo sarebbe sprecato). L'idra sussulta dunque non senza giusto, almeno per lei, motivo davanti a un'azione linguistica che distrugga, tanto quanto esse dipendono dalle parole, la comunicazione, almeno quella corrente, e danneggi la prassi, particolarmente pericolosa perché non astratta né soltanto programmatica, anzi concretamente esercitata su stati di fatto, ed entro limiti possibili.
Il soggetto plastico del
gruppo con l'angelo e
l'idra somiglia a quello descritto dalla prima
quartina. Una personalità
soprannaturale suscita la moltitudine
reattiva. Nel primo e nel secondo
gruppo l'ente agente fa conoscere
qualcosa di essenziale, il trionfo della
morte oppure un senso piú
puro delle parole. Vi è però
fra i due gruppi una differenza
di tempo, perché il primo è
al presente, il secondo al
passato, questo rinforzato dal termine "jadis".
La prima quartina
è il futuro della seconda quartina. È forte
la sensazione di
saga: Un certo angelo si diede a fare qualcosa in pro di
tale o tale lingua
impura; un'idra, che teneva a mantenere i parlanti in
stato di
inferiorità, si rivoltò contro di lui.
Mallarmé,
citando nel tempo passato una saga dal futuro,
prepara il futuro
che è un passato dell'ultimo
verso.
Della terra e della nube ostili oh danno
Niente piú angelo, idra, tribú. Lo scenario è cosmico.
Consideriamo la seguente tabella
Nel testo di Baltimora compare a rinforzo dell'esclamazione una virgola che immediatamente Mallarmé cancellava 43 . Cosí come sta nel salmodico "inno", "nudo" di punteggiatura, "ô grief" rende un effetto quanto mai drammatico.
Grief significa "danno". Mallarmé traduce con "struggle", "lotta". "Danno" e "lotta" sono dunque lo stesso. La lotta non si risolve, per inclinazione propria alla sintesi o per altri arcani dialettici, in meglio. È nient'altro che un grave danno.
È principio di Mallarmé, che esista pienamente come umano quel poeta, ed esista pienamente come poeta quell'umano, al quale riesca di trasporre il "fatto" in "ideale" 44 . Qui "fatto" coincide con "terra" (sol, soil, earth), e "ideale" con "cielo" (nue, éther, ether).
L'ideale non è assente dal fatto. Già la depressione che si sperimenta vivendo "ici-bas" ne è un sintomo. L'ispirazione poetica, se ritorna al cielo, come può ritornare 45 , muove da qualcosa di ideale già presente. Il conato traspositivo verso l'ideale è testimoniato dalla storia estetica dell'umanità 46 :
Car c'est vraiment, Seigneur, le meilleur témoignage- Que nous puissions donner de notre dignité
- Que cet ardent sanglot qui roule d'âge en âge
- Et vient mourir au bord de notre éternité.
Questo ideale convivente del fatto, di malumore perché in stato di asservita inferiorità 47 , non molto in alto rispetto al suolo, raddensato in pesanti vapori che offuscano l'apparizione del cielo divino, non porta alcun aiuto a chi tenta la trasposizione, anzi gli è ostile. All'orrore della terra 48 , si aggiunge contro Poe l'inimicizia del greve cielo rannuvolato 49 . Doppio danno. In una variante: "Ô le double grief".
Ma anche nella qualità di "etere" sgombro da vapori opprimenti il cielo, poiché non gradisce l'ingresso del fatto sia pure trasposto, preferendo restarsene remoto ma puro, si può provare ostile. Cosí si prova a Mallarmé, quando l'umilia "la serena ironia dell'eterno Azzurro". Egli si rivolta. Tenta di nascondersi all'Azzurro e di nasconderlo, gli eleva contro fumate e fuliggini industriali, che sono lo stesso cielo compromesso con la prassi del "quaggiú", grida che il cielo è morto; si getta, cercando l'oblio del crudele Ideale (Idéal cruel), nella nauseante Materia.
(Nietzsche avrebbe approvato la morte del cielo, ma accolto col piú bruciante sarcasmo la ricerca di ideale, e l'avrebbe dichiarata effetto di risentimento nel sonetto su Poe compare realmente del risentimento se mai lodando grandemente la terra come luogo di nascita e di elezione del Superuomo). Niente da fare. L'Azzurro riappare fra le nubi, lo perseguita ostinatamente (je suis hanté) estroflette una spada e lo colpisce infallibile (glaive sûr 50 ): dalla fulminazione del cielo, un nesso con la terra è è stato stabilito, ma a costo di una sofferenza in piú. Ideale amaro 51. La condizione di un Mallarmé, o di un Poe, sotto la spada emessa dall'Azzurro, somiglia a quella abietta dell'idra e del secolo; alla quale, infine, lo stesso Poe col suo alcoolismo, sia pur volontario e sacrificale, ha partecipato finché l'eternità non lo rendesse sé stesso.
