HUIS CLOS di JEAN PAUL SARTRE |
Aprile 1998 inizia un nuovo percorso della Compagnia. Per la prima volta decide di portare in scena non una commedia, ma un dramma del drammaturgo/scrittore/filosofo J.P. Sartre, un testo impegnativo e poco rappresentato.
“ V’è
una nostalgia delle
cose
che non ebbero mai
un
cominciamento...”
Carmelo
Bene
Porta
chiusa. Una circolarità infinita. Un gioco crudele e gratuito iniziato nella
notte dei tempi. Un incantesimo senza tempo nè spazio. Non c’è luogo dove
queste tre “coscienze morte” non possono essere. Quindi sono da nessuna
parte. Non c’è tempo che Garcin, Ines ed Estella non possono “guardare”,
quindi nessun tempo, oggi come ieri. Il cerchio si chiude. Esistono due tipi di
nostalgie una fertile capace di “creare”, l’altra sterile ed è questa che
affligge i protagonisti di questo lavoro. I tre si nutrono del ricordo, del
rimpianto di non essere riusciti a diventare altro e questa è già una grande
tortura. Ma il loro dannarsi di fronte ad un fallimento del quale non si sentono
responsabili è simile, molto simile alle giustificazioni che ognuno di noi da
alle proprie debolezze alle proprie cattiverie gratuite, quotidiane. Ci si
dispera, come i tre dentro la stanza, ma senza rimpianti veri, felici in fondo
che quella porta non si aprirà mai, felici che da questa parte tutto rimarrà
uguale, confortante, conosciuto. Si colpisce la porta, si inveisce contro chi ci
ha rinchiusi dietro quel legno, ma conteporaneamente ci si rassegna e qui vengon
fuori i fantasmi. Sartre raccontò di aver tratto ispirazione per la stesura di
questo testo dalla sua personale esperienza nello Stalag XII D e questa potrebbe
essere l’ambientazione ideale per questo atto unico. La “nostalgia
sterile” porta chi la subisce ad inventare un altro mondo. E’ un continuo
gioco della menzogna. Ci si sente al riparo dietro una porta chiusa, tranquilli
nel consolante universo progredito, altamente progredito. Così i fragori della
violenza idiota dell’uomo sull’uomo si fanno lontani, filtrati, mediati,
sudici “...perchè prima di noi qualcuno li ha già sentiti...” Chiunque è
libero di “guardare” ciò che vuole, “oggettivare” quello che più gli
piace. Tutto può diventare realtà, persino un umile pagliaccio può
trasformarsi in un nobilissimo Bronzo di Barbedienne. Ci si fa l’abitudine ed
un campo di prigionia/lavoro nazista diventa un Salotto Secondo Impero. Ma la
malvagità ci rimane impressa sulla pelle, nel cuore, come un tatuaggio. Garcin,
Ines ed Estella rappresentano qualcosa di più, sono lo specchio dei nostri
comportamenti di ogni giorno, che molto spesso sono attraversati da un inutile
non rispetto verso la libertà degli altri. Sartre diceva “L’Esistenzialismo
è un Umanesimo...”. Adesso che le ideologie non alimentano più nessun fuoco,
alle soglie della “Nuova Era”, penso ci sia ancora bisogno di Umanesimo.
Questa è una porta chiusa dietro una “Stanza della tortura” di
pirandelliana memoria, dove sembrano passate chissà quante storie. Una stanza
chiusa come una scatola cranica verrebbe da pensare o forse un intero corpo ed
il cammino volto a liberare i prigionieri rimasti intrappolati al suo interno è
appena cominciato. “Porta chiusa” è un testo dalle grandi escursioni
affabulatorie è quasi un opera cantata. Sono le tre voci che dettano i tempi,
mutano continuamente tono, intenzioni, volume. Ci si trova davanti un coacervo
incantatore di voci indistinte, che proviene da una cavità profonda fino dentro
il cuore della terra. Gli attori potrebbero non apparire, nascosti nell’ombra
con il solo volto illuminato, potrebbero limitarsi solo a dire. E’ uno scritto
di un filosofo e si vede, si sente. Ma il Teatro spesso diventa altra cosa dal
semplice testo scritto, e questo rappresenta per noi una gioia.
LE FOTO
ATTORI
ASSUNTA DEZIO DONATELLA MARRONE MAURIZIO SBROGIA ORAZIO DI VITO
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PERSONAGGI INES SERRANO ESTELLA RIGAULT IL CAMERIERE GIUSEPPE GARCIN |
SCENOGRAFIE : Louis Des Attides
LUCI e SUONI: Marco Pozzi
COSTUMI : Lucio D'Alessandro
FOTO DI SCENA : Maurizio Leonzio
AMMINISTRAZIONE : Giampaolo Zinneri
ORGANIZZAZIONE : Roberto Moreno
UFFICIO STAMPA : Enrico Rolli
MUSICHE : Prokofiev-Massive Attack-Officine Schwartz
REGIA
Orazio Di Vito