Se con quella la nostra idea non scolpisce un bassorilievo
Del quale abbagliante la tomba di Poe si orni
Il progetto 52 non contempla una descrizione in dettaglio della rissa e del danno, né in sé, né per quanto attiene alla biografia di Poe. La tomba sarà meno abbagliante, ma meglio cosí. Gli ornamenti narrativi, e tanto piú quanto meglio lavorati, prendendosi l'attenzione avrebbero fatto trascurare qualche più importante enunciato, che subito dopo sopravviene. Del resto, l'argomento è stato già a sufficienza dipinto da Baudelaire a vivi colori: Tableau à la Delacroix 53 .
Calmo blocco quaggiú caduto da un disastro
Disadorna si alza dunque la tomba, cupa massa severa (sombre, stern nel testo di Baltimora). Essa non proviene da cave note né fu trasportata sul posto da mani terrestri, perché il blocco è caduto quaggiú a seguito di un accidente astrale. La sua calma, a traiettoria conclusa, evoca un'indicibile energia cinetica, cosí come avviene al masso di Manzoni, pur esso assimilato a una personalità eccezionale, nel quale sta impressa l'eternità.
Mallarmé, in un intervento del 1894, cerca di rappresentarsi (représenter) Poe. Aiutato da incisioni e dagherrotipi riscontra nel suo sguardo un'irraggiungibile profondità astrale (profondeur d'astre nié en seule la distance), che rende irriverente e difficile identificarlo in qualche persona 54 . Nel sonetto questa difficolt&agrav e; era risolta confrontando Poe a sé stesso, ma trasmutato dall'eternità. Qui si risolve dicendo che Poe è un folgorante corpo stellare, estraneo a qualsiasi progetto nella storia umana. Esso è esploso fra noi e lontano, anzi lontanissimo, da noi. Le sue schegge preziose (éclata en pierreries) sono quelle opere che incoronano Poe caso letterario assoluto, eccezione ineguagliabile per molti secoli a venire. Dunque la materia stellare era già predisposta poeticamente, e quindi era qualcosa di spirituale, come si confà alla natura di Poe, "le pur entre les Esprits" (ed è congruente con questa natura che egli si impegnasse in "sensi piú puri").
Poe è un aerolito, cosí come è la sua tomba. Altrimenti: il Poeta e il suo monumento partecipano fra loro per il medio dell'aerolito. La tomba, costituita da materia poetica stellare, è ciò che di Poe rimane: la sua opera 55 .
oscuro
Tuttavia Poe ha vissuto e si è spento oscuramente. Che disastro! Il suo secolo potrebbe forse rimproverarlo di non aver esibito sufficiente grinta, di non aver impugnato a suo tempo, da principe ed eroe qual era, la spada, ed essersi saputo imporre di conseguenza 56. Il rimprovero può suonare inclemente, ma non è insensato; esprime infatti il principio che nell'essenza della genialità sono compresi il dovere e la capacità di vincere. Che Poe di genialità fosse dotato, lo prova l'ammirazione ricevuta in Francia. Purtroppo, in patria era spaesato. La sua gente (con le eccezioni fatte) non lo comprese né stimo. Ora, se ci chiediamo come sia avvenuto che Poe in patria sia rimasto tanto oscuro, una risposta manca. Oscura è la ragione dell'oscurità, perché questa fu un effetto casuale: "Erreur du sort 57 . Davanti al caso, non si ragiona, non si spiega: Negare o affermare, fa lo stesso 58.
"Caso" per Mallarmé sembra significare identità dei possibili 59 e pertanto mancanza di veri e propri eventi: Rien n'aura eu lieu que le lieu 60 . Ogni finalità, e quindi anche quella della trasposizione dal fatto all'ideale, è frustrata dal caso. Se dunque cerchiamo l'ideale, esso ci appare costantemente nemico, ci sembra, anche se non può oggettivamente essere tale, persecutorio, lo nominiamo mala fortuna; o con una parola di Baudelaire passata a Mallarmé: Guignon 61 .
Sotto questo titolo si colloca la sorte, in apparenza maledetta, di coloro i quali non riescono a ottenere il destino celeste che ritengono a sé confacente e con ardore ricercano. Quale unica grazia, a volte ottengono di essere soppressi onorevolmente, o almeno non ridicolmente, da un possente angelo che in piedi, all'orizzonte, li attendeva circonfuso dal bagliore della sua spada snudata 62 .
L'atteggiamento plastico e il timbro biblico 63 somigliano a quelli del gruppo dell'angelo col secolo, oppure con l'idra. Ma gli attori sono ben diversi. Da una parte vagabondi scarmigliati (sauvages crinières), straccioni sognatori (mendieurs d'azur 64 ), mancanti di praticità 65 , dall'altra i duri, soddisfatti, disgustosi 66 , conterranei di Poe. Da una parte il sanguinario angelo della malasorte che colpisce nel mucchio (ange aveugle 67) , dall'altra il poetico angelo soltanto di luce armato. Anche dell'angelo è avvenuta una trasmutazione, anche l'angelo è stato salvato, perché tolto alla sua propria furia 68
.
questo granito
Del "basalto" non va bene per il monumento. Evoca la silenziosa fine di quella Sirena che annega, sotto nubi schiaccianti, in vista di una secca basaltica 69 , richiama la soffocazione che gli Americani vorrebbero praticare sull'ombra di Poe 70 , a meno che non le rotolino su un'anonima pietra informe 71 . Non si addice un nero masso flagellato dalle intemperie, come quello di cui è fatta la tomba di Verlaine, perché il severo mausoleo di Poe si innalza proprio per fare fronte a maltrattamenti futuri. Il marmo rosso è già stato impiegato per il sepolcro di Théophile Gautier 72 . Mallarmé sceglie piuttosto granito, lo stesso luccicante e liscio granito impiegato, di fatto, a Baltimora per la base del monumento. È come se dica: Dovevate servirvi di granito per tutta l'opera, e non anche di deperibile marmo bianco.
Terrestre, granito terrestre, è la materia dell'aerolito tomba, sebbene di provenienza astrale e spirituale. La contesa, altrimenti permanente, fra cielo e terra, è finita. Calma: calme bloc.
La stabilità statica del blocco in corretto filo a piombo deve essere consentita da una geometria equiponderata. Una forma cubica si addice a tale stabilità. Siamo davanti a un gigantesco dado 73 , caduto quaggiú, casualmente come gli si addice, a seguito di un getto sfortunato fra gli astri. Ma dunque il cielo sembra anch'esso soggetto al caso; allora, se nel cielo vige qualcosa di spiritualeanche gli atti spirituali sarebbero soggetti al caso? No, se pensiamo a un cielo anteriore, la cui eternità ha fatto rinascere Poe in sé stesso 74 .
Che questo granito almeno mostri per sempre il suo limite
Ai neri voli della Bestemmia sparsi nel futuro
"Almeno" ci comunica il rammarico di Mallarmé, per aver rinunciato a ornare la tomba. In compenso, essa ha una funzione che va ben oltre l'attualità cerimoniale e la meraviglia dei visitatori.
Oltre agli obbrobri inflitti in passato 75 , ne stiamo prevedendo di nuovi, perché l'idra non è stata soppressa. Note sono le proprietà di autorigenerazione del rettile, né avrebbe potuto sopprimerlo, a suo tempo, chi non era ancora munito di spada. L'idra sopravvive egregiamente, per di piú trasmutata in ciò che sempre è stata: in Bestemmia 76 .
Questa, come le si addice, non ha logica, né fantasia, né coerenza. La vile combriccola essendo stata ormai profligata 77 , il corpo dell'idra, già di per sé costituito da vapori inconsistenti 78 , non tiene piú, si sparpaglia in ciechi (noirs) conati aggressivi, i quali non riescono ad altro se non a ripetere (vieux vols nel testo di Baltimora) ma disgregato, il "sussulto" di un tempo. Anche le loro macchie diffuse sulla volta celeste iterano la nuvolaglia ostile. Avvertenza: "neri voli" non può far pensare, senza una grave mancanza di rispetto verso il celebre volatile parlante di Poe, a librazioni di corvi o corvidi.
Con l'ultimo tocco di nero è stata rifinita un'efficace acquaforte, cui concorrono il lucore acciaioso della lama, le oscure nubi ostili, il grigio granito cosparso di miche scintillanti. Anche ciò che restava da dire su Poe trasmutato in sé stesso giunge a completezza. Infatti, se d'ora in poi ogni malignità contro di lui risulta oltre che calunniosa, blasfema, egli è diventato, oltre che angelo, santo 79 .
Sebbene Bestemmia non possa realmente offenderlo, è bene che ciò che è santo ne sia protetto. In questa occorrenza, la difesa è affidata alla tomba. Bestemmia, inintelligente ma astuta, tenta di girarle intorno o superarla in alto, passando dal futuro: ma il solo aspetto del monolito immenso, che occupa tutto l'orizzonte del tempo, basta a mantenerla al di qua del confine fra il "secolo" ripetitivo di calunnia, rissa, bestemmia, e l'"eternità" innovatrice che trasmuta e salva